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4. IL CASO ITALIANO 1 Fino dai Temp

4.4. La Campagna d'Italia

Nel 2001, compare sulla rivista: «L'Educatore» (Fabbri) un primo articolo su questo tema: “Compiti a casa e metodo di studio: un paradosso pedagogico” (i contenuti sono stati ripresi, è già presentati, nel libro: «Basta compiti!») in cui si denuncia l'assurdità di una pratica che demanda allo studente (e alla famiglia, quando vi sia e abbia gli strumenti e le risorse per provvedere) il compito principale assegnato alla scuola, quello di insegnare a imparare.

Vi si afferma che se i compiti fossero assolutamente necessari, come sostengono quasi tutti i docenti italiani, perché sviluppano competenze metacognitive fondamentali ai fini dell'apprendimento, dovrebbero essere svolti a scuola con il vigile, solerte contributo del docente, perché proprio questo è il “compito” principale della scuola, che non può essere delegato ad altri soggetti - sarebbe come dire che per insegnare la cosa più importante non è necessaria una preparazione professionale specifica (qualunque genitore si può sostituire all’insegnante) o che per imparare la cosa più importante lo studente non ha bisogno dell’insegnante (allora superfluo, inutile).

I docenti, invece, non solo abdicano, rispetto a tale funzione, decisiva, ma neppure “si parlano”, operano nella reciproca ignoranza: ciascuno stabilisce i propri come fossero gli unici compiti da svolgere, senza curarsi di verificare quali e quanti altri compiti, assegnati dai colleghi, si dovranno svolgere nella stessa giornata, con il risultato di costringere per interi pomeriggi (e anche serate) a un impegno estenuante corpi e menti bisognosi di “moto” rigenerante – capita, non di rado, che i genitori si sostituiscano, forzatamente, non solo ai docenti ma anche ai figli nell’adempimento degli obblighi “domestici”.

Per giunta, l’offerta formativa della scuola è assai povera, mutilata di fondamentali insegnamenti: l’educazione artistica, l’educazione musicale, l’educazione fisica… sono pressoché ignorate o malamente praticate, nonostante interessino dimensioni dell’essere (umano) imprescindibili. Da qui la necessità di svolgere attività formative (irrinunciabili) al

di fuori della scuola, oltre gli orari delle lezioni, che richiedono tempo, energie, impegno, esercizio… e che si aggiungono ai compiti a casa o che dai compiti a casa sono impedite. Dieci anni più tardi, nel documento: «No ai compiti per le vacanze», ampiamente discusso dai media tradizionali e sui social, si spiegano le ragioni del rifiuto di prestarsi a una consuetudine ritenuta insensata, e si riporta la lettera aperta indirizzata agli insegnanti.

I compiti per le vacanze sono un ossimoro, una contraddizione in termini, un assurdo logico (e pedagogico), giacché le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perché liberano dagli affanni feriali: vacanza, in latino vacantia, da vacare, ossia essere vacuo, sgombro, vuoto, senza occupazioni.

Nessuna categoria di lavoratori accetterebbe di prolungare nel tempo libero, e men che mai di svolgere durante le ferie, compiti professionali imposti. Ma è del tutto normale che a una simile pretesa debbano assoggettarsi gli scolari: «perché si esercitino e non dimentichino tutto quello che hanno imparato». Evidentemente si ritiene che gli apprendimenti avvenuti durante l'anno scolastico (soprattutto con lo studio domestico) siano davvero ben poco significativi; molto artificiosi, pressoché inconsistenti... ed è proprio così: pare accertato che la “permanenza” delle informazioni apprese attraverso l’insegnamento e lo studio domestico non superi i tre mesi, e che il 70% delle conoscenze sia oggi acquisito al di fuori della scuola; in altre parole: si impara sempre meno a scuola e si dimentica sempre più in fretta ciò che a scuola si impara.

Perseverare nell’errore se non diabolico è, quanto meno, assurdo.

Purtroppo è proprio ciò che accade nella scuola, così all'incubo feriale («Hai fatto i compiti?», «… prima fai i compiti», «Non hai ancora fatto i compiti…») si aggiunge quello festivo.

Gli insegnanti fanno finta di credere (davvero edificante) che gli alunni amministrino razionalmente i compiti delle vacanze, e si affliggano con metodo, ripartendo il lavoro complessivo nei tanti giorni a disposizione (destinati alle occupazioni più libere e gradite), in un penoso esercizio di quotidiana mortificazione. Ma sanno bene che così non è (salvo casi di grave disturbo della personalità).

Gli studenti più astuti, volitivi, capaci esauriscono nei primi giorni tutti i compiti assegnati, dedicandosi poi con sollievo al godimento della meritata libertà – sempre che il "carico" non sia tale da rovinare tutti i giorni a disposizione (come spesso accade). I meno saggi, i più pigri, i più svogliati rinviano quotidianamente il supplizio, che in questo modo li assilla per tutta la durata delle agognate vacanze, «riducendosi agli ultimi giorni», durante i quali si impegnano in un tour de force che difficilmente esonera i familiari; quei genitori che li hanno tormentati durante tutto il periodo della vacanza (le urla e le suppliche che si intensificano con l'approssimarsi dell'inizio delle lezioni non risparmiano neppure le spiagge meno frequentate), tormentati a loro volta dalle magistrali ingiunzioni.

