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Matrona romana

Nel documento Il gusto internazionale per i bronzetti (pagine 75-79)

I bronzetti dal Quattrocento al Seicento

11. Matrona romana

Bottega di Severo da Ravenna (Niccolò Calzetta?) 1510-1550

Fusione avvenuta nella bottega di Ravenna

Nota descrittiva:

altezza mm 164, larghezza mm 68; peso gr 724. Fusione in rame, tracce di patinatura nerastra e mancante di una mano.

Inv. 570: “Statuetta raffigurante una matrona romana.

È in piedi, il braccio destro proteso in avanti. SecoloXVI”.

modo sconcertante”, che caratterizza il volto della figura, è stato riconosciuto da Jeremy Warren come uno degli elementi più ricorrenti nei bronzetti di Severo (in Donatello e il suo tempo, 2001, p. 142). Anche dopo il suo ritorno a Ravenna (databile tra il 1509 e il 1511, J. Warren, in Donatello e il suo

tempo, 2001, p. 132), il bronzista rimase legato alla

cultura padovana ed è quindi probabile che negli ultimi anni di vita abbia continuato ad elaborare alcuni modelli ispirati alle opere del Riccio che aveva recato con sé a Ravenna, e che venivano così a costituire il corredo della nuova bottega.

Repliche: non sono note. Bibliografia/cataloghi: inedito.

12.Amorino (Cupido)

Bottega di Severo da Ravenna (Niccolò Calzetta?) 1510-1550

Fusione avvenuta nella bottega di Ravenna

Nota descrittiva:

altezza mm 79; peso gr 118.

Fusione in lega di rame con tracce di patinatura nera. Base lignea di restauro, avvitata.

Inv. 893: “Statuetta raffigurante un amorino

con la testa rovesciata e le braccia alzate. Su base lignea sfaccettata e patinata. SecoloXV”.

Il bronzetto rappresenta un amorino alato nudo con le braccia alzate, che probabilmente era desti- nato a sorreggere un attributo non pervenuto. La posa delle braccia suggerisce che il modello deve essere ricercato nell’Amorino-Attis di Donatello del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, databile tra la fine degli anni trenta e i primi anni quaranta del Quattrocento, quindi poco prima dell’arrivo dello scultore a Padova (A. Rosenauer, 1993, p. 191, scheda 42).

Si conoscono due repliche del bronzetto Bardini, l’una conservata alla National Gallery of Art di Washington (Kress Collection) (J. Pope-Hennessy, 1965, p. 146, scheda 534, fig. 531) e l’altra a Cam- bridge presso il Fitzwilliam Museum (in V. Avery, 2002, n. 48): nessuna delle due è stata attribuita alla bottega di Severo. È probabile che questi putti fossero stati ideati per decorare la sommità di ogget- ti d’uso di maggiori dimensioni come le lucerne o i cofanetti di scrittoio, prodotti in cospicua quantità nella bottega ravennate del Calzetta.

Devono essere considerate varianti dell’Amorino Bardini quei calamai composti da un fanciullo, coperto da una corta veste, che sorregge una con- chiglia destinata a contenere l’inchiostro.

Accreditati studiosi come Patrick de Winter, Phi- lippe Cros, Charles Avery e Volker Krahn (si veda il prospetto in fondo al testo) hanno ricondotto al Calzetta e alla sua bottega alcuni esemplari di que- sta tipologia più complessa. In queste opere, legger- mente più grandi, ritorna identica la posa delle braccia e della testa, i piccoli pugni quasi sferici, la

resa vermicolare della capigliatura e il volto pingue. Questi elementi permettono di attribuire anche il bronzetto Bardini alla bottega del Calzetta. Difatti, se la testa assume una posa identica a quella del- l’Ercole fanciullo del Museo del Bargello di Firenze, un’opera riferibile alla bottega del maestro ravenna- te (T. Rago, 2006-2007, pp. 351-355), anche la resa anatomica è prossima a quella del Putto che

corre del Museo Nazionale di Ravenna, già avvici-

nato alla bottega dello scultore da Luciana Martini (1985, p. 85, n. 17). Peraltro, il confronto con il bronzetto ravennate, presumibilmente riferibile all’ultima fase di attività della bottega (si veda J. Warren, in Donatello e il suo tempo, 2001, p. 142), sembra suggerire anche per il bronzo Bardini una datazione posteriore al ritorno del maestro nella sua città.

