data 06.04.2009, esprime alcune sue riflessioni e considerazioni sulla questione
11. La Casa Circondariale di Isernia
La Casa Circondariale di ISERNIA è dislocata in area urbana periferica, in via Ponte San Leonardo. La costruzione, progettata tra il 1950 e il 1960, è stata realizzata nei primi anni del 1970 e resa operativa nel 1975. Si presenta come struttura che necessita di opere di ristrutturazione, essendo osservabile anche dall’estero uno certo stato di decadimento.
E’ un istituto maschile.
Tribunale e Ufficio di Sorveglianza di riferimento: CAMPOBASSO UEPE di riferimento: Campobasso
Il personale di Polizia Penitenziaria in forza all’istituto nel periodo considerato dalla ricerca (comprensivo di personale distaccato e in missione), risulta essere di n. 64 unità, di cui: 1 Commissario; n. 4 “Ispettori”; n. 10 nel ruolo “Sovrintendenti”; n. 49 nel ruolo “Assistenti” e “Agenti”, a fronte di n. 36 unità previste in organico. Come riscontrato nell’istituto di Campobasso, anche nella C.C. di Isernia il totale del personale di polizia penitenziaria in forza al carcere è superiore a quello formalmente previsto. Al riguardo, tuttavia, valgono le stesse osservazioni e considerazioni espresse con riguardo all’analisi dei dati del carcere di Campobasso.
Il personale «civile» (Comparto Stato) ha in organico n. 16 unità, ma in servizio ne risultano n. 15 + n. 2 unità distaccate da altri istituti, così distribuite: n. 1 educatore, con funzioni anche di responsabile di area (profilo C2); n. 3 Contabili (di cui n. 1 C2 e n. 2 C1); n. 2 unità nel ruolo di “capo-sala”; n. 9 Collaboratori amministrativi (equamente distribuiti fra i livelli B1, B2 e B3, ); n. 1 esperto informatico (B3); n. 1 collaboratore amministrativo, con compiti di centralinista (B2). Sebbene vi sia una differenza minima (1 sola unità) tra l’organico previsto e quello effettivamente in servizio, è necessaria una lettura qualitativa dei dati numerici corrispondenti all’organico per tentare di comprendere la situazione del personale civile nella C.C. di Isernia. Innanzitutto, nel periodo interessato dalla ricerca, l’istituto è risultato privo di assegnazione della figura del direttore, carenza sopperita con direttore in missione da un istituto dell’Abruzzo. Altro nervo nevralgico è riferibile al ruolo degli educatori. Su n. 3 unità previste in
organico, ne risulta assegnata una sola, a fronte di un numero di detenuti che mediamente oscilla tra le 60 e le 70 unità (una popolazione particolarmente mobile, caratterizzata dunque da una elevata percentuale di “nuovi giunti”). I “nuovi giunti” costituiscono, in base alle rilevazioni ministeriali, la categoria di detenuti più a rischio per il compimento di atti auto-aggressivi, ed è per questo che la presenza di figure professionali specifiche, come gli educatori e gli psicologi, assume particolare importanza per poter sviluppare quell’insieme di interventi volti a migliorare l’accoglienza dei nuovi giunti dalla libertà, attenuando lo stato di disagio e di estraniamento emotivo. Proprio con riferimento alla figura dello psicologo, è emerso che l’istituto fruisce della collaborazione di un esperto in psicologia, convenzionato sulla base delle disposizioni di cui all’art. 80 dell’Ordinamento penitenziario, per n. 10 ore circa di vacazioni mensili. Tenuto conto del numero di detenuti presenti, è evidente la vacuità del rapporto numerico esistente tra utenti potenziali e monte orario assegnato allo psicologo, ed è presumibile il tipo di incidenza che un rapporto così sfavorevole possa avere sulla qualità degli interventi richiesti. Va ancora sottolineato, come già specificato nell’ambito dell’analisi svolta relativamente ai dati della C.R. di Campobasso, che gran parte del personale inserito nei profili meno elevati dell’area amministrativa non sempre è in possesso, per via dei percorsi di carriera che hanno caratterizzato talune posizioni, di tutte le competenze professionali richieste nei settori di assegnazione.
Notizie generali sulla struttura e l’organizzazione dell’istituto. La capienza dell’istituto
è di n. 60 unità, la capienza massima tollerabile è di circa 70 unità. Nel periodo della ricerca la popolazione ivi detenuta è risultata essere di n. 67 unità, al di sopra dunque della capienza ordinaria, ma nei limiti di quella ritenuta tollerabile. Il circuito detentivo destinato alla struttura è quello dei detenuti cosiddetti “comuni”, a basso indice di pericolosità.
Gli spazi comuni interni per le attività trattamentali sono ricavati da ristrutturazione avvenuta di recente e sono interamente concentrati in una specifica zona dell’Istituto denominata “Area Trattamentale”. In essa sono funzionanti i seguenti servizi e attività: biblioteca, un’aula scolastica, palestra attrezzata, laboratori artigianali, sala multimediale, cappella per le attività e le celebrazioni liturgiche (religione cattolica), sala
destinata all’effettuazione dei colloqui con gli operatori interni. Esiste inoltre una sala multifunzionale ristrutturata e attrezzata che consente la realizzazione di spettacoli teatrali e altre iniziative di tipo culturale.
Il reparto “infermeria” e “medicheria” è dichiarato inagibile, cosicché il servizio medico e infermieristico si serve di spazi adattati, altrove ricavati.
