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Capitolo Anni 1994-2004 Premessa

Nel 1994 si compie definitivamente il processo di mutamento della politica italiana iniziato con lo scandalo di Tangentopoli e inizia la cosiddetta Seconda Repubblica. Uno dei primi atti di questo profondo cambiamento storico è costituito dall'ingresso nell'agone politico di Silvio Berlusconi, imprenditore e presidente di Fininvest che a gennaio, attraverso un discorso televisivo a reti Fininvest unificate, comunica la sua decisione di candidarsi alla presidenza del Consiglio alle elezioni politiche che si svolgeranno due mesi più tardi e la nascita di una nuova formazione politica, da lui creata, Forza Italia. Anche la crescita della Lega Nord e il suo ingresso in Parlamento, già avvenuto tuttavia nel 1992 determinano questo cambiamento. Accanto alla nascita o allo sviluppo di nuovi partiti politici, si ha d'altra parte anche lo scioglimento di due partiti come la Democrazia cristiana e il Partito socialista che sono stati tra i partiti più importanti dei primi decenni della Repubblica. A stravolgere in modo definitivo le geometrie politiche esistite fino ad allora arrivano le elezioni del marzo 1994, le prime a svolgersi con una legge elettorale maggioritario, vinte dal neonato movimento di Silvio Berlusconi, Forza Italia e dalla sua coalizione, di cui facevano parte anche la Lega Nord e Alleanza nazionale, formazione politica guidata da Gianfranco Fini, originata dallo scioglimento dell'Msi. Il nuovo partito-azienda che non aveva ancora un radicamento sul territorio, la prima volta che si candidava a guidare il Paese, riuscì a mandare all'opposizione partiti di massa come il Pds, il Ppi, creato dalle ceneri della Dc e Rifondazione comunista. Tuttavia fin da subito il governo Berlusconi inizia ad avere contrasti interni, ma nonostante la scarsa solidità del suo esecutivo, Forza Italia vede aumentare alle consultazioni europee il proprio consenso, raggiungendo il 30,6% dei voti. L'esecutivo guidato da Berlusconi nonostante ciò rimase in piedi solo per alcuni mesi: le questioni interne, i problemi del presidente del Consiglio con la magistratura e le proteste delle opposizioni e dei sindacati costrinsero Berlusconi, nel dicembre del 1994, a dare le dimissioni. All'esecutivo Berlusconi, succede il governo presieduto da Lamberto Dini, formato da 19 ministri tecnici, estranei ai partiti, sostenuto da Pds, Ppi e Lega Nord, con l'astensione del Polo del buongoverno e il voto contrario

di Rifondazione comunista. Il governo Dini durò pochi mesi e servì a condurre il paese fino alle lezioni dell'aprile 1996, quando a vincere fu la coalizione di centro- sinistra, l'Ulivo, formata da Pds, Verdi, Ppi e Rinnovamento italiano, movimento guidato da Dini, e con l'appoggio esterno di Rifondazione comunista. L'armonia del governo tuttavia fu messa a dura prova dalla proclamazione di Umberto Bossi della secessione della Padania, delle regioni settentrionali, dal resto dell'Italia. La Lega Nord dette vita ad azioni clamorose con la formazione di un parlamento e di un governo padano. Sebbene non fossero riusciti a ottenere alcun risultato politico, le azioni del partito di Bossi contribuirono a fare emergere in maniera evidente le contraddizioni ancora fortemente esistenti in Italia. Per evitare era necessario avviare il risanamento del bilancio dello Stato e al contempo attuare una riforma costituzionale. Sul piano delle modifiche alla Costituzione, nel gennaio 1997 si insediò la commissione bicamerale, comprendente sia i membri della Camera sia quelli del Senato, presieduta da Massimo D'Alema che aveva il compito di formulare proposte da presentare al Parlamento, che non dette però risultati. Dopo alcuni successi in ambito economico, tra cui l'ingresso dell'Italia nell'Euro, il governo Prodi nell'ottobre 1998, dopo che Rifondazione comunista aveva tolto il suo appoggio, fu costretto a dimettersi. A presiedere il nuovo esecutivo fu chiamato Massimo D'Alema, che prima di assumere il nuovo incarico lasciò la segreteria del Pds, passandola a Walter Veltroni. L'esecutivo guidato da D'Alema rimase in carica fino al 2000, quando Giuliano Amato venne chiamato a formare il suo secondo governo tecnico, che avrà il compito di traghettare l'Italia fino alle nuove elezioni del maggio 2001.

