• Non ci sono risultati.

Reputation e performance. I risultati di un'analisi empirica nelle imprese di servizi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Reputation e performance. I risultati di un'analisi empirica nelle imprese di servizi"

Copied!
113
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

REPUTATION E PERFORMANCE.

I RISULTATI DI UN'ANALISI EMPIRICA NELLE IMPRESE DI

SERVIZI

RELATORE:

Prof.ssa Angelini Antonella

CANDIDATO:

Minichino Jacopo

ANNO ACCADEMICO

2016/2017

(2)

2

INTRODUZIONE……… 4

CAPITOLO 1 – DEFINIZIONE DI BRAND E BRAND REPUTATION………. 6

1.1 Il brand: da semplice marchio ad un contenitore di significati……… 6

1.2 Brand awareness………. 11

1.3 Brand identity, brand image e brand positioning………... 14

1.4 Ruolo della comunicazione nella gestione del brand………. 18

1.5 Dalla corporate image alla corporate reputation……… 21

1.6 Dimensioni della corporate reputation………... 26

1.7 Ruolo dei consumatori……… 28

CAPITOLO 2 – BRAND REPUTATION E CAPITALE INTANGIBILE... 30

2.1 Reputation come asset intangibile……….. 30

2.2 Capitale intangibile………. 33

2.3 Valutazione e misurazione del capitale intangibile……… 38

2.4 Capitale intangibile, vantaggio competitivo e performance dell’azienda……….. 41

2.5 Brand reputation e performance dell’azienda: il legame esistente………. 45

CAPITOLO 3 – INDAGINE EMPIRICA……… 49

3.1 Obiettivi e metodologia della ricerca………. 49

3.2 Il Reputation Institute………. 50

3.2.1 Il processo di costruzione della reputazione……… 52

3.2.2 Il Global Pulse………. 54

(3)

3

3.2.4 RepTrak Risk………... 60

3.3 Il caso Amazon………... 61

3.3.1 L’azienda e la sua storia……….. 61

3.3.2 Evoluzione del reputation index……….. 64

3.3.3 Principali iniziative nel periodo 2013-2017……… 65

3.3.4 Risultati economico-finanziari……….72

3.4 Il caso UPS………. 76

3.4.1 L’azienda e la sua storia………...76

3.4.2 Evoluzione del reputation index……….. 79

3.4.3 Principali iniziative nel periodo 2013-2017……… 80

3.4.4 Risultati economico-finanziari……….87

3.5 Il caso Google………. 91

3.5.1 L’azienda e la sua storia………...91

3.5.2 Evoluzione del reputation index……….. 94

3.5.3 Principali iniziative nel periodo 2013-2017……… 96

3.5.4 Risultati economico-finanziari………...101

CAPITOLO 4 – CONCLUSIONI... 105

(4)

4

INTRODUZIONE

Il lavoro di tesi sviluppato di seguito consiste in una ricerca riguardante la reputazione aziendale, la sua importanza e l’impatto che questa può avere sulle performance dell’impresa. Il legame esistente fra la reputazione di un’azienda e le relative performance, in particolare, è stato indagato tramite un’analisi empirica, che ha preso ad oggetto tre casi di studio relativi a tre imprese rientranti nel settore dei servizi. Lo scopo di questo studio, infatti, è quello di verificare in che modo e con quale intensità un cambiamento nella reputazione percepita di un brand abbia delle conseguenze sui suoi risultati operativi e, nello specifico, sui suoi risultati economico-finanziari.

L’elaborato è diviso in tre parti principali, ognuno dei quali ha lo scopo di analizzare una particolare macro-area della reputazione aziendale.

Nella prima parte del lavoro di tesi, si va a indagare più dettagliatamente alcuni aspetti legati in letteratura alla brand reputation, quali la brand awareness, la brand identity, la brand image e il brand positioning. Dopo tale analisi degli aspetti maggiormente collegati alla reputazione aziendale, lo studio si concentra sulla trattazione in letteratura della corporate reputation e di come, partendo dai già citati costrutti, si arrivi a una definizione di reputazione aziendale. Nella trattazione del concetto di corporate reputation vengono successivamente illustrate le dimensioni sottostanti individuate in letteratura e il ruolo attivo che hanno i consumatori nella creazione di questo costrutto di grande importanza per le imprese.

Nella seconda parte dell’elaborato viene portata avanti l’analisi sulla letteratura riguardante i vari aspetti della reputazione aziendale. Nel dettaglio, vengono analizzati gli studi che vedono la corporate reputation come asset intangibile d’impresa e, in quanto tale, strumento in grado di generare differenziazione e miglioramento per l’azienda stessa. La classificazione di corporate reputation come asset intangibile ha portato poi all’analisi della relazione che esiste appunto fra il patrimonio intangibile e la creazione di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Tale aspetto della competizione fra imprese, infatti, è di fondamentale importanza per avere delle performance migliori rispetto alla concorrenza e per dare quindi un’evidenza tangibile a quello che è un aspetto astratto come la reputazione aziendale.

La terza parte del lavoro di tesi, invece, rappresenta il punto centrale del testo, in quanto espone la ricerca empirica svolta sulle tre aziende oggetto di studio. La scelta delle tre aziende prese in esame è ricaduta su Amazon, Google e UPS, in quanto rappresentanti di tre settori diversi dei servizi.

(5)

5

In questo capitolo sono stati analizzati i risultati delle aziende in termini di reputazione tramite il “reputation index”, ovvero un indice di reputazione prodotto dal Reputation Institute, che riassume i vari aspetti dell’attività d’impresa. Tale indice è stato poi osservato alla luce delle iniziative messe in atto dalle aziende nel periodo 2013-2017, in modo da verificare quale fosse l’influenza delle proposte delle imprese sulla percezione dei pubblici di riferimento. Come ultimo passaggio, è stato poi confrontato l’andamento del reputation index con i risultati economico-finanziari registrati dalle aziende, al fine di valutare l’impatto finale di un determinato livello di corporate reputation.

L’ultima parte dell’elaborato, infine, presenta le conclusioni che sono state raggiunte alla luce dei dati e delle attività analizzate, illustrando il possibile collegamento esistente fra la reputazione di un brand e le relative performance registrate.

(6)

6

CAPITOLO 1 – DEFINIZIONE DI BRAND E BRAND REPUTATION

1.1 Il brand: da semplice marchio ad un contenitore di significati

La marca è un nome o un simbolo distintivo che serve ad identificare i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori e a distinguerli da quelli dei concorrenti. La marca comunica l’origine del prodotto, aiuta l’azienda a proteggersi dalla concorrenza qualora questa cercasse di proporre prodotti simili almeno all’apparenza1. Con un brand possiamo identificare l’azienda nel suo complesso, un prodotto o servizio, o anche una famiglia di questi. La marca porta con sé il codice interpretativo di un prodotto o di un servizio, ad essa sono associati significati, che possono essere accettati o rifiutati da coloro che si avvicinano ad essa; stimola il consumatore con una serie di riferimenti cognitivi o emozionali.

La marca ha una grande rilevanza per le imprese, forse mai come ai nostri giorni. In molti settori appare ormai chiaro come non sia così semplice differenziare l’offerta di un produttore da quella di un suo concorrente e quindi sono necessari degli elementi intangibili per attirare i consumatori e per creare preferenza e fidelizzazione.

In origine, la marca aveva un ruolo identificativo del produttore di un certo bene, ma è solo a partire dal ventesimo secolo che inizia ad avere un ruolo di primo piano nel mercato; lo sviluppo del brand management, infatti, ha consentito alle marche di acquistare un peso sempre maggiore all’interno delle aziende, tanto da arrivare ad acquisire una propria autonomia e personalità.

Oggi le marche sono portatrici di valori in cui i consumatori possono rispecchiarsi, tanto che si può parlare di brand non soltanto per prodotti e servizi di consumo, ma anche per quanto riguarda personaggi famosi come attori, sportivi, cantanti.

Attualmente il valore di una marca affermata è molto elevato vista la grande difficoltà nel riuscire a costruire da zero una marca rispetto a qualche tempo fa; oggi, infatti, il numero di marche presenti nei diversi mercati è elevatissimo ed i costi pubblicitari e di distribuzione sono sempre più ingenti.

