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Il carattere razionale della legislazione nei modelli del le gislatore ordinatore.

I L CARATTERE RAZIONALE DELLA LEGISLAZIONE

5. Il carattere razionale della legislazione nei modelli del le gislatore ordinatore.

Nel dibattito giuspubblicistico il carattere razionale della legi- slazione emerge anche in correlazione con le discussioni intorno alla c.d. funzione ordinatrice del diritto (intesa come l’attività del «dare (o fare) ordine»): da una parte, per esempio, il «kon-

kretes Ordnungsdenken» schmittiano e il rinvio che esso contiene

alla «decisione politica fondamentale del titolare del potere costi-

tuente»61

, ciò che presuppone «l’esistenza di un soggetto capace

di tale decisione»62, e dunque l’implicito riconoscimento di una funzione ordinante; dall’altra parte, il formalismo kelseniano, con l’edificazione di un giuspositivismo che ha alla propria base il carattere totalmente arbitrario dei contenuti della legge.

Analogamente, la nota polemica sviluppata da von Hayek pro- prio contro il giuspositivismo kelseniano63 contiene anche la ri- cusazione delle pretese ordinatrici laddove precisa che «negare

61

C. SCHMITT,Dottrina della costituzione, tr. it. Milano, 1984, p. 41.

62

M. DOGLIANI,Introduzione al diritto costituzionale, cit., p. 235.

63 Cfr. F.A.

VON HAYEK,Legge, legislazione e libertà, Milano, 1986, pp.

252-254 maxime; in argomento, v. G. PECORA,La democrazia di Hans Kel- sen, Napoli, 1992, pp. 81-84.

l’esistenza e lo studio dell’emergenza dell’ordine spontaneo signifi- ca negare l’esistenza di un oggetto proprio delle scienze teoriche della società»64.

Al fine di rileggere anche questa declinazione del carattere razionale attraverso i paradigmi propri delle scienze sociali, è possibile compiere un inventario delle riflessioni sulla funzione ordinante (e sulla sua crisi) partendo da un modello teoretico (che

potremmo qualificare come “modello post-moderno”65

basato su queste due proposizioni:

1. ciascun soggetto non è mai isolato, ma si trova al centro di

un «tessuto di relazioni più complesse e mobili che mai»66

; il soggetto è partecipe di queste relazioni, e in particolare interviene su di esse ridefinendone continuamente le ca- ratteristiche; ogni soggetto è dunque in interazione, ma anche in antagonismo, con le relazioni di cui è parte; 2. se si volesse collocare la condizione del soggetto all’in-

terno dello status del sapere scientifico, bisognerebbe pe- rò rinunciare a qualunque forma di determinismo, poiché esso sviluppa modelli di conoscenza fondati sulla previ- sione dell’evoluzione di un sistema, e dunque ne presup- pone una condizione stabile e lineare.

64 F.A.

VON HAYEK, L’abuso della ragione, Firenze, Vallecchi, 1967, p. 43.

65 La cornice di questa impostazione è da individuare in quelle le posi-

zioni del pensiero filosofico (nella filosofia teoretica, in quella estetica e poi in quella del diritto) che hanno concentrato le proprie riflessioni sulla scomparsa della modernità e sull’avvento dell’“epoca post-moderna”, ca- ratterizzata dall’abbandono di un discorso (anche giuridico) unificante e fondato su principi di carattere universale e totalizzante, a favore di un approccio neo-pragmatista e alimentato dalla complessità, dalla diversità e dalla impossibilità di reductio ad unitatem. Sul tema, oltre all’opera cita- ta – considerato anche il manifesto del pensiero post-moderno – consisten- te incidenza ha poi avuto (e continua ad avere) l’opera di Jacques Derrida, a partire da J. DERRIDA,Della grammatologia, tr. it. Milano, 1998 e ID.,La scrittura e la differenza, tr. it. Torino, 1990. In argomento, P. KOSLOWSKI, La

cultura postmoderna: conseguenze socio-culturali dello sviluppo tecnico, Mi-

lano, 1991; dedicato specificamente al pensiero giuridico è, nella recente letteratura tradotta in lingua italiana, G. MINDA, Teorie postmoderne del diritto, tr. it. Bologna, 2001; sul neo-pragmatismo v. soprattutto gli scritti

di R. RORTY,La filosofia e lo specchio della natura, tr. it. Milano, 1998.

66

Il dato di partenza suggerisce, quindi, un iniziale disordine. Nella percezione di questo “disordine originario” non si ha an- cora una contrapposizione rispetto alle rappresentazioni che am- mettono la possibilità di una funzione ordinante: anch’esse in- fatti, ovviamente, nel momento in cui concepiscono tale funzio- ne presuppongono uno stadio iniziale non di per sé ordinato.

Il modello in questione si sviluppa però affermando che que- sta condizione caotica non può essere ordinata in alcun modo; è vero infatti, si ammette, che esistono tentativi di ordinare que- sta realtà, ma questi tentativi si rivelano inconcludenti perché trascurano sempre la maggior parte delle trasformazioni del si- stema, che sfuggono alla funzione ordinante.