Alle consultazioni del 13 maggio l'Ulivo e Rifondazione comunista si presentarono separatamente, mentre nel centro-destra Silvio Berlusconi, colla sua Casa delle Libertà, ripropose la coalizione che si presentò nel 1994. La vittoria dell'alleanza di centro-destra fu netta, tuttavia le polemiche e gli scontri sociali si stavano aggravando. In luglio i gravi scontri al G8 di Genova e a settembre l'attacco alle Torri gemelle di New York aprirono delle polemiche anche all'interno del governo. A ottobre si svolse il primo referendum costituzionale della Repubblica italiana sul modifica del titolo V, che tuttavia non raggiunse il quorum. Nel 2002 entra in vigore l'Euro, soppiantando definitivamente la lira, e le polemiche euroscettiche e sulla giustizia continuarono a essere al centro del dibattito politico. Sarà l'anno dei girotondini, che sarà seguito l'anno successivo dalla nascita della sinistra arcobaleno che manifesterà contro la guerra in Iraq.

Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, come ha spiegato Maria Vittoria Dell'Anna, ha generato profondi cambiamenti anche nella comunicazione politica. Sul piano linguistico- semantico, attraverso la modifica dei presupposti semantici- argomentativi e del vocabolario

usato:

La contrapposizione tra vecchio e nuovo: alla luce della nascita di nuove formazioni politiche,e dell'apparizione di nuovi personaggi, tutti questi faranno parte, compreso il linguaggio, del nuovo, viceversa tutto ciò che appartiene alla parte avversa fa parte del vecchio sistema della partitocrazia e soprattutto del politichese. Il termine antipolitica segna in maniera determinante questo periodo storico e anche la politica contemporanea. •I processi di personalizzazione e di leaderismo, dirette conseguenze del passaggio da una legge elettorale proporzionale a una maggioritaria e la nascita di raggruppamenti politici incentrati, come nel caso di Forza Italia, intorno a un preciso personaggio.

•L'aumento della mediatizzazione e della spettacolarizzazione della politica, dovuto al crescente ruolo dei media, soprattutto della televisione, accanto ai mezza di comunicazione più tradizionali La televisione d'altra parte ha inciso anche nella lingua della politica, intensificando l'ingresso del parlato e favorendo la tendenza alla semplificazione del lessico e della sintassi, adottando un registro più vicino a quello della lingua comune.

•L'uso del nuovo strumento di internet, una forma non mediata e diretta che permette il contatto tra politico e cittadino.

Come ha spiegato Giuseppe Antonelli, si ha il passaggio dal paradigma della superiorità a quello del rispecchiamento, si assiste quindi all'abbandono della forma retorica umanista e giuridica e all'adozione, come già visto per esempio in Craxi e altri esponenti politici, di moduli della lingua comune, di forme semplici e comprensibili. Tra le formule dell'accessibilità, oltre alla semplificazione lessicale e sintattica, bisogna tenere conto anche dell'introduzione di espressioni dialettali e di metafore triviali.

