• Non ci sono risultati.

Candeliere a pianta circolare

Nel documento Il gusto internazionale per i bronzetti (pagine 129-135)

36 “Ornato con volute” (contenitore per l’inchiostro)

40. Candeliere a pianta circolare

Vincenzo (Vicenza, 1493-Padova, 1577/1578) e Gian Gerolamo Grandi (Padova, 1508-1560) 1530-1550

Nota descrittiva:

altezza mm 132, diametro alla base mm 151; peso gr 916. Fusione in lega di rame, con evidenti tracce di doratura forse ad amalgama. Sono presenti prodotti di corrosione stabili e diffusi su tutta la superficie. Elemento applicato mediante vite in ferro e farfalla.

Inv. 912: “Candeliere a pianta circolare. Alla base è ornato di finissimi

bassorilievi: maschere e festoni, belve, draghi che lottano ecc. e così la parte verticale a forma di vaso decorata con maschere, festoni e baccelliere; reca tracce di doratura. SecoloXVI”.

Si può proporre anche il confronto con il Candelie-

re dell’Ashmolean Museum di Oxford (F. de Gram-

matica, in Donatello e il suo tempo, 2001, pp. 278- 279), che, come il pezzo di Stefano Bardini, pre- senta ugualmente la pianta circolare, decorata con mascheroni grotteschi, nastri, e festoni, che confe- riscono ai candelieri un aspetto archeologizzante.

Repliche: non sono note. Bibliografia/cataloghi: inedito.

Questa base era destinata a un candeliere o a un alare, composto da più pezzi non pervenuti. Si trat- ta di una variante della sezione centrale della Cop-

pia di alari del Victoria and Albert Museum di

Londra, firmati da Giuseppe de Levis e riconosciu- ti autentici (si veda C. Avery, 1981, pp. 63-65, e A. Radcliffe, 1992, pp. 236-237). L’attribuzione è quindi indiscutibile. Tuttavia compaiono le seguen- ti iscrizioni: “EGO VICI MUNDUM” che significa “Io ho vinto il mondo” (dal Vangelo di Giovanni

XVI, 33), “NUNC PRINCEPS HUIUS MUNDI EII- CIETUR FORAS”, da tradurre in “Ora il principe di questo mondo sarà cacciato fuori” (dal Vangelo di

41.Base triangolare

Giuseppe de Levis (attivo a Verona tra l’ultimo quarto del Cinquecento e i primi decenni del Seicento)

Nota descrittiva:

altezza mm 190, larghezza mm 285; peso gr 4280.

Fusione a cera persa con metodo indiretto in lega di rame composto forse da nove pezzi. Patina naturale e in parte coperta da gomma lacca. Depositi e lievi concrezioni nelle variazioni del modellato. Tracce di residui della terra di fusione all’interno.

Iscrizioni: “EGO VICI MUNDUM–NUNC PRINCEPS HUIUS MUNDI EIICIETUR FORAS–O MORS ERO MORS TUA”.

Inv. 903: “Base triangolare ornata sugli spigoli con volute fogliate

terminanti in teste di delfino. Nel dado, cinto da una ghirlanda festonata di fiori e putti, sono le tre iscrizioni seguenti: ‘EGO VINCI MUN/DUM’ ‘NUNC/PRINCEPS/HUIUS MUNDI/EIICIETUR/

FORAS’ ‘O MORS/ERO MORS/TUA’ SecoloXVI”.

GiovanniXII, 31) e “O MORS ERO MORS TUA” che vuol dire “Sarò la tua morte o morte” (Osea,

XIII, 14). Il fatto che le prime due frasi derivino dal

Vangelo di Giovanni e la terza da un libro della Bib-

bia, testimonia che l’opera era destinata a un com- mittente religioso e non è quindi da escludere l’ipo- tesi che in origine facesse parte di un candelabro chiesastico.

Varianti: Londra, Victoria and Albert Museum,

(A. Radcliffe, 1992, pp. 236-237).

Il bronzetto, di discreto livello qualitativo, rappre- senta una Satiressa con un ramo avvitato sulla testa. Il soggetto è quindi una raffigurazione boschereccia all’antica, ma nessun mito, a mia conoscenza, narra la metamorfosi in albero di una simile creatura, né di una figura mitologica costituita da elementi del mondo vegetale, umano e ferino: è quindi probabi- le che si tratti di un ibrido, frutto della fantasia del suo artefice.

Nella posa, oltre a ricordare il David-Apollo di Michelangelo del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, sembra molto prossima al Satiro danzante del Museo di Capodimonte a Napoli, databile qual- che decennio prima dell’opera in esame, che senza la base e il ramo arriva a misurare 14 cm di altezza (L. Ambrosio, F. Capobianco, 1995, p. 60, n. 2.48). In questa statuetta può essere ricercato il modello del bronzetto Bardini, tuttavia essa non deve essere considerata una variante dal momento che non sono state fuse nella medesima bottega e neppure nello stesso lasso di tempo. Anche la Sati-

ressa dei Musei Civici di Padova, che è in coppia

con un altro Satiro ed è stata riferita da Davide Ban- zato ad un “Bronzista padovano della prima metà del secoloXVI” (in D. Banzato, F. Pellegrini, 1989, pp. 73-74, nn. 49-50), presenta una posa abbastan- za affine a quella del pezzo di Stefano Bardini, ma invece dei rami sorregge un canestro di frutta con entrambe le mani. Lo studioso, a proposito della coppia padovana, afferma che quei bronzi general-

42.Satiressa

Ambito o bottega di Girolamo Campagna (Verona, 1549-Venezia?, 1621/1625)

Ultimi decenni del Cinquecento o primi decenni del Seicento

Nota descrittiva:

altezza mm 185; peso gr 352. Fusione cava in ottone, doratura ad amalgama parzialmente indebolita e lacunosa. Tracce di vecchia saldatura a stagno sotto la base ed elemento applicato con vite in ferro (vecchio restauro).

Inv. 569: “Satiressa raffigurata eretta sulle zampe caprine, col busto

in torsione verso destra ed il braccio sinistro sollevato alla testa in bronzo dorato. SecoloXVI”.

mente vengono considerati di bottega o di maniera del Briosco, ma riconosce che anche Severo Calzet- ta fuse esemplari molto prossimi.

L’opera presenta stringenti analogie nel modellato del volto e della capigliatura con l’Uomo che sorreg-

ge una conchiglia della Fondazione Bemberg di

Tolosa, ascritto a Girolamo Campagna da Philippe Cros (1996, pp. 62-64, fig. 16a). Anche il Nettuno che funge da saliera del Museo Correr di Venezia, riconosciuto all’artista (G. Mariacher, 1971, p. 39, nn. 157-158; si veda anche la variante del Museo Civico Amedeo Lia di La Spezia, C. Avery, 1998, p. 184, e le altre elencate dallo studioso), presenta la capigliatura caratterizzata da riccioli molto prossimi a quelli dell’opera in esame. Va rilevata, in ultima analisi, la prossimità stilistica con il Bacco, che si trova in una sconosciuta collezione privata venezia- na, attribuito da Alan Gibbon al Campagna (1990, p. 100, fig. 119). Tuttavia le modeste dimensioni e il livello qualitativo non eccessivamente alto sugge- riscono che il bronzetto non sia stato fuso dal mae- stro, ma da un allievo o da un imitatore contempo- raneo.

Repliche: non sono note. Bibliografia/cataloghi: inedito.

Nel documento Il gusto internazionale per i bronzetti (pagine 129-135)