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Il 14 luglio del 1833 John Keble, Professor of Poetry a Oxford, pronunciava nella chiesa di St. Mary’s l’Assize Sermon in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario. Il titolo del sermone era National Apostasy: il suo fine era di rendere presente, agli occhi degli uomini di legge, le gravi condizioni nelle quali versava la Chiesa d’Inghilterra e il suo popolo di fedeli:

What are the symptoms, by which one may judge most fairly, whether or no a nation, as such, is becoming alienated from God and Christ? […] The case is at least possible, of a nation, having for centuries acknowledged, as an essential part of its theory of government, that, as a Christian nation, she is also a part of Christ’s Church, and bound, in all her legislation and

75 Per una panoramica esaustiva sulla storia e le caratteristiche delle confessioni religiose in Inghilterra si rimanda a John Wolffe, God and Greater Britain: Religion and National Life in

policy, by the fundamental rules of that Church –the case is, I say, conceivable, of a government and people, so constituted, deliberately throwing off the restraint, which in many respects such a principle would impose on them, nay, disavowing the principle itself ; and that, on the plea, that other states, as flourishing or more so in regard of wealth and dominion, do well enough without it. Is not this desiring, like the Jews, to have an earthly king over them, when the Lord their God is their King? Is it not saying in other words, ‘We will be as the heathen, the families of the countries,’ the aliens to the Church of our Redeemer76?

Per Keble l’istituzione era sull’orlo dell’apostasia, minacciata dal potere su di essa esercitato dallo Stato il quale, per consolidare i propri domini economici e coloniali, arrivava a sancire la superiorità del potere terreno su quello ultraterreno, legiferando per controllarlo e imbrigliarlo. L’ultimo atto governativo letto in questo senso dagli uomini di chiesa come Keble era stato il

Church Temporalities Bill (1833), a luglio di quello stesso anno in discussione

in Parlamento, che prevedeva la riduzione delle sedi vescovili anglicane in Irlanda.

In realtà lo Stato stava lavorando a un ridimensionamento della Chiesa anglicana d’Irlanda già a partire dall’Act of Union (1801), le conseguenze del quale furono poi sancite dal Catholic Relief Act del 1829: l’allargamento della base elettorale ai cattolici d’Irlanda non poteva essere ignorata troppo a lungo e s’imponeva, a livello governativo, il riconoscimento di maggiori diritti alla nuova popolazione votante. In patria il Reform Bill del 1832, con l’abolizione dei rotten boroughs, aveva di fatto circoscritto notevolmente la sfera d’influenza ecclesiastica nella direzione dei voti per il Parlamento, se si considera che i

patrons di campagna a capo dei suddetti boroughs erano spesso appartenenti al

ceto nobiliare, bacino sociale a cui storicamente la Chiesa inglese attingeva per la nomina di vicari e vescovi.

Tali movimenti sovrastrutturali andavano a lavorare ai fianchi di un’istituzione che già a partire dall’ultimo ventennio del Settecento si dibatteva in una temperie di contrasto fra un clero di taglio nobiliare sempre più votato alla mondanità e al materialismo e un popolo di fedeli da questo socialmente sempre più distante. Una causa di questa distanza ideologica va sicuramente ricercata nella formazione della prima classe operaia in seguito alla rivoluzione industriale della macchina a vapore: operai e contadini trovarono conforto in

76 John Keble, National Apostasy, dal testo integrale reperibile su

declinazioni di fede quali l’evangelismo e il metodismo, che si rivelarono molto attivi a livello parrocchiale. L’enfasi che questo tipo di culti riservava alla conversione individuale e alla salvezza per mezzo della sola fede finì per allontanare ancora di più grandi fette di popolazione dalla Chiesa, cosicché si arrivò negli anni trenta dell’Ottocento alla percezione di un generale sentimento di ansia riguardante il destino dell’istituzione:

The situation was not clear-cut, but many sincere and earnest English chruchmen believed that devotion was, at best, lukewarm. Others saw the problem not so much in terms of indifference, but more specifically as a threat to the future of the Church as an institution77.

