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Newman romantico? Dialogismo autobiografico e pratica apocalittica.79

pratica apocalittica.

Si rende doverosa a questo punto una ricognizione di quel filone critico che vede Newman come letterato la cui pratica e teoria è fatta risalire principalmente all’estetica romantica; ed è doveroso poiché, se è indubbiamente vero che la formazione della scuola letteraria trattariana molto deve alla generazione delle Lyrical Ballads, è altrettanto vero che la permanenza del romanticismo nelle testualizzazioni newmaniane si dà più come un riverbero, come un’interiorizzazione di determinate istanze negli anni di formazione, che come discorsività sostanziale. Con l’auspicio di affrontare l’argomento in uno studio più approfondito, ci limiteremo qui a mettere in luce alcuni aspetti della poetica newmaniana che risultano essere in stretta assonanza con quella romantica, ossia la colloquialità del linguaggio letterario e la scrittura di sé; nel farlo, si avrà cura di sottolineare come e in cosa Newman prenda le distanze dai romantici. L’ipotesi ermeneutica qui proposta è che, perfettamente integrata in un sistema filosofico organico e originale, la teoria letteraria concepita da Newman si dia come altrettanto organica e originale, non derivativa da un’estetica e una pratica che certamente la influenza, ma non la informa in modo decisivo.

La persistenza del romanticismo nelle lettere trattariane e in Newman è stata documentata e sistematizzata secondo diverse sfumature critiche. Per Nixon, “His literary fondness and model is Romantic; […] his views on literature, religion, and reason remain essentially Romantic”, cosicché Newman “should be included among the last Romantics”189, opinione che conferma quella di Hogan secondo il quale “We must not forget that Newman was a romantic”190.

189 Nixon, “Steadily Contemplating the Object of Faith”, cit., pp. 161 e 196. 190 Hogan, “Newman and Literature”, cit. p. 178.

Eppure la critica non appare concorde nello stabilire le modalità di declinazione del romanticismo riscontrabili nell’autore; per Alvan Ryan si tratta di un’influenza affievolitasi nel tempo, basata sulla ricerca di un tipo di poesia “emozionale e immaginativa”: “it is clear that Newman was on the side of the Romantic writers in his search for a warmer, deeper view of man […] yet Newman did not rest long within the camp of Romanticism”, condividendo comunque “with Wordsworth, Coleridge, and Shelley […] his search for a more emotional and a more imaginative concepition of poetry”191. Altri, come Thomas Vargish, trovano che certi elementi di “psicologia romantica” siano stati tradotti nell’ortodossia cristiana da parte dei trattariani, così che il rapporto fra Wordsworth e Newman “deserve our extended attention because they illustrate most clearly the degree to which Newman assimilated for Christian orthodoxy a vision of the mind’s powers characteristic of Romanticism”192. Eppure lo scrutinio cui Coleridge e Wordsworth sottoponevano la mente, il lavoro di autocoscienza e messa in parola del sentire, fonda le istanze newmaniane in modo parziale poiché queste sono rivolte, coerentemente con la ricerca teologica della Via Media, a una sintesi fra istanze razionalistiche e sentimentalismo romantico, traccia della quale può trovarsi in questa valutazione che Newman fa della poesia di Keble: “a method of relieving the overburdened mind; it is a channel through which emotion finds expression, and that a safe, regulated expression”193. Se la citazione può sembrare wordsworthiana nel tono, va rimarcato e ricordato che la ragione regolatrice riconosciuta da Newman non agisce, come in Wordsworth, in lassi di tempo differiti dal fluire delle emozioni; essa è piuttosto connaturata al sentire, è facoltà umana filosoficamente attiva che,

Agendo secondo uno spirito di unità, attraverso il paragonare, l’adattare, il connettere, il sistemare, il classificare, il fare sintesi, […] riconosce l’intero in ogni parte. Essa declina la ragione secondo un’accezione più ampia di quella intesa dai razionalisti, considerato che gli esseri umani ragionano anche senza affidarsi al ragionamento formale, come nelle cose concrete della vita morale e religiosa; cosicché la mente

191 Alvan Ryan, “Newman’s Conception of Literature”, in John Hicks et al. (eds.), Critical

Studies in Arnold, Emerson, and Newman, Iowa City, University of Iowa Press, 1942, pp.