Repliche

In collezioni pubbliche: Cambridge, Fitzwilliam

Museum (V. Avery, 2002, n. 48); Washington, National Gallery of Art (Kress Collection) (J. Pope- Hennessy, 1965, p. 146, scheda 534, fig. 531).

Varianti con la veste e la conchiglia

In collezioni pubbliche: Ravenna, Museo Nazionale

(L. Martini, 1985, pp. 84-85, n. 16); Berlino, Bode-Museum (V. Krahn, 2003, pp. 214-215, scheda 64); Amburgo, Museum fur Kunst und Gewerbe (Natur und Antike in der Renaissance, 1985, p. 536, scheda 259); Parigi, Museo del Lou- vre (P. de Winter, 1986, p. 104, fig. 68); Tolosa, Fondazione Bemberg (P. Cross, 1996, pp. 36-37);

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Laarne, Château de Laarne (C. Avery, 1993, p. 50); Londra, Victoria and Albert Museum (C. Avery, 1993, p. 50); Cambridge, Fitzwilliam Museum (V. Avery, 2002, n. 17); Washington, National Gallery of Art (Kress Collection) (J. Pope-Hennessy, 1965, scheda 476, fig. 498); Pittsburgh, Frick Art Museum (C. Avery, 1993, pp. 50-52).

Mercato antiquario: Londra, Sotheby’s, 30 giugno

1969, lotto 37 (si veda C. Avery, 1993, p. 50); Lon-

dra, Christie’s, 5 dicembre 1972, lotto 19 (si veda C. Avery, 1993, p. 50).

In collezioni private: Svizzera, collezione privata (C.

Avery, 1993, p. 50).

Disperse: Collezione Luigi Grassi (La Collezione Luigi Grassi, 2006, pp. 58-59, scheda 27); Vienna,

Collezione Camillo Castiglioni (C. Avery, 1993, p. 50).

La perdita di parte del braccio destro e quindi degli attributi non consente di comprendere il soggetto di questo bronzetto; tuttavia, grazie a una serie di particolari, possiamo riferire l’opera alla bottega di Severo. Stilisticamente, difatti, richiama il Putto

seduto del Museo Nazionale di Firenze (inv. Bronzi,

1879, n. 551), ascrivibile alla bottega del maestro grazie alla presenza dei tipici capelli vermicolari (si veda T. Rago, 2006-2007, pp. 245-247), che nel bronzo in esame sono appena accennati. L’opera del Bargello è di qualità leggermente superiore e presenta la medesima resa del volto meditabondo con il naso un po’ schiacciato e la ‘cintura’ sulla spalla sinistra. È rilevante che la posa del torso e della testa sia vicina a quella del San Sebastiano del Museo del Louvre di Parigi, un bronzetto di mag- giori dimensioni e qualità, fuso da Severo nel primo decennio del Cinquecento, nel tempo in cui risiedeva a Padova (J. Warren, in Donatello e il suo

tempo, 2001, pp. 148-149). Tuttavia il perizoma

del San Sebastiano, che ugualmente è annodato a destra, presenta pieghe più rigide del panno della statuetta in esame, che è invece caratterizzato da un nodo molto prossimo a quello del Cristo crocifisso di Severo del Bode-Museum di Berlino (V. Krahn, 2003, pp. 172-177, scheda 45).

Il fatto che non si conoscano repliche dimostra che il modello non ebbe fortuna, e la qualità non ele- vata sembra suggerire una datazione avanzata, pro-

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