6. Unità e distinzione di pensiero e sentire 1 Distinzione: l’astrazione
6.2 Unità: lo sviluppo del pensiero
Bradley pensa che il pensiero sia uno sviluppo necessario del sentire immediato. L’esperienza è originariamente un flusso privo di distinzioni concettuali che però presenta delle incoerenze interne, il cui sviluppo conduce al trascendimento dell’immediatezza del sentire e alla produzione del pensiero. Da questo punto di vista l’idealità del pensiero è propria già del dato immediato e il pensiero non ne è che il riconoscimento: «il pensiero si sviluppa a partire da un fondo preesistente di idealità; la divisione del contenuto dall’esistenza non è creata dal nulla, ma è qualcosa che cresce su se stessa»236.
Se si concepisce il pensiero a questa maniera, esso non produce alcuna alterazione nell’immediato, ma riflette su di esso, ossia esplicita ciò che in esso era già dato. La differenza che c’è tra il dato immediatamente sentito e l’oggetto del pensiero non è perciò la differenza tra due realtà distinte. Il contenuto pensato è lo stesso contenuto sentito: il pensiero è l’apparire dell’idealità del dato immediato.
L’idealità del dato è attestata dal divenire del contenuto immediato, poiché nel divenire il contenuto dato scompare e, contemporaneamente, un nuovo contenuto, che prima non era manifesto, compare. Il divenire mostra così l’idealità del dato, cioè la sua finitezza: il contenuto dato non è la totalità della realtà, ma solo una porzione di essa.
La finitezza del contenuto si mostra, secondo Bradley, nella contraddizione tra forma immediata e contenuto diveniente dell’esperienza immediata237
. Il contenuto muta, e
236 Cfr. AR, pp. 635-636.
237 «Il sentire dovrebbe essere, se non qualcosa di semplice, certo qualcosa di unitario e autonomo: la
sua essenza non dovrebbe includere nulla che inerisca come un attributo ad una realtà esterna o che in vario modo si riferisca ad essa, dovrebbe essere puramente e semplicemente reale e non includere in sé nessuna componente di idealità. E la forma dell’immediatezza nella quale esso si presenta implica proprio questo carattere di autosufficienza. Ma nel mutamento il contenuto trascorre e diventa qualcos’altro, il
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questo mutamento è la negazione dell’autosussistenza e individualità che il contenuto rivendica quanto alla forma, cioè in quanto è immediatamente presente. Ciò che è dato è infatti dato come autosussistente, cioè completo. Con il mutamento, però, il contenuto inziale, che pretendeva essere la totalità del significato, entra in connessione con il contenuto successivo, e viene modificato dalle relazioni che instaura con esso.
Nel divenire appare la relatività del contenuto, sviluppata poi concettualmente dal pensiero, e si rivela l’illusorietà della pretesa del dato di valere come totalità del significato238. Il contenuto dato mostra cioè di essere solo una porzione della realtà, attualmente separata dalla connessione concreta con l’Intero.
Nel divenire constatiamo l’idealità del contenuto, ma non è il divenire in quanto tale a produrre l’idealità del contenuto. Non dobbiamo cioè dire che il contenuto dato è ideale perché diviene; bensì che esso diviene perché è ideale, poiché la sua natura «consiste essenzialmente nel trascendere la sua esistenza»239.
Il divenire empirico è cioè la ratio cognoscendi della finitezza (ossia idealità) del contenuto, mentre la finitezza del contenuto è la ratio essendi del divenire empirico. La vicenda della separazione empirica del contenuto dall’esistenza è perciò l’immagine sensibile della più profonda idealità che è costitutiva del contenuto dato in quanto tale: non è il divenire che produce la finitudine, ma la finitudine che produce il divenire.
Secondo Bradley, il pensiero non si limita solamente a riconoscere l’idealità del dato, bensì si propone di correggerla: la forma relazionale del pensiero è infatti «un tentativo di riunificare le differenze sorte dal dirompersi della totalità immediatamente sperimentata»240. Nel divenire il dato mostra di essere astratto, cioè separato dalla connessione concreta con la totalità della realtà. Attraverso la forma relazionale il
che, d’altronde, non impedisce che il mutamento appaia necessario e implicito nella sua natura. La mutevolezza è un fatto che noi sperimentiamo nel sentire attuale, poiché quest’ultimo non permane mai in uno stato di quiete e se noi esaminiamo il contenuto, così come appare in qualsiasi istante, constatiamo che, sebbene si presenti come autosufficiente, esso è in realtà minacciato da una relatività che ha radice profonde: questo balza agli occhi prima nell’esperienza del mutamento e poi in sede di riflessione» (cfr. AR, p. 247).
238 «Se noi ci atteniamo al fatto così come concretamente ci si manifesta, esso ci muta di continuo fra
le mani e ci costringe a percepire l’intrinseca incongruenza del suo contenuto, il quale, allora, non può venire riferito semplicemente a quell’esistenza che si manifesta entro la cerchia del dato, ma è spinto a trascenderla in nuove direzioni. In tal caso, però, nel mutamento più semplice noi troviamo già l’idealità, vale a dire la separazione di un determinato contenuto dalla sua esistenza attuale. […] Il contenuto di ciò che è dato è sempre relativo a qualcosa di non dato e la sua natura, quindi, consiste essenzialmente nel trascendere la sua esistenza. Questa è ciò che possiamo chiamare l’idealità del dato finito: essa non è costruita dal pensiero, ma il pensiero ne è lo sviluppo e prodotto» (cfr. AR, p. 313).
239 Cfr. AR, p. 313. 240 Cfr. AR, p. 329.
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pensiero tenta allora di correggere l’astrattezza del dato, integrandolo di quei contenuti di cui è privo. Il pensiero è quindi l’espressione della finitezza del dato, e allo stesso tempo è il tentativo, comunque velleitario, di eliminare la limitatezza che gli è propria241.
In conclusione, se si considera il pensiero uno sviluppo del sentire immediato, non è il pensiero a produrre l’astrattezza, ma è il dato che è di per sé stesso astratto. L’idealità, cioè l’apparenza, è attestata già dall’esperienza immediata: «essendo dunque in contraddizione con la propria realtà [immediata], ogni sentire è semplice apparenza»242.