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Capacità motorie condizionali e coordinative nel disabile

Nel documento Ginnastica e autismo (pagine 44-48)

3. LA GINNASTICA NELLA DISABILITÀ

3.3 Capacità motorie condizionali e coordinative nel disabile

Il fine del lavoro svolto non è la ricerca della massima prestazione per una gara come avviene nello sport ma ritengo indispensabile valutare le capacità motorie condizionali e coordinative di ogni persona per poi impostare un lavoro a lungo termine il cui fine sarà la maggior autosufficienza della persona, evitare il peggioramento di strutture che possono essere meno utilizzate (basti pensare a cosa accade ad una articolazione non usata; si irrigidisce, i muscoli che troviamo in quella zona perdono forza), varie ed eventuali problematiche che possono manifestarsi con le persone che abbiamo davanti. Un ruolo importante ce l’ha la presa di coscienza del proprio corpo da parte della persona, il sapersi osservare e capire come si muove il proprio corpo nello spazio.

3.3.1 La resistenza

La resistenza è la capacità psicofisica della persona di opporsi all’affaticamento. La resistenza psichica, invece, è la capacità di una persona di resistere il più a lungo ad uno stimolo che lo indurrebbe a interrompere lo sforzo.

Trovo che uno degli elementi più utili per allenare la resistenza psichica sia l’allenamento della volontà, dello stimolo continuo a migliorarsi, aspetto che oggi vedo sempre più trascurato. La volontà di “sacrificarsi” di una persona molte volte è insufficiente, noi possiamo aver impostato un programma di lavoro molto buono ma se non c’è la volontà da parte di chi deve seguire le nostre indicazioni purtroppo possiamo andare incontro ad insuccesso o ad un successo parziale.

Questa mia considerazione è frutto dell’esperienza sul campo di lavoro, infatti ho constatato che, molte volte e specialmente con le persone

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“normodotate”, si fa fatica ad ottenere un risultato soddisfacente a causa della loro scarsa volontà al sacrificio e alla resistenza dopo l’insorgenza di un minimo di fatica.

Per resistenza specifica intendiamo la capacità dell’intero organismo, o dei singoli sistemi parziali, di resistere alla fatica.

Vediamo ora i vari tipi di resistenza determinanti, o che comunque influiscono sulla prestazione, classificati in base alla durata.

La resistenza alla rapidità è la capacità di resistenza specifica in prestazioni che prevedono una velocità massima o quasi e una durata fino a circa 35 s, il rifornimento energetico è garantito dalle riserve muscolari di fosfati energetici e di carboidrati, e il dispendio energetico è coperto dai processi anaerobici.

La resistenza di breve durata è quella capacità richiesta durante sforzi estremamente intensi di durata compresa tra i 35 s. e i 2 minuti, a dominare è sempre il metabolismo anaerobico, la fonte energetica sono sempre i fosfati, ma a differenza del precedente tipo di resistenza si ha una notevole formazione di lattato e un maggiore coinvolgimento del metabolismo aerobico proporzionalmente all’aumentare della distanza.

La resistenza di media durata si utilizza in sforzi molto intensi con durata compresa tra i 2 e i 10 minuti, la fonte principale di energia è il glicogeno muscolare, il meccanismo aerobici ed anaerobici intervengono in parti più o meno uguali e nei muscoli si forma ovviamente un accumulo di acido lattico.

La resistenza di lunga durata è la capacità specifica che entra in azione in competizioni che vanno dai 10 minuti a più ore. Neumann (1983) distingue 4 sottogruppi: resistenza di lunga durata I con durata del carico da 10 a 35 minuti, resistenza di lunga durata II con durata del carico da 35 a 90 minuti, resistenza di lunga durata III con durata del carico da 90 a 360 minuti, resistenza di lunga durata IV con durata del carico oltre i 360 minuti (Harre et al., 1998). In questo caso predomina il meccanismo aerobico, anche se nelle distanze minori e in alcune situazioni tattiche di gara entra in gioco il meccanismo anaerobico.

Ultima tipologia di resistenza e forse quella determinante ai fini della prestazione (in particolare in alcune competizioni come le cronometro o i

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tentativi di record dell’ora) è la resistenza alla forza, definita da Harre come “la capacità condizionale che permette di realizzare impulsi notevoli di forza per tutta la durata richiesta dal carico, mantenendo al minimo la differenza tra forza massima esprimibile e impulso medio di forza realizzato” (Harre et al.,1998). Questo significa che se la componente di forza determina la massima prestazione nel singolo movimento, la componente di resistenza garantisce la durata della sollecitazione per lunghi periodi e quindi limita la diminuzione dell’impiego di forza dovuto all’affaticamento nei carichi voluminosi di allenamento e di gara.

