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Le caratteristiche dei beni intangibili

L'attività economica che ha come fultro il capitale intangibile si espande al punto di raggiungere se non superare per dimensioni ed importanza quella rappresentata dall'economia tangibile.

Le risorse impiegate nel sistema economico dei beni immateriali differiscono profondamente da quelle utilizzate dal sistema produttivo. Da un lato infatti, come detto, si parla di informazione e conoscenza, mentre dall'altro di materie prime sotto vario genere come ad esempio capitali, lavoro e risorse materiali.

Queste ultime sono poi caratterizzate da una capacità produttiva limitata, mentre lo stesso non si può dire dell'informazione, in grado di fornire illimitatamente e costantemente nuovo materiale potenzialmente utile.

La ricchezza e la grande quantità di materiale che può sfociare dal capitale intangibile ne sottolinea l'abbondanza e rappresenta dunque un altro profondo segno distintivo che caratterizza questo bene e lo discosta da altre tipologie di risorse che sono invece naturalmente scarse.

Tendenzialmente sono proprio la carenza e la scarsità le caratteristiche che rendono una risorsa “di valore” e ne determinano il prezzo di acquisto.

Tuttavia, concentrandosi ed operando ora su un settore completamente diverso avente come fulcro le risorse intangibili, il ragionamento cambia e procede in questo caso all'inverso proprio per questo motivo.

A conferma e supporto di ciò, più l'informazione viene considerata ricca ed abbondante e maggiormente viene investita di valore.

L'elevata capacità produttiva viene riconosciuta come indice dell'efficienza nel settore degli intangibles.

Se si analizza infatti il contesto dell'economia dell'immateriale, la sovraproduzione, anziché rappresentare sintomo di minaccia a livello competitivo e rischio di saturazione del mercato, assume tutto un altro significato, totalmente diverso rispetto a quello che solitamente le viene attribuito nel caso dei tradizionali sistemi produttivi.

I beni tangibili inoltre, per la loro natura materiale e fisica, prevedono la possibilità di essere etichettati anche sulla base della loro vita residua, che è tralaltro di facile ed immediata misurazione.

Questa operazione risulta invece più complessa per i beni immateriali.

Se hanno durata determinata o determinabile, anche per questi ultimi, come per i beni materiali, è possibile definire un piano di ammortamento.

Se invece hanno vita residua indefinita (non illimitata) e non è possibile stabilire quanto a lungo saranno in grado di originare flussi, il loro valore verrà determinato sulla base del valore recuperabile.

Per i beni immateriali è tuttavia molto più complesso stabilire questo orizzonte temporale. Oltre a quanto finora riportato, un'altra principale differenza tra queste due tipologie di capitali è riconducibile al fatto per cui il primo dei due, quello rappresentato dalla conoscenza, non può essere consumato. La conoscenza infatti non conosce confini spaziali dato che può essere venduta ad una pluralità di soggetti tendenzialmente senza limiti.

Tuttavia anche se lo spazio non rappresenta un vincolo nella diffusione dell'informazione, il tempo svolge un ruolo predominante, in particolare con riferimento alla tempestività con la quale la conoscenza viene messa a disposizione di chi la richiede.

La possibilità di possedere anticipatamente determinate informazioni ne accresce allo stesso tempo il valore.

La catena del valore attorno al concetto di bene intangibile ha perciò delle caratteristiche peculiari che fanno riferimento esclusivamente a questa categoria di elementi.

Non c'è ad esempio una reale correlazione tra i benefici derivanti dalle attività intangibili ed i costi sostenuti per la loro realizzazione.

Il valore che deriva dal capitale intellettuale quindi non è immediatamente determinabile come accade invece per quello che scaturisce dalle attività tangibili, di più facile previsione e misurazione.

Non essendo dunque possibile stabilirne un valore preciso, talvolta esso non viene nemmeno capitalizzato.

Inoltre, la rete di nozioni che si sviluppa per mezzo del capitale intelletuale, e l'insieme delle relazioni su cui esso si basa, si fanno portatrici di benefici dovuti alle esternalità che si creano nei confronti delle imprese che coinvolgono il capitale intangibile nella propria attività.

Quest'ultimo infatti, oltre a rappresentare una fonte di vantaggio competitivo per l'impresa in cui sorge, diffonde la propria utilità anche alla rete di contatti tessuti dall'azienda. Maggiore è la pluralità di soggetti che fa propria la conoscenza profusa dall'impresa e maggiore sarà il valore della stessa, che andrà pertanto sempre di più a poggiarsi su rendimenti di volta in volta crescenti. Gli asset immateriali contribuiscono dunque anche alla creazione di sinergie.