La situazione fu naturalmente passata al vaglio da ecclesiastici, teologi e intellettuali anglicani che, come da tradizione, risiedevano per la maggior parte nell’università di Oxford. Un primo gruppo di pensatori ad affrontare la questione furono i noetici dell’Oriel College, fra i quali il Dr Thomas Arnold fu il più convinto promotore di un cambiamento di tono nell’atteggiamento della Chiesa verso i culti satellitari, auspicando in Principles of Church Reform (1833) che l’anglicanesimo potesse porsi come un grande ombrello cultuale che accogliesse sotto di sé ogni organizzazione cristiana allora esistente in Inghilterra tranne, chiaramente, i cattolici. Alle periodiche discussioni sulla riforma portate avanti dai noetici, altrimenti detti Broad Churchmen, partecipavano assiduamente anche Newman, Hurrel Froude e Keble, ma i tre finirono per rigettare le posizioni liberaliste di Arnold giudicandole inefficaci ed elaborando un percorso più radicale, che abbandonasse la visione razionalistica e moderata della Broad Church puntando sul recupero dell’ortodossia anglicana. Il sermone di Keble fu identificato da Newman come la scintilla che diede vita al movimento trattariano, forma esteriore ultima di meditazioni e discussioni portate avanti da Froude, Newman e Keble negli anni precedenti e così descritte nell’Apologia:

I felt affection for my own Church, but not tenderness; I felt dismay at her prospects, anger and scorn at her do-nothing perplexity. I thought that if Liberalism once got a footing within her, it was sure of the victory in the event. I saw that Reformation principles were powerless to rescue her. As to leaving her, the thought never crossed my imagination;

77 Michael Chandler, An Introduction to the Oxford Movement, London, Society for Promoting Christian Knowledge, 2003, p. 2.

still I ever kept before me that there was something greater than the Established Church, and that that was the Church Catholic and Apostolic, set up from the beginning, of which she was but the local presence and organ. She was nothing, unless she was this. She must be dealt with strongly, or she would be lost. There was need of a second Reformation78.

La sopravvivenza della Chiesa era un’urgenza pressante per Newman, che era rientrato il 9 luglio di quell’anno da un viaggio in Italia intrapreso con Froude e suo padre –viaggio durante il quale visitarono Roma e conobbero Nicholas Wiseman, allora Rettore dei Collegio Inglese. Durante la lunga chiacchierata che ebbero in occasione dell’incontro, Newman declinò l’invito di Wiseman a tornare per una seconda visita dicendo, “with great gravity, ‘We have a work to do in England’”79: si prefigurava così l’esperienza trattariana nei termini di una riforma alternativa alle posizioni Whig dei noetici.

La base di azione fattuale per l’innesco del Movimento si trovò in occasione di una conferenza organizzata due settimane dopo l’Assize Sermon a Hadleigh nel Suffolk alla quale partecipò Hurrel Froude. Durante i lavori della conferenza i quattro convenuti pervennero alla risoluzione di far circolare dei brevi trattati di argomento ecclesiologico, col fine di ribadire le origini Divine della Chiesa Anglicana e le implicazioni dottrinali da ciò derivanti, ossia il rigetto totale dell’erastianesimo e della posizione liberale arnoldiana80. Si cercava in tal modo di favorire un ritorno all’ortodossia ri-testualizzando le radici cattoliche dell’anglicanesimo a partire dalla Patristica e dalla Chiesa delle origini, definite da Chandler come “no more than the historical heritage of the Church of England, but […]a neglected heritage”81: le armi per la difesa della Chiesa che i trattariani avrebbero opposto alla politica sarebbero state di tipo dottrinale e teologico.

In capo a tre mesi dall’Assize Sermon furono pubblicati almeno 17 Tracts rigorosamente anonimi per volontà degli autori, ma il velo dell’anonimato andò

78 John Henry Newman, Apologia Pro Vita Sua, cit., pp. 37-8.

79 Letters and Diaries of John Henry Newman, cit. in Ian Ker, John Henry Newman: a Biography, Oxford, Oxford University Press, 2009, p. 69.

