A CQUE E POLITICHE AGRICOLE : UNA NECESSARIA INTEGRAZIONE
2.8 Acque e politiche agricole in Calabria
2.8.9 Le caratteristiche del settore agricolo
Capitolo 2. Acque e politiche agricole: una necessaria integrazione
La percentuale di occupati in agricoltura in Italia, in base ai dati ISTAT del 14° Censimento della popolazione e delle abitazioni (2001), è pari al 5,50%.
L’agricoltura è più diffusa nelle regioni meridionali, seguite da quelle dell’Italia insulare. Nettamente inferiore è, invece, la percentuale di occupati in agricoltura che si registra nelle regioni dell’Italia centrale e ancora inferiore è la percentuale di quelli dell’Italia settentrionale, con la presenza di macroaree caratterizzate da valori inferiori o uguali al 2,5%.
I più elevati livelli di produttività e rendimento si registrano invece nelle regioni settentrionali, che si contraddistinguono per la razionale organizzazione degli spazi, l’alto grado di meccanizzazione, l’informatizzazione di alcuni processi, il massiccio impiego di fertilizzanti e gli efficienti sistemi di irrigazione e canalizzazione.
Negli ultimi decenni in Calabria si è registrato un processo di rapida crescita e di trasformazione profonda dell’economia, che ha interessato soprattutto il settore agricolo.
Il ridimensionamento del ruolo dell'agricoltura nell'economia della regione costituisce probabilmente il segno più vistoso di questa trasformazione. Il peso del settore agricolo sulla ricchezza prodotta è passato dal 43% del 1951 al 7,9% del 2004, e quello degli occupati nel settore agricolo nello stesso periodo è passato dal 65% al 16% (Castellotti, 2008).
Tuttavia, l'importanza del settore primario nell'economia era e resta in Calabria molto più marcata rispetto a quella che esso riveste mediamente per l'Italia nel suo insieme.
Il peso dell'agricoltura in termini di occupazione e di reddito prodotto è pari in Calabria a circa il doppio di quello medio nazionale.
L'importanza del settore agricolo sull'economia regionale rispetto al resto del Paese mostra una tendenza a mantenersi costante: a partire dal 1980, infatti, il suo peso sul valore aggiunto si è mantenuto intorno al 6,5%. Ciò è connesso più alla debolezza degli altri settori occupazionali (industriale e terziario privato) che alla forza di quello agricolo. Resta, pertanto, molto alta l'importanza che il settore agricolo riveste dal punto di vista sociale (Castellotti, 2008).
Nella composizione della produzione agricola regionale, spicca la preponderanza del settore olivicolo (34%) seguito da quello agrumicolo (14%). Nettamente inferiori,
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invece, le percentuali riferite al settore degli ortaggi-legumi (11,3%) della zootecnia (9,4%), della frutta fresca-secca (1,9%), dei cereali (1,5%), ed infine dei vini (1%)
La Calabria assume una posizione di particolare rilevanza nella composizione della produzione italiana per leguminose da granella, finocchi, rape. Tra le colture arboree, in Calabria si produce più della metà delle clementine prodotte in Italia, più di un terzo delle arance, più di un quarto dei mandarini, la totalità dei bergamotti e dei cedri e circa un quarto delle olive da mensa e dei fichi.
Negli ultimi decenni la composizione della produzione agricola regionale ha subito variazioni. L’olivo e gli agrumi sono i prodotti che, tra gli inizi degli anni ’50 ed oggi, hanno visto maggiormente crescere il loro peso nella produzione vendibile dell’agricoltura regionale.
In regresso, invece, il peso di tutti gli altri gruppi di prodotti: i cereali, gli ortaggi, la vitivinicoltura, la frutticoltura, le carni ed il latte.
La Calabria, inoltre, è la quarta regione italiana per numero di produzioni tutelate. Formaggi, salumi, vino, ortofrutta e olio d’oliva sono le tipologie dei prodotti maggiormente significative. Tali prodotti costituiscono risorse su cui investire, che legano le radici alle grandi tradizioni che, in alcune zone d’Italia particolarmente consapevoli, significa già identificazione culturale, sviluppo economico e sociale, conservazione e caratterizzazione ambientale. Tutto questo si traduce in un aumento dell’occupazione e in un miglioramento della qualità della vita.
La maggior parte della superficie calabrese presenta un’agricoltura non specializzata. Tuttavia, per alcune colture è possibile individuare specializzazioni territoriali.