(7)

7

Il brand si è trasformato così da semplice marchio, cioè segno grafico per identificare un prodotto o un’azienda, in un contenitore più ampio di significati, che comprende quelli estetici, emotivi, culturali, ecc.2.

Oggi in molti mercati rappresenta il vero capitale su cui si basano le relazioni con i consumatori e anche la risorsa meno imitabile dai concorrenti3. Una marca può esprimersi in diversi modi, sia per l’azienda che per il consumatore, dal momento che sono molti gli elementi, per esempio visivi, astratti, tattili, sonori e perfino olfattivi e gustativi, che potenzialmente la compongono e le attribuiscono un determinato valore.

L’American Marketing Association definisce una marca come “un nome, un termine, un segno, un simbolo, un design o una combinazione di questi elementi che identifica i beni o servizi di un venditore o un gruppo di venditori e li differenzia da quelli dei concorrenti”. Una marca è quindi concettualmente paragonabile a un prodotto o un servizio, le cui caratteristiche si distinguono in qualche modo da altri prodotti o servizi progettati per soddisfare lo stesso bisogno. Tali differenze possono essere funzionali, razionali o tangibili (in relazione alle prestazioni della marca), ma possono essere anche più simboliche, emotive o intangibili (in relazione a ciò che la marca rappresenta o esprime in senso più astratto).

Semplificando, una marca si può definire come un insieme di segni, significati ed esperienze. I segni servono a rendere più facilmente identificabili i prodotti e i servizi aziendali, consentendo al cliente di ridurre lo sforzo di analisi delle informazioni durante i processi d’acquisto e di consumo, e all’azienda di costruire la conoscenza e la consapevolezza che sono necessarie per conferire valore alla marca. I significati sono l’essenza del valore simbolico ed emozionale che, se compresi e apprezzati dal cliente, determinano gli atteggiamenti verso il brand, realizzando pertanto gli obiettivi di posizionamento della direzione aziendale e qualificando l’immagine stessa della marca. Come è ampiamente riconosciuto, l’immagine di marca è uno dei principali elementi ai quali si riconduce il valore, attuale e potenziale, del brand stesso. Le esperienze, infine, sono l’elemento più “personale” che i clienti collegano al brand; queste hanno il vantaggio di rappresentare per gli individui una base di partenza per le future valutazioni, per decidere se potersi fidare o meno delle sue prestazioni e, di fatto, per prevederne le performance in caso di riacquisto. Quest’ultima è la componente che influenza in misura maggiore la brand loyalty, con tutto ciò che ne consegue

2 Pratesi C.A., Mattia G., Branding: strategia, organizzazione, comunicazione e ricerche per la marca., McGraw-Hill, Milano, 2006

(8)

8

in termini di vantaggio tanto per il cliente fedele, quanto per l’impresa che può contare sull’attaccamento dei clienti e quindi sul loro valore4.

Contrariamente a quello che di solito si crede, la marca non è una rendita, una sorta di “abbonamento” pattuito con il consumatore; essa vive e prospera solo se è in grado di apportare un vero valore aggiunto al consumatore, evolvendosi in armonia con i tempi. Di fatto, il consumatore la sottopone ogni volta a un test, istituendo confronti, abituandosi velocemente alle innovazioni che propone, a tal punto da considerare normale anche la più recente innovazione apportata. Come conseguenza, la marca ha davanti a sé una strada obbligata per sopravvivere: rimettere il prodotto o servizio costantemente in gioco, innovarlo e adeguarlo all’evoluzione dei gusti e dei desideri dei consumatori.

È da sottolineare come, oggi, nel mondo del business e nei mercati globali, le marche siano divenute essenziali per migliorare la vita del consumatore e consentire alle imprese di accrescere e capitalizzare il loro valore.

Nell’elaborazione della propria strategia, molta aziende si pongono come priorità assoluta quella della creazione, sviluppo e affermazione della marca. La ragione va cercata nel fatto che il brand ha radicalmente cambiato il rapporto tra consumatori e prodotti.

Per questa loro importanza, le marche sono entrate a pieno titolo fra le risorse immateriali di maggior valore per un’azienda, tanto da costituire l’oggetto di un’apposita classifica annuale stilata da una società specializzata: Interbrand.

Tuttavia, la marca è anche un patrimonio molto delicato; infatti, non sono rari i casi di insuccessi, anche di brand affermati. Gli esempi sono disparati e possono riguardare un prodotto/servizio o addirittura un’intera azienda con una reputazione consolidata.

La cosiddetta capacità di “timesurfing” della marca, cioè di portare nel lungo periodo (oltre 35 anni) risultati soddisfacenti, è una condizione che vale per pochi casi. Il brand, quindi, può offrire grandi vantaggi, ma è anche un patrimonio fragile esposto al rischio di disaffezione dei consumatori5.

La letteratura identifica diverse motivazioni sottostanti alla costruzione e promozione della marca, intesa non solo come un marchio che ha lo scopo di far identificare i beni o i servizi di un venditore e di distinguerli da quelli degli altri venditori, e nemmeno solo nella sua funzione di differenziazione rispetto ai competitors, bensì anche come asset dell'impresa collegato a un segno distintivo (marchio) che si aggiunge al valore generato da un certo prodotto o servizio. Una prima motivazione legata alla generazione e al consolidamento di

4 Kotler P., Keller K.L., Ancarani F., Costabile M., Marketing management, Pearson, 2012 5 Peter J.P., Donnelly J.H., Pratesi C.A., Marketing, McGraw-Hill, Milano, 2013

(9)

9

brand forti è data dal fatto che la marca costituisce una base solida per il lancio di nuovi prodotti. Si tratta dunque di un investimento di medio-lungo periodo i cui frutti non si esauriscono con il ciclo di vita dei prodotti o servizi attualmente offerti dall’impresa, bensì che fungerà da leva legittimante per le future proposte dell’impresa.

La seconda motivazione all’investimento in un brand forte è data dalla capacità di riparare parzialmente alla flessione delle vendite in periodi di guerre promozionali. Più specificamente, si può affermare che se il consumatore attribuisce caratteristiche distintive e superiori ad un certo brand, svilupperà una minor elasticità al prezzo e dunque sarà più disponibile a corrispondere il prezzo regolare anche in presenza di proposte particolarmente vantaggiose da parte dei competitors.

Una terza motivazione che induce le imprese a coltivare marche forti è la volontà di valorizzare la differenziazione del proprio prodotto o servizio; la marca, in questo caso, attira l’attenzione del consumatore in modo rapido ed efficace, sintetizzando un’informazione saliente.

Infine, dotarsi di un brand riconoscibile e forte è positivo per le imprese poiché riduce in capo al consumatore il rischio percepito e la dissonanza post-acquisto. Questa dinamica risulta di particolare importanza nel caso di prodotti o servizi a coinvolgimento elevato, il cui prezzo può apparire alto e per i quali il consumatore desideri ridurre il rischio di commettere un errore nella scelta. Affidarsi a un brand noto risulta una strategia frequente in questi casi poiché riduce l’ansia associata al processo d scelta e quindi la probabilità che subentri ex post il dubbio di aver commesso errori di valutazione.

La marca svolge alcune rilevanti funzioni, sia rispetto alle altre imprese, ovvero nel versante business, sia nei confronti dei consumatori, ossia nel versante business-to-consumer6.

Con riferimento all’ambito business-to-business:

• La funzione di protezione attiene all’origine della marca in quanto elemento segnaletico dell’appartenenza di un certo prodotto o servizio al portafoglio di offerta di una certa impresa. Si intende dunque il significato originario di marca come marchio con cui siglare i propri prodotti o servizi per tutelarne la proprietà industriale e dunque ripararsi da imitazioni, contraffazioni e abusi;

(10)

10

• La funzione di posizionamento si riferisce alla possibilità di usare il brand, in primo luogo il naming stesso e quindi a seguire il sistema di comunicazione costruitogli attorno, come elemento evocativo del posizionamento dell’impresa;

• La funzione di capitalizzazione attribuisce al brand la capacità di raccogliere e sedimentare nel tempo i frutti della condotta dell’impresa, incorporando il valore generato negli anni di attività.

