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Caratteristiche dell’Assoluto

1. Primo tentativo

3.2 Caratteristiche dell’Assoluto

Il criterio assoluto di verità ci informa che la realtà non è contraddittoria. È solo sul fondamento di questo principio che il contenuto relazionale è determinato come irreale, e perciò come apparenza: «nel condannare come apparenza ciò che ci si presenta intrinsecamente contraddittorio noi ci fondiamo su quella che è una conoscenza certa della natura ultima delle cose»281.

«Si sa che la realtà ha un carattere positivo, ma questo carattere è per il momento determinato soltanto come ciò che esclude da sé la contraddizione»282. Il carattere dell’incontraddittorietà definisce positivamente la realtà, eppure ne dà una definizione ancora formale. Lo sviluppo dell’inferenza metempirica consiste allora nel tentativo di arricchire il più possibile il concetto della realtà autentica in modo tale, però, da non negare la sua natura incontraddittoria. In altre parole, lo sviluppo dell’inferenza consiste allora nella deduzione delle proprietà che convengono all’Assoluto.

Propriamente l’inferenza non comincia con il domandarsi se l’Assoluto sia, ma se l’Assoluto coincida con l’esperienza. Per Bradley, concepire l’incontraddittorietà della realtà significa infatti concepire la realtà non contraddittoria, e cioè l’Assoluto. Si può qui riconoscere allora uno dei tratti parmenidei di Bradley: il principio di non contraddizione consiste nella immediata posizione della realtà assoluta. La realtà dell’Assoluto non è pertanto oggetto di mediazione. Piuttosto, ci si domanda se l’Assoluto si risolva nella realtà esperita.

Il primo passo dell’inferenza è quindi la mediazione dell’esperienza con il concetto di realtà, o Assoluto, e il primo risultato è la deduzione dell’alterità dell’assoluto rispetto alle apparenze: in quanto l’apparenza è contraddittoria, essa non è la realtà. L’apparenza però è il contenuto attuale della nostra esperienza. La realtà autentica

281 Cfr. AR, p. 281. 282 Cfr. AR, p. 185.

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dunque non coincide con il contenuto esperito: essa è perciò oltre la nostra esperienza. Possiamo perciò attribuire alla realtà la nota della “trascendenza”.

La seconda nota che conviene all’Assoluto è l’“unicità”. Bradley obbietta infatti a Herbart che l’assoluto non può essere concepito come una molteplicità di “Reali” indipendenti e irrelati. La stessa molteplicità dei reali sarebbe infatti la negazione della loro indipendenza: la molteplicità implicherebbe una qualche forma di relazione, e dunque sfocerebbe nell’autocontraddizione. Se poi si tentasse di concepire la molteplicità dei Reali quale essa si dà nel sentire immediato, anche in questo caso l’indipendenza dei Reali sarebbe distrutta. La molteplicità dei Reali sarebbe infatti assorbita all’interno di una totalità organica, e l’indipendenza dei singoli andrebbe così perduta. «La pretesa indipendenza dei reali non è un fatto, è una costruzione teorica e, per quel tanto che ha significato, questo significato si rivela autocontraddittorio e sfocia nel caos. Una realtà siffatta può certamente essere considerata irreale»283. L’Assoluto deve perciò essere unico.

Tale unicità non esclude peraltro la presenza della molteplicità nell’Assoluto, intende piuttosto affermare che la molteplicità deve essere intesa come originariamente raccolta all’interno di una sostanziale unità. In questo modo la nota dell’“unità” sembra coincidere con la “sostanzialità” della realtà che era al centro del primo tentativo di inferenza. La sostanzialità della realtà è così dedotta a partire dalla sua incontraddittorietà: «l’Assoluto è quindi un sistema, un tutto indivisibile»284

.

Bradley concepisce, infine, l’Assoluto come “esperienza”. L’Assoluto è cioè determinato come un’esperienza onnicomprensiva, analoga alla nostra esperienza immediata, priva però di limitazioni e carenze. Determinare l’Assoluto come assoluta esperienza è una conseguenza del tutto coerente con gli assunti di Bradley. Per il nostro autore, infatti, la realtà si manifesta a noi immediatamente nel sentire come una totalità armonica e organica.

