Il tuo aff. mo M B
Firenze 10.XII.[1]902 Carissimo – Il Romani t’ha mandato di nuovo l’articolo, che troverai ora senza dubbio
più di tuo gusto
1. Non glielo respingere più, che sarebbe inutile; piuttosto, se proprio è
necessario, fa tu, senza dir nulla, qualche piccola mutazione. Ma non ce ne sarà
biso-gno; perché sulle bozze lo migliorerà ancora. Pensa che anch’io ho lavorato intorno ad
esso un paio di giorni, e ho riconosciuto che avevi pienamente ragione.
Il P[ascoli] è stato qui, ma io non ho potuto vederlo; è partito come uomo inseguito
dal rimorso più atroce. In verità la delusione fu enorme: imagina ciò che sai imaginare
di peggio
2. – Gli amici parlano sempre di te; il Rom[ani] non ti porta neppur il minimo
rancore. Del resto è felice perché il Torr[aca] nella Prolus[ione] napoletana lo ha
ascritto (insieme con me e me solo) alla 2
ascuola De Sanctis, categoria dantesca (che è
poi quasi la sola)
3– Un affettuoso abbraccio dal tuo
1i Salutami Salvemini… affettuosamente: scritto lungo il margine sinistro, ruotato di 90°.
1 Si vedano le missive precedenti e soprattutto la cartolina del 9 dicembre 1902 (cfr. Appendice - Lettere
a Barbi, G.2), nella quale Romani si rivolgeva al «Caro Tiranno» Barbi e lo informava di aver lavorato
«come una bestia» per sistemare l’articolo secondo le indicazioni ricevute da Parodi.
2 Come già detto (cfr. n. 67), il 4 dicembre, nella sala di Orsanmichele, Pascoli aveva letto la prolu-sione al nuovo ciclo di letture dantesche sul Paradiso. Il discorso, poi pubblicato con il titolo In Or San
Michele. Prolusione al Paradiso (Messina, Muglia, 1903), si rivelò un insuccesso e i commenti negativi non
tardarono ad arrivare, sia nei quotidiani, sia da parte di amici e conoscenti. Il giorno seguente, Emma Corcos (che sarà la dedicataria «Donna Gentile» del volumetto) gli scrisse garbatamente: «per me era difficile. Capii meglio la parte centrale e l’apprezzai: ma spesso non potevo seguire il concetto. Il suo pubblico era, pur troppo in maggioranza, di Signore e Signorine, le quali poco più di me potevano intenderla» (G. Pascoli, Lettere alla gentile ignota, a cura di Claudio Marabini, Milano, Rizzoli, 1972, pp. 132-133). Nel «Marzocco» del 7 dicembre 1902, un anonimo articolista commentava: «coloro che s’aspettavano un brano di lirica e di alta eloquenza, sperando dal poeta più che la sua originale inter-pretazione della Commedia, la sintesi e il fiore delle impressioni che il Paradiso ha svegliato nell’anima sua d’artista, furono alquanto delusi. Giovanni Pascoli parlò invece con solidissima e densa argomentazione della concezione teologica della Divina Commedia». Ma soprattutto, la critica più dura giunse da un «gior-nale locale», che fu ricordato anche da Pascoli nella prefazione alla prolusione: «quest’anno aperse in-degnamente la serie delle letture Giovanni Pascoli, una delle ultime vittime di Dante, ora che ha abban-donata la dolce e bella poesia di un tempo per opprimerci coi tre volumi delle sue faticose esercitazioni esegetiche» (In Or San Michele, cit., p. VII). Infine, una breve recensione di Barbi ai lavori danteschi del Pascoli comparve nel «Bullettino» di maggio-giugno 1903 (n.s. X, 8-9, pp. 252-253): il filologo definiva la prolusione «un lucido riassunto e una calorosa difesa del sistema» che Pascoli applicava all’opera dantesca e puntualizzava che, sebbene dissentisse dalle idee dell’amico, i libri avessero il merito di «ri-chiamarci in quell’ambiente scolastico e mistico, fuor del quale la parola di Dante non rivela al lettore tutto il suo significato». Cfr. in particolare Giovanni Capecchi, Gli scritti danteschi di Giovanni Pascoli, con appendice di inediti, introduzione di Marino Biondi, Ravenna, Longo, 1997, pp. 67-71; Matteo Du-rante, Pascoli insofferente interprete di Dante, Messina, Università degli Studi di Messina, Centro Internazio-nale di Studi Umanistici, 2014, pp. 191-210.
3 Nella prolusione al corso di Letteratura comparata, tenuta all’Università di Napoli il 3 dicembre 1902, Francesco Torraca ricordava fra i migliori discepoli di De Sanctis proprio i «due valorosi: Ernesto Giacomo Parodi, genovese, filologo dotto e acuto come pochi, e, al tempo stesso, interprete finissimo
EG Par
Salutami Salvemini, Restori e Soldati
4, affettuosamente.
iCASNS, Fondo Barbi, busta Parodi E.G. XXXI, 860, c. XXXVII. Cartolina postale ms., indirizzata: Al Ch. Prof.