Nei confronti del consumatore, invece, sono state riconosciute altre funzioni svolte dalla marca:

• La funzione di praticità si riferisce alla capacità della marca di esprimere una sintesi delle caratteristiche del prodotto o servizio. Il brand diventa il riassunto di una serie di caratteristiche, permettendo così di accelerare il processo di scelta e di acquisto da parte del consumatore;

• La funzione di orientamento origina dal medesimo presupposto rispetto a quella appena descritta, cioè si basa sulla capacità di un brand di divenire l’elemento attraverso cui il soggetto ricorda e/o inferisce caratteristiche del prodotto o servizio. A differenza della funzione di praticità, però, tale capacità riassuntiva non viene utilizzata per processi di scelta ripetuti e a basso coinvolgimento, bensì quando il soggetto fronteggia la scelta di un prodotto o servizio all’interno di una categoria merceologica a lui poco familiare e/o nel caso di un processo di scelta nel quale il livello di coinvolgimento sia particolarmente alto;

• La funzione ludica è associata a quei brand il cui nome e/o attività di comunicazione che ruotano attorno ad esso stimolano la sfera emozionale del soggetto;

• La funzione di garanzia esprime la capacità esercitata dalla presenza di una marca associata a un prodotto o servizio di stimolare la percezione di credibilità da parte del consumatore. Il comparire di un brand applicato a tale prodotto o servizio funge da segnale della presenza di un’organizzazione che si espone a fronte del consumatore e dunque si rende disponibile a rispondere di eventuali problematiche;

• La funzione di autoespressione differisce dalle precedenti poiché non ha una valenza intraindividuale, bensì interindividuale. Essa si riferisce alla capacità segnaletica che l’utilizzo o il possesso di un certo brand opera all’interno di un gruppo sociale. La marca diviene segnale di alcune caratteristiche dell’individuo, permettendogli di esprimere di fronte agli altri alcuni tratti salienti tra cui la propria personalità o il proprio stile di vita.

(11)

11

Negli ultimi anni, è maturata finalmente la consapevolezza che gli elementi immateriali possono essere anche più importanti delle componenti materiali e, di conseguenza, qualità e immagine di marca hanno acquisito oggi un’importanza cruciale nel successo di un brand. I prodotti invecchiano molto più rapidamente rispetto ad una marca e, per questo motivo, se un’azienda è in grado di vendere prima il brand del prodotto, riuscirà ad avere vantaggi riguardo la minore obsolescenza e in riferimento ai pericoli di imitazione, essendo una marca molto difficile da imitare.

Secondo un’interpretazione, la marca può essere vista come un pregiudizio costruito nel tempo, in quanto, quando i consumatori si sono fatti una certa idea su una marca, sarà molto difficile che il giudizio cambi, a meno di grossi errori nella gestione del brand; per questo motivo è importante gestire questo processo, costruendo una forte reputazione di marca, in modo da influenzare i consumatori, creando un atteggiamento positivo nei confronti del brand. Il brand management, infatti, si occupa non del prodotto in sé, ma di come i consumatori vedono e percepiscono la marca.

Una marca che gode di credibilità è indice di un elevato livello di qualità che spinge i consumatori ad acquistarla e motiva i clienti soddisfatti a ripetere la scelta d’acquisto riguardante il prodotto o servizio. La fedeltà alla marca fornisce all’impresa prevedibilità e sicurezza della domanda, e crea barriere all’entrata che rendono difficile l’ingresso sul mercato dei concorrenti. La fedeltà può anche portare i clienti a essere disposti a pagare un prezzo superiore rispetto alle marche concorrenti.

Sebbene i processi produttivi e le caratteristiche del prodotto/servizio possano essere facilmente imitati, le impressioni consolidate nella mente dei consumatori e all’interno delle organizzazioni da anni di esperienza di utilizzo del prodotto/servizio e dalle attività di marketing predisposte non sono facilmente riproducibili. In questo senso il branding può essere un potente strumento per assicurare un vantaggio competitivo sostenibile7.

1.2 Brand awareness

Uno dei primi obiettivi che l’impresa si pone nella gestione del brand è quello di sviluppare un alto grado di consapevolezza dell’esistenza dello stesso presso il pubblico di riferimento: questo esito viene definito brand awareness.

(12)

12

La brand awareness è misurata sulla base di due dimensioni fondamentali, che esprimono molto più del semplice ricordo della marca: queste sono la brand recognition e il brand recall8. La brand recognition (riconoscimento) riflette la familiarità guadagnata attraverso l’esposizione avvenuta in passato; la sussistenza di tale elemento non implica necessariamente ricordare dove il brand è stato incontrato, perché differisce dagli altri, o addirittura qual è la sua classe di prodotto o servizio, ma è sufficiente che ci sia stata un’esposizione passata al brand. Alcune ricerche in psicologia hanno mostrato come anche il mero riconoscimento possa tradursi in sensazioni positive, spingendo l’acquirente a preferire istintivamente un prodotto o servizio familiare rispetto ad uno completamente sconosciuto.

La concezione del ruolo della brand awareness proposta dagli economisti si collega alla teoria dei segnali, in base alla quale la reazione dei consumatori non deve essere esaminata solo alla luce di aspetti istintivi. Quando essi hanno a che fare con una marca conosciuta, inferiscono che l’impresa sta effettuando investimenti per supportarla: poiché, generalmente, le aziende non spendono risorse per prodotti o servizi scadenti, gli acquirenti elaborano il riconoscimento come un “segnale” di buona qualità. Esso viene normalmente misurato attraverso test di ricordo supportato, menzionando ai rispondenti un gruppo di nomi di brand nell’ambito di una determinata categoria di prodotti e chiedendo quali dei nomi citati siano conosciuti, anche solo per averne sentito parlare. Di conseguenza, poiché in questo tipo di rilevazione il legame tra la marca e il prodotto o servizio può essere molto debole, la capacità di recognition si configura come il livello minimo di consapevolezza della marca.

Il brand recall (ricordo) della marca è legato alla capacità dei consumatori di richiamare il brand alla memoria quando viene fornito un indizio costituito da una categoria di prodotto o servizio, un bisogno da soddisfare, una situazione di acquisto o di utilizzo. Tale tipo di ricordo viene definito spontaneo, in quanto le tecniche utilizzate per la sua rilevazione non forniscono dei suggerimenti relativi ai nomi della marca, ma è il consumatore stesso a dover menzionare i brand nell’ambito di una certa categoria merceologica. Ovviamente, il ricordo si presenta come un’operazione mentale più complessa rispetto al semplice riconoscimento.

La massima espressione della brand awareness si ha quindi con l’elicitazione spontanea del brand, motivo per cui il desiderio da parte delle imprese è quello di poter essere annoverate nella top of mind del consumatore, cioè nella rosa ristretta di brand per i quali si verifica un ricordo spontaneo. Al di sotto di questo grado massimo di forza della di marca si possono osservare livelli inferiori, ma comunque altamente desiderabili come il ricordo aiutato e il

8 Keller K.L., “Conceptualizing, Measuring, and Managing Customer-Based Brand Equity”, in Journal of Marketing, vol. 57 (Gennaio), pp. 1-22, 1993

(13)

13

riconoscimento. Al contrario del ricordo spontaneo, con il termine ricordo aiutato ci si riferisce alla capacità del consumatore di richiamare alla mente un certo brand dopo aver osservato uno stimolo parziale ad esso riferito da cui sia esclusa quantomeno la presenza del logo. Come è già stato esposto, il riconoscimento si testa invece facendo vedere integralmente il logo al consumatore e domandando se questo sia di sua conoscenza. Sintomi di brand awareness possono essere la salienza del brand, oppure la sua prominenza.

L’importanza relativa delle due componenti è variabile: se il brand recall è fondamentale in situazioni di assenza della marca, come negli acquisti online o in quelli che richiedono una ricerca attiva da parte del consumatore, la brand recognition avrà un maggior peso per gli acquisti che avvengono nel punto vendita.

Ci sono tre vantaggi ricavabili da un elevato grado di consapevolezza della marca:

• la maggior probabilità che essa entri a far parte del consideration set delle marche tra le quali verrà effettuato l’acquisto;

• la possibilità, in caso di scarso coinvolgimento da parte del consumatore o di poche associazioni, che questo scelga la marca nel consideration set affidandosi in primo luogo alla sua notorietà;

• infine, un elevato grado di consapevolezza facilita la formazione e il rafforzamento delle associazioni che determinano l’immagine della marca.