Il politico che ha sicuramente più segnato la transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica è Silvio Berlusconi. Laureato in Giurisprudenza, per decenni ha svolto l'attività imprenditoriale, la scelta della politica è quindi arrivata in un secondo momento, alla soglia dei sessant'anni, all'indomani dello scandalo di Tangentopoli che coinvolse la politica italiana. Le modalità con cui Berlusconi annunciò la propria discesa in campo, come ricorda anche Gabriele Pedullà, segnano una cesura nella storia della comunicazione e dell'oratoria politica italiana. A partire dai modi: nella serata del 26 gennaio arriva nelle redazioni dei telegiornali una videocassetta che conteneva il messaggio preregistrato di Silvio Berlusconi. I direttori delle testate della Rai decisero allora di fornire una sintesi dettagliata del discorso dell'imprenditore milanese, ne conseguì che quasi tutti i telegiornali mandarono in onda il messaggio quasi a reti unificate, una procedura che solitamente viene riservata solo al presidente della Repubblica, o in casi di

particolare eccezionalità al presidente del Consiglio. Ripreso a mezzo busto, seduto alla scrivania del suo studio, sullo sfondo bianco sono visibili le cornici d'argento con le fotografie della moglie e dei figli, è questo il contesto scelto da Berlusconi per rivolgersi agli elettori; il suo fare è pacato, rassicurante, muove le mani solo per consultare gli appunti sul tavolo e conclude il suo discorso con un sorriso. Dopo aver compiuto questa breve descrizione relativa al contesto e all'atteggiamento tenuto dal fondatore di Forza Italia, passiamo ora all'analisi più prettamente linguistica. Di seguito riporto il testo del primo e, forse più famoso, discorso di Silvio Berlusconi:

L'Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare. Per poter compiere questa nuova scelta di vita, ho rassegnato oggi stesso le mie dimissioni da ogni carica sociale nel gruppo che ho fondato. Rinuncio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza. So quel che non voglio e, insieme con i molti italiani che mi hanno dato la loro fiducia in tutti questi anni, so anche quel che voglio. E ho anche la ragionevole speranza di riuscire a realizzarlo, in sincera e leale alleanza con tutte le forze liberali e democratiche che sentono il dovere civile di offrire al Paese una alternativa credibile al governo delle sinistre e dei comunisti. La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L'autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l'Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato. Il movimento referendario ha condotto alla scelta popolare di un nuovo sistema di elezione del Parlamento. Ma affinché il nuovo sistema funzioni, è indispensabile che al cartello delle sinistre si opponga, un polo delle libertà che sia capace di attrarre a sé il meglio di un Paese pulito, ragionevole,moderno. Di questo polo delle libertà dovranno far parte tutte le forze che si richiamano ai principi fondamentali delle democrazie occidentali, a partire da quel mondo cattolico che ha generosamente contribuito all'ultimo cinquantennio della nostra storia unitaria. L'importante è saper proporre anche ai cittadini italiani gli stessi obiettivi e gli stessi valori che hanno fin qui consentito lo sviluppo delle libertà in tutte le grandi democrazie occidentali. Quegli obiettivi e quei valori che invece non hanno mai trovato piena cittadinanza in nessuno dei Paesi governati dai vecchi apparati comunisti, per quanto riverniciati e riciclati. Né si vede come a questa regola elementare potrebbe fare eccezione proprio l'Italia. Gli orfani i e i nostalgici del comunismo, infatti, non sono soltanto impreparati al governo del Paese. Portano con sé anche un retaggio ideologico che stride e fa a pugni con le esigenze di una amministrazione pubblica che voglia essere liberale in politica e liberista in economia. Le nostre sinistre pretendono di essere cambiate. Dicono di essere diventate liberal democratiche. Ma non è vero. I loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro comportamenti sono rimasti gli stessi. Non credono nel mercato, non credono nell'iniziativa privata, non credono nel profitto, non credono nell'individuo. Non credono che il mondo possa migliorare attraverso l'apporto libero di tante persone tutte diverse l'una dall'altra. Non sono cambiati. Ascoltateli parlare, guardate i loro telegiornali pagati dallo Stato, leggete la loro stampa. Non credono più in niente. Vorrebbero trasformare il Paese in una piazza urlante, che grida, che inveisce, che condanna. Per questo siamo costretti a contrapporci a loro. Perché noi crediamo nell'individuo, nella famiglia, nell'impresa, nella competizione, nello sviluppo, nell'efficienza, nel mercato libero e nella solidarietà, figlia della giustizia e della libertà. Se ho deciso di scendere in campo con un nuovo movimento, e se ora chiedo di scendere in campo anche a voi, a tutti voi -