Le strategie per la gestione dei settori tradizionali sono dunque caratterizzate da regole diverse rispetto a quelle che investono i settori che si fondano sull'apprendimento.

Il primo punto di forza su cui questi ultimi si basano riguarda la creazione di alleanze sia a monte che a valle della filiera produttiva. Talvolta, quando risulti fattibile, si riescono a stringere pseudo collaborazioni anche con i competitor.

In secondo luogo, uno dei tentativi portati avanti dall'impresa dovrebbe essere indirizzato al mantenimento di queste relazioni ed alla creazione di legami sempre più solidi e nuovi con i soggetti sopra citati.

Questa stretta correlazione porta all'affermarsi di una sorta di dipendenza reciproca tra l'impresa ed i soggetti con cui si confronta creando a livello organizzativo un sistema ancora più ampio basato sulla fiducia e sul corretto operare che pone le basi di una durevole cooperazione tra le parti.

A garantire il successo di questa rete di relazioni sono, da un lato la maggiore flessibilità dell'impresa e, dall'altro, la piccola dimensione della stessa.

Da qui si evidenzia un'ulteriore importante differenza che caratterizza le imprese che basavano il proprio successo sulla produzione dalle cosiddette imprese dell'apprendimento. Le prime dovevano infatti il loro successo alle grandi dimensioni che permettevano loro di sfruttare principalmente, tra le altre, le economie di scala per risultare competitive e performanti.

Dal momento in cui si diffonde invece questa cultura che innalza a fonte del vantaggio competitivo il valore della conoscenza, sembrerebbero essere le imprese più piccole quelle più adatte a sfruttare le potenzialità della rete di relazioni cui si rifà il capitale intangibile.

Vi sono alcuni strumenti che permettono di quantificare il capitale intellettuale ed altri indicatori che permettono di confrontarlo con i risultati ottenuti dall'impresa in ambito finanziario.

Senza questi metodi risulterebbe infatti difficile l'amministrazione di questa grandezza.

Per citare alcuni di questi parametri basta fare riferimento ad esempio al valore assegnato al marchio od al portafoglio clienti.

Un'idea dell'entità rappresentata dal capitale intellettuale può essere anche data confrontando il valore contabile degli elementi del patrimonio dell'impresa con il loro valore di mercato. Infatti la valorizzazione di tale valore si percepisce nel momento in cui il valore del patrimonio netto a livello contabile differisce dalla valutazione dell'impresa nel mercato azionario.

La differenza che si presume positiva si può far ricondurre agli elementi intangibili secondo la formula che fa derivare il valore di mercato dalla sommatoria di valore contabile e capitale intellettuale.

La relazione che lega queste due grandezze evidenzia come il valore delle azioni di un'impresa derivi da una componente tangibile rappresentata dai dati di blancio e da una immateriale relativa appunto al capitale intellettuale.

Tuttavia questo modello incontra dei limiti in quanto entrambi questi valori sono tendenzialmente sottovalutati. Il valore contabile deriva infatti dall'applicazione di principi prudenziali. Il valore di mercato invece valorizza le potenzialità dell'impresa dal punto di vista di analisti esterni che non conoscono le vere possibilità e capacità dell'impresa. Il mercato azionario inoltre tende ad essere mutevole.

Per finire, avrebbe maggiore valenza e sarebbe più significativo stabilire il rapporto esistente tra le due tipologie di capitale, piuttosto che calcolare la semplice differenza tra i due.

Nella valutazione del capitale intellettuale è inoltre limitativo concentrarsi solamente nella misurazione dei risultati a livello reddituale.

Devono a questo scopo venire esaminati altri elementi, in modo particolare l'insieme delle strategie poste in essere dall'impresa che le permettono di ottenere il vantaggio competitivo. Ad ogni singolo elemento costituente il capitale intellettuale può venire data una stima.

Per quanto riguarda il capitale umano, ad esempio, monitorando il livello di soddisfazione del cliente si può avere un'idea dell'abilità insita nello stesso. Questo risultato poi può essere utilizzato come parametro di riferimento al fine di migliorare la gestione dell'impresa.

