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Capacitare l’imprenditività come spazio di responsabilità e azione

CAPITOLO 4. DAL FORMARE ALL’IMPRENDITORIALITÀ AL CAPACITARE L’IMPRENDITIVITÀ

4.2. Entrepreneurship Education nei Paesi europei e in Italia

4.3.3. Capacitare l’imprenditività come spazio di responsabilità e azione

Sebbene oggi il tema dell’entrepreneurship education dimostri di occupare un posto di assoluta centralità all’interno delle policy europee (inteso anche come elemento catalizzatore dei processi di innovazione, da un lato, e di mobilità professionale,

employability e inclusività, dall’altro), esso sembra essere trattato troppo

frequentemente «in un modo che legge l’entrepreneurship limitatamente all’idea del “fare impresa”, con una logica educativa fragile, schiacciata sulla strumentalizzazione degli apprendimenti» (Strano, 2016).

Questo studio, invece, muove verso una concezione più ampia, che cerca di andare oltre l’economicismo e l’aziendalismo, parlando di educazione all’imprenditorialità come di educazione all’imprenditività, affidando cioè al termine “imprenditività” il fondamentale valore pedagogico che esprime un’azione dedicata al potenziamento della forza realizzativa delle persone, valorizzandone lo spazio di apprendimento all’interno dei sistemi di educazione formali ma non solo. «Qualificare l’educazione all’imprenditorialità come educazione [e formazione all’imprenditività] per la capacità progettuale e di attivazione [delle persone] significa aderire alla prospettiva europea della competenza di entrepreneurship senza tradire alcuni principi pedagogici fondamentali […]. Entrepreneurship, infatti, non si traduce soltanto nel “fare impresa”, bensì è una competenza per la vita e la sua educazione [e formazione] deve essere educazione a realizzare una propria progettualità di sviluppo, fondata sulla scelta, sulla responsabilità e sull’azione» (Strano, 2016).

Educare all’imprenditività legge la competenza dell’entrepreneurship non tanto con una prospettiva behavioristica, cioè strettamente comportamentale e performativa121 (su cui invece troppo sembrano tarati gli attuali referenziali professionali), bensì cercando di valorizzare il concetto di “attivazione interna” della persona, cioè di attivazione come scelta consapevole che ogni persona può fare nel mobilitare le proprie risorse, osservando non solamente la dimensione tecnica, ma anche quella motivazionale, volitiva e valoriale. In questo senso, se si guarda al processo di apprendimento, dunque, la key competence entrepreneurship non si

121 La competenza in ottica behavioristica è vista attraverso un comportamento. Ma una competenza

non è solo comportamento, perché afferisce anche a categorie più profonde come quella valoriale, motivazionale, affettiva, che qualificano ogni processo comportamentale secondo un proprio desiderio di attivazione.

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riferisce in senso stretto né a una professione né a una carriera, ma a dinamiche e a processi di tipo cognitivo, affettivo e conativo che hanno lo scopo di accrescere il valore stesso della persona (Kyrö, Mylläri, Seikkula-Leino, 2008).

A ben vedere, infatti, si può cercare di formare una persona quanto si vuole su diverse variabili tecniche, ma si incontreranno molte più difficoltà – e questo però è il ruolo dell’educazione e della formazione – nell’educarla ad una scelta responsabile, entro cui ridefinire un proprio percorso di crescita, dove le competenze tecniche diventano uno strumento che ella stessa potrà utilizzare trasformandole in azioni coerenti. Altrimenti, il rischio è quello di trasferire alle persone determinate

skill tecniche che non riescono a corrispondere ad un’azione davvero performante nel

momento in cui escono dallo stretto contesto in cui sono state acquisite e praticate. Una persona, infatti, può essere molto brava in termini comportamentali e tecnici in un dato ambiente, ma se messa in un contesto differente potrebbe non rendere più allo stesso modo perché non soddisfatta nelle sue categorie più profonde (valoriale, motivazionale, affettiva).