ora, subito, prima che sia troppo tardi - è perché sogno, a occhi bene aperti, una società libera, di donne e di uomini, dove non ci sia la paura, dove al posto dell'invidia sociale e dell'odio di classe stiano la generosità, la dedizione, la solidarietà, l'amore per il lavoro, la tolleranza e il rispetto per la vita. I1 movimento politico che vi propongo si chiama, non a caso, Forza Italia. Ciò che vogliamo farne è una libera organizzazione di elettrici e di elettori di tipo totalmente nuovo: non l'ennesimo partito o l'ennesima fazione che nascono per dividere, ma una forza che nasce invece con l'obiettivo opposto; quello di unire, per dare finalmente all'Italia una maggioranza e un governo all'altezza delle esigenze più profondamente sentite dalla gente comune. Ciò che vogliamo offrire agli italiani è una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi. Ciò che vogliamo offrire alla nazione è un programma di governo fatto solo di impegni concreti e comprensibili. Noi vogliamo rinnovare la società italiana, noi vogliamo dare sostegno e fiducia a chi crea occupazione e benessere, noi vogliamo accettare e vincere le grandi sfide produttive e tecnologiche dell'Europa e del mondo moderno. Noi vogliamo offrire spazio a chiunque ha voglia di fare e di costruire il proprio futuro, al Nord come al Sud vogliamo un governo e una maggioranza parlamentare che sappiano dare adeguata dignità al nucleo originario di ogni società, alla famiglia, che sappiano rispettare ogni fede e che suscitino ragionevoli speranze per chi è più debole, per chi cerca lavoro, per chi ha bisogno di cure, per chi, dopo una vita operosa, ha diritto di vivere in serenità. Un governo e una maggioranza che portino più attenzione e rispetto all'ambiente, che sappiano opporsi con la massima determinazione alla criminalità, alla corruzione, alla droga. Che sappiano garantire ai cittadini più sicurezza,più ordine e più efficienza. La storia d'Italia è ad una svolta. Da imprenditore, da cittadino e ora da cittadino che scende in campo, senza nessuna timidezza ma con la determinazione e la serenità che la vita mi ha insegnato, vi dico che è possibile farla finita con una politica di chiacchiere incomprensibili, di stupide baruffe e di politica senza mestiere. Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un'Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno più prospera e serena più moderna ed efficiente protagonista in Europa e nel mondo. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano.40

Il primo elemento che balza all'occhio è come il discorso di Berlusconi costituisca, a dispetto di quanto inizialmente ci si sarebbe potuto attendere, non costituisca un messaggio di presentazione della sua nuova formazione politica, esso invece realizza una retorica fortemente polemica. Sin dall'incipit, dove l'imprenditore attua la tecnica dell'avvicinamento attanziale, attraverso una 'dichiarazione d'amore' al proprio Paese con la frase L'Italia è il Paese che amo, dove ha potuto imparare tutto ciò che sa: si può vedere come sia centrale l'aggettivo mio, in cui emerge la volontà di personalizzazione di Berlusconi. Decide poi di mettere in mostra il fatto di aver abbandonato la sua professione e candidarsi: tuttavia egli, per affermare ciò, utilizza l'espressione scendere in campo, ripresa dal linguaggio sportivo e più vicina al linguaggio quotidiano e colloquiale. Come spiegato Maria Vittoria Dell'Anna e Pierpaolo Lala nel saggio Mi consenta un girotondo, Berlusconi ha costruito un vocabolario alla portata di tutti, realizzato attraverso una metaforizzazione semplificatoria e mediante frasi a effetto quali, la già osservata scendere in campo, remare contro, teatrino della politica, in quest'ultima è evidente l'intento di contrapposizione ai partiti tradizionali, espressioni largamente penetrate nel linguaggio giornalistico e nel parlare comune. Berlusconi vede il suo nuovo impegno politico come una missione: quella di allontanare l'Italia come un paese illiberale, dal governo di forze immature,

40 Tratto da http://www.forzaitalia.it

che hanno fallito a livello economico e politico.