Qualunque rappresentazione ordinata della realtà, si sostiene, può essere relativa solo a una minima dimensione di essa, men- tre tutto il resto sfugge alla ricomprensione in un ordine, perché la continua interazione dei soggetti, ovvero la dinamica imma- nente agli oggetti, resiste a qualunque tentativo di ordinatio.

È vero che non mancano rappresentazioni ordinate della re- altà, ma esse occultano dietro il discorso scientifico con il quale presentano i propri risultati quanto resiste al tentativo ordinan- te, le “differenze” che esistono rispetto al modello ordinato, e per questo esse risultano fittizie67.

67

Queste riflessioni si devono in particolare alla decostruzione della fi- losofia e della letteratura occidentali svolta da Derrida, ove si evidenzia il ruolo della différance (che nella terminologia del filosofo francese designa l’«altro») rispetto a quello che è ritenuto il tradizionale modo occidentale di presentare la realtà che tende ad escludere autorappresentazioni e stili di vita diversi (cfr., per tutti, J. DERRIDA,La scrittura e la differenza, cit.).

Un saggio dedicato ad esaminare le caratteristiche dell’ordinamento giuri- dico come «non reale ma puramente virtuale» e che «non corrisponde a qualcosa di sostanziale ma [che] è una costruzione artificiale» è quello di

F. GENTILE,Ordinamento giuridico. Controllo o/e comunicazione? Tra vir-

tualità e realtà, in U. PAGALLO,Testi e contesti dell’ordinamento giuridico, Pa-

dova, 2000. In questo scritto si accenna (ma con una prospettiva che resta, almeno esplicitamente, lontana da quella descritta qui) come la natura artificiale dell’ordinamento giuridico comporti l’occultamento del con- flitto sociale; si richiama, inoltre, la teoria istituzionalista di Santi Ro- mano, presentata come teoria dell’ordinamento «dotato di oggettività, tra-

scendente i singoli individui e coattivo, dell’ordinamento giuridico, insomma, come istituzione», sulla quale occorre però tenere presente la lettura criti-

ca data da P. GROSSI,L’ordine giuridico medievale, Roma, 19974

Di qui, il ragionamento approda al passaggio dal paradigma dell’unità al paradigma della molteplicità, ossia alla raggiunta

consapevolezza che «il mondo non è uno, ma molti»68, consape-

volezza che si traduce in un trionfo della plurivocità e del poli- morfismo ed in una difesa programmatica di tutto ciò che con- trasta con la tradizionale reductio ad unum.

E questo passaggio culmina nell’approdo alla sfiducia nei ma- cro-saperi totalizzanti tipici delle “grandi narrazioni” e all’ab- bandono delle legittimazioni “forti” o “assolute” della filosofia, a favore di forme “deboli” o “instabili” di razionalità, basate sul- la consapevolezza che non si danno “fondamenti” ultimi e immu- tabili, né del conoscere né dell’agire; acquisita la consapevolez- za della impossibilità di un’attività ordinatrice, la scienza «co-

struisce la teoria della propria evoluzione come discontinua, cata- strofica, non rettificabile, paradossale»69

.

In questa sommaria sintesi del discorso sulla crisi della fun- zione ordinante secondo il “modello postmoderno”, può restare sullo sfondo la significativa incidenza che sul maturare di que- ste riflessioni hanno avuto gli studi di teoria dei linguaggi, e in particolare l’intuizione che, come in un linguaggio, le rappresen- tazioni della realtà assumono significato e valore in quanto si in- scrivono in un sistema di regole che sono state convenzionalmen- te stabilite da un gruppo ristretto di soggetti (intuizione, questa, che deriva a propria volta dal riferimento, vivo da Wittgenstein in poi, alla teoria dei giochi, poiché anche in un gioco le conoscenze e l’azione si collocano in un sistema di “regole” che vale, local- mente, solo per la comunità che sta giocando).

Piuttosto, dalla concezione della «verità e [del]la conoscenza

come costruzioni sociali contingenti, incapaci di essere afferrate per mezzo di una teoria o di una costruzione concettuale fisse, de- terminate»70, si sono sviluppati studi intesi a trarre le conse- guenze di tale impostazione nell’ambito del diritto.

68

V. G. VATTIMO,La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica nel- la cultura post-moderna, Milano, 1985.

69

Ivi, p. 109.

70

G. MINDA, Teorie postmoderne del diritto, cit., p. 133, corsivo non te- stuale.

Le manifestazioni più emblematiche di questa congiunzione tra pensiero filosofico e teoria del diritto hanno dato luogo alle riflessioni specificamente dedicate ad esaminare la crisi della funzione ordinante del diritto, ed è a esse che sembra utile dedi- care qualche considerazione.