Naturalmente per i più disgraziati la consueta reprimenda.

Ma che tanto disagio, per non dire sofferenza (pianti, litigi, punizioni...) serva a qualche cosa, nessuno si è mai peritato di verificarlo piccolo inciso: le “vacanze” dovrebbero essere degli studenti, ma sono a “godute” solo dai docenti (ben oltre il periodo di “ferie” cui hanno diritto).

Si ritiene pertanto opportuno suggerire il ricorso a misure di protezione del minore, e autodifesa della famiglia, a partire dalla consegna ai docenti di una “dichiarazione del diritto alla vacanza” che potrebbe essere formulata in questo modo:

Con la presente informo che mio figlio non svolgerà i compiti assegnati per le vacanze, - perché come tutti i lavoratori (e quello scolastico è un “lavoro” oneroso e spesso alienante) ha “diritto al riposo e allo svago” - diritto inalienabile sancito dall’Articolo 24 della dichiarazione dei diritti dell’uomo;

- perché le vacanze sono degli studenti e non (solo) dei docenti, ai quali nessuno si permetterebbe di infliggere un simile castigo;

- perché così potrà finalmente dedicarsi, senza l’assillo di magistrali incombenze, a occupazioni creative e ricreative, dalla scuola trascurate o ignorate;

- perché insieme potremo fare piccole e grandi cose, divertenti, appassionanti, quelle che l’impegno scolastico (protraendosi a dismisura oltre l’orario di lezione) non permette;

- perché starà con gli amici al mare, in montagna, nella natura, all’aria aperta dopo essere stato recluso per ore, giorni, mesi (interminabili) in aule anguste, disadorne,

quando non addirittura squallide, asfittiche (vere e proprie aree di compressione psichica);

- perché leggerà per piacere e non per dovere; - perché giocherà moltissimo;

- perché voglio fare il genitore e non l'insegnante di complemento, il carceriere, l'aguzzino.

La responsabilità di tale decisione è solo mia e l’assumo in quanto legittimo esercente della potestà famigliare, perciò non potrà essere motivo di qualsivoglia azione o provvedimento, meno che mai disciplinare. Non scholae, sed vitae discimus. Seneca.

L'anno successivo, nasce il gruppo Facebook: «Basta compiti!» per «promuovere e sostenere azioni volte a superare una pratica inutile e dannosa, quella dei compiti a casa, favorendo la riflessione e il confronto tra i partecipanti, la condivisione di proposte e la segnalazione di esperienze alternative».

Un gruppo che, pur sprovvisto di connotazioni politiche o sindacali, e di strutture associative a supporto dei pochi volontari in esso impegnati, raccoglie oltre 10 mila iscritti. Qualche mese dopo, si inaugura la pagina: «Docenti e Dirigenti a Compiti Zero», professionale, riservata agli operatori scolastici (aderiscono oltre 500 insegnanti di ogni ordine e grado), «uno spazio di confronto e scambio di esperienze, voluto per sostenere l'operato di docenti e dirigenti contrari ai compiti».

Nel 2014, il gruppo: «Basta compiti!» lancia, sulla piattaforma change.org, la petizione omonima che supera le 30 mila adesioni.

Il Manifesto costitutivo riprende, in forma sintetica, tutte le argomentazione evidenziate nel dibattito che lo ha preceduto:

Chiediamo che i compiti a casa siano eliminati, nella "scuola dell'obbligo", perché:

inutili: le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico per essere rigettate, a comando (interrogazioni, verifiche...), hanno durata brevissima; non “insegnano”, non lasciano il “segno” - dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione;

dannosi: procurano disagi, sofferenze soprattutto agli studenti già in difficoltà, suscitando odio per la scuola e repulsione per la cultura, oltre alla certezza, per molti studenti “diversamente dotati”, della propria «naturale» inabilità allo studio;

discriminanti: avvantaggiano gli studenti avvantaggiati, quelli che hanno genitori premurosi e istruiti, e penalizzano chi vive in ambienti deprivati, aggravando, anziché “compensare”, l'ingiustizia già sofferta, e costituiscono una delle ragioni, più gravi, dell'abbandono scolastico;

onerosi: spesso costringono i genitori a pagare lezioni private, se ne hanno la possibilità economica (ulteriore discriminazione), perché i figli facciano ciò che evidentemente non sono in grado di fare - un "affare" da milioni di euro, per di più in nero;

prevaricanti: ledono il “diritto al riposo e allo svago” (sancito dall’Articolo 24 della dichiarazione dei diritti dell’uomo), e quello scolastico è un “lavoro” oneroso, spesso alienante - si danno compiti anche nelle classi a tempo pieno, dopo 8 ore di scuola, persino nei week end;

impropri: costringono i genitori a sostituire i docenti; senza averne le competenze professionali, nel compito più importante, quello di insegnare a imparare (spesso devono sostituire anche i figli, facendo loro i compiti a casa);