Questi vantaggi, tuttavia, sono al contempo anche dei fattori di criticità nella gestione della brand awareness da parte dell’impresa, che dovrà crearla e mantenerla elevata nelle sue componenti di brand recognition (accrescendone la familiarità, generalmente mediante l’esposizione ripetuta) e brand recall (creando associazioni forti con le sue caratteristiche di base, come la categoria di appartenenza e le situazioni più tipiche di acquisto o consumo)9. Per comprendere al meglio cosa si intende per brand awareness, è possibile far riferimento ad uno dei modelli più noti ed utilizzati nell’ambito del marketing, ossia il modello elaborato da Keller nel 1993 relativo alla brand equity. Il presupposto da cui parte l’autore è che, così come la marca nasce nella mente del consumatore, da questa dipenda anche il suo potere: la conoscenza del brand, intesa come tutto ciò che il consumatore ha appreso o esperito, direttamente o indirettamente, è la base costitutiva della brand equity. Per gestire efficacemente il valore del brand, pertanto, occorre indagare come la conoscenza della marca da parte del consumatore influenzi la risposta alle attività di marketing.

9 Keller K.L., “Conceptualizing, Measuring, and Managing Customer-Based Brand Equity”, in Journal of Marketing, vol. 57 (Gennaio), pp. 1-22, 1993

(14)

14

Keller definisce la Customer-Based Brand Equity (CBBE) come “l’effetto differenziale che la conoscenza della marca esercita sulla risposta del consumatore alle azioni di marketing della marca stessa”10.

L’effetto è differenziale perché si tratta di reazioni del consumatore attribuibili direttamente alla marca: positivo o negativo l’effetto, esso deriva unicamente dalla presenza del brand. Le percezioni, le preferenze e i comportamenti degli individui rispetto al brand e alle sue attività, qualunque esse siano, dipendono dalla conoscenza della marca (brand knowledge).

Relativamente alla brand knowledge, in psicologia è presente il modello della memoria associativa, secondo cui la memoria consiste in una rete di nodi e legami connettivi: i nodi rappresentano le informazioni immagazzinate e i legami la forza delle associazioni tra queste. La conoscenza della marca si può concettualizzare come la presenza nella memoria di un nodo (il brand) e di una molteplicità di associazioni ad essa collegate. In sostanza, si può affermare che le caratteristiche di questo “sistema” siano riconducibili a due dimensioni: la consapevolezza della marca (brand awareness) e l’immagine della marca (brand image). Nonostante il concetto di brand awareness sia spesso investigato, esso ha una valenza relativamente concreta, poiché non esprime alcun elemento di significato relativo al brand, bensì semplicemente definisce il superamento della soglia di visibilità e di memorizzazione presso il pubblico target. Nel corso degli anni, quindi, il concetto di brand awareness è stato esteso all’ambito degli elementi di significato abbinati alla marca, inglobando anche quella che viene chiamata brand image11. Il costrutto che unisce brand awareness e brand image è la già citata brand knowledge12.

1.3 Brand identity, brand image e brand positioning

Le varie definizioni della marca pongono l’accento sugli elementi “fisici” della stessa: il nome, che la rende pronunciabile, e le diverse componenti grafiche, che rappresentano il riferimento visivo. In realtà, però, le marche possiedono una capacità di comunicazione più sofisticata, molto al di là del semplice simbolo. Per l’azienda, la marca è quindi una promessa di soddisfazione che va ben oltre le qualità del prodotto o servizio. È frequente, infatti, che si

10 Keller K.L., Busacca B., Ostillio M.C., La gestione del brand: strategie e sviluppo, Egea, 2006 11 Gabrielli V., Brand communication, Il Mulino, Bologna, 2014

(15)

15

venda un brand, prima ancora che un prodotto o un servizio, poiché le marche tendono a invecchiare meno velocemente e sono quasi impossibili da imitare.

La capacità espressiva della marca si può ricondurre a tre elementi13: • l’identità (brand identity)

• l’immagine (brand image)

• il posizionamento (brand positioning)

La brand identity può essere vista come “l’insieme di elementi espressivi utilizzati dall’azienda per veicolare le credenziali di una marca”14. La parte più in vista di una marca (visual identity) è un elemento della sua identità.

La costruzione dell’identità, ad un primo sguardo, potrebbe sembrare la conseguenza di un insieme di condotte messe in atto direttamente dall’azienda. Essa, tuttavia, non è un processo sotto il totale controllo dall’azienda; ogni marca, infatti, può assumere una fisionomia non necessariamente aderente a quella pianificata, poiché i consumatori la filtrano attraverso la loro personale lente percettiva, fatta di esperienze dirette, pubblicità, passaparola, ecc. Di conseguenza, una marca potrebbe assumere un’identità non in linea con quella programmata; il brand, quindi, è il risultato dell’azione di diverse componenti (azienda, clienti, fornitori, istituzioni, ecc.) che nel tempo agiscono in contatto con esso.

La finalità dell’identità è quella di far durare la marca più a lungo possibile nel tempo, cercando di comunicare messaggi che siano il più possibile coerenti tra di loro, aventi una certa importanza per il consumatore, ma che siano anche coincidenti con la realtà. La brand identity è costituita da un insieme di contenuti, ognuno dei quali deve far capire, riconoscere e condividere la marca. La fase comunicativa è la parte conclusiva del percorso di costruzione dell’identità del brand; essa non è creatrice dell’identità, ma è un mezzo finalizzato alla sua divulgazione.

L’identità è un concetto a molteplici dimensioni, che interagiscono tra di loro creando un unico soggetto espressivo. Tra le dimensioni che compongono la brand identity, ce ne sono alcune di particolare rilevanza:

• La cultura è un patrimonio intangibile dell’azienda, rappresenta un insieme di conoscenze che viene tramandato all’interno dell’organizzazione; rispecchia la storia

13 Peter J.P., Donnelly J.H., Pratesi C.A., Marketing, McGraw-Hill, Milano, 2013

14 Pratesi C.A., Mattia G., Branding: strategia, organizzazione, comunicazione e ricerche per la marca., McGraw-Hill, Milano, 2006

(16)

16

dell’impresa, lo spirito imprenditoriale che ha portato alla sua nascita e sviluppo nel tempo;

• I valori per una marca costituiscono il suo modo di essere, sono dei punti di riferimento nelle decisioni da prendere. Gli stakeholders valutano un brand non soltanto per i prodotti o servizi offerti, ma per il modo di comportarsi nelle diverse situazioni; da questi comportamenti vengono dedotti i valori della marca che spesso non sono esplicitati. Per questo è importante individuare le aspettative che i consumatori sviluppano per non deluderle ed evitare così giudizi negativi;

• La mission è ciò che il brand vuole essere, l’obiettivo da raggiungere, ed è anche un impegno dell’azienda nei confronti degli stakeholders. La mission per non diventare soltanto un manifesto di buoni propositi deve essere esplicitata in modo chiaro ed inequivocabile a tutte le componenti dell’azienda, così da motivare tutta l’organizzazione verso un’unica linea da seguire;

• La personalità: il brand viene personificato, attribuendogli tratti caratteriali propri degli individui; questi attributi devono essere chiari e coerenti con le altre componenti della marca. La personalità di marca deve essere chiara, deve distinguersi da quella delle marche concorrenti. Il principale strumento che viene usato per la sua affermazione è quello della comunicazione e, per questo motivo, bisogna porre attenzione a quello che viene comunicato all’esterno, cercando di evitare gap tra quello che l’azienda vuole comunicare e quello che gli stakeholders percepiscono; • L’essenza è la vera rappresentazione della marca, sintetizza ciò che il brand vuole

essere realmente, è una prospettiva di lungo termine, è quello che la marca si propone di soddisfare, la ragione d’essere del brand.

La brand image, invece, è ciò che i consumatori percepiscono della marca, anche se non coincide con la volontà dell’azienda. L’immagine di marca è il risultato di un processo interno ai consumatori, è ciò che si forma nella mente dei destinatari dei messaggi trasmessi dall’azienda. La brand image riguarda i riceventi, riguarda il modo in cui certi gruppi percepiscono e decodificano i messaggi provenienti dai prodotti, servizi, e comunicazioni veicolate dal brand. L’identità di marca riguarda ciò che l’azienda trasmette all’esterno attraverso i suoi segnali.