Tuttavia, lo stesso discorso sulla crisi della funzione ordi- nante in sé mostra implicazioni dirette sulle riflessioni intorno alla «crisi della legge».

Le prospettive che criticano gli irrigidimenti della giuspub- blicistica nel presupporre «una concezione della legislazione co-

me attività olimpica e sinottica, capace di reggere una concezione molto esigente del principio di legalità fondato su una visione am- pia e nello stesso tempo rigida del requisito della previa legge»71

sembrano infatti risentire dell’idea che reputa insostenibile la pretesa di ordinare la realtà secondo un modello universale e de- finito a priori (modello che contiene in sé una rappresentazione ideale e ordinata della realtà la quale si intende riprodurre nel mondo delle cose).

Allo stesso modo, le riflessioni che pongono in evidenza co- me il «progetto moderno del diritto» (al centro del quale si pone una «nozione meccanicistica del principio di legalità») abbia condotto a rappresentazioni riduttive ed esclusive di rilevanti di- mensioni della realtà, giungendo ad un impoverimento e a una fittizia semplificazione della natura complessa dell’esperienza

giuridica72, appaiono condividere le acquisizioni del discorso

che si è ricordato nel porre in evidenza l’impossibilità di qua- lunque “meta-narrazione” (intesa, nel diritto, come «modo reto-

rico del pensiero giuridico concettualistico e normativo [rectius, normativista]»73

, poiché «non c’è un meta-discorso tale da poter-

71 M. D

OGLIANI,Diritto di accesso e diritto alla riservatezza: le tecniche di

regolazione, in M.G. LOSANO, La legge italiana sulla privacy: un bilancio dei

primi cinque anni, Roma, 2001, p. 27.

72 P. G

ROSSI,Oltre le mitologie giuridiche della modernità, in ID. Mitologie

giuridiche della modernità, Milano, 2007, pp. 43 ss., nonché ID.,Pagina in- troduttiva (ancora sulle fonti del diritto), in Quaderni fiorenti per la storia del pensiero giuridico moderno, 2000, pp. 1 ss.

73

si sottrarre alla contestualizzazione entro il suo “schema interpre- tativo” particolare»74.

Più in generale, la revisione degli studi organizzativi genera- ta dalle riflessioni di Herbert Simon, alimentando le critiche al- le posizioni che si attendono dall’attività legislativa prodotti in- formati dalla razionalità totale, dimostra notevoli affinità con le prospettive del neo-pragmatismo, che, negando la possibilità di leggi universali o vincoli metafisici per «governare» l’analisi e l’interpretazione moderne, si limita a formulare approcci stru- mentali e pratici ai problemi in modo da giungere a soluzioni

adeguate caso per caso75

.

Queste posizioni (che ammettono la possibilità di rappresen- tazioni locali e contingenti, prive della pretesa di elevarsi a mo- dello del mondo ma destinate a elaborare strumenti efficaci per aiutare “i decisori” a risolvere i problemi giuridici in modo pragmatico) possono valere anche come replica ai discorsi sulla crisi del principio di legalità che ne denunciano un’applicazione occasionale e frammentata, rivendicandone una portata più

ampia e totalizzante76, pretendendo, insomma, un ritorno alla

pienezza della funzione ordinante.

A queste pretese, infatti, il neo-pragmatismo risponde disil- ludendo sulla possibilità di una edificazione dotata dei caratteri dell’universalità e dell’assolutezza, e opponendo alla presunzio- ne dell’esistenza di una risposta corretta ad ogni problema giu-

74 G. P

ELLER, The Politics of Reconstruction, in Harvard Law Review,

1985, p. 863, pp. 880-881.

75 Si rinvia ancora, per tutti, a R. R

ORTY,La filosofia e lo specchio della

natura, cit.

76 Tra i tanti possibili riferimenti si vedano, ad esempio, F. M

ODUGNO,

Riflessioni generali sulla razionalizzazione della legislazione e sulla delegifi- cazione, in Studi in onore di Manlio Mazziotti di Celso, Padova, 1995, vol.

II, pp. 175 ss., che esordisce (facendone pilastro concettuale e argomenta- tivo) con l’affermazione che «l’esigenza di razionalità e di ordine è imma-

nente all’idea di diritto»; significativo anche R. MENEGHELLI,Breve spunto di riflessione critica su un aspetto particolare dell’attuale crisi della legge, in Diritto e società, 1990, pp. 217 ss., che rileva come la legge sia stata co-

stretta «a trasformare la sua tradizionale struttura e la sua tradizionale fun-

zione», in particolare in quanto «non sceglie, non ordina, ma si limita ad esporre scelte ed ordini possibili».

ridico (che è connotato tradizionale del carattere razionale del- la legislazione) la logica flou della «razionalità «per prova ed er-

rore» su cui la teoria economica e quella dell’organizzazione insi- stono da tempo, e che anche il costituzionalismo dovrebbe elabo- rare entro le sue categorie»77.

6. Il carattere razionale della legislazione dopo la crisi del-

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