80 “[…] we all concurred as to the […] expediency of circulating tracts or publications on ecclesiastical subjects”. William Palmer, A Narrative of Events Connected with the Publication

of the Tracts for the Times, London, Rivingtons, 1883, p. 102. Oltre a Froude e William Palmer

(1811-1879, teologo che si convertirà al cattolicesimo dieci anni dopo newman), ad Hadleigh parteciparono Hugh Rose (1795-1838), rettore di Hadleigh, e Arthur Philip Perceval (1799-1853) dell’Oriel College, che contribuirà ai Tracts sposando la causa di Newman, Keble e Froude.

assottigliandosi di paripasso con la diffusione dei pamphlets i quali, già a partire dell’anno successivo, iniziarono a essere associati a Oxford e a certi personaggi gravitanti attorno al College di Oriel. I primi tre furono opera di Newman, che prese su di sé le responsabilità organizzative in merito a pubblicazione e diffusione degli opuscoli:

[…] the majority of the Tracts, the earliest and most important, were the work of Newman. It was his power of speech and writing, combined with his enthusiasm, practical energy, and attractive personality, which could alone supply necessary impetus to the start82.

Nel gennaio del 1834 E. B. Pusey83 entrò ufficialmente nel Movimento pubblicando il proprio contributo (Tract 18) sul tema del digiuno e ottenendo da Newman il permesso di far comparire il proprio nome in calce allo scritto. Alla fine dello stesso anno si arrivò alla pubblicazione del primo volume contenente oltre settanta Tracts, diciotto dei quali scritti da Newman, sette da Keble e sei da Pusey, mentre un buon numero era costituito da ristampe di testi teologici di epoche precedenti, la maggior parte dei quali riprendeva il lavoro dei Caroline

Divines84. I Tracts ebbero notevole successo fra il pubblico di ecclesiastici e accademici al quale si rivolgevano, e non solo: il fatto che raffinate pubblicazioni accademiche circolassero in forma di brevi opuscoli economicamente accessibili intrigava e incuriosiva i lettori, molti dei quali divennero attivi seguaci del Movimento:

They were clear, brief, stern appeals to conscience and reason, sparing of words, utterly without rhetoric, intense in purpose. They were like the short, sharp, rapid utterances of men in pain and danger and pressing emergency85.

82 Henry Parry Liddon, The Life of E. B. Pusey, D. D., Vol. I, London, Longmans Green, 1893-7, pp. 271-2.

83 Edward Bouverie Pusey (1800-1882), teologo e docente di Ebraico a Oxford, completò la propria formazione in Germania in un’ottica di salvaguardia dell’ortodossia, pubblicando nel 1827 An Historical Enquiry into the Probable Causes of the Rationalist Character lately

predominant in the Theology of Germany. Ottenne il canonicato di Christ Church a Oxford, e fu

attivo sostenitore e promotore delle idee espresse nei Tracts of the Times negli anni che vanno dal 1834 al 1843, tanto che Christ Church fu individuata come “leading Church of the Movement”. Cfr. Knight e Mason, Nineteenth Century Religion and Literature, cit., pp. 93 e seguenti.

84 Teologi e uomini di Chiesa vissuti durante i regni di Carlo I e II (1625-1651) fautori della cosiddetta Via Media, una visione della Chiesa d’Inghilterra ben salda nella dottrina protestante e allo stesso tempo fondata sulla tradizione Patristica della chiesa delle origini. Tale concetto sarà ripreso da Newman nel Tract 38.

Fra tutti, spicca come convinto sostenitore dei newmanites il futuro Primo Ministro William Ewart Gladstone (1809-1898), ai tempi dell’Assize Sermon e dei primi Tracts studente presso il Christ Church College di Oxford: negli anni a venire Gladstone continuerà a offrire sostegno politico fattivo nei confronti del Movimento. L’appello ideologico alla teologia del diciassettesimo secolo e alla patristica aprì le danze della controversia, intonata sul motivo dell’equivalenza fra antichità cristiana e papismo, un refrain già conosciuto sin dai tempi dei

Divines.