3.3.2 La forza

La forza è la capacità fisica che permettere di vincere o di opporsi ad una resistenza con un impegno tensivo della muscolatura. Essa dipende dal tessuto muscolare e dalla capacità del sistema nervoso di reclutare le fibre muscolari col fine di creare tensione sul muscolo stesso.

Esistono vari tipi di forza: forza massimale statica e dinamica, forza reattiva dinamica, forza rapida dinamica e statica, resistenza alla forza dinamica e statica. Nel nostro programma di intervento la forza su cui noi andremo a lavorare maggiormente sarà la resistenza alla forza, le altre verranno comunque esercitate in misura minore. La resistenza alla forza viene definita come la capacità di opporsi alla fatica in carichi comunque maggiori del 30% del massimo individuale di forza isometrica .

Esistono molte ragioni per sviluppare la forza, in quanto senza una quantità minima di forza ( che ovviamente dipende sempre dal soggetto che abbiamo di fronte), non si può mettere in pratica una capacità buona di prestazione nello svolgere le attività quotidiane, quindi molto utili per l’autonomia.

3.3.3 La mobilità articolare

La mobilità articolare è la qualità e la capacità che permette ad una persona di eseguire movimenti senza che vi siano vincoli se non dovuti a forze esterne. Con il termine mobilizzare intendiamo agire per aumentare l’escursione articolare dell’articolazione sulla quale l’esercizio fisico agisce.

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Invece per escursione articolare intendiamo un valore, esprimibile in gradi, che misura l’ampiezza del movimento di cui è capace una articolazione. L’escursione articolare varia se attiva o passiva, la mobilità articolare passiva è sempre maggiore rispetto a quella attiva. Si parla di mobilizzazione per quanto riguarda delle articolazioni diartrodiali, Va ricordato che una muscolatura accorciata impedisce all’articolazione di essere svincolata e ciò è causa di un’espressione di forza minore.

3.3.4 Le capacità coordinative

Le capacità coordinative sono capacità dell’uomo, determinate primariamente da processi di controllo e regolazione dei movimenti, che mettono la persona in grado di controllare le sue azione e il suo corpo nello spazio sia in situazioni prevedibili che in situazioni imprevedibili e di apprendere movimenti in modo rapido. Sono la base di una buona capacità senso motoria di apprendimento, rendo il movimento economico, preciso (evitando sincinesie), con effetto di risparmio energetico.

La capacità di equilibrio è la capacità che ci permette di tenere in stato di equilibrio il nostro corpo, di mantenerlo e recuperarlo. L’equilibrio può essere statico o dinamico. Secondo alcuni studi l’equilibrio statico non esiste in quanto il corpo di una persona quando sta fermo fa comunque delle piccole ed impercettibili oscillazioni, rilevabili molto spesso solamente con una pedana stabilometrica. L’equilibrio è una capacità che viene sviluppata abbastanza precocemente, m che viene persa se non esercitata, ed una volta persa dietro ci deve essere un lavoro di studio per acquisirla nuovamente. Con l’avanzare dell’età la capacità di equilibrio viene compromessa se non esercitata, così come avviene col disabile. E’ una capacità molto importante per la prevenzione delle cadute.

La capacità di orientamento è la capacità che ci consente di cambiare, nello spazio e nel tempo, la posizione ed i movimenti del corpo. Si suddivide in capacità di orientamento spaziale e temporale (timing), posso essere collegate tra loro, in quel caso parliamo di orientamento spazio temporale. La capacità di trasformazione è quella capacità di programmare l’azione in base ai cambiamenti previsti e di programmare l’azione motoria che si sta

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eseguendo in nuove circostanze o di proseguirla in modo completamente diverso. E’ molto importante l’adattamento delle persone con disabilità a nuove circostanzi, molti sono sensibili a cambiamenti che noi neanche percepiamo per quanto piccoli ma che per loro sono molto grandi e magari gli creano disagio.

La capacità di coordinazione segmentaria è la capacità di coordinare tra loro, in riferimento al lavoro globale del corpo, in base all’obiettivo da raggiungere, i vari segmenti del corpo.

Nel documento Ginnastica e autismo (pagine 44-48)