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Il movimento pacifista e antinucleare

Capitolo 2. Gli ecofemminismi secondo Greta Gaard

2.3 Il movimento pacifista e antinucleare

Negli Stati Uniti l’origine dell’ecofemminismo si può far risalire al 1980 in corrispondenza di due eventi: la conferenza Women and Life on Earth e la Women’s Pentangon Action. Entrambi gli eventi nacquero dal contesto dei movimenti pacifisti femministi e furono organizzati dalle femministe che avevano lavorato nella anti-nuclear Clamshell Alliance81; l’organizzatrice principale dei due eventi fu Ynestra King. L’obbiettivo primo della conferenza era quello di unire ecologia e antimilitarismo all’interno del quadro femminista. La conferenza riscontrò un così ampia richiesta di partecipazione tanto che le organizzatrici furono costrette a mettere un limite al numero dei partecipanti, si giunse comunque a ottocento donne presenti; da questo si può dedurre che la convergenza tra femminismo, ecologia e pace era già sentita. Dalla conferenza nacque poi l’idea di un’azione femminista al Pentagono. La Women’s Pentagon

Action fu articolata in quattro momenti caratterizzati da componenti rituali e spirituali; uno degli

aspetti più interessanti è la totale assenza di leader, poiché ogni donna partecipò liberamente. Il primo giorno venne organizzata una serie di seminari, il secondo giorno viene ricordato come quello dell’azione organizzata in quattro fasi: lutto, rabbia, empowerment e ribellione. Nella prima fase le donne indossarono sul capo il velo del lutto e camminarono attraverso l’Arlington

National Cemetry e poi vi posero delle tombe in cartone da loro realizzate. Queste tombe

avevano lo scopo di commemorare quelle donne che morirono in seguito a guerre, stupri, aborti illegali, ecc. Per esprimere la rabbia invece le donne iniziarono a gridare togliendosi i veli funebri dal capo e agitando i loro pugni verso il Pentagono. Per quanto invece concerne la parte dell’empowerment esse circondarono il Pentagono con il cosiddetto nastro della vita creato con stoffa e filo a cui attaccarono fotografie di persone care e materiali naturali come foglie,

81 La anti-nuclear Clamshell Alliance fu fondata dopo le proteste attiviste del 1975 in risposta al “Project

Independence” del 1973 proclamato dal presidente Richard Nixon in risposta all’embargo petrolifero dell’OAPEC. Il progetto mirava a raggiungere l’indipendenza energetica degli Stati Uniti con la realizzazione di mille centrali nucleari per l’anno Duemila.

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ramoscelli e foglietti di carta con scritto poesie, messaggi e il nome di quelle donne che avrebbero voluto essere presenti ma non vi poterono partecipare. Durante la fase finale, quella della ribellione, le donne misero in atto la disobbedienza civile bloccando le porte del Pentagono con dei fili tra loro intrecciati in modo tale da creare una grande ragnatela e occuparono le scalinate in segno di protesta. Inizialmente la polizia si limitò a tagliare i fili invitando le protestanti ad andarsene. Più di centoquaranta donne furono arrestate per aver bloccato le porte delle due entrate. Allo stesso tempo, altre donne ripetevano a gran voce slogans in coro. Da quanto riporta King alla protesta del 1980 parteciparono duemila donne e quattromila a quella del 1981. Da questo nacque lo Unity Statement, considerato il primo vero e unico manifesto ecofemminista che influenzò le attiviste pacifiste femministe di tutto il mondo: «un esempio impareggiabile di scrittura collettiva, dalla quale emerge con chiarezza lo stretto legame tra le lotte per i diritti delle donne, per la pace, per la salvaguardia dell’ambiente e del pianeta»82. Nella prima metà, si definiscono i problemi di cui l’Assemblea deve occuparsi e nella seconda metà i mezzi di risoluzione. Il Pentagono venne assunto come il simbolo per eccellenza del militarismo; Gaard scrive:

[…]the force destroying life on earth: by channelling social wealth into the military instead of into maintaining the social infrastructure, by deploying nuclear weapons with the potential to destroy entire nations in a single blast, by creating toxic waste and storing it near those persons least able to resist, and by fostering relations of violence and domination, militarism is a force of annihilation.83

Le donne si unirono per chiedere la fine della violenza maschile in tutte le sue forme: guerra, povertà, educazione assente o limitata, stupro e maltrattamenti, pornografia, controllo forzato delle nascite, eterosessismo, razzismo, l’impiego dell’energia nucleare e la fine di tutte le oppressioni e tutti i conflitti. Edito principalmente da Grace Paley e Ynestra King, la Dichiarazione rappresenta un’istantanea dei primi passi dell’ecofemminismo che nella decade successiva ebbe uno sviluppo incredibile. L’enfasi iniziale, sul tema del militarismo come causa scatenante, dimostra come l’ecofemminismo si sia generato in seno ai movimenti pacifisti. Greta Gaard osserva che nella Dichiarazione non si menziona direttamente la spiritualità femminile o la questione della liberazione animale; la distruzione della natura per mezzo del militarismo è descritta principalmente per il suo impatto sulle vite umane, più che

