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CAPITOLO 2 – BRAND REPUTATION E CAPITALE INTANGIBILE

2.2 Capitale intangibile

Secondo una visione tradizionale, nei processi di funzionamento delle imprese veniva attribuita maggiore importanza alla dotazione di risorse di tipo materiale ed alla loro idoneità nel perseguimento di flussi reddituali.

I mutamenti registrati a livello ambientale hanno dettato nuove esigenze per l’impresa che è chiamata a realizzare sintonie strategiche tra le caratteristiche del contesto ambientale e le proprie risorse attraverso processi efficienti ed efficaci di acquisizione, di creazione, di raccolta e di impiego delle risorse immateriali.

Nel breve volgere di pochi anni, l’attenzione per le tematiche legate al ruolo delle risorse intangibili con riferimento all’economia delle imprese si è molto acuita e appare in costante crescita. Il “salto di qualità”, avvenuto nella seconda metà degli anni ‘90, è con tutta probabilità largamente da imputare proprio agli sforzi dei teorici e delle imprese di delineare una rappresentazione più completa e concreta di tali fattori economici.

Dalla metà degli anni ’90 ad oggi è mutato sensibilmente il concetto di “beni immateriali” e la definizione di risorse intangibili si è notevolmente ampliata. Siamo passati da una visione di natura legalistica, che si sostanzia nella tradizionale rappresentazione delle immobilizzazioni immateriali nel bilancio d’esercizio, ad una visione più allargata che ricomprende negli intangibili anche risorse più “soft” spesso non separabili o autonomamente cedibili quali la leadership, gli skills, la customer satisfaction, la rete di alleanze, le procedure, l’immagine aziendale e la reputazione.

Il capitale intellettuale, inteso nel suo significato più ampio di stock di conoscenze interno (abilità, competenze e capacità) ed esterno (immagine, brand, soddisfazione della clientela) appartenente ad un’organizzazione, capace di trasformare un complesso di risorse materiali, finanziarie e umane in un sistema strutturato e coordinato capace di creare valore per gli stakeholder mediante il raggiungimento di vantaggi competitivi, gioca sempre di più un ruolo chiave.

Le componenti immateriali o, secondo altri sinonimi, i beni intangibili, gli invisible assets, il capitale intellettuale, hanno dunque conquistato a pieno diritto un ruolo di primo piano tra le

40 Coombs W. T., “Protecting organization reputations during a crisis: the development and application of

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risorse aziendali, dove con tale termine non si fa più riferimento solo alle persone, ai beni e ai capitali, ma anche alle informazioni di cui l’impresa dispone per il raggiungimento dei propri obiettivi a breve e a lungo termine, alla fiducia dei consumatori, all’immagine aziendale, al brand e alla capacità del management.

Ciò è tanto più evidente quanto più si guarda alle valorizzazioni espresse dalle contrattazioni dei titoli azionari nei mercati finanziari in cui le imprese sono valutate dalle tre alle dieci volte più del valore contabile del loro patrimonio, dando origine ad un differenziale di valore. Un altro momento in cui emerge tale divario è, spesso, in occasione del perfezionamento di operazioni di fusione o acquisto, ovvero quando la partecipazione al capitale sociale di un’impresa viene acquistata ad un valore superiore (e a volte molto superiore) rispetto al relativo valore nominale. Il maggior prezzo sostenuto consiste di solito in capitale intellettuale: introiti previsti da brevetti, rapporti con i clienti, diffusione del marchio ecc., oltre ad un premio per la conquista del controllo sulla gestione.

Il capitale intangibile sta diventando dunque sempre più importante perché è la fonte principale del vantaggio competitivo dell’impresa, funzione, a sua volta, delle abilità detenute dalla medesima. Ciò equivale a dire che l’impresa che dispone delle maggiori risorse immateriali è quella che ha la maggiore probabilità di successo41.