Nel sentire immediato conosciamo la realtà, ed essa si manifesta a noi come unità del molteplice raccolta nel sentimento. Il sentire ci dà la forma della realtà, ossia l’incontraddittorietà, ma attesta anche quelle caratteristiche di unità e comprensività che devono appartenere alla realtà in quanto tale. Il sentire è così il candidato migliore per concepire, sia pure in maniera parziale e inadeguata, la natura dell’Assoluto.

283 Cfr. AR, p. 288. 284 Cfr. AR, p. 290.

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L’esperienza immediata è cioè determinata come l’analogato principale quoad nos dell’Assoluto.

Bradley arriva addirittura ad affermare la coincidenza di “esistenza” ed “esperienza”: «riflettendo ci rendiamo conto che essere reale od anche semplicemente esistere deve significare rientrare nell’orizzonte dell’esperienza»285. In realtà egli non sembra intenzionato ad affermare la coincidenza formale dei due significati - essere e apparire -, ma l’identità materiale tra i due. La realtà concretamente è esperienza: «l’esperienza immediata coincide, in breve, con la realtà e ciò che non è esperienza non è reale»286.

Egli giustifica da ultimo l’identificazione di realtà e esperienza sul fondamento dell’intrascendibilità dell’esperienza immediata287

. Poiché non possiamo concepire alcuna realtà che non ci sia in qualche maniera immediatamente data, non possiamo concepire un contenuto separato dall’esperienza, e con ciò è data l’identità di “essere reale” ed “essere esperito”288

. Ogni tentativo di concepire un contenuto reale non potrà dunque che darci la realtà nella forma in cui essa ci appare originariamente, cioè come un’esperienza priva di distinzioni che raccoglie in sé le differenze. L’esperienza sensibile è perciò non solo la fonte della conoscenza “formale” della realtà, ma anche, in certo modo, la fonte della conoscenza “materiale” di essa289.

285 Cfr. AR; p. 290. 286

Cfr. AR, p. 290.

287 ««Si consideri un qualunque frammento di esistenza, o qualsiasi cosa che si possa comunque

chiamare un fatto o alla quale si possa attribuire qualche realtà, e si giudichi se non consiste in un’esperienza sensibile e soprattutto se sia possibile continuare a parlarne anche quando sia stata rimossa ogni percezione e sensazione; oppure si indichi un solo frammento del suo contenuto, un solo aspetto della sua realtà che non sia derivato da questa fonte e che non ne dipenda. Se l’esperimento è condotto in maniera rigorosa io non riesco a concepire nulla che non sia un contenuto d’esperienza, e tutto ciò che non sia, in un modo o nell’altro, sentito o percepito perde per me qualsiasi significato. E poiché non posso, mentre cerco di pensare ad un oggetto qualsiasi, non rendermi conto che, a meno di non pensare nulla, penso inevitabilmente a quell’oggetto come a qualcosa che mi è presente, sono costretto a concludere che per me l’esperienza è una sola e identica cosa con la realtà» (cfr. AR, p. 291).

288 «Per me essere reale significa manifestarsi come una caratteristica interna ad una totalità

immediatamente vissuta, una caratteristica che sarebbe del tutto priva di significato al di fuori del legame con quella totalità. […] Essere assolutamente indivisibile dal sentire o dalla percezione ed essere un integrale elemento di una totalità immediatamente sperimentata, tutto ciò significa essere esperienza. In breve, l’essere e la realtà fanno una cosa sola con il sentire: non solo, dunque, non possono essere opposti ad esso ma, in definitiva, nemmeno se ne possono distinguere» (cfr. AR, p. 292).

289 «Bradley raccorda infatti il criterio formale della coerenza con la determinazione contenutistica di

ciò che dobbiamo intendere per realtà. Alla specificazione dello standard in base al criterio teoretico dell’incontraddittorietà e dell’inclusività (lato formale) si accompagna la determinazione della realtà come esperienza (lato materiale). Il Reale è totalità incontraddittoria (forma) solo nella misura in cui è esperienza integrale (contenuto), poiché solo nell’esperienza c’è la Realtà (contenuto), ma solo la totalità può essere incontraddittoria e perciò veramente reale (forma)» (cfr. G. Rametta, La metafisica di Bradley

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Con ciò Bradley determina l’Assoluto come “incontraddittorio” in quanto è determinato dal principio di non contraddizione, “trascendente” in quanto non è identico alle apparenze, “unico” in quanto non è molteplice. Esso è poi determinato come “esperienza assoluta” in quanto appare originariamente come sentire immediato.