Gli attacchi ai Tracts provennero soprattutto da parte dei liberali noetici e degli Evangelical tramite il giornale The Record, sul quale apparvero contributi che traducevano in termini facilmente digeribili dal pubblico meno aduso a dissertazioni teologiche le stesse posizioni espresse dal Dr. Arnold a Pusey in una lettera inviatagli in seguito alla pubblicazione del Tract sul digiuno:

By the form in which your Tract appears I fear you are lending your cooperation to a party second to none in the tendency of their principle to overthrow the truth of the Gospel. […] your own tract is perfectly free from their intolerance as well as from their folly […] which has always appeared to me to belong to the Antiquarinism of Christianity –not to its profitable history. […] the admiration of Christian Antiquity seems to me the natural parent of Puritanism, which calls all that is ancient Popery86.

Fu così che i termini ‘trattariano’ e ‘papista’ divennero sinonimi, se non equivalenti, nell’immaginazione e nella mente dei fedeli. Per correre ai ripari ed evitare ulteriori strumentalizzazioni del sentimento popolare da parte dei suoi pari, Newman decise di pubblicare i Tracts 38 e 41, costruiti come un dialogo in cui ‘Clericus’ si difendeva dalle accuse di papismo da parte di ‘Laicus’ e nei quali si riprendevano i Caroline Divines e la loro concezione di anglicanesimo come Via Media. Newman antepose anche una prefazione al primo volume dei

Collected Tracts nella quale sottolineava con forza l’incolmabile distanza fra le

posizioni espresse nei Tracts e la Chiesa di Roma. Tuttavia le simpatie di alcuni trattariani nei confronti della Chiesa cattolica andarono a costituire negli anni una vera e propria corrente interna al Movimento. Nelle parole di Newman, si

trattava di uomini “who knew nothing about the Via Media, but had heard much of Rome”87:

A new school of thought was rising, as usual in doctrinal inquiries, and was sweeping the original party of the Movement aside, and was taking its place. […] This new party rapidly formed and increased, in and out of Oxford […]. These men cut into the original Movement at an angle, fella cross its line of thought, and then set about turning that line in its own direction88.

La pubblicazione dei volumi della Library of the Fathers (1838-1881), un’antologia di traduzioni dal latino di testi selezionati dalla patristica curata da Pusey con la collaborazione di Newman, Keble e altri, assieme alla pubblicazione dei diari e della corrispondenza privata di Hurrell Froude, venuto prematuramente a mancare nel 1836, furono due eventi editoriali che gettarono benzina sul fuoco, alimentando le accuse di papismo nei confronti dei trattariani. I Remains di Froude in particolare scioccarono l’opinione pubblica per alcuni passaggi interpretabili in chiave quasi indubitabilmente romana: egli rivelava una visione romantica della Chiesa medievale e contemporaneamente criticava la Riforma89, mentre concepiva un operato pastorale della Chiesa che arrivasse nelle grandi città attraverso “colleges of unmarried priests”90, scrivendo a un amico “You will be shocked at my avowal, that I am every day becoming less and less loyal son to the Reformation”91. L’opinione di Newman in merito era che i Remains fossero strumentalizzati dall’opinione pubblica, che pure si dimostrava più indulgente nei confronti dei Tracts, i quali solo cinque anni prima erano stati giudicati “insulting” e “injudicious”: “the Tracts are in certain high quarters taken up as perfection now, and the Remains are made the scapegoat […] the tone of the Tracts is now perfect –but the Remains all that is unpleasant”92.

Apparve in questo clima istituzionalmente sfavorevole alla causa trattariana, il 25 gennaio del 1841, il Tract 90. In esso Newman commentava i trentanove Articoli del credo anglicano in chiave cattolico-universale, secondo

87 Newman, Apologia, cit., p. 132. 88 Ibid., pp. 132-3.

89 Chandler, An Introduction to the Oxford Movement, cit., p. 46.

90 John Henry Newman and John Keble (eds.), The Remains of the late Reverend Richard Hurrell

Froude, London, Rivington, 1838, p. 322.