Il suo bersaglio sono i partiti della sinistra italiana eredi del Partito Comunista, il Pds e Rifondazione comunista, alle sinistre, come in più di un'occasione vengono definite, che Berlusconi concepirà come nemici durante tutta la sua carriera politica. Per questo l'imprenditore milanese vuole usare tutto ciò che può per contrastare il pericolo: cerca quindi di mettere a disposizione non tanto doti e conoscenza politica ma doti personali, esperienza e impegno. Come ho già affermato in precedenza, Berlusconi concepisce la sua candidatura come una missione da compiere, a questo proposito, a mio avviso, è da mettere in evidenza l'utilizzo del termine battaglia, vocabolo che fa riferimento al campo semantico della guerra rintracciato più volte nei discorsi politici, a cui in questo caso è attribuita una valenza intima e personale. A conferma di ciò, sono da mettere in luce i sintagmi assoluta convinzione e grande fermezza, attraverso i quali Berlusconi esprime l'alto grado di importanza del percorso che sta per intraprendere.

Sul piano verbale è da notare prima l'uso di credo, mediante il quale racconta il suo stato d'animo e il passaggio in seconda battuta al verbo voglio, attraverso il quale spiega quale la sua idea di società e che viene usato anche con la negazione per affermare ciò che invece l'imprenditore non vuole. A mio avviso poi, è da mettere in luce la contrapposizione costruita da Berlusconi non solamente nei confronti della sinistra, ma anche riguardo alla vecchia politica nella sua totalità: il leader di Forza Italia nel suo primo discorso ritorna con insistenza al campo semantico della novità, contrapponendo il nuovo al vecchio, e dell'operosità, sviluppato attraverso le espressioni voglia di fare, di costruire, di far funzionare. L'opposizione vecchio nuovo viene rimarcata anche mediante la contrapposizione gli stessi / moderno e rafforzata con l'uso dei pronomi noi/loro, come si può vedere nella conclusione del suo intervento preregistrato: vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme, per noi e per i nostri figli un nuovo miracolo italiano. Su questo Berlusconi edifica un'ulteriore antitesi: il Paese vecchio e illiberale, con la nascita del suo movimento si creerebbe invece sostituito da un'Italia moderna e liberale. Una delle parole-chiave del linguaggio berlusconiano, come già si può comprendere dal suo primo discorso è libertà: impiegata a più riprese insieme al termine liberale, usata in libera organizzazione, l'apporto libero e presente già nel nome della sua coalizione Polo delle libertà, e che ricorre numerose volte nel corpus dei discorsi del fondatore di Forza Italia, essa ha l'obiettivo di contrapporsi alla sinistra, da Berlusconi ritenuta appunto illiberale. Sebbene molto caro a Berlusconi tuttavia il termine illiberale, come hanno spiegato Dell'Anna e Lala facendo riferimento al Dizionario italiano delle parole nuove della Seconda e della Terza Repubblica, si tratta in realtà di un vocabolo già usato nel linguaggio della politica

italiana, col significato di 'nemico delle libertà politiche, autoritario, reazionario, contrario al liberalismo'. Il termine ha le sue prime attestazioni nell'Ottocento e nel biennio rivoluzionario 1848-49 viene usato largamente da insorti e patrioti. Cionondimeno tale termine è usato sia da Berlusconi, col quale identifica in maniera vaga i 'comunisti' i suoi avversari, ma anche dalla sua avversa parte politica che si serve di tale vocabolo per definire invece il fondatore di Forza Italia.

In Berlusconi tuttavia sono presenti caratteristiche che lo riconducono a personaggi politici passati della storia d'Italia: come già accennato precedentemente, nel discorso 'inaugurale'

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