limitanti: lo svolgimento di fondamentali attività formative che la scuola non offre (musica, sport...) e che richiedono tempo, energie, impegno sono limitate o impedite dai compiti a casa;

stressanti: molta parte dei conflitti, dei litigi (le urla, i pianti, le punizioni...) che avvengono tra genitori e figli riguardano lo svolgimento, meglio il tardivo o il mancato

svolgimento dei compiti, quando sarebbe invece essenziale disporre di tempo libero da trascorrere insieme, serenamente;

assurdi: si danno persino i “compiti per le vacanze”: un ossimoro, un assurdo logico (e pedagogico), giacché le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perché liberano dagli affanni feriali e invece si trasformano in un supplizio, creando stress, sofferenza, insofferenza;

malsani: portare ogni giorno zaini pesantissimi, colmi di quadernoni e libri di testo, è nocivo per la salute, per l'integrità fisica soprattutto dei più piccoli, come dimostrato da numerose ricerche mediche-

Il documento termina con il richiamo all'art.31 della Carta internazionale dei diritti dell’infanzia: «Gli Stati membri riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età.

Successivamente, esce l'ebook: «I compiti fanno male», nel quale sono raccolte le testimonianze di genitori addolorati, indignati, esasperati per le inutili sofferenze inflitte ai figli, ma anche i contributi di alcuni “docenti a compiti zero” che parlano della possibilità concreta, sperimentata, di insegnare senza ricorrere a estenuanti e controproducenti obblighi extrascolastici.

Si propone persino un Regolamento tipo, per rispondere a coloro (tantissimi) i quali propugnano la necessità (aprioristica) dei compiti a casa: «I compiti si devono dare – sostengono i docenti - l'importante è non darne troppi».

Bizzarra situazione: tutti i docenti dicono che non bisogna darne troppi, non si è mai sentito un insegnante dichiarare: «Bisogna dare troppi compiti», eppure tutti gli studenti italiani sono afflitti dai troppi compiti.

L'unico modo per evitare gli eccessi, paventati dagli stessi insegnanti (che ne sono responsabili) è regolamentarne l'assegnazione.

Da qui, la proposta di un modello di Regolamento, da sottoporre agli Organi della scuola (dirigente, consiglio di istituto, collegio dei docenti...) e inserire nel Patto di corresponsabilità educativa: il «Regolacompiti».

Premesso che nessuna norma impone l'assegnazione dei compiti a casa (in altri Paesi è addirittura vietato), e le sole occasioni nelle quali il MIUR si è occupato dei compiti è stato per raccomandare di non assegnarli nel fine settimana e durante le vacanze, si stabilisce quanto segue:

 I docenti che decidano di assegnare compiti a casa si impegnano a correggerli tutti e a tutti – altrimenti non avrebbe senso farli.

 I docenti che decidano di assegnare compiti si impegnano a preparare adeguatamente gli studenti perché siano in grado di svolgerli per proprio conto (devono verificarlo e garantirlo ai genitori) – sarebbe assurdo e umiliante chiedere loro di fare ciò che non sanno fare.

 Ai compiti svolti a casa non deve essere assegnato alcun voto - il docente non può sapere come e da chi siano svolti.

 I compiti non fatti non possono essere “recuperati” sacrificando la ricreazione che per nessun motivo, meno che mai “disciplinare”, deve essere ridotta o annullata – gli studenti ne hanno bisogno e diritto.

 I compiti non svolti durante i periodi di assenza (es. per malattia) non devono essere recuperati – non sarebbe umanamente possibile e si perderebbero le nuove acquisizioni.

 La giustificazione del genitore per il mancato svolgimento dei compiti deve essere recepita evitando reprimende o punizioni – umilianti per lo studente e offensive per i genitori.

 Nelle classi a 40 ore (tempo pieno), non si assegnano compiti: le attività didattiche devono esaurirsi nelle 8 ore di forzata immobilità e concentrazione – pretendere un ulteriore impegno sarebbe controproducente, penoso o semplicemente impossibile.  I docenti che decidano di assegnare compiti pomeridiani verificheranno, preventivamente, che non richiedano a nessuno studente un impegno giornaliero che superi:

 - 10 minuti nelle classi prime della scuola primaria  - 20 minuti nelle classi seconda e terza

 - 30 minuti nelle classi quarta e quinta

 - 40 minuti nelle classi prime della scuola secondaria di primo grado  - 50 minuti nelle classi seconde

 - 60 muniti nelle classi terze.

 Non devono essere assegnati compiti nel fine settimana e durante i periodi di vacanza o sospensione delle lezioni - agli studenti deve essere permesso di ricrearsi (e garantito il “diritto a riposo e al gioco”), e alle famiglie di “ritrovarsi”, senza l'assillo stressante dei compiti.

Non devono essere assegnati “compiti per le vacanze” (ossimoro logico e pedagogico) – per le ragioni già espresse al punto precedente e per evitare che i docenti, come previsto dal primo punto di questo Regolamento, trascorrano il resto dell'anno scolastico a correggere gli esercizi previsti dai Libri per le vacanze».