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Classismo Ambientale

Capitolo 3. Giustizia ambientale, sociale e riproduttiva.

3.5 Classismo Ambientale

Anche in Canada la conquista dell’acqua e della terra delle persone Native può essere raccontata attraverso la storia delle dighe. Gaard descrive che un tempo al posto delle province canadesi Québec e Labrador esisteva un unico territorio, il Nitassinan, patria della tribù degli Innu, caratterizzato da montagne, fiumi, foreste boreali, tundra. Ora questa tribù vive in undici villaggi lungo la sponda Nord del St. Lawrence River. Prima che le dighe fossero costruite, nella zona del Nitassinan esisteva una cascata più grande di quella del Niagara, chiamata Patshetshunau. Negli anni Sessanta un gruppo di investitori costruì una centrale idroelettrica denominata Churchill Fall e trasferì i diritti di proprietà alla Hydro-Quebec. La popolazione Innu non ricevette alcun profitto ma pagò sulla propria pelle i costi di quest’opera. La costruzione della diga presso Patshetshunau ha confinato la tribù Innu nella riserva Smallwood, ha allagato 5,698 miglia quadrati di Nitassinan portando a galla dal sottosuolo metalli come il mercurio, ha allagato la foresta di pecci, abeti autoctoni, i terreni di caccia e raccolta e anche i loro luoghi di sepoltura. Nel 1977, dieci anni dopo che la diga fu costruita, nel 37 per cento degli Innu presi a campione è stata riscontrata la presenza di mercurio nel sangue per aver mangiato pesce contaminato. Descrivendo altre azioni simili a discapito delle popolazioni Native Gaard, riflette su quelle che sono state le implicazioni sociali: difficoltà nel trovare impiego, abuso di alcool, droga e un tasso di suicidio molto alto. Gaard spiega che l’attività ad opera degli Euro-Americani nell’appropriarsi della terra, dell’acqua è un esempio di classismo ambientale in quanto ha trasferito il benessere e la ricchezza ai residenti dei centri urbani e ha impoverito le comunità economicamente svantaggiate.

Queste tre forme di ingiustizia ambientale – sessismo ambientale, razzismo ambientale, classismo ambientale – rivelano la concezione occidentale dell’acqua e del potere: «And our

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conception of power and energy , as well as our relationship to water, is based on a linear model that is now showing itself to be not only inaccurate, but life threatening»164. Questo modello

lineare, prosegue Gaard, si fonda sull’idea che l’energia può essere ricavata dalla natura, dall’acqua, dalle persone di colore, dai poveri, dalle donne, senza alcun remore e senza bisogno di ricompensare. Inoltre questo modello di estrazione, distribuzione, consumo, produce molti rifiuti: dai rumori, alle radiazioni elettromagnetiche, agli allagamenti e all’inquinamento; mentre in natura gli sprechi non esistono poiché tutto fluisce continuamente dalla produzione al consumo e così via. Un aspetto fondamentale del femminismo consiste nella comprensione del potere e delle relazioni di potere. Infatti da una prospettiva femminista il potere stesso è di natura neutrale ma può essere usato in modi diversi: dominando gli altri o collaborando con gli altri. È necessario quindi riprendere il concetto di uso pacifico del potere che secondo le femministe dovrebbe passare da una prospettiva violenta di potere come mezzo oppressivo che giustifica lo stupro, la schiavitù, la sperimentazione animale, il colonialismo, il disboscamento ad una prospettiva nella quale il potere deriva dalla collaborazione. Gaard soffermandosi sulla disponibilità delle risorse idriche nel mondo dice che, se non modifichiamo il nostro stile di vita e le nostre abitudini di consumo e il potere di acquisto dei beni di consumo continua a non tener conto dei costi sociali e ambientali e non ha a cuore la sostenibilità dell’acqua, le guerre future saranno per l’acqua. Gaard aggiunge che le scelte individuali sono importanti ma ciò che può invertire la tendenza sono le scelte istituzionali di industrie e governi: il cambiamento deve avvenire nelle infrastrutture socioeconomiche che influenzano la relazione culturale occidentale con l’acqua. Per ottenere ciò dice Gaard devono avvenire tre cambiamenti contemporaneamente: un cambiamento nella democrazia, nell’economia e nella cultura. Per ristrutturare la democrazia è necessario che le corporazioni vengano riportate sotto il controllo dello Stato e i governi ritornino a servire il popolo. Dal punto di vista culturale dobbiamo spostarci da una visione antropocentrica ad una visione del mondo come una rete di interconnessioni, Gaard scrive: «we need a political system that recognizes the citizenship of mountains and lakes as well as the citizenship of humans of all races; we need an ecological democracy»165. Infine dal punto di vista economico per stabilire un’economia ecologica, l’autrice vede necessario che siano considerati i costi ambientali della sovrapproduzione e dell’inquinamento, e riconosciuto il valore dell’acqua che scorre libera e pura e che ci disseta. Questo sistema economico deve salvaguardare i poveri, schiacciati dalle condizioni di

164 Greta Gaard, Women, Water, Energy, An Ecofemists Approach, «Organization & Environment», Vol.14, No.2,

June 2001, p. 167.

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inquinamento e dai rifiuti tossici prodotti dalle corporazioni. Così scrive Gaard: «we need an economic system that pays a living wage to every worker, one that does not require workers to risk their health for their jobs, one that values the work that women do, and respects the value of indigenous peoples and indigenous homelands»166. Tuttavia lo sforzo deve partire da noi, poiché: «Democracies are not inherently ecological, feminist, or antiracist unless the people within them make them so»167. Abbiamo bisogno di recuperare le connessioni tra cittadino e individuo privato, tra cultura e natura, tra ragione e sessualità, tra energia ed emozione, tra mente e corpo; nutrire l’interdipendenza tra bianco e non bianco, tra tutte le persone, i cittadini e i generi. E ancora, di creare una partnership culturale che riconosca l’interdipendenza tra la nostra identità umana, gli altri umani e non umani. Una spiritualità di tipo ecologico fa altrettanto parte di questo cambiamento culturale. Gaard trae dal pensiero buddista tre forze chiave: avidità, disprezzo e delusione. L’autrice spiega che queste forze sono la causa dei problemi della cultura occidentale nei confronti dell’acqua, dell’ingiustizia sociale e ambientale. L’avidità porta a considerare l’inquinamento dell’acqua un profitto, il disprezzo contamina le relazioni con natura, i nostri corpi e gli altri, la delusione incombe quando paghiamo le conseguenze del nostro inquinamento, poiché la terra non è un sistema chiuso. Gaard scrive: «An ecological spirituality recognizes the immanence of the sacred here and now, in the interdependence of all life, and in each glass of water»168.