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La conducibilità termica λ, talvolta indicata anche con 𝑘, rappresenta fisicamente il rapporto, in condizioni stazionarie, tra il flusso di calore e il gradiente spaziale di temperatura che provoca il passaggio di calore. In formule si ha:

𝑘 = 𝑞 𝛻𝑇= 𝑞 𝑑𝑇 𝑑𝑥 (1.1) Essa indica quindi l’attitudine di una sostanza a trasmettere il calore. Si ha pertanto che tanto maggiore è il valore di λ, generalmente misurata in 𝑊 𝑚𝐾⁄ , tanto più conduttivo sarà un materiale. La conducibilità termica viene influenzata da temperatura, pressione e, nel caso dei compositi, dal tipo, dalla geometria, dall’orientazione e dalla frazione volumetrica di carica presente.

Nel caso dei polimeri, essi sono tipicamente degli isolanti termici. In particolare, tra i vari polimeri, gli amorfi sono i più isolanti dal momento che sono caratterizzati da un valore di λ compreso tra 0.10 𝑊 𝑚𝐾⁄ e 0.15 𝑊 𝑚𝐾⁄ . Ciò è dovuto al fatto che la conduzione del calore può essere vista come la trasmissione di una vibrazione quantizzata, sotto forma di fonone, su un reticolo cristallino. Si ha quindi che i polimeri che trasferiscono meglio il calore sono coloro i quali dispongono di un grado di cristallinità molto elevato. I semi-cristallini, come il PP, sono generalmente caratterizzati, invece, da un valore di λ compreso tra 0.15 𝑊 𝑚𝐾⁄ e 0.28 𝑊 𝑚𝐾⁄ . Sono pertanto dei conduttori termici poco efficaci, a causa della presenza della fase amorfa, la quale riduce la trasmissione del calore, soprattutto se confrontati con i metalli. I valori di λ tipici di metalli comuni quali Fe, Al e Cu sono ad esempio 50, 210 e 385 𝑊 𝑚𝐾⁄ . I polimeri possono però essere resi termicamente conduttivi, mediante l’immissione di cariche nella matrice termoplastica. A seconda che si voglia realizzare un compound isolante o conduttivo dal punto di vista elettrico, possono essere addizionate rispettivamente cariche ceramiche, quali ossido di alluminio, nitruro di alluminio, diamante e nitruro di boro esagonale, oppure grafite, grafene, nanotubi di carbonio e polveri di alcuni metalli, quali rame, alluminio e acciai.

È molto importante riuscire ad ottenere polimeri termicamente conduttivi, in quanto l’utilizzo di questi, anziché quello dei metalli, comporta numerosi vantaggi in termini principalmente di pesi, costi e versatilità in termini di progettazione e design. Si ha, infatti, che l’utilizzo di materiali polimerici termoconduttivi permette mediamente un risparmio in peso del 40% rispetto alla realizzazione dei medesimi componenti in alluminio. L’utilizzo dello stampaggio ad iniezione, inoltre, permette un’elevata produzione di pezzi finiti, senza la necessità di effettuare successivi trattamenti, con notevoli vantaggi economici. Rispetto all’alluminio si ha una maggiore flessibilità sia progettativa che produttiva. I progettisti possono, infatti, sfruttare al meglio tutti gli spazi a disposizione e le proprietà intrinseche delle plastiche, scegliendo dunque il tipo di matrice e di rinforzo ideali per una data applicazione. Oltre a ciò si deve considerare che se è difficile ottenere elementi in alluminio con pareti o nervature sottili, con l’utilizzo dei termoplastici si può aumentare la superficie di scambio termico e quindi la quantità di calore asportato.

Si registrano, inoltre, un’elevatissima inerzia chimica, coefficienti di dilatazione termica lineare comparabili a quelli di Cu e Al ed una semplice gestione di scarti e sfridi. Infine per talune applicazioni nelle quali sono richieste caratteristiche da isolante elettrico, i metalli non possono essere utilizzati e i polimeri termoconduttivi sono quindi i materiali che assolvono al meglio questa funzione.

