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Il carattere precario delle decisioni politico-amministra tive.

I L CARATTERE PRECARIO DELLA LEGISLAZIONE

3. Il carattere precario delle decisioni politico-amministra tive.

la connotazione spregiativa che tipicamente si rinviene nella scienza giuridica26: letto attraverso i paradigmi descrittivi della sociologia dell’amministrazione, questo fenomeno sarebbe piut- tosto da qualificare come l’inevitabile adattarsi degli strumenti dell’azione pubblica all’instabile equilibrio della governabilità.

3. Il carattere precario delle decisioni politico-amministra- tive.

Il fatto che le decisioni pubbliche siano soggette a un’inevita- bile e continua rivisitazione – dunque: il loro carattere provviso- rio e precario – emerge anche dagli studi sullo svolgimento dei processi decisionali politico-amministrativi.

Le teorie sul carattere sociologico dell’azione amministrativa presentano la precarietà come conseguenza di un connotato spe- cifico dell’attività che viene svolta: poiché l’azione amministra-

25

Cfr. M. POWER, La società dei controlli: rituali di verifica, tr. it. Torino, 2002; R. DEHOUSSE, Il metodo aperto di coordinamento: quando lo strumento

prende il posto della politica, in P. LASCOUMES-P. LE GALÉS, Gli strumenti per

governare, tr. it. Milano, 2003, pp. 241 ss.

26 Fra i molti: R. S

AVATIER, L’inflation législative et l’indigestion du corp

social, in Il Foro italiano, 1977, cc. 174 ss.; R. PAGANO, Introduzione alla

legistica, l’arte di preparare le leggi, Milano, 2004, p. 8; G. D’ELIA-L. PANZE- RI, Sulla illegittimità costituzionale dei decreti-legge “taglia-leggi”, in Giuri-

sprudenza costituzionale, 2009, p. 497; M. RAVERAIRA, Editoriale del Focus

“Semplificazione e qualità della normazione”, in Federalismi.it, 2009; S. SILEONI, Breve storia italiana della complicazione normativa, cit., p. 86.

tiva deve necessariamente e continuamente conformarsi alla re- te di rapporti che intrattiene con l’ambiente esterno, inevita- bilmente i suoi prodotti (le decisioni amministrative) sono go- vernate dall’instabilità.

Negli studi sui processi decisionali politico-amministrativi la prospettiva è diversa: conducendo ricerche “sul campo”, e dun- que analizzando empiricamente il modo con cui le amministra- zioni elaborano progetti e assumono decisioni, questi studi con- statano che i processi decisionali pubblici non si svolgono linear- mente, secondo una sequenza ordinata e prestabilita, ma appa- iono come un cumulo di singole scelte, anche non necessaria- mente organiche fra loro, legate soltanto dal fatto di appartene- re alla concatenazione di atti che ha condotto alla decisione fi- nale27

.

La precarietà delle decisioni, in queste ricerche, è dunque un risultato dell’osservazione empirica dei processi decisionali (e non un carattere che discende dai connotati dell’attività deciso- ria): scomponendo questi processi, ci si accorge che la decisio- ne pubblica è l’esito – o la risultante – di un insieme di fattori così disomogenei e occasionali che molto difficilmente un’a- nalisi teorica predittiva avrebbe potuto includerli in un modello esplicativo del processo decisionale28

.

Le decisioni politico-amministrative sono quindi precarie per- ché frutto di una concatenazione di eventi, di scelte, di ripen- samenti, di ostacoli e di reazioni agli imprevisti, talché, da un lato (retrospettivamente), il diverso modularsi di quella sequen- za avrebbe potuto condurre a una decisione diversa, e dall’altro lato (prognosticamente) il continuo intervenire di fattori nuovi e imprevedibili esclude la definitività della decisione, che resta soggetta a continue revisioni.

Sotto un profilo di metodo, il carattere precario delle deci- sioni politico-amministrative comporta che la concatenazione dei fattori da cui esse originano può essere soltanto descritta in

27 V., sul punto, P. B

ACHRACH-M.S. BARATZ, Le due facce del potere, tr. it.

Padova, 1986; G. BERTIN, Decidere nel pubblico. Tecniche di decisione e va-

lutazione nella gestione dei servizi pubblici, Milano, 1989.

28

Cfr. M. CAMPANELLA, Le decisioni sotto condizione di ambiguità, in Ras-

modo empirico dopo che si è svolta, ma non può essere cono- sciuta anticipatamente.