(17)

17

Per quanto riguarda la gestione del brand l’identità precede l’immagine; infatti prima di cercare di esternare una certa immagine, è necessario individuare con chiarezza il messaggio da trasmettere e i modi per inviarlo.

Lo scarto fra identità ed immagine è un problema che le aziende si trovano spesso ad affrontare, in quanto non è semplice recuperare tale gap e, per questo motivo, è molto importante per le imprese riuscire a governare nel modo migliore questo asset.

Una volta che l’azienda ha fissato gli elementi d’identità del brand, il passaggio successivo consiste nel valorizzare gli attributi distintivi della marca agli occhi dei potenziali acquirenti. L’enfatizzare i vantaggi di un brand facendo in modo che risultino importanti per i consumatori nel linguaggio del marketing viene tipicamente definito posizionamento del brand15. Esso ricade fra gli ambiti di competenza della funzione marketing, la quale ha il compito di mettere in atto gli interventi necessari a massimizzare la competitività della marca secondo la logica tipica di un processo di marketing: quindi dapprima attraverso lo studio del mercato, successivamente mediante la scelta dei target maggiormente attrattivi e la valorizzazione del brand rispetto ai concorrenti, infine traducendo un intento strategico in una specifica formula d’offerta.

Poiché ogni decisione d’acquisto, in un mercato competitivo caratterizzato da una pluralità di offerte, è per definizione comparativa, il posizionamento della marca serve a liberare i consumatori dall’incombenza di reperire informazioni. È un modo per farsi notare e riconoscere, ma anche per prendere le distanze dai concorrenti e al tempo stesso acquisire una posizione di vantaggio rispetto agli altri. Un chiaro posizionamento del brand aiuta quindi i consumatori nella scelta del prodotto, li avvicina alla marca, acquisendo un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.

Diverse sono le strategie di posizionamento applicabili dall’azienda, tra cui vengono ricordate il posizionamento sugli attributi, sui benefici, sul value for money, sul problem solving e sull’occasione d’uso.

Pertanto, identità e posizionamento sono la successione ideale di un unico discorso che riguarda la marca: con l’identità si esprime la fisionomia del brand in termini di caratteristiche tangibili e intangibili, un po’ come se si trattasse del suo patrimonio genetico, mentre il posizionamento serve a far comprendere l’ambito merceologico della marca e in cosa si differenzia la sua proposta di vendita.

(18)

18 1.4 Ruolo della comunicazione nella gestione del brand

Per la nascita, crescita e vita di un brand il ruolo della comunicazione è di assoluta importanza; senza un suo corretto uso nessun brand potrebbe affermarsi.

La comunicazione ha una grande rilevanza non soltanto per creare visibilità e riconoscibilità del marchio ma è fondamentale per la creazione di quell’immagine e quel sistema di valori che stanno al di sopra del brand. Una marca deve passare dalla semplice riconoscibilità a rappresentare qualcosa per i consumatori, deve simboleggiare dei valori e tutti i prodotti o servizi che porteranno quel marchio devono possedere tali valori.

In un contesto di sistemi aperti, qual è l’economia di mercato, l’impresa è alla continua ricerca di consenso e legittimazione competitiva, sociale e istituzionale nel suo ambiente di riferimento. La comunicazione pertanto assolve un ruolo di carattere strategico, quale linfa vitale dei nessi relazionali tra l’impresa e l’ambiente, capace di influenzare l’immagine dell’azione imprenditoriale nei confronti dei suoi molteplici pubblici di riferimento.

La comunicazione d’impresa comprende un insieme di attività che nutrono le relazioni biunivoche tra l’impresa e i suoi pubblici interni ed esterni; si tratta dunque di un processo circolare, spesso interattivo e bidirezionale.

L’assunto fondamentale da cui parte la letteratura di brand management può essere sintetizzato nel concetto che la marca è per il consumatore quell’insieme di conoscenze che hanno origine dal paniere di attività legate al brand, poste in essere dall’impresa16. Il paniere di attività incluso in questa definizione può essere inteso come l’insieme di ciò che l’impresa dice (conferenze stampa, annunci pubblicitari, ecc.), mostra (l’aspetto dei propri stabilimenti, l’allestimento di un punto vendita, il packaging dei prodotti, il servicescape), e fa (prodotto realizzato o servizio erogato, azioni di sponsorizzazione, iniziative benefiche, ecc.).

Ciò è coerente con quanto affermato nella teoria della pragmatica della comunicazione di Watzlawick, Beavin e Jackson, secondo la quale la comunicazione è un comportamento da cui nessuna entità (nella fattispecie l’impresa) può esimersi, nemmeno quando agisce senza aver prima deliberato o quando non attua alcuna azione. Infatti, il grande passo compiuto dall’applicazione della pragmatica della comunicazione in ambito aziendale consiste proprio nell’aver incluso nei comportamenti comunicativi dell’impresa anche ciò che inconsapevolmente viene compiuto e i comportamenti omissivi rispetto a ciò che si sarebbe dovuto o potuto fare.

(19)

19

Il valore che gli interlocutori dell’impresa assegnano a quest’ultima è fortemente influenzato dalla comunicazione; l’impresa e il suo brand, infatti, hanno un valore intrinseco che, se non adeguatamente percepito dai destinatari, costituisce solo una potenzialità. Il valore percepito dipende sostanzialmente da come gli elementi costituenti il valore intrinseco vengono comunicati e interpretati. Si può affermare allora che la comunicazione del valore generato e sviluppato dall’impresa è essa stessa un fattore costituente il valore, ovvero che la comunicazione diffonde e crea valore.

Assume dunque una rilevanza centrale nella gestione della marca l’intero piano di comunicazione, che dovrebbe essere pensato in chiave sistemica e integrata a favore del brand dell’impresa17. Sinteticamente si può affermare che sia necessario un ripensamento a favore di una prospettiva di brand communication.

Le aziende ai giorni nostri hanno numerosi strumenti di comunicazione, i quali sono in continuo aumento grazie allo sviluppo di internet e del web 2.0, strumenti sempre più in grado di coinvolgere il consumatore e di farlo sentire partecipe nella gestione del brand.

Diversi elementi di contesto hanno favorito il ricorso a un modello di comunicazione indirizzato alla marca. Innanzitutto il maggior ricorso all’ambito virtuale come ambito di valutazione delle alternative e di scelta d’acquisto da parte del consumatore. Questo fenomeno fa sì che l’individuo possa considerare una minor quantità di stimoli sensoriali nella valutazione delle singole alternative presenti, ricorrendo quindi in maggior misura a elementi di carattere intangibile e simbolico. La marca, in quanto elemento capace di raccogliere ed esprimere una moltitudine di significati, valori e simboli, si presta dunque in questo contesto ad essere un parametro di scelta piuttosto valido nel giungere a una scelta e nel limitare la potenziale dissonanza post-acquisto.

Un altro fenomeno che valorizza il contributo della marca e dunque sollecita all’adozione di un modello di brand communication è l’iperdifferenziazione dei prodotti e dei servizi presenti sul mercato. Di conseguenza, sono sempre meno i parametri efficaci per la scelta d’acquisto del consumatore, il quale è portato a valutare altri elementi, tra cui spicca la capacità segnaletica della marca con le sue funzioni di garanzia, di autoespressione e di funzione ludica.

Inoltre, non va sottovalutata la crescente disponibilità degli individui a partecipare a un processo di co-creazione dei significati legati a uno specifico marchio, investendo tempo ed energie proprie per prendere parte alle conversazioni costruite intorno a un brand.

17 Keller K.L., “Building strong brands in a modern marketing communications environment”, in Journal of Marketing Communications, pp. 139-155, 2009

(20)

20

Infine, va considerato che le imprese hanno sempre una maggior difficoltà a dedicare risorse alle attività di comunicazione e dunque in un momento storico di difficoltà a sostenere ingenti investimenti è certamente più proficuo per l’impresa indirizzarli a un asset capace di raccogliere e preservare valore nel corso del tempo, piuttosto che progettare azioni comunicative a favore di uno specifico prodotto o servizio che esaurirebbero i loro effetti con lo svanire del suo ciclo di vita.

Nella formulazione dei messaggi comunicativi finalizzati alla valorizzazione del brand è opportuno rispettare alcuni principi fondamentali18:

• Chiarezza; • Comprensibilità; • Coerenza; • Declinabilità; • Distintività.