Sono diversi gli elementi che si devono tenere in considerazione per una valutazione complessiva del capitale umano, anche l'anzianità e l'esperienza dei lavoratori può infatti essere utile allo scopo.

Tutti questi indicatori derivano dall'organizzazione interna aziendale, ma ve ne sono altri per i quali occorre porre l'attenzione sui soggetti esterni all'impresa.

Parametri che fungono a questo scopo sono per esempio il livello di reputazione che i competitor percepiscono nei confronti dell'impresa, la cadenza con cui essi assumono forza lavoro che un tempo operava invece nell'impresa oggetto di indagine e le competenze interne che i clienti ritengono maggiormente rilevanti.

Anche le modalità con cui i lavoratori ed i clienti percepiscono l'ambiente lavorativo dovrebbe per teoria influenzarne i risultati, tuttavia valutare gli atteggiamenti psicologici di entrambi questi soggetti rappresenta uno studio concettualmente più astratto e filosofico. “Studies consistently show a correlation between high morale and superior financial performance. The mere fact that financial excellence cohabits with shiny, happy people doesn't establish causality, of course: It could be that a fat bottom line makes for smiling faces rather than vice versa. But you don't need regression analysis to believe that people who feel as if they are learning, needed, and useful will be more productive than people who are idle and uncertain of their role in the company's success; they're also likely to treat suppliers, customers, and each other better. Studies show a strong relationship between employee attitudes and customer attitudes – evidence of the interplay between human and customer capital.”74

Non potendo quindi basarsi su risultati concreti sostenuti da dati quantitativamente rilevanti, viene proposta questa considerazione solamente a scopo conoscitivo. E' ovvio tuttavia pensare che un ambiente sereno e stimolante sia in grado di mettere a proprio agio i vari collaboratori dell'impresa, ponendo le basi di una proficua cooperazione.

A livello di produzione invece, per dare una stima delle conoscenze apprese e messe in pratica a livello organizzativo, si può procedere stimando l'incidenza che i nuovi prodotti hanno sul totale del fatturato, in modo da dare un'idea del peso che l'innovazione derivante

74 Stewart Thomas, Intellectual Capital: The new wealth of organisation, Crown Publishing Group, 2010, pagina 231.

dall'apprendimento ha avuto nel processo produttivo.

Nell'ambito del capitale strutturale e della sua valutazione occorre innanzitutto procedere a classificare gli elementi che lo compongono per giungere ad una misurazione più precisa di ciascuno di essi.

Ciò che concorre alla formazione di questo capitale intangibile può riguardare dunque beni di varia natura: tecnica, commerciale e di valenza informativa.

Al primo gruppo fanno riferimento ad esempio i segreti industriali ed i risultati di ricerche ed esperimenti.

Al secondo gruppo sono riconducibili invece pubblicità, diritti d'autore, copyright e logo aziendale.

Del terzo gruppo fanno parte, tra gli altri, i database, le licenze commerciali ed i sistemi informativi.

Per alcuni di questi beni sono state studiate delle metodologie che permettono di conferire loro un valore dal punto di vista monetario, è il caso ad esempio di marchi, brevetti e diritti d'autore.

Le modalità per apprezzare la significatività delle relazioni tra impresa e clienti sono invece di più facile analisi. Esse si basano essenzialmente sulla valutazione della fedeltà e della fidelizzazione, sull'ampliamento del portafoglio clienti a seguito di richieste incrementali da parte degli utenti finali e sulla persistenza del vantaggio competitivo in mano all'impresa nonostante le pressioni dei competitor.

Queste ultime sono dimostrabili ad esempio nel caso in cui, nonostante i prezzi più bassi praticati dai concorrenti, l'impresa non subisce un calo della domanda ma persiste nel mantenimento del suo vantaggio competitivo.

La rete di legami tra impresa e clienti si struttura di relazioni più o meno importanti, infatti ciascun cliente agli occhi dell'impresa ha un diverso valore ed un diverso peso negli affari da essa sostenuti. E' importante per questo conoscere anche il valore di ogni singolo cliente misurando il rilievo di queste alleanze. A partire infatti ad esempio dalla spesa media annuale che un cliente sostiene a favore dell'impresa si può percepire l'entità dell'importanza che esso riveste per l'impresa stessa. Secondo un altro punto di vista invece, tale spesa rappresenta per i competitor il costo che questi soggetti sono pronti a sostenere per poter giovare a loro volta della relazione con quel dato cliente.