Ecco che, in questa prospettiva, attraverso l’approccio delle capacitazioni, si va verso un “capacitare l’imprenditività” che significa tradurre la formazione all’imprenditorialità come occasione per sviluppare la persona, per promuovere in lei, cioè, la categoria dell’imprenditività intesa come la capacità di orientarsi e di compiere scelte autonome (Cárdenas Gutiérrez, Bernal Guerrero, 2011; Tessaro, 2013), per arrivare alla consapevolezza di sé e delle proprie possibilità. Capacitare

entrepreneurship «vuol dire formare nelle persone le competenze e le capacità

generative per un ampliamento dei loro spazi di libertà, per un potenziamento della capacità di vedere il proprio futuro e di esprimere con scelte concrete la propria direzionalità realizzativa, sapendo cogliere tra le diverse opportunità del contesto quelle che si ritengono di valore per sé» (Strano, 2015), e declinando questa dimensione di agency in termini di autonomia e responsabilità (Van Gelderen, 2012). La dimensione dell’imprenditività ha uno stretto legame con la qualità di

agency di una persona, poiché, se quest’ultima è ciò che consente alla persona di

dare forma all’azione in termini di obiettivi, in base ai propri valori e alla propria visione del mondo, l’imprenditività può supportare decisivamente la traduzione delle idee in azione. «Il processo di capacitazione [dell’imprenditività], perciò, si incentra sullo sviluppo del senso di autonomia e di responsabilità e sullo sviluppo di

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empowerment (Lee, 2013), allo stesso tempo andando verso una dimensione

partecipativa, quale garanzia dello schiudersi delle libertà di scelta e azione, e quindi garanzia della possibilità di dare espressione a quei funzionamenti che si ritengono importanti» (Strano, 2015).

L’agency, che Costa traduce nella «tendenza-possibilità-libertà che ogni persona ha di: immaginare e desiderare qualcosa che ancora non è data; individuare obiettivi per realizzarla, a partire da quanto è a disposizione; dare inizio a qualcosa di nuovo; ri-costruire discorsivamente strategie e finalità» (Costa, 2014b)122, permette alla persona di individuare e cogliere le opportunità, elaborando scenari d’azione adeguati e inserendosi coerentemente all’interno dei mutevoli contesti di vita e professionali. E il concetto di agency trasformativa si ricollega direttamente ad alcuni altri concetti fondamentali:

 a quello di mobilità, sia nel senso di sapersi muovere e spostare in contesti diversi, sia nell’accezione di capacità di mettere in azione risorse, di “mobilitarle”, cioè di attivarle;

 al concetto di capacità di scelta;

 a quello di responsabilizzazione (che è sia personale, sia sociale);

 a un concetto di competenza più ampio (Pellerey, 2001; Tessaro, 2011; 2012), ovvero comprendente anche tutte quelle che sono le risorse interne di una persona, in termini di motivazione, affettività, valori, volontà.

Così, fare leva sulla forza agentiva della persona contribuisce all’apertura di nuovi spazi realizzativi all’incrocio tra lo sviluppo individuale e l’ampliamento delle opportunità di contesto (Ellerani, 2013). «L’azione educativa e formativa del capacitare entrepreneurship dunque: a) muove verso l’attivazione e l’arricchimento della libertà di agency delle persone; b) crea opportunità di capacitazione individuale, allargando l’insieme delle opportunità di scelta; c) favorisce specifiche condizioni di contesto per il raggiungimento dei funzionamenti necessari allo sviluppo tanto personale quanto professionale» (Strano, 2016).

122 E che Sen definisce quale «greater freedom enhances the ability of people to help themselves, and

also to influence the world, and these matters are central to the process of development» (Sen, 1999, 18).

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Figura 2. Schema di sintesi per capacitare l’imprenditività (Strano).

Capacitare l’imprenditività, in questo senso, offre la possibilità di mettere in valore la progettualità delle persone rispetto alle loro attitudini, alle loro competenze e alle risorse effettivamente fruibili. Il processo di capacitazione fa leva sulla qualità generativa (Costa, 2013; 2014a; 2014b) della persona, potenziandone la capacità di visualizzare il proprio futuro e di realizzarlo con scelte concrete, esprimendo i propri potenziali e la propria identità.