La conducibilità termica dei metalli, in ogni caso, non viene raggiunta dai materiali polimerici, ma soltanto avvicinata in quanto il valore della conducibilità termica bulk può essere aumentato fino ad un massimo di 100 volte.

Per le loro caratteristiche i polimeri termicamente conduttivi vengono utilizzati principalmente nell’elettronica, nella microelettronica e nei settori delle telecomunicazioni, degli elettrodomestici, dei componenti audio-video e dei convertitori elettrici; applicazioni nelle quali vi è generalmente la necessità di asportare modeste quantità di calore. Nel campo dell’elettronica, rilevante è il raffreddamento dei moderni sistemi di illuminazione a LED, ottenibile efficacemente mediante dissipatori in polimero termoplastico stampati ad iniezione. Progettando accuratamente la geometria del radiatore,

possono essere infatti compensate le differenze di conducibilità termica tra compound e metalli, in particolare in regime di convezione naturale.

I polimeri conduttivi non vengono solamente utilizzati in sostituzione dei metalli, ma anche dei polimeri tradizionali: il polipropilene è un esempio importante. Recenti esperimenti hanno dimostrato che se viene applicata una sorgente di calore di 5 W al centro di una placchetta di PP convenzionale a temperatura ambiente (23 °C), questo non è in grado di dissipare il calore verso l’esterno e pertanto il calore si localizza al centro della placchetta originando un hot spot di 47 °C, mentre i bordi rimangono a 𝑇𝑎𝑚𝑏 a testimonianza del fatto che non vi è stato un flusso di calore verso l’esterno. Lo stesso esperimento è stato ripetuto anche su una placchetta di PP termoconduttivo e si è registrato un profilo di temperatura isotermico con una differenza di temperatura di soli 4 °C tra centro (33 °C) e bordi della placchetta.

Estendendo questo esperimento ad una valenza più generale, si denota che l’utilizzo di polimeri termicamente conduttivi previene il surriscaldamento locale e di conseguenza eventuali guasti, allungando la vita media dei componenti, dal momento che le temperature di esercizio sono più basse e quindi le proprietà meccaniche migliori. Secondo l’equazione di Arrhenius, il failure rate è, infatti, direttamente proporzionale alla temperatura del componente ed un aumento di 10 – 15 °C dimezza la vita media di un componente elettrico. In generale una temperatura di esercizio più bassa permette anche di lavorare con potenze elettriche più elevate. Secondo quanto affermato dalla prima legge di Ohm, a potenziale costante si ha che 𝑅 ed 𝑖 sono inversamente proporzionali. La resistenza 𝑅 nei metalli è direttamente proporzionale alla temperatura, pertanto temperature più basse comportano resistenze più basse e quindi correnti e potenze più elevate.

La riduzione del picco di temperatura permette di eliminare gli hot spots e migliorare la stabilità dimensionale del pezzo, riducendone le distorsioni. La scelta di opportune particelle rinforzanti permette, inoltre, anche un ampliamento della scelta della resina di base: possono quindi essere scelte resine più economiche o che erano state scartate precedentemente in

stampaggio ad iniezione, i termoplastici conduttivi godono di una migliore stabilità dimensionale, la quale comporta un minore coefficiente di dilatazione termica e ne conseguono quindi minori ritiri durante lo stampaggio. Nell’elettronica molto importante è il concetto di miniaturizzazione, ossia di realizzare circuiti integrati sempre più piccoli e veloci. Ciò comporta un generale aumento di temperatura e pertanto i progettisti sono stati forzati ad introdurre trappole di calore e substrati conduttivi in modo da favorire la dissipazione. Infine, in sistemi tribologici, la possibilità di dissipare calore prodotto per attrito permette alla resina di subire una degradazione minore e di aumentare la vita dei componenti sottoposti ad usura.

Da quanto affermato fino ad ora, si evince l’importanza dei temoplastici conduttivi e, infatti, se ne registra una continua e rapida crescita della domanda, in particolare nell’elettronica, nell’elettrico e nell’automotive.

Capitolo 2

Meccanismi e modelli di trasmissione