123-72, p. 136 e p. 133.

192 Thomas Vargish, Newman: the Contemplation of Mind, Oxford, Clarendon Press, 1970, p. 100.

193 John Henry Newman, “John Keble”, in Essays Critical and Historical, vol. 2, New York, Longmans, 1919, p. 442. Enfasi mia.

filosoficamente formata coniuga in sé il ragionare per astrazioni delle scienze con il ragionare della prassi e della fede194.

L’uomo filosoficamente attivo porta alla coscienza i modi di ragionare della mente su ogni cosa riguardi la propria esistenza, dal momento che egli “non può proporsi di fare di più che riferire le proprie idee, poiché i fenomeni ai quali si richiama e i principi che assume sono all’interno del suo cuore”195. Deriva da questo un sistema filosofico individuale, che vede nella persona la misura di conoscenza, mentre riconosce nell’intelletto e nella logica gli strumenti dell’analisi fenomenologica derivante da questa conoscenza, sia esteriore che interiore:

In questo senso, la filosofia è una funzione della personalità, che si va definendo nell’interiorità della persona, nella sintesi di “ragione implicita”, l’accumularsi sotterraneo e inconscio dei moventi e delle decisioni e delle azioni, e di “ragione esplicita”, la riflessione consapevole su di essi. […] Essa, dunque, è intrinsecamente una “filosofia della

persona”: assumere l’io (self) come centro, principio e fine della

riflessione è il fondamento per costruire una fenomenologia dell’esperienza personale, che si apre alla metafisica e alla teologia196.

Riconoscere l’Universale nella storia personale attraverso il connubio di ragione esplicita e ragione implicita è dunque un esercizio filosofico che assurge a sistema, il quale si rispecchia fedelmente nella visione della letteratura come parola individuale di grandi intelletti capaci, attraverso l’osservazione di sé e del mondo, di parlare al cuore degli uomini, rivelando a essi la natura divina della realtà (Cor ad cor loquitur):

Ma l’altro che l’[…] esistenza rivela dentro di me è, per Newman, anche l’Altro della cui voce sento l’eco, di cui sono traccia e che mi trascende: “myself and my Creator”. Raccontare questa rivelazione, narrarne lo sviluppo, descriverne i percorsi anche tortuosi, interpretarne i segni, è stato l’impegno che egli ha perseguito per tutta la vita […]197.

Il dialogo del cuore, motto cardinalizio di Newman, ha il suo riverbero letterario nella ricerca di uno stile di scrittura altrove definito “talk in prose”,

194 Michele Marchetto, John Henry Newman. Identità, alterità, persona, Roma, Carocci, 2016, p. 13.

195 John Henry Newman, The Philosophical Notebook of John Henry Newman, cit. in Ibid., p. 14.

196 Marchetto, John Henry Newman, cit., p. 14. Enfasi mia. 197 Ibid., p. 20.

corroborato dalla postura teorica rintracciata nei paragrafi precedenti sull’ontologia della letteratura fondata nell’oralità. Se è possibile udire qui delle eco che rimandano alle considerazioni linguistiche contenute nella Preface delle

Lyrical Ballads sulla necessità, in poesia, di uno stile conversazionale che

ricalchi il “language really used by men” e che renda il poeta “a man speaking to men”, va sottolineato che tali eco, pur udibili, sono inscritte in un disegno d’indagine molto più ampio, che coniuga scrittura autobiografica e rivelazione divina: la visione personalistica della philosophy of mind applicata alla letteratura perseguita da Newman può ben dirsi una rifondazione della poetica romantica come pratica di dire il sé e del sentire; tuttavia essa va molto oltre la razionalizzazione linguistico-estetica delle emozioni di taglio romantico, situandosi in un terreno di ricerca metodologico che comprende il letterario come uno dei tanti aspetti della ricerca e della conoscenza del Divino.