Le ricerche empiriche sulle decisioni pubbliche non conside- rano però una sconfitta metodologica l’impossibilità di una rap-

presentazione ordinata dei processi decisionali29: anzi, ripren-

dendo la celebre immagine descritta da Lewis Carroll a proposi- to della partita di croquet giocata da Alice presso la corte della regina di cuori30

, questi studi si propongono di decifrare, ex post, il confuso scenario che appare all’osservatore quando cerca di ricostruire il percorso di una decisione, considerando compito della scienza non l’elaborazione di modelli decisionali che pre- scrivano il miglior percorso da seguire, ma la ricostruzione, espli- cativamente adeguata, delle vicende che hanno interessato, in con- creto, una singola decisione.

Fra gli esempi di studi sui processi decisionali politico-ammi- nistrativi che, attraverso una rigorosa analisi empirica, hanno con- tribuito a evidenziare il carattere precario delle decisioni pub- bliche31

si possono ricordare le ricerche condotte in Italia da Lui- gi Bobbio32

.

29 Ne avvertiva invece i limiti (identificandoli nella rinuncia all’impegno

di assumere un’impostazione consapevole e raziocinante) per esempio J.S.

DRYZEK, Don’t Toss Coins in Garbage Cans: a Prologue to Policy Design, in

Journal of Public Policy, 1983, pp. 345 ss.

30

Cfr. K.W. DEUTSCH, I nervi del potere, tr. it. Milano, 1972, p. 72; v. an- che B. DENTE, L’analisi delle decisioni politico amministrative, in ID., Politi-

che pubbliche e pubblica amministrazione, Rimini, 1985.

31 Cfr. B. D

ENTE-L. BOBBIO-P. FARERI-M. MORISI, Metropoli per progetti.

Attori e processi di trasformazione urbana a Firenze, Torino, Milano, Bolo-

gna, 1990; F. INDOVINA, Le città di fine millennio, Milano 1990; M. ALFRE- DETTI-E. GIUS, Studiare le decisioni nelle organizzazioni pubbliche, cit.

32

L. BOBBIO, A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associa- zioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi, Roma, 2004; ID., Come

smaltire i rifiuti. Un esperimento di democrazia deliberativa, in Stato e Mer- cato, 2002, pp. 101 ss.; ID., Gli stadi di “Italia ’90”: Torino, in Archivio ISAP

n. 7 – Le decisioni di opera pubblica e di urbanistica nelle città, Milano, 1994, pp. 37 ss.; ID., Di questo accordo lieto. Sulla risoluzione negoziale dei

conflitti ambientali, Torino, 1994; ID., I progetti territoriali come processi di

montaggio, in R. GAMBINO-M. GARELLI-S. SACCOMANI, Cento progetti cinque

anni dopo, Torino, 1995; L. BOBBIO-A. BARBAGLIA, Il nuovo palazzo di giu-

Per Bobbio, «assumere le decisioni come l’esito di giochi con-

dotti, a vario titolo, da più attori dotati di proprie risorse, obiettivi e logiche d’azione comporta un mutamento dell’unità di anali- si»33

.

Il carattere complesso, articolato e interrelato dell’azione am- ministrativa determina, perciò, una correzione metodologica: l’analisi empirica non può avere ad oggetto «il percorso solitario

compiuto da un unico centro decisionale (individuale o collettivo che sia) sulla base degli stimoli provenienti dall’ambiente», ma

deve riguardare «la rete delle interazioni attraverso cui il processo

prende corpo»34

.

Non è difficile rilevare i punti di contatto, ma anche gli ele- menti di distanza, fra questa impostazione e le teorie del caratte- re sociologico dell’azione amministrativa: in entrambe le prospet- tive il presupposto è rappresentato dalla consapevolezza del ca- rattere situato, e dunque necessariamente contestualizzato, del- l’azione amministrativa; ma mentre le teorie sociologiche fanno discendere da questo connotato l’inevitabile carattere precario delle decisioni amministrative, gli studi sui processi decisionali interpongono una svolta metodologica, ritenendo che dal profi- lo teorico dell’attività amministrativa consegua la necessità di spostare il fuoco dell’osservazione dal comportamento degli at- tori alla gamma di interazioni che animano il processo decisio- nale35.

Da questa svolta metodologica discendono osservazioni em- piriche da cui emerge il carattere precario delle decisioni politi- co-amministrative.

L’analisi dei processi decisionali conduce per esempio Bob- bio a rilevare che «essi non tendono a raggiungere una meta pre-

fissata, ma procedono piuttosto per comparazioni limitate succes-

GLI, Amministrazioni e gruppi di interesse nella trasformazione urbana, Bo-

logna, 1994, pp. 399 ss.

33 L. B

OBBIO, La democrazia non abita a Gordio. Studio sui processi deci-

sionali politico-amministrativi, Milano, 1996, p. 32.