Con il termine chiarezza si intende il fatto che ogni attività di comunicazione dovrebbe essere dedicata a veicolare un numero limitato di elementi di contenuto, garantendo dunque essenzialità e facilità di memorizzazione da parte del ricevente. La ricerca di chiarezza è legata alla ridotta capacità e disponibilità del ricevente a elaborare, categorizzare e trattenere in memoria un gran numero di associazioni mentali riferite al brand. Una preventiva selezione di una rosa ristretta di associazioni da diffondere con ogni azione comunicativa permetterà di conferire a ogni iniziativa nel communication mix un ruolo preciso nel conformare l’immagine della marca.

Il principio della comprensibilità è stimolato anch’esso dalla volontà di non indurre sovraccarico informativo nel ricevente e dunque di rendergli semplice il processo di elaborazione cognitiva degli stimoli utilizzati. Si ottiene ciò attraverso la trasmissione di associazioni alla marca che siano facilmente leggibili dal consumatore e dunque interpretabili in modo agevole.

La coerenza è un altro attributo essenziale nella comunicazione a beneficio della marca. Coerenza non significa invarianza o immobilismo, bensì significa mantenere una linea di continuità attraverso cui sfruttare la funzione di capitalizzazione della marca, ancorando ogni nuovo messaggio ai precedenti. Il rispetto del principio di coerenza impone dunque una logica di progressiva e graduale modificazione dell’immagine di marca, inserendo una parte di

(21)

21

associazioni mentali nuove compatibili rispetto a un core di associazioni che rimarranno stabili nel tempo.

Un’ulteriore caratteristica è la declinabilità, ovvero che le unità di contenuto che si intende veicolare con riferimento alla marca siano concretamente rappresentabili attraverso gli strumenti di comunicazione che l’impresa ha scelto di adottare.

Infine è necessario che i messaggi comunicativi riferiti al brand possiedano la qualità della distintività rispetto ai concorrenti, per attivare associazioni mentali alla marca che siano oltre che forti e positive, anche uniche. La ricerca di questa caratteristica impone un attento esame delle azioni di comunicazione dei competitors al fine di metter in luce alcuni punti di parità ma soprattutto i punti di differenza.

Attività di comunicazione che possiedano queste caratteristiche permettono di definire nella mente del consumatore un insieme armonioso ed efficace di nodi di significato legati al nodo centrale della marca, attraverso una dinamica di consolidamento dell’immagine di marca che benefici del contributo di ciascuno strumento utilizzato.

Un efficace governo della comunicazione relativa al brand, dunque, favorisce l’incontro tra l’operato dell’impresa e le aspettative degli stakeholder nel lungo termine. Si viene così a consolidare la reputazione dell’impresa, che riassume la valutazione sedimentata nel tempo che i suoi portatori di interessi esprimono in merito alla credibilità delle sue affermazioni, alla qualità dei suoi prodotti e servizi, all’efficienza ed efficacia dei suoi processi, alla rilevanza delle sue relazioni e alla responsabilità delle sue azioni19.

1.5 Dalla corporate image alla corporate reputation

La promessa di valore esplicitata agli stakeholder attraverso lo sforzo gestionale e comunicazionale del top management, è finalizzata a rendere più visibile, distintiva e condivisa l’identità dell’azienda, facendo percepire agli stakeholder i vantaggi che essi possono trarre dalla relazione con l’azienda e il suo sistema di offerta e stimolando in loro l’adesione e l’identificazione con i suoi valori di fondo.

Quando l’azienda è in grado di consolidare e diffondere la propria identità attraverso la creazione di un corporate brand che ne faccia conoscere e apprezzare gli attributi distintivi e quando si dimostra in grado di mantenere nel tempo la promessa di qualità dei

(22)

22

prodotti/servizi, di eticità, coerenza e responsabilità sociale dei comportamenti, di competenza e di capacità della sua leadership, essa migliora la reputazione presso gli stakeholder. Tutto ciò li conduce a maturare stabilmente un giudizio positivo sulla sua realtà e sul suo operato. Prima di analizzare il concetto di corporate reputation, è opportuno considerare lo spostamento del focus dall’immagine alla reputazione negli studi di corporate communication, il quale può essere visto come un vero e proprio cambiamento di tipo paradigmatico. Il tradizionale scopo della comunicazione aziendale, consistente nella creazione di una positiva immagine dell’organizzazione, risulta infatti ormai superato. La corporate image si riferisce al modo in cui i pubblici percepiscono l’organizzazione in un certo istante. In quanto apparenza esteriore, l’immagine è frutto di un’elaborazione “a tavolino” (immagine costruita), priva spesso di un rapporto realistico con l’effettiva identità dell’organizzazione. Essa può così limitarsi ad un singolo episodio di percezione e ad operazioni di pura facciata, concentrandosi sul modo in cui un’organizzazione vuole apparire oltre le sue reali caratteristiche, per distinguersi dai competitor. Il rischio di operazioni di pura “cosmesi” si concretizza tutte le volte che alle promesse dei benefit di prodotto non facciano poi seguito comportamenti coerenti e azioni concrete.

Al contrario dell’immagine, la corporate reputation è la risultante di una serie di percezioni in un dato periodo di tempo e comporta giudizi degli stakeholder basati sulla valutazione della condotta dell’organizzazione e dei suoi membri20. La reputazione è una risorsa costituita da un insieme di caratteristiche attribuite ad un’organizzazione che riflette la storia delle condotte e delle azioni da questa poste in essere. È perciò basata su una previsione della capacità e della volontà dell’organizzazione di ripetere in futuro comportamenti tenuti e performance conseguite in passato.

La creazione dell’immagine di marca è un processo unidirezionale, è l’azienda che fornisce gli elementi dell’immagine; con la brand reputation, invece, siamo di fronte ad un processo bidirezionale, in cui non c’è solo l’azienda che produce gli input e gli output, ma è il risultato di un processo collettivo, nel quale hanno un ruolo fondamentale tutti gli stakeholders dell’impresa, a cominciare dai consumatori e da come loro percepiscono il brand e le azioni che l’azienda intraprende quotidianamente.

20 Mazzei A., Gambetti R., “La comunicazione aziendale a sostegno del corporate branding e della reputazione:

(23)

23

La reputazione si sviluppa attraverso le informazioni che gli stakeholder ricevono sull’organizzazione dai vari canali, il più rilevante dei quali è sicuramente quello della stampa21.

Gli interlocutori dell’impresa recepiscono e interpretano i segnali trasmessi da quest’ultima, che per loro costituiscono rilevanti fonti di informazione e di valutazione, e presumono razionalmente il comportamento futuro dell’impresa; maturano conseguentemente le proprie aspettative e giungono infine a formulare le proprie decisioni. La coerenza dei comportamenti dell’impresa con i segnali che ha inviato nel tempo e la conseguente risposta alle attese formulate dai suoi stakeholder determinano la formazione della reputazione aziendale22. La corporate reputation può essere definita, infatti, come il risultato di un giudizio condiviso, socialmente espresso dagli stakeholder, che si basa sulle attività dell’organizzazione e sulla sua capacità di soddisfare le aspettative e di creare valore per gli stakeholder23.

La dimensione storica della reputazione, ovvero la sua forte dipendenza dalle performance passate dell’azienda e dei suoi prodotti/servizi più che dagli sforzi comunicazionali da questa attuati, la sua maggiore durevolezza e la rilevanza della stima e del prestigio sottesi alla sua formazione, sono fra i più importanti motivi che hanno contribuito a distinguerla e a farla preferire al concetto di corporate image.

Dunque, un capitale reputazionale positivo, strettamente legato al commitment aziendale, si sedimenta lentamente nel corso degli anni, consolidando la fiducia degli stakeholder e traducendosi conseguentemente in un miglioramento dei risultati economici, finanziari e competitivi dell’impresa nel lungo periodo.

La reputazione è quindi una risorsa che riflette la storia delle azioni poste in essere dall’organizzazione nel corso del tempo, è frutto della sommatoria di più immagini percepite dai pubblici in più momenti. La reputazione è fondata su fattori concreti, già realizzati e percepibili da parte dei pubblici, che si prestano ad essere rendicontati attraverso appositi documenti (environmental report, sustainability report, CSR report). Il giudizio sulla reputazione è più stabile e durevole rispetto a quello sotto il profilo dell’immagine, che può invece mutare in tempi relativamente brevi.