Fra il Worsworth del Prelude, il Coleridge della Biographia Literaria e la ricerca filosofico-letteraria newmaniana è comunque ben visibile il trait

d’union dell’autobiografia come pratica ermeneutica: riprenderemo la questione

nel prossimo capitolo concentrandoci principalmente su Loss and Gain, esaurendo qui l’argomento in relazione al romanticismo con una suggestione meritevole di essere ripresa e indagata a fondo, ossia che per le sue qualità personalistiche la ricerca filosofico-letteraria newmaniana infonda nella pratica autobiografica caratteri apocalittici.

È noto che gli anni di formazione Newman li abbia trascorsi per la gran parte assorto in letture di ogni tipo, delle quali la poesia romantica costituisce una buona parte. Pare quindi ragionevole affermare che nel seguente passaggio sia rintracciabile un riferimento alla poetica inglese d’inizio ottocento, per lo meno nel gesto di rigetto nei confronti del razionalismo settecentesco col quale Newman pone la poesia agli antipodi della scienza, poiché ferma nella resa di oggetti metafisici; allo stesso modo è possibile riscontrare una certa eco blakeiana nel riferimento alla mente del fanciullo come depositaria del massimo grado di poesia possibile:

Poetry does not address to reason, but to imagination and affections; it leads to admiration, enthusiasm, devotion, love. The vague, the uncertain, the irregular, the sudden, are among its attributes or sources. Hence it is that a child’s mind is so full of poetry, because he knows so

little, and an old man of the world is so devoid of poetry, because his experience of facts is so wide198.

Ed è significativo che Newman abbia citato i grandi romantici inglesi nella Letter to Jelf, corollario ed excusatio pubblicata in seguito alle controversie generate dal Tract 90, come testimoni del “great progress of the religious mind of our Church”:

In truth there is at this moment a great progress of the religious mind of our Church to something deeper and truer than satisfied the last century. I always have contended, and will contend, that it is not satisfactorily accounted for by any particular movements of individuals on a particular spot. The poets and philosophers of the age have borne witness to it for many years. Those great names in our literature, Sir Walter Scott, Mr. Wordsworth, Mr. Coleridge, though in different ways and with essential differences one from another, and perhaps from any Church system, still all bear witness to it199.

Il “progresso mentale” verso qualcosa di “più profondo e vero” rispetto alle proposizioni teistiche settecentesche si riferisce, con ogni probabilità, alle modalità ermeneutiche della common tradition che fa capo a Coleridge:

Uno dei suoi caratteri distintivi è la concezione del nostro mondo come reale, concreto, particolare, e delle parole che lo dicono non come mera corrispondenza alle cose, bensì come “forze viventi mediante le quali si azionano, si combinano e si rendono umane le cose più importanti per gli uomini” […]200.

Nella considerazione di Newman sull’origine divina del linguaggio e della composizione letteraria come rispecchiamento materiale e simbolico della storia è assolutamente ragionevole udire un’eco del trascendentalismo linguistico di Coleridge, riconoscendo che entrambi gli autori arrivano ad assimilare l’espressione simbolica dell’immaginazione poetica a quella religiosa201. Tuttavia, sarebbe impreciso individuare unicamente nei romantici la fonte di

198 John Henry Newman, The Mission of the Benedictine Order, London, John Long, 1858, p. 41.

199 John Henry Newman, A Letter Addressed to the Rev. R. W. Jelf, D. D., Canon of Christ

Church, Oxford, John Henry Parker, 1841, pp. 25-6.

200 Marchetto, John Henry Newman, cit., pp. 81-2. Marchetto cita da Samuel Taylor Coleridge,

Sussidi per la riflessione (1825), in Opere in prosa, a cura di F. Cicero, Milano, Bompiani, pp.

1361-721, p. 1377.

201 Cfr. D. G. James, The Romantic Comedy, London and New York, Oxford University Press, 1948, pp. 155 et passim.

metodo utilizzata da Newman che, come si è visto, è saldamente ancorata alla tradizione della retorica classica. Va inoltre rimarcato che gran parte del sistema filosofico newmaniano si edifica sul concetto di analogia così come elaborato in

The Analogy of Religion dal Rev. Butler:

Analogy connotes a belief in the correspondence between the natural and the supernatural, or moral world, so that religion and God are ‘revealed’ within what is observable around us. Newman described it as the “doctrine that material phenomena are both the types and the instruments of real things unseen”, the “Mysteries of the faith” that are reserved within physical objects202.