91 Ibid., p. 336.

il senso strettamente etimologico e non romano del termine. La disposizione d’animo con la quale Newman aveva redatto il suo pamphlet era “to keep people either from Rome or schism or from an uncomfortable conscience”; il Tract era inoltre “necessary for my own peace so much as this, that I felt people did not know me”93 ma, nonostante le intenzioni dell’autore, il Tract fu messo al centro di una controversia ferocissima, che coinvolse vescovi e alte cariche universitarie e che valse a Newman accuse di papismo e disonestà. Nelle parole dell’allora arcivescovo di Canterbury, A. C. Tait:

[Newman’s] jesuitry [was derived] not from dishonesty, but from a natural defect, a strange bent of genius that loves tortuous paths, perhaps partly because it requires an excercise of ingenuity to get along in them94.

Alle accuse seguì presto una condanna formale, preceduta dalla dissociazione e censura da parte dell’Università di Oxford dai e sui Tracts e dalla richiesta da parte del vescovo di Oxford, Bagot, di far cessare immantinente le pubblicazioni. Newman cercò di difendersi dalle accuse rimarcando la propria posizione in una lettera aperta indirizzata al Reverendo Jelf, tutor di Christ Church:

Newman claimed that he sought to deepen the ‘religious mind of our Church. And, as a result, there was a need to address the Thirty-Nine Articles. His desire for liberty of interpretation was compounded by the circumstances of the time. He believed that there was a genuine development of interest in the Church’s doctrine and life. It had been fuelled, in part, by ‘great names in our literature’ and he listed Sir Walter Scott, William Wordsworth and Coleridge. He did not want this upsurge to benefit the Roman Catholic Church […]. Newman clearly believed that the Church of England had an opportunity and a responsibility […]. There was a need to recover Anglicanism’s catholic heritage if only ‘to keep members of our Church from straggling in the direction of Rome’95.

Quel che accadde nei mesi a seguire fu un febbrile scambio di lettere fra Newman e il vescovo tramite la mediazione di Pusey –scambio che tuttavia non sortì alcun effetto in favore dei trattariani, ma anzi pose Newman in una situazione gravissima: le iniziali richieste di soppressione del Tract e di cessazione della pubblicazione dei Tracts in toto da parte del vescovo non furono

93 Ibid., p. 219.

94 R. T. Davidson and W. Benham, Life of Archibald Campbell Tait, Archibishop of Canterbury, London, Macmillian, 1891, p. 86.

accolte grazie alle abilità mediatrici di Pusey, ma il Tract 90 (e dunque la persona di Newman) fu condannato in una serie nutrita di Episcopal Charges96 da parte di un numero significativo di vescovi.

A Newman non restava che ritirarsi dalla scena pubblica: si trasferì definitivamente nella piccola parrocchia di Littlemore l’anno seguente, pur mantenendo i propri impegni a St. Mary’s e a Oriel –impegni che tuttavia deciderà di revocare nel 1843 per dedicarsi alla stesura dell’Essay on the

Development of Christian Doctrine e a una vita quasi monastica. Nel 1839

scriverà a Keble di essersi definitivamente convinto della situazione scismatica della Chiesa d’Inghilterra, e di soffrire gli ammonimenti dei vescovi come rivelatori della propria mancanza di fede nei confronti della Chiesa inglese:

I am very far more sure that England is in schism, than that the Roman additions to the Primitive Creed may not be developments, arising out of a keen and vivid realising of the Divine Depositum of faith. […] You will now understand what gives edge to the Bishops’ charges […]. They distress me in two ways: 1. as being in some sense protests and witnesses to my conscience against my secret unfaithfulness to the English Church; and 2. next, as being average samples of her teaching and tokens how very far she is from even aspiring to Catholicity97.

Da questo momento in poi e fino alla conversione, Newman lascerà le redini del