21 Fombrun C., van Riel C.B.M., “Fame & Fortune: How Successful Companies Build Winning Reputations”, in Corporate Reputation Review, Vol.6(4), pp. 390, 2004

22 Nelli R. P., “Corporate reputation: valore per l’impresa, garanzie per il consumatore”, in Consumatori, diritti e mercato, n. 3, pp. 96-104, 2012

23 Fombrun C., van Riel C.B.M., “Fame & Fortune: How Successful Companies Build Winning Reputations”, in Corporate Reputation Review, Vol.6(4), pp. 390, 2004

(24)

24

Le organizzazioni si trovano a riconoscere sempre di più l’importanza della reputazione aziendale per il raggiungimento degli obiettivi di business. Una reputazione positiva costituisce un asset intangibile di grande valore in quanto contribuisce al successo aziendale, supporta il premium pricing e la qualità del prodotto, aiuta la selezione del personale, migliora l’accesso alle risorse finanziarie, attrae gli investitori e inibisce la mobilità dei rivali.

Sono numerosi i fattori endogeni (controllabili dall’organizzazione) ed esogeni che possono influenzare la reputazione aziendale. Tuttavia, è necessario comprendere che essa si costruisce sulle fondamenta del “comportamento percepito”, volontario o involontario, dell’azienda in un arco temporale non breve, necessario affinché i portatori d’interesse possano conoscere a fondo l’impresa e sviluppare nei suoi confronti un giudizio consolidato e stabile24.

Sulla base delle analisi condotte da diversi studiosi, si può arrivare a concludere che la comunicazione influenza la reputazione aziendale attraverso tre modalità, dirette e indirette25:

• i segni di cui si serve la comunicazione esplicita e intenzionale, come per esempio una campagna pubblicitaria;

• reti di relazioni che diffondono opinioni, informazioni, conoscenze, per esempio tramite il passaparola;

• la comunicazione di fatto realizzata attraverso i comportamenti, come per esempio la qualità dei prodotti o servizi.

Figura 1 - Comunicazione e reputazione

Fonte: Mazzei A., Comunicazione e reputazione nelle Università,Franco Angeli, Milano, 2004

24 Pastore A., Vernuccio M., Impresa e comunicazione: principi e strumenti per il management, Apogeo, Milano, 2008

(25)

25

Gli studi di Van Riel e Fombrun evidenziano che il potenziamento della reputazione è possibile solo se tutta la comunicazione, eseguita da e verso l’organizzazione, è coerente con la sua identità26. Gli stessi autori, infatti, identificano cinque punti chiave nella costruzione della reputazione27:

• un buon grado di visibilità;

• la coerenza nel tempo e nello spazio;

• la trasparenza, cioè l’apertura dell’organizzazione agli stakeholder;

• la distintività, cioè il fatto che la comunicazione sia memorabile e permetta un posizionamento davvero vantaggioso rispetto ai concorrenti;

• la veridicità della comunicazione.

Una buona reputazione aziendale, ottenuta grazie ad un’adeguata comunicazione svolge la funzione di attrattore di risorse chiave presso gli stakeholder dai quali l’organizzazione dipende. L’organizzazione può trarre vantaggi da una positiva reputazione non solo per le possibilità di accesso alle risorse chiave e di attrazione delle stesse ma anche per le modalità secondo le quali avviene l’acquisizione delle risorse. In effetti, una favorevole reputazione permette di acquisire le risorse in modo vantaggioso, grazie al fatto che gli elementi fiduciari ad essa associati alimentano aspettative positive nei confronti dell’organizzazione.

La buona reputazione favorisce, in tal senso, la fiducia, la fedeltà, il consenso, la collaborazione e il sostegno dei dipendenti, dei partner, dei clienti, degli investitori e degli azionisti. La buona reputazione, quindi, costituisce per l’organizzazione un prezioso capitale fiduciario utilizzabile non solo al presente ma anche in futuro, a condizione però che esso non venga depauperato a seguito di comportamenti dannosi, non etici o socialmente irresponsabili da parte dei membri dell’organizzazione.

Le organizzazioni con una solida corporate reputation riscuotono consenso e interesse da parte dei clienti (fedeltà nell’acquisto dei prodotti), dipendenti, collaboratori e consulenti (motivazione e impegno nelle attività lavorative), investitori (sostegno con finanziamenti), e così via.

Una reputazione positiva genera anche un sentimento positivo nei confronti della marca, in quanto coloro che sono coinvolti in questo diventano dei portavoce volontari dell’azienda, raccomandando la marca ai propri amici, parlandone bene e attivando quindi passaparola positivo per il brand.

26 Fombrun C., van Riel C.B.M., Essentials of corporate communications, Routledge, New York, 2007

27 Fombrun C., van Riel C.B.M., “Fame & Fortune: How Successful Companies Build Winning Reputations”, in Corporate Reputation Review, Vol.6(4), pp. 390, 2004

(26)

26

Inoltre, il contesto sociale di riferimento risulta fondamentale per la definizione del concetto di reputazione. Infatti stakeholder differenti possono valutare in modo diverso una stessa impresa, applicando criteri differenti e utilizzando fonti informative eterogenee. Per questo la reputazione attribuita ad un’impresa va sempre contestualizzata ad una specifica comunità in un dato momento temporale.

Le organizzazioni con una forte reputazione, infine, sono maggiormente in grado di affrontare e superare situazioni di crisi che danneggerebbero molto più pesantemente le organizzazioni più deboli28.

1.6 Dimensioni della corporate reputation

L’importanza della reputazione è legata alla sua capacità di ridurre l’incertezza degli stakeholder nel valutare un’organizzazione come possibile fornitore di un bene o servizio. La letteratura sulla corporate reputation si caratterizza per la presenza di due diverse scuole di pensiero che spiegano in maniera differente come la reputazione riduca tale incertezza.

La prima utilizza una prospettiva economica e definisce la reputazione come le aspettative e le valutazioni degli osservatori riguardo a specifiche caratteristiche dell’organizzazione, in particolare la capacità dell’impresa di fornire prodotti e servizi di qualità. Secondo questa prospettiva l’incertezza degli stakeholder dipende dalle asimmetrie informative esistenti tra questi e l’impresa. La reputazione si costituisce sulla base delle azioni passate, quindi le aziende devono comunicare le proprie vere caratteristiche agendo in maniera coerente con esse.

Differente è la prospettiva delle teorie istituzionali, le quali definiscono la reputazione un’impressione globale che rappresenta come una collettività percepisce un’organizzazione. Quindi secondo questa visione la reputazione si forma in seguito a scambi di informazioni e influenze sociali tra diversi attori che interagiscono in un dato ambiente. Proprio questa interazione riduce l’incertezza degli stakeholder.

Queste due diverse prospettive possono essere interpretate come due differenti dimensioni della reputazione aziendale29. Infatti, la prospettiva economica fa riferimento a come gli

28 Fombrun C., van Riel C.B.M., “Fame & Fortune: How Successful Companies Build Winning Reputations”, in Corporate Reputation Review, Vol.6(4), pp. 390, 2004

29 Rindova V., Williamson I.O., Petkova A.P., “Being good or being known: an empirical examination of the

dimensions, antecedents and consequences of organizational reputation”, in Academy of Management Journal,

(27)

27

stakeholder valutano un dato attributo dell’impresa; pertanto enfatizza la “perceived quality dimension”, influenzata dalle decisioni strategiche dell’organizzazione.

Al contrario, la prospettiva istituzionale si riferisce all’awareness e recognition dell’organizzazione e perciò enfatizza la “prominence dimension”, condizionata dalle scelte delle terze parti influenti.

Figura 2 - Dimensioni della reputazione

Fonte: Rindova V., Williamson I.O., Petkova A.P., “Being good or being known: an empirical examination of the dimensions, antecedents and consequences of organizational reputation”, in Academy of Management Journal, 2005

Queste due dimensioni anche se distinte sono comunque collegate tra loro, in quanto entrambe riflettono l’interesse degli stakeholder a individuare organizzazioni di qualità, e se positive li rendono disposti a pagare un premium price. La qualità percepita crea questa propensione perché aumenta la sicurezza degli stakeholder rispetto alla qualità dei prodotti o servizi; l’importanza attribuita all’impresa genera una simile propensione in quanto mette in evidenza l’approvazione a livello sociale ottenuta dalla stessa.