Tuttavia, non è sufficiente che l’impresa possegga le risorse immateriali per ottenere la supremazia concorrenziale sui competitors, ma è anche necessario che essa sappia identificare e comprendere il proprio potenziale intellettuale al fine di costruire e sviluppare un ambiente idoneo alla sua crescita. Tutto questo, però, da un punto di vista strettamente operativo, non è di facile applicazione perché richiede una vera e propria rivoluzione nelle consolidate abitudini gestionali e di coordinamento del management, che deve ora focalizzare l’attenzione sulla dimensione “intangibile” piuttosto che su quella “tangibile”.

Il concetto di capitale intangibile, ha subito nel tempo diverse interpretazioni; sovente, gli asset intangibili sono stati definiti come la semplice somma del capitale umano (conoscenze e competenze possedute dalle persone) e delle proprietà intellettuali (marchi registrati, brevetti) di una società, tralasciando, ad esempio, quegli elementi che, per quanto legati al capitale umano posseduto, caratterizzano qualità proprie dell’organizzazione: la cultura aziendale, i processi gestionali, ecc.

Nel tentativo di definire la composizione del capitale intangibile, è bene ricordare che il termine asset intangibili non descrive l’insieme di beni immateriali di un’azienda ma,

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piuttosto, una serie di risorse non facilmente traducibili in termini finanziari, a causa della mancanza di criteri standardizzati per una loro valutazione monetaria42.

Negli asset intangibili di un’organizzazione possiamo ricondurvi43:

• il Capitale Umano (human capital), che può essere descritto dalla conoscenza che le persone trattengono in seguito alle mansioni svolte, una conoscenza che si può definire tacita o implicita, in quanto non formalizzata. Esso comprende le conoscenze, le abilità e le esperienze delle persone e può essere strettamente individuale ma anche molto generico;

• il Capitale Strutturale (structural capital), ovvero l’insieme di conoscenze che rimangono all’impresa in seguito al lavoro che è stato svolto: in questo caso, la conoscenza può essere esplicita e, quindi, formalizzata, ma anche semplicemente incorporata nei modi di fare le cose. Esso comprende i documenti prodotti, le procedure utilizzate, i modelli organizzativi, le strategie, la cultura aziendale e i contenuti dei database;

• il Capitale Relazionale (relational capital), rappresentato dal valore delle risorse collegate alle relazioni esterne dell’azienda: i rapporti con la clientela, con i fornitori, con i business partner, con i centri di Ricerca & Sviluppo, ecc. Nell’ambito del capitale relazionale, al contempo, si può isolare un importante elemento, ovvero il capitale sociale (social capital), nel quale possono riscontrarsi tre elementi di base: la fiducia generalizzata prodotta dalla socialità, le interazioni sociali e le istituzioni formali create dalla socialità. Si può parlare di capitale perché le relazioni sociali sono di natura durevole e comportano effetti durevoli e si definisce sociale in quanto le interazioni non sono di mercato, pur producendo effetti economici.

42 Zambon S., “La comunicazione degli intangibles e dell’intellectual capital: un modello di analisi”, in Rivista AIAF, 2002

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Figura 3 - Asset intangibili di un'organizzazione

Fonte: Zambon S., “La comunicazione degli intangibles e dell’intellectual capital: un modello di analisi”, in Rivista AIAF, 2002

Dall’analisi proposta è possibile cogliere le principali caratteristiche comuni dei beni immateriali44.

Anzitutto le risorse intangibili possono essere conservate, immagazzinate, sedimentate, all’interno e/o all’esterno dell’impresa ed essere utilizzate nel momento più opportuno (“Sedimentabilità”). All’interno dell’impresa le risorse immateriali sono incorporate negli uomini e si concretizzano nelle abilità dell’organizzazione intese come capacità dell’impresa nel suo complesso di adottare determinati comportamenti a fronte dei problemi che continuamente si pongono nel corso della sua vita. All’esterno dell’impresa le risorse immateriali sono immagazzinate in soggetti non appartenenti all’organizzazione ma ad essa legati da rapporti di diversa natura (ad esempio la fedeltà al brand).