Capacitare entrepreneurship può diventare una strada virtuosa anche per promuovere le dinamiche di innovazione, soprattutto di Open Innovation (Chesbrough, 2003a), e la formazione capacitante può rappresentare il nucleo generativo dei processi individuali e organizzativi di scoperta e produzione innovativa. Rimettendo al centro la persona, con le sue capacità, i suoi obiettivi e le sue possibilità di scelta e azione, capacitare entrepreneurship si traduce in occasione per dare vita a trasformazioni e cambiamenti in grado di rispondere coerentemente alle esigenze emergenti dai contesti del lavoro e del vivere civile.

Capacitare entrepreneurship per generare innovazione, infatti, vuol dire realizzare una formazione che sappia accostare le dinamiche di capacitazione individuali alle contingenze di sviluppo collettivo, per cui le persone e le organizzazioni sapranno dare forza a quei funzionamenti (Sen, 2010) che più di altri promuoveranno e sosterranno i processi d’innovazione ricercati. Ancora, significa collocarsi strategicamente nei segmenti di connessione tra mondo della formazione e mondo del lavoro, riqualificando percorsi di apprendimento attraverso la progettazione di nuove architetture formative capaci di integrare diversi contesti di

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apprendimento e di rafforzare il dialogo tra Università, Imprese e Istituzioni, definendo nuovi modelli pedagogici basati su azioni multidisciplinari capaci di stimolare riflessività trasformativa (Mezirow, 2003) e azioni competenti e generative (Costa, 2013), formando, dunque, lavoratori e cittadini in grado di sostenere i processi innovativi, tanto nel campo economico, quanto in quello culturale e sociale.

Ed anche la creatività non è una componente marginale del processo capacitativo- imprenditivo, poiché essa rappresenta un ingrediente imprescindibile della formatività nel lavoro per l’innovazione.

La creatività è un fenomeno umano complesso, insieme intuizione del non esistente e disciplina del porre ordine nel caos, capacità di vedere all’interno di un problema, avvertendo i rapporti funzionali tra gli elementi costituenti e le relazioni con il contesto. È il luogo della cognizione e dell’emozione assieme (Rossi, 2009) ed è il ponte fondamentale della costruzione del rapporto tra l’uomo e il mondo.

Così, può apparire chiaro che creatività e innovazione sono strettamente connesse, poiché rappresentano entrambe declinazioni dell’essere umano antropologicamente fondate. La creatività e l’innovazione quasi mai sono processi individuali e assolutamente liberi, bensì rappresentano la somma di sviluppi talvolta imprevedibili ma vincolati, collettivi e spesso insidiati da ostacoli. Il pensiero laterale, l’insight, l’empatia sono però importanti frecce nella faretra di chi abita l’evento creativo e di chi provoca il processo innovativo, di chi, quindi, legge il problema, si relaziona con gli altri e con il contesto e giunge a una ristrutturazione del problema che di fatto diviene la porta verso la soluzione innovativa123.

Entrepreneurship, creatività e innovazione, in conclusione, costituiscono un unicum inscindibile caratterizzato da preferenza per la complessità, propensione al

rischio, tensione verso il nuovo, capacità di interpretare e di produrre risultati positivi per l’esistenza propria e altrui. Un unicum che può essere valorizzato da una formazione capacitante, facente leva sulla centralità della persona, sulla sua libertà d’azione, sulla sua forza di agency trasformativa.

123 Tuttavia, Legrenzi avverte che non esistono ricette certe per la creatività e l’innovazione. Quello

che si può fare è stimolare una certa sensibilità e un allenamento a porsi le domande giuste e a reagire ai vincoli cognitivi che occludono gli orizzonti mentali (Legrenzi, 2005). Il salto di qualità avviene quando un problema viene riletto come un’opportunità.

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