82A. Accardo, L’arte di ascoltare: parole e scrittura in Grace Paley, 2012 Donzelli Editore, Roma, p. XXIII. 83 Greta Gaard, Ecological Politics. Ecofeminists and the Greens, Philadelphia, Temple University Press, 1998,

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sull’ambiente stesso. La connessione tra le corporazioni e il militarismo sono lasciate alla fine, un aspetto invece cruciale nell’analisi ecofemminista. Sessismo, razzismo, classismo, eterosessismo e colonialismo sono considerati in egual modo come conseguenze dirette del militarismo; più tardi l’ecofemminismo definirà come patriarcato il dominio dell’uomo sulla donna come causa di oppressione originaria, per poi spostarsi ad analizzare singolarmente le diverse cause al fine di svelare le interconnessioni presenti tra le varie forme di oppressione. Tuttavia la Dichiarazione di Grace Paley e Ynestra King presenta le componenti fondamentali dell’analisi ecofemminista che verranno sviluppate in seguito. Nel 1981 due autrici, esponenti dell’attivismo radicale culturale femminista, Tacie Dejanikus e Stella Dawson nel saggio Fight

Back! Feminist Resistance to Male Violence criticarono la Dichiarazione delle donne del

Pentagono per il sedicente essenzialismo, si riferiscono al determinismo biologico, che riconduce la posizione femminista alla sfera femminile delle donne come madri e nutrici e per trattare il militarismo come causa prima, tralasciando e non risolvendo i dualismi del pensiero patriarcale. Greta Gaard spiega come questi punti che vennero messi in discussione nel saggio sopra nominato, furono poi utilizzati dalla critica al pensiero ecofemminista poiché le argomentazioni offerte dall’essenzialismo hanno la tendenza ad essere regressive e poco efficaci contro il dualismo della visione patriarcale, la quale associa l’uomo alla ragione e alla cultura in contrasto con le donne, collegate alle emozioni e alla natura. L’autrice evidenzia poi come durante la seconda ondata del femminismo i teorici hanno più volte osservato che l’approccio liberale femminista non può essere definito solamente in termini di rivalutazione della tradizione e di svalutazione dei ruoli classicamente attribuiti alle donne. Per esempio, valutare il lavoro casalingo potrebbe portare le femministe liberali a chiedere uno stipendio per le faccende domestiche, ma non minaccerebbe la concezione della separazione tra sfere della dottrina del liberalismo, per la quale il lavoro domestico è di competenza meramente femminile. Allo stesso modo, strumentalizzare il ruolo tradizionale delle donne, come nutrici e dispensatrici di cure per creare una teoria politica, si è dimostrato poco vantaggioso poiché ha riportato alla subordinazione femminile, alla relegazione della donna come unica dispensatrice di cure in un contesto prettamente maschile che ha fatto del: «male not-caring»84 il suo punto di forza. Infine, notano le due autrici, non è sempre vero che la fine di un qualsiasi sistema di oppressione su un determinato gruppo corrisponda sempre alla sua liberazione, con effetto domino su tutti gli altri gruppi oppressi. L’attribuzione della causa originaria di qualsiasi sistema di subordinazione sia esso teologico patriarcale, sessista, capitalista, militarista o la

84Greta Gaard, Ecological Politics. Ecofeminists and the Greens, Philadelphia, Temple University Press, 1998,

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subordinazione della natura e degli animali, ha la tendenza di stabilire una gerarchia dell’oppressione, per la quale la liberazione di un gruppo da un sistema di oppressione diventa il focus esclusivo degli sforzi di emancipazione che si fondano sulla convinzione che la liberazione di un gruppo abbia un effetto liberatorio anche su altri gruppi di oppressi. Queste critiche alla Dichiarazione anticipano uno sviluppo all’interno dell’ecofemminismo per superare le stesse. Le due autrici criticavano solo i temi della Dichiarazione, dicendo che il femminismo era vasto e si dimostrarono molto caute nell’ampliare la critica femminista. Nonostante rifiutino di parlare di causa originaria dell’oppressione, le autrici mantengono tuttavia una struttura di pensiero gerarchica incentrata sulla donna e non sono capaci di riconoscere l’interconnessione tra l’oppressione delle donne come una delle tante forme di oppressione che sono strettamente legate e che devono essere combattute assieme.

Un'altra forma di attivismo ecofemminista che prese le mosse dall’impegno femminista pacifista fu la creazione del Woman Earth Femminist Istitute. Ynestra King e Starhawk sottolinearono l’importanza di creare un’istituzione educativa ecofemminista che mettesse in risalto le connessioni tra politica pacifista femminista, ecologia e spiritualità.