La lettera costituisce per Newman uno dei tanti oggetti fisici e simbolici a testimonianza della presenza divina nel mondo: tale presenza la mente umana risulta capace di scriverla mediante la coincidenza fra speech and thought che definisce lo stile di ogni autore; di conseguenza la letteratura, servendosi del mezzo che Dio ha messo a disposizione degli uomini per differenziarsi dal mondo animale, costituisce l’analogia umana alla Parola divina. Sta qui, se possibile, un altro superamento dell’estetica romantica da parte di Newman poiché, per quanto Coleridge guardasse a Butler come a uno dei “three greatest, nay, only three great Metaphisicians which this Country has produced”203, sarebbe riduttivo e forse fuorviante puntare su Butler come una delle auctoritas alla base del panteismo romantico, mentre è certo e confermato dalle parole di Newman che la lettura dell’Analogia in giovane età abbia formato il sistema newmaniano almeno su due punti di estrema importanza:

It was at about this date, I suppose, that I read Bishop Butler’s Analogy; […] if I may attempt to determine what I most gained from it, it lay in two points, […]; they are the underlying principles of a great portion

of my teaching. First, the very idea of an analogy between the separate works of God leads to the conclusion that the system which is of less importance is economically or sacramentally connected with the more momentous system, and of this conclusion the theory, to which I was

inclined as a boy, viz. the unreality of material phenomena, is an ultimate resolution. At this time I did not make the distinction between matter itself and its phenomena, which is so necessary and so obvious in discussing the subject. Secondly, Butler’s doctrine that probability is the guide of life, led me […] to the question of the logical cogency of faith, on which I have

202 Knight e Mason, Nineteenth Century Religion and Literature, cit., p. 109. Gli autori citano Newman da G. B. Tennyson, Victorian Devotional Poetry: the Tractarian Mode, Cambridge, Mass, Harvard University Press, 1981, pp. 52 e 143.

203 James Boswell, Life of Johnson, George Birkbeck Hill, rev. L. F. Powell (eds.), VI vols., Oxford, Oxford University Press, 1934, II, p. 54.

written so much. Thus to Butler I trace those two principles of my teaching […]204.

Il primo punto è quello su cui conviene per ora soffermarsi e riguarda l’analogia esistente fra le opere divine, connesse fra loro secondo il principio regolatore dell’economia sacramentale: vale a dire che la grandezza divina si rende percepibile nell’osservazione del mondo fisico e naturale, nel quale essa si rivela all’uomo secondo modalità improntate a “great reserve and caution”205. Newman e i trattariani applicheranno lo stesso principio alla poesia, inscrivendo nei loro componimenti la comunicazione di verità e conoscenze religiose secondo il “principle of reserve”:

The idea of encoding religious knowledge in poetry was called “reserve” by the tractarians, a central aspect of their doctrine indicating that God’s scriptural laws should remain hidden to all but the faithful. Devotional writing and biblical exegesis alike were thus meant to present religious truth using metaphor, figure, and allegory in a manner only the initiated believer could understand206.

La riproduzione della spontaneità dei sentimenti e l’associazione di questi alla contemplazione del mondo naturale di marca romantica assumono, nella pratica trattariana, i caratteri della rivelazione della fede personale secondo il principio dell’economia sacramentale, avvicinando la poetica di Keble e Newman più ai canti dei mistici che a quelli dei romantici inglesi. La caratterizzazione della letteratura come atto contemplativo dell’Idea implica, a ragione etimologicamente fondata, che l’artista modelli nella parola le proprie visioni. Sta dunque nella trasmissione di immagini divine, nella visionarietà connaturata all’ispirazione, il carattere simbolico della scrittura, viz., la capacità di parlare, come la musica e le arti figurative, con immediatezza al cuore degli uomini, oltrepassando la barriera cognitiva del segno:

poetry then is our mysticism; and as far as any two characters of mind tend to penetrate below the surface things and to draw men away from the material to the invisible world, so far they may certainly be said to answer the same end; and that too is a religious one207.