In secondo luogo le abilità e le conoscenze accumulate all’interno di una impresa sono peculiari all’organizzazione stessa. Esse sono, in altre parole, uniche; anche se due imprese hanno seguito sentieri di sviluppo simili, non saranno comunque simmetriche in termini di capacità sedimentate (“Unicità”).

Molte risorse immateriali, inoltre, non derivano semplicemente da un atto d’acquisto, ma sono frutto del tempo e del lavoro svolto dall’organizzazione (“Difficile acquisibilità”). Questo spiega perché non vi sia alcuna garanzia che un investimento in questo senso produca i risultati sperati. Riprendendo l’esempio della fedeltà al brand, essa è frutto della storia dell’azienda o del prodotto/servizio in un arco di tempo solitamente lungo e nasce da un

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rapporto di soddisfazione e fiducia da parte della clientela e non da un atto unilaterale dell’impresa.

Quello della “Difficile copiabilità”, poi, è un altro elemento caratteristico degli intangible assets. Mentre da un lato c’è chi sostiene che le risorse immateriali, per loro stessa natura estremamente eterogenee, non siano facilmente copiabili, dall’altro c’è chi ritiene che sia invece difficile impedire ai competitors di appropriarsene. Queste due affermazioni, apparentemente inconciliabili, sono entrambe vere. In effetti per le risorse intangibili non c’è alcuna protezione possibile e, quindi, il vantaggio competitivo basato su aspetti immateriali è più difficile da difendere perché non può essere brevettato od occultato. Ciò non significa affatto che sia facile copiarlo, significa solo che non è semplice mettere volontariamente in atto azioni volte a scoraggiare la concorrenza. È altresì vero, tuttavia, che per i rivali è estremamente difficile imitare le fonti del vantaggio competitivo derivante dalle risorse immateriali in quanto tali attività sono difficili da acquisire e, quindi, da imitare.

Un’altra caratteristica delle risorse intangibili è rappresentata dalla loro “Molteplicità d’uso”: a differenza dei beni materiali, è possibile utilizzare il capitale immateriale in contesti concorrenziali diversi. L’immagine di marca acquisita in un campo, per esempio, può essere agevolmente utilizzata anche in altri. Gli invisibile assets possono anche essere impiegati per più usi contemporaneamente, mentre non è vero che tutti i beni immateriali possono essere sfruttati in modo illimitato: alcuni di essi sono contenuti nelle persone, i cui limiti fisici impediscono un uso infinitamente ripetuto dei relativi skills.

Molte attività immateriali sono anche trasferibili o condivisibili all’interno e/o all’esterno dell’organizzazione senza che ciò provochi una loro perdita di possesso da parte del trasferente, mentre lo stesso non avviene per i beni materiali (“Trasferibilità”). L’estrema eterogeneità delle risorse intangibili tuttavia impone di considerare questo aspetto come condiviso solo da alcune di esse. Il livello di trasferibilità dipende in pratica da alcuni parametri quali il grado di modificabilità dei beni immateriali, la loro complessità d’insegnamento, la loro osservabilità nell’uso e il loro livello di interdipendenza dall’organizzazione.

Le risorse immateriali posseggono poi la caratteristica di essere soggette a rapida “Deteriorabilità”: il loro valore, infatti, dipende fortemente dal loro possibile uso in un dato contesto organizzativo, di mercato ed ambientale. Ogni cambiamento in ciascuno di essi può far diminuire il capitale intellettuale posseduto dall’azienda. Questo dimostra che il vantaggio competitivo da esso derivante non è acquisito dall’impresa in via definitiva ma va sempre alimentato con attenzione.

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Infine il patrimonio intangibile di un’impresa può essere deliberatamente e continuamente aumentato a vantaggio dell’impresa stessa (“Incrementabilità”).

Figura 4 - Caratteristiche dei beni immateriali

Fonte: elaborazione autonoma dell’autore