34

Ibidem.

35 Cfr., sul punto, L. G

ALLINO-P. BORGNA-G.L. BULSEI-R. GRIMALDI, Teo-

ria dell’attore e processi decisionali. Modelli intelligenti per la valutazione dell’impatto socio-ambientale, Milano, 1992.

sive, tra l’innovazione proposta e la situazione esistente»36. Questo incedere dei processi decisionali (che richiama la ra-

zionalità limitata di Simon37, ma attinge soprattutto ai modelli

decisionali di tipo incrementale38

) rende precarie le decisioni poiché esse restano costantemente soggette a modifiche, ogni- qualvolta intervenga un nuovo step decisionale che si aggiunge ai precedenti.

La concatenazione che conduce alla decisione è quindi a- strattamente indefinita, e il fatto che esista una decisione finale (il che, peraltro, non è un dato necessario, come dimostrano gli stessi studi sui processi decisionali39

) non significa che la se- quenza sia completa (nel senso che è la migliore possibile e nul- la potrebbe aggiungersi allo scopo di migliorarla), ma soltanto che essa non può procedere per qualche ragione esogena (come l’esaurimento di risorse materiali o del tempo a disposizione) o endogena (come l’abbandono degli attori).

Concorrono a disegnare il carattere precario della decisione anche circostanze quali, per esempio, il fatto che la partecipa- zione degli attori al processo decisionale sia fluida e incostante («essi entrano ed escono dalla scena, a seconda di come si con-

centra la loro attenzione […] tra i vari problemi, impegni, occa- sioni di scelta che stanno loro di fronte»40

), la natura “assembla- ta” delle decisioni (ossia il loro risultare da una combinazione contingente fra le scelte degli attori e la disponibilità delle ri- sorse) e il variare del contesto (e delle reazioni che gli attori conseguentemente sviluppano) al trascorrere del tempo (poiché «dal momento in cui i progetti in cui vengono concepiti al mo-

36

L. BOBBIO, La democrazia non abita a Gordio, cit., p. 33.

37 Cfr. retro, Capitolo secondo. 38

Su cui v., in particolare, Ch.E. LINDBOLM, The Science of Muddling

Through, in Public Administration Review, 1959, pp. 78 ss.; ID., The Intelli-

gence of Democracy. Decision Making Through Mutual Adjustment, New

York, 1965; ricerche empiriche fondate sul modello decisionale incremen- tale sono state condotte, per esempio, da A. WILDAWSKY, Budgeting: A Com-

parative Theory of Budgetary Process, Boston, 1975; R. ROSE, L’espansione

della sfera pubblica, tr. it. Bologna, 1988.

39 R. G

AMBINO-M. GARELLI-S. SACCOMANI, Cento progetti cinque anni do-

po, cit.

40

mento in cui vengono realizzati […] è probabile che mutino gli attori coinvolti, che venga smarrita la memoria di ciò che è già stato fatto, che le risorse individuate all’inizio non bastino più, o che cambino le condizioni economiche o le disposizioni legislati- ve»41).

Le ricerche empiriche che analizzano i processi decisionali politico-amministrativi conducono quindi a constatare la plura- lità di fattori che, intervenendo di fatto nel corso del processo, lo conformano attribuendo ad esso una struttura non lineare, frutto di combinazioni contingenti e irripetibili, continuamente esposta a revisioni e rimaneggiamenti.

Un’analisi realista dei processi decisionali politico-ammini- strativi mostra dunque il carattere precario dell’amministrazio- ne: le scelte risultano irrimediabilmente sfuggenti e le soluzioni raggiunte solo apparentemente restano acquisite, perché incom- bono continui eventi imprevedibili che le rimettono in discus- sione: «finanziamenti che si interrompono senza alcuna apparente

ragione o che, al contrario, si accumulano senza venire utilizzati; scelte che vengono rimesse in discussione quando pareva di essere in dirittura d’arrivo; attori che non si coordinano tra loro; lunghi periodi di stasi che seguono a brevi momenti di attivismo»42.

Gli studi sui processi decisionali traggono da questa analisi due principali conseguenze, di cui l’una è corollario dell’altra: da un lato, il modo con cui si raggiungono le decisioni – per co- me osservabile empiricamente – suggerisce l’illusorietà della pre- tesa di una pianificazione meticolosa elaborata ex ante; dall’al- tro, proprio per questo la complessità dei processi decisionali dev’essere presa sul serio, ossia non trascurata come deviazione occasionale (e perciò evitabile) rispetto a un modello decisiona- le ideale, ma nemmeno stigmatizzata come sintomo dell’incapa- cità degli attori.

41

Ivi, p. 65.

42

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