Michele Barbi | dell’Università di | Messina. Timbro postale di partenza: Firenze […], 10.12.02; di arrivo: Messina, 12.12.02.
delle più riposte bellezze dell’arte di Dante, – Fedele Romani, un nostro modesto abruzzese, che scrive poco, ma medita molto, e, a quando a quando, dà fuori delicate analisi di personaggi, felici ricostruzioni d’episodi del poema divino». Torraca dedicò il discorso Francesco De Sanctis e la sua seconda scuola proprio alla memoria del suo maestro, che ora, dopo una trentina d’anni, si preparava a sostituire. La prolusione fu pubblicata in «La Settimana. Rassegna di lettere, arti e scienze», a. 1., n. 33, IV, 7 dicembre 1902, pp. 401-416; poi ristampata in Francesco Torraca, Per Francesco De Sanctis, Napoli, Perrella, 1910, pp. 89-117; e ora anche in Francesco De Sanctis, La giovinezza. Memorie postume seguite da testimonianze biografiche
di amici e discepoli, a cura di Gennaro Savarese, Torino, Einaudi, 1961, pp. 460-472 (la citazione è a p.
471). Torraca (Pietrapertosa, Potenza 1853 – Napoli 1938) si laureò a Napoli, dove fu allievo di De Sanctis, e iniziò a insegnare nei licei della città, dedicandosi contemporaneamente alla ricerca letteraria. Come già detto, alla fine del 1902 fu chiamato alla cattedra di Letteratura comparata a Napoli e nel 1904 sostituì Zumbini all’insegnamento di Letteratura italiana nella stessa Università. Autore di un com-mento alla Commedia ampiamente recensito da Barbi (cfr. le missive dalla n. 210 alla n. 222), il Torraca ricoprì anche incarichi istituzionali e fu per anni membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istru-zione (cfr. Nicolò Mineo, in ED, V, p. 661 e soprattutto Amedeo Benedetti, Francesco Torraca nelle lettere
agli amici letterati, in «Esperienze Letterarie», XXXIX, 1, 2014, pp. 43-74). Su Torraca e la scuola
de-sanctisiana si vedano in particolare Giancarlo Mazzacurati, La critica del Torraca e la «seconda scuola» del De
Sanctis, in Dante e l’Italia meridionale, Atti del II Congresso Nazionale di Studi Danteschi, Caserta, 10-16
ottobre 1965, Firenze, Olschki, 1966, pp. 83-103 (poi in Critici, II, 1971, pp. 1066-1079); Rossana Melis,
Fra Napoli e Firenze: i carteggi Torraca-Parodi e Croce-Parodi, in Omaggio a Gianfranco Folena, vol. 3, Padova,
Editoriale Programma, 1993, pp. 1917-1944, in part. pp. 1924-1925; e il carteggio D’Ancona-Torraca, a cura di Maria Teresa Imbriani, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2003.
4 Iniziano ad affacciarsi, nelle lettere, i nomi degli amici e dei colleghi messinesi di Barbi. Su Salve-mini e Restori, si vedano, rispettivamente, la lettera n. 45 del 17 maggio 1901 e la cartolina n. 40 del 10 marzo 1901. Su Soldati (Torino 1876-1918) si veda il volume Lettere e Ricordi. Nel I anniversario della sua
morte (XXVI Dicembre MCMXIX) (Saluzzo, Tip. Fratelli Lobetti-Bodoni, 1919), che raccoglie una
memo-ria della moglie Anna Manis; lettere inviate alla famiglia e agli amici; alcuni passi tratti dal taccuino scritto sul fronte, dal testamento e, infine, il necrologio scritto da Vittorio Cian.
70.
M.B
ARBIaE.G.P
ARODIPontedera, 16 [dicembre 1902]
C[aro] P[arodi]
Grazie di tutto. Ma quelle quattro pagine del Lisio
1? Mi sono necessarie,
e credevo fossero già composte. Se puoi, scrivi e manda in tipografia; al più presto...
Quando passi di qui? Verrei volentieri a salutarti alla stazione
2.
Il tuo M. B.
ABUF, Fondo Parodi, busta I/B/13 BARBI Michele, c. 38. Cartolina postale ms., indirizzata: Al sig. prof. E.G.
Parodi | del R. Istituto di studi superiori | Firenze. Timbro postale di partenza: Pontedera, 16.DIC.02; di
arrivo, parzialmente evanido: […], 17.12.02.
1 Cfr. le cartoline n. 63 e n. 68 del 6 e 27 novembre 1902.
2 A volte capitava che i due si incontrassero alla stazione, per un veloce saluto o per scambiarsi bozze e carte di studio nei pochi minuti di sosta del treno. Si vedano anche le missive nn. 71-74 dal 23 dicembre 1902 al 4 gennaio 1903.