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Tecniche di caratterizzazione

5.3 Caratterizzazione elettrica

La caratterizzazione elettrica permette di valutare la conducibilità e o la resistività elettrica di un materiale. La conducibilità elettrica σ può essere infatti misurata direttamente tramite misuratori di conducibilità, oppure è possibile misurare la resistività elettrica ρ tramite elettrometri e quindi indirettamente la conducibilità. Conducibilità e resistività elettriche sono, infatti, inversamente proporzionali. Si ha pertanto:

𝜎 =1

Vengono definiti materiali elettricamente conduttori, i materiali che presentano una resistività elettrica 𝜌 < 103𝛺 · 𝑐𝑚, isolanti i materiali che presentano una resistività 𝜌 > 106𝛺 · 𝑐𝑚.

A differenza della conducibilità termica, quando si parla di conducibilità elettrica bisogna tenere in considerazione che le variazioni nei valori registrati tra diversi campioni possono essere molto significative, ad esempio anche decine di ordini di grandezza. Ciò è dovuto essenzialmente al meccanismo con il quale avviene la conduzione elettrica. Un materiale isolante, quale ad esempio un generico materiale polimerico, presenta valori di ρ molto elevati, ma non appena vengono introdotti dei materiali conduttivi all’interno della matrice, ρ può decrescere molto velocemente fino a raggiungere un andamento asintotico in corrispondenza della cosiddetta soglia di percolazione. Ne consegue che ulteriori immissioni di materiali conduttivi nella matrice siano molto meno efficaci a seguito del raggiungimento della soglia di percolazione. Questo comportamento elettrico dei materiali si spiega se si analizza l’aspetto microstrutturale. Quando vengono immesse delle micro-cariche o nano-cariche conduttive in una matrice isolante, se queste sono in quantità sufficiente e opportunamente disperse, si ha la formazione di un network tridimensionale che permette il passaggio di corrente in un materiale di per sé elettricamente isolante. In Figura 5.12 in alto a sinistra, si può vedere la formazione di un network tridimensionale di fibre di rame disperse in una matrice polimerica isolante. Nel grafico in basso si vede che il network si forma già per frazioni volumetriche di fibre di rame intorno al 10 % e di conseguenza la conducibilità elettrica aumenta di 25 ordini di grandezza. Per frazioni volumetriche superiori si osserva un andamento sostanzialmente asintotico come previsto teoricamente. Nella figura in alto a destra è rappresentato il caso opposto. Sono rappresentati, infatti, listelli metallici di materiale conduttivo, tra i quali vi sono degli strati polimerici di materiale isolante. Nonostante la frazione volumetrica di materiale conduttivo sia molto elevata, non si creano interconnessioni tra i listelli metallici e pertanto ne consegue che complessivamente la conducibilità elettrica del materiale composito è bassa.

Per quanto concerne la conducibilità termica, essa dipende principalmente dalla frazione volumetrica di materiale conduttivo e ne consegue che è bassa nel primo caso ed elevata nel secondo.

Figura 5.12. Andamento conducibilità elettrica e termica in funzione della frazione volumetrica di carica. Risulta evidente dunque che le caratteristiche delle cariche immesse sono fondamentali al fine di ottenere un composito conduttivo a partire da una matrice isolante, con la minore quantità possibile di additivo immesso. Queste caratteristiche non sono solamente elettriche, ma di grande rilevanza sono la dimensione, la forma, l’orientazione e la dispersione delle cariche conduttive nella matrice. È intuitivo pensare, pertanto, che cariche dotate di high aspect ratio, quali i nanotubi di carbonio, siano ideali per formare reticoli tridimensionali continui e quindi condurre corrente. Particelle sferiche richiederanno, invece, una percentuale di immissione maggiore per raggiungere la percolazione.

A seconda della tipologia di materiale esistono diversi strumenti di misurazione della resistività elettrica. Per i materiali conduttivi lo strumento tipicamente utilizzato è il multimetro, mentre per gli isolanti l’elettrometro.

5.3.1 Elettrometro

L’elettrometro è uno degli strumenti più frequentemente utilizzati per misurare la resistività elettrica. I primi elettrometri ideati furono l’elettrometro a capillare o elettrometro di Lippmann, l’elettrometro a scintilla o elettrometro di Lane e l’elettrometro condensatore concepito da Volta.

Attualmente ne esistono moltissimi modelli, ma ci si sofferma sulla descrizione degli elettrometri Keithley. L’elettrometro Keithley è provvisto di un generatore in grado di creare una tensione alternata in modo da annullare l’effetto di eventuali cariche residue superficiali che il materiale può accumulare. Viene tipicamente utilizzato un metodo di misura a tensione costante in modulo, mentre la corrente circolante, nonostante sia molto bassa e teoricamente difficile da misurare accuratamente, viene rilevata periodicamente e precisamente mediante un picoamperometro interno allo strumento. Tramite la prima legge di Ohm, impostata 𝑉 e misurata 𝑖, si può facilmente calcolare la resistenza elettrica del materiale 𝑅 espressa in Ω, la quale può essere convertita in resitività tramite la seconda legge di Ohm.

L’elettrometro permette di effettuare sia misure di resistività superficiali, sia volumetriche (a patto di inserire il valore relativo allo spessore del materiale in analisi).

5.3.2 Multimetro

Il multimetro ha un funzionamento del tutto simile a quello dell’elettrometro dal punto di vista del principio fisico, con la principale differenza che esso viene utilizzato per misurare la resistenza di materiali conduttivi. Dal punto di vista operativo, a differenza dell’elettrometro, quando si opera con il multimetro, non si applica una differenza di

potenziale a scelta, ma è il macchinario in sé che autonomamente imposta una differenza di potenziale a seconda del campione di prova e misura la corrente. Dopodiché, utilizzando il metodo a due punti, lo strumento come output fornisce il valore della resistenza 𝑅, dalla quale, tramite la conoscenza dei parametri geometrici 𝑙 ed 𝑆, si può ricavare il valore della resistività ρ sfruttando la seconda legge di Ohm. Il parametro 𝑙 indica la distanza tra i punti tra i quali è misurata la tensione, mentre 𝑆 rappresenta l’area della sezione perpendicolare alla direzione della corrente.

A differenza dell’elettrometro, in questo caso la misurazione non viene effettuata su campioni molto sottili di forma circolare, ma su provini a forma di parallelepipedo, geometricamente uguali a quelli usati nell’analisi DMA.