• Colture specializzate sono presenti :
o nella piana di Lamezia (ortofrutta, olivo e florovivaismo) o nella piana di Sibari (agrumi, olivo e ortofrutta)
o nella Piana di Gioia Tauro (agrumi e olivo) o nel Crotonese (vite, ortaggi, cereali)
• La zootecnia è presente nella Sila, nel Monte Poro (bovini), nella Valle Crati, nel Basso e Alto Tirreno Cosentino (suini)
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Le aree di produzione agrumicola della Calabria sono concentrate nelle poche aree di pianura esistenti nella regione. In soli 18 comuni calabresi è concentrata quasi la metà della superficie agrumetata regionale. Essi sono nell’ordine:
o Corigliano, Cassano, Rossano e Terranova in provincia di Cosenza;
o Lamezia, Curinga e Simeri Crichi in provincia di Catanzaro; o Nicotera in provincia di Vibo Valenzia;
o Taurianova, Rosarno, Reggio C., Candidoni, Rizziconi, Caulonia, Polistena, San Ferdinando, Laureana, Locri in provincia di Reggio Calabria.
Il settore primario presenta il punto di forza dell'area di Sibari, sia in termini economici che sociali. L'indirizzo produttivo dell'area è caratterizzato dalla forte incidenza delle colture ad alto reddito (ortive, fruttifere e agrumicole rappresentano il 29% della SAU totale). L'aumento della superficie destinata a queste colture è imputabile alla particolare vocazione territoriale che ha portato al rapido sviluppo soprattutto di agrumi e pescheti, divenuti ormai i prodotti identificativi dell'area.
La forte polverizzazione delle aziende agricole non sembra rappresentare un ostacolo allo sviluppo del settore grazie alla particolare predisposizione del territorio, ad un ambiente particolarmente favorevole, all'esistenza di prodotti pregiati, alla capacità imprenditoriale e alla cooperazione produttiva che hanno contribuito a trasformare in modo profondo l'agricoltura e a creare un sistema agricolo tra i più avanzati del Mezzogiorno (Castellotti, 2008).
Nel corso del tempo, nella sibaritide si è consolidata una rete d'imprese agricole innovative e fortemente orientate al mercato. Accanto ad esse si è venuto costituendo un nucleo di strutture cooperative di servizio alla produzione e alla valorizzazione commerciale, affiancato da imprese di trasformazione agroalimentare (Castellotti, 2008).
Dal quadro delineato, la posizione della Calabria, in termini di competitività, appare in
declino in un contesto agricolo nazionale ed internazionale molto attivo.
Le aziende del settore agricolo sono 196.484 (Censimento Agricoltura 2000) e occupano una superficie totale di 914.448 ettari, il 61% della quale costituisce la superficie agricola utilizzata (558.225 ettari). La dimensione media della SAU nelle aziende calabresi è pari a 2,8 ettari, inferiore di quasi la metà rispetto alla media nazionale (5,1 ettari). La polverizzazione delle aziende e la diminuzione delle
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superfici e della produzione hanno comportato un aumento dei costi che non permette alla Regione di stare al passo con le produzioni provenienti dai paesi emergenti. Tale fenomeno appare preponderante nel comparto dei prodotti trasformati, in particolar modo succhi di agrumi ed olio d’oliva.
L’assetto della proprietà del settore agricolo, secondo i dati dell’ultimo Censimento, si presenta caratterizzato dalla prevalenza della conduzione diretta del coltivatore (97%), con solo manodopera familiare (80%). Per quanto riguarda il titolo di possesso del terreno ben il 93% delle aziende sono di proprietà, seguite dall’affitto (4%) e dalla forma mista di possesso (3%).
Alla polverizzazione aziendale corrisponde la difficoltà delle aziende a garantire occupazione per il nucleo familiare.
Considerando la qualità del capitale umano, il livello di istruzione degli imprenditori agricoli calabresi rileva una situazione di svantaggio rispetto alla media nazionale.
L’incidenza di titolari d’azienda senza alcun titolo di studio è molto elevata e sfiora il 20% contro il pur elevato 10% nazionale ed il 14% del Sud e Isole. Si evidenzia una forte carenza di qualificazione nella gestione delle aziende impedendo lo sviluppo di una moderna imprenditorialità. Solo il 40,1% dei conduttori calabresi possiede la licenza elementare, il 16,9% ha il diploma e solo l’1,1% ha frequentato o frequenta un corso professionale; inoltre tra i laureati e i diplomati, si evidenzia un minor grado di specializzazione in indirizzo agrario rispetto al dato nazionale. Il fenomeno si aggrava se si considerano i conduttori calabresi donne.
L’elevato grado di senilizzazione dei conduttori agricoli li rende scarsamente propensi all’innovazione e quindi impedisce l’auspicato trasferimento dei risultati delle numerose attività dei centri di ricerca e sperimentazione di cui la regione si avvale al mondo delle aziende agricole.
Infatti solo lo 0,3% delle aziende calabresi, contro l’1,1% del dato nazionale, fa uso di attrezzature informatiche e l’utilizzo del PC riguarda prevalentemente l’attività di amministrazione dell’azienda. Solo il 23% di questo ridotto numero di aziende informatizzate ha un sito proprio.