Analizzando la polarizzazione della dinamica comportamentale d’impresa tra saper far bene (being good in termini reputazionali) e farlo sapere (being known), il secondo termine sembra assumere, almeno oggi, un ruolo indispensabile30. Di conseguenza, la reputazione può essere definita anche in funzione della particolare dimensione di prominence, ovvero con riferimento

30 Rindova V., Williamson I.O., Petkova A.P., “Being good or being known: an empirical examination of the

dimensions, antecedents and consequences of organizational reputation”, in Academy of Management Journal,

(28)

28

al grado con cui un’organizzazione è collettivamente riconosciuta e si distingue all’interno del contesto competitivo.

Il beneficio principale che deriva dal possesso di una buona reputazione è l’ottenimento di un vantaggio competitivo. Ciò significa che una buona reputazione agisce come attrattore nei confronti degli stakeholder ed è pertanto intrinsecamente correlata alla posizione strategica dell’impresa. Essa infatti induce comportamenti positivi da parte degli stakeholder nei confronti dell’azienda, migliorandone di conseguenza la performance, il valore di mercato e i livelli di guadagno.

1.7 Ruolo dei consumatori

Tradizionalmente le aziende avevano il controllo sulla creazione della reputazione di marca e i consumatori non avevano alcun ruolo attivo durante questo processo. Come già accennato ora questo non è più possibile, dal momento che nella creazione della brand reputation assume un ruolo centrale l’esperienza che il consumatore vive durante l’acquisto e l’utilizzo della marca.

In precedenza un cliente non soddisfatto tendeva a cambiare semplicemente brand, non acquistando più il prodotto o servizio considerato insufficiente creando un danno molto limitato per l’azienda. Oggi anche questo è cambiato, in quanto i consumatori sono diventati una sorta di “commentatori del brand”; essi, infatti, parlano delle proprie esperienze d’acquisto attraverso i blog e i social network, influenzando gli altri potenziali acquirenti31. Di conseguenza, un consumatore scontento può diventare potenzialmente molto pericoloso per gli interessi dell’impresa, dato che chiunque attraverso commenti e passaparola negativo può intaccare pericolosamente la reputazione di marca, mettendola in discussione. I commenti negativi su un prodotto o servizio sono i più pericolosi, in quanto potrebbe bastare anche un solo caso negativo per fare molto più “rumore” di molti commenti positivi.

La reputazione deriva dalla combinazione di due importanti elementi presenti nelle persone32. Il più importante è sicuramente la fiducia, dal momento che se i consumatori hanno fiducia nel brand ascolteranno quello che ha da dire, acquisteranno i prodotti o servizi che portano tale marchio perché non hanno timore di rimanere delusi; la fiducia è la base per un rapporto

31 Riva G., Mardegan P., Web 2.0 - Marketing Pubblicità le nuove opportunità di business e di lavoro, Sprea Editori, 2009

(29)

29

duraturo tra consumatore e marchio. Il secondo elemento fondamentale nella costruzione della reputazione di marca è il coinvolgimento emotivo, cioè l’insieme dei sentimenti che vengono rivolti al marchio, siano essi positivi o negativi.

Il fatto che i consumatori giudichino l’impresa secondo una propria prospettiva, diversa da quella di altri stakeholder, è stato dimostrato anche da una ricerca dalla quale era appunto emerso che la reputazione aziendale veniva interpretata dai consumatori intervistati come un aggregato di tre dimensioni33:

• Responsabilità sociale;

• Leadership di mercato e successo dell’azienda; • Correttezza nei confronti dei consumatori.

Quest’ultimo in particolare risultava essere il fattore più importante, in quanto l’attenzione al trattamento riservato ai clienti rappresenta, insieme alla qualità del prodotto/servizio, una variabile direttamente valutabile dai consumatori e di maggior impatto rispetto, per esempio, al comportamento dell’impresa nei confronti dei suoi collaboratori, dell’ambiente e della collettività in generale.

Per quanto riguarda, infine, le fonti della reputazione aziendale, un’altra recente ricerca34 ha confermato l’ipotesi che differenti stakeholder fondino le proprie valutazioni su fonti altrettanto diverse, almeno nell’ordine di importanza. I consumatori, infatti, si basano essenzialmente sulla loro esperienza di consumo e di relazione diretta con l’impresa per giudicarne la credibilità e l’affidabilità, avvalendosi secondariamente della copertura sui mass media per valutare gli altri aspetti della gestione, quali per esempio le performance finanziarie, mentre il passaparola viene collocato all’ultimo posto tra le fonti della reputazione. Gli altri stakeholder non appartenenti alla categoria dei consumatori si avvalgono, invece, prioritariamente delle informazioni fornite dai media, seguite dal passaparola.

33 Page G., Fearn H., “Corporate Reputation: What Do Consumers Really Care About?”, in Journal of Advertising Research, pp. 305-315, 2005

34 Shamma, H. M., Hassan, S. S., “Customer and non-customer perspectives for examining corporate

(30)

30

CAPITOLO 2 – BRAND REPUTATION E CAPITALE INTANGIBILE

2.1 Reputation come asset intangibile

Pur non essendoci una definizione universalmente condivisa di reputazione aziendale, l’analisi dei vari approcci di studio permette di comprenderne gli elementi concettuali più rilevanti.

Tra le prime definizioni si riporta quella elaborata inizialmente da Fombrun, fondatore del Reputation Institute: “la reputazione aziendale è una rappresentazione percettiva delle azioni passate dell’organizzazione e delle prospettive future che descrive la sua generale attrattività verso i portatori di interesse, confrontandola con i suoi principali concorrenti”.

Il punto d’inizio per Fombrun sono proprio le “percezioni” che possono essere aggregate sia negli stakeholder interni che esterni.

La reputazione aziendale è il giudizio diffuso che i diversi stakeholder dell’impresa hanno della credibilità delle sue affermazioni, della qualità e dell’affidabilità dei suoi prodotti e servizi, della legittimità e della responsabilità delle sue azioni.

La reputazione, inoltre, è una risorsa intangibile, dal momento che risulta essere rara, difficile da imitare o replicare, complessa e multidimensionale, il cui accumulo richiede molto tempo, specifica, difficile da manipolare direttamente, senza limiti di utilizzo e che non si deprezza usandola35.

La resource based theory offre un importante contributo nello spiegare il ruolo ricoperto dalla reputazione nella produzione di valore. Essa la definisce infatti come un asset intangibile e strategico che consente all’impresa di generare vantaggi competitivi più durevoli rispetto a quelli creati attraverso le tradizionali strategie di posizionamento.

Una buona reputazione genera valore economico perché è rara e difficile da sviluppare. Ne è l’indicatore il fatto che solo alcune imprese la possiedono, mentre altre non riescono a generarla. Inoltre la reputazione è una risorsa difficile da imitare poiché nasce da un processo dinamico, dipende da “historical settings” specifici e difficili da duplicare. Essa è il frutto di una serie di combinazioni temporali specifiche sul modo in cui l’organizzazione alloca e gestisce le sue risorse e le relazioni con l’ambiente competitivo.

Riferimenti

Documenti correlati

To this end, we propose a model-based approach for modeling and analyzing the Functional Safety Requirements (FSR) for automotive systems, which is based on the ISO 26262 standard

In particular, the brain regions that were significantly modulated by neuroticism scores were: Posterior Cingulate and precuneus (PCC/precun), Anterior Cingualte

subjects engage in social play with peers and also with other adults irrespective of their

The design of the virtual learning environment has been carried out according to constructivist assumptions, and under the seven goals for building constructivist

Negli ultimi anni, notevoli progressi sono stati ottenuti nella cura della frattura di femore da parte dei chirurghi ortopedici, al punto che la stragrande maggioranza delle fratture

La società prospettata da un sociologo come Bauman, che mai perde di vista il contesto storico in cui ci muoviamo, le opportunità e i rischi per il singolo

Tale prospettiva è in gran parte la stessa che struttura il framework caratterizzante l’Educazione allo Sviluppo sostenibile (ESS) e molti esperti sostengono come integrare i

6.2 Effect of management practices ( TRA traditional amendment, MIN minimum tillage, COM-2 compost amendment) on (a) total aerobic bacteria, fungi, and actinomycetes (mean of Log CFU