204 Newman, Apologia, cit., p. 21.

205 Newman, Apologia, come cit. in Enrico Reggiani, “Losses and Gains”, cit., p. 60. 206 Knight e Mason, Nineteenth Century Religion and Literature, cit., p. 101.

207 John Henry Newman, “Prospects of the Anglican Church”, in Essays and Sketches, Vol. 1, New York, Longmans, 1948, pp. 333-37, p. 357-8.

La percezione sensoriale dei fenomeni naturali è, come nei romantici, alla base dei procedimenti della mente poetica. L’osservazione dell’oggetto di indagine poetica dev’essere compiuta, per Newman, a partire da un atteggiamento di reverenza, grazie al quale è possibile percepire i caratteri disvelatori e apocalittici che i fenomeni offrono rispetto al Mistero divino:

As to the poetical, very different is the frame of mind which is necessary for its perception. It demands […] that we should not put ourselves above the objects in which it resides, but at their feet; that we should feel them to be above and beyond us, that we should look up to them, and that, instead of fancying that we can comprehend them, we should take for granted that we are surrounded and comprehended by them ourselves. It implies that we understand them to be vast, immesurable, impenetrable, inscrutable, mysterious; so that at best we are only forming conjectures about them, not conclusions, for the phenomena which they present admit of many explanations, and we cannot know the true one208.

L’impronta romantica nella letteratura teorizzata e praticata da Newman è riconoscibile nell’adozione di un stile dialogico e colloquiale, funzionale alla rappresentazione autobiografica di sé. L’elemento che Newman aggiunge a tali aspetti dell’estetica romantica è il carattere rivelatorio e apocalittico della letteratura la quale, conformemente al principio dell’economia sacramentale, funge da testimonianza del Divino fra gli uomini, a essi rivelantesi nel Verbo e nella contemplazione dei fenomeni. Ma se Dio rivela sé stesso nel fenomeno, nella visione e nel sentire del cuore, il poeta ha il compito di testimoniarlo utilizzando il Suo strumento, la parola, plasmandola in forme che corrispondano nel maggior grado possibile all’immaterialità connaturata al suono del linguaggio orale, in modo simile a quanto accade nella notazione musicale. Se in poesia, terreno per eccellenza di condensazione linguistica, tale giusto sentire può essere trasportato nei tropi e nella forma del verso, in prosa bisogna avere l’accortezza di utilizzare i tropi a livello macrostrutturale, condensando la narrazione nell’allegoria: vedremo nel prossimo capitolo come tale procedimento è messo a punto in Loss and Gain.

CAPITOLO 4

Analisi del testo

- Straniero, stai buttando giù l’intero genere umano.

- Ho detto quel che ho detto perché guardavo e sentivo il dio209.

Guardato da una prospettiva d’insieme, pur nella sua proteiformità tematica e di genere, il corpus newmaniano si conforma in una tendenza tematica unitaria, ossia la ricerca e la letterarizzazione, continua e indefessa, del Vero. La categoria filosofica corrispondente al lemma, il portato semantico del segno, l’isotopia tematica cadono e coincidono in Newman, come si è visto, in un omnipervadente senso del sacro che innerva e mantiene ogni costruzione testuale e, nel farsi testo, interroga con precisione i movimenti invisibili dell’animo umano in rapporto alla ragione all’interno del cammino biografico. Scrivere la vita diventa pertanto imperativo filosofico e testimonianza universalizzante: non a caso Papa Giovanni Paolo II si riferiva proprio a Newman nell’enciclica Fides

et Ratio, guardando alla sua esperienza come modello ed esempio da osservare

con attenzione, per il beneficio del progresso umano:

[…] esempi significativi di un cammino di ricerca filosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i dati della fede. Una cosa è certa: l’attenzione all’itinerario spirituale di questi maestri non potrà che giovare al progresso nella ricerca della verità e nell’utilizzo a servizio dell’uomo dei risultati conseguiti210.

Guidati da un rigoroso ragionamento logico sui meccanismi di rivelazione della