Anche la Sezione di isolamento è inagibile da diversi anni. I detenuti eventualmente destinati a un regime temporaneo di isolamento sono mantenuti all’interno delle sezioni ordinarie, pur nell’ambito delle disposizioni specifiche all’uopo determinate. Gli spazi comuni esterni comprendono n. 2 cortili destinati ai cosiddetti “passeggi” e un ulteriore spazio utilizzato per lo svolgimento di partite di calcetto.
L’offerta di lavoro intramurale comprende quasi esclusivamente mansioni di tipo domestico, per lo più “scopini”, cui i detenuti sono assegnati a rotazione. La ridotta disponibilità, in quantità e qualità, di posti di lavoro all’interno della struttura penitenziaria, e ciò vale per tutti gli istituti molisani, unitamente alle scarse risorse produttive del territorio che impediscono la realizzazione di possibili utili collegamenti tra carcere e comunità sociale, costituisce uno dei punti problematici e critici del sistema penitenziario, visto e considerato in relazione al territorio di riferimento. Nel Primo Rapporto Antigone sulle carceri italiane, i nodi identificativi e problematici della C.C. di Isernia vengono descritti nel modo che segue:
«Edificio alquanto fatiscente eccetto l’area trattamentale che è stata ristrutturata (in economia, senza passare attraverso gli organi competenti) ed in cui si è cercato di massimizzare lo spazio. Condizioni di vivibilità e di igiene soddisfacenti. Celle abbastanza spaziose. Occorrono importanti opere di ristrutturazione, condizioni di poca sicurezza esterna (contro l’evasione – tanto che può ospitare solo la bassa sicurezza), inagibilità di un’intera area (il reparto speciale). Mancano del tutto le celle per l’isolamento quindi si utilizza l’infermeria. Problemi idrici e relativi ai termosifoni.»165
Per quanto concerne l’area detentiva, nel periodo in cui si è svolta l’indagine, l’istituto disponeva di n. 2 sezioni detentive, collocate su due piani differenti, composte di n. 10 camere, ciascuna delle quali ospitava almeno 3 detenuti. Le sezioni sono dotate di una sala attrezzata di ping–pong, calciobalilla, tavoli e giochi da tavolo.
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Antigone, Osservatorio nazionale sull’esecuzione penale e le condizioni di detenzione, Primo rapporto
I colloqui con i familiari si svolgono soltanto in n. 2 giorni a settimana, il martedì e il sabato, in orario antimeridiano.
La sala colloqui, in ottemperanza alle disposizioni di legge più recenti, sono dotate di tavoli con sedie colorate a 4 posti che hanno sostituito i vecchi banconi divisori, in uso precedentemente all'emanazione del nuovo Regolamento di esecuzione, DPR n. 230/2000.
Per le informazioni sui luoghi, procedure e modalità di svolgimento dei colloqui tra detenuti e familiari si rinvia ai contenuti, in alcuni casi particolarmente esplicativi, di alcune delle interviste rilasciate dai diretti protagonisti del mondo penitenziario. Relativamente allo svolgimento dei colloqui, il Comandante del Corpo di Polizia
Penitenziaria della Casa Circondariale di Isernia, intervistato in data 08.04.2009, ha
dichiarato:
« … il primo passo per noi è verificare che i familiari o conviventi abbiano titolo ad accedere in base alle autorizzazioni necessarie che possono essere dell‟Autorità Giudiziaria o del Direttore. I controlli che effettuiamo sui familiari non sono vere e proprie perquisizioni … poi, per quanto riguarda i figli minori … insomma … prestiamo attenzione ad esempio a far cambiare un pannolino al bambino per evitare che vengano nascoste cose non consentite. Ovviamente i controlli sono svolti da personale dello stesso sesso … per i bambini le colleghe sono molto, molto attente, insomma mettiamo una particolare sensibilità nei confronti dei minori, ma non possiamo sottrarli ai controlli». All‟intervistatore che dichiara in modo quasi retorico “Qui a Isernia mi sembra manchi
una sala d’attesa”, il comandante risponde «Si, diciamo che abbiamo una piccola sala
d‟attesa ma veramente è più una zona di transito cui accedono le persone che devono essere controllate prima dell‟ingresso ai colloqui. La situazione dell‟istituto, segnalata agli organi competenti, è anche più difficile … perché … se lei vede fuori, proprio non c‟è nessun luogo dove attendere, e ciò è grave soprattutto in caso di condizioni atmosferiche avverse. Ovviamente, come ho detto, la cosa è già stata segnalata agli organi superiori …». “Per i detenuti stranieri, emergono problemi particolari?”, viene ancora domandato. La risposta è la seguente «I contatti con i figli sono limitati. Spesso capita che un detenuto ci racconti che ha saputo che il figlio ha avuto un incidente, che è all‟ospedale … e allora si creano situazioni emotive di grande difficoltà, di grande tensione per il detenuto che non può essere presente, non può effettuare colloqui. Proprio l‟altro giorno … un detenuto andava in giro con la foto del figlio che era in ospedale … però più di una telefonata in questi casi noi non possiamo assicurare». Ulteriori considerazioni provengono dall’intervista rilasciata in data 16.04.2009 da un
sovrintendete di polizia penitenziaria, donna, che da anni si occupa del “Servizio
“Attualmente i familiari in attesa di poter fruire dei colloqui attendono all’esterno del carcere?”
«Purtroppo sì, per una situazione di mancanza di spazio; speriamo che questa situazione si risolva, anche perché anche a me che sono la diretta interessata, essendo allo sportello, reclamano ogni volta, d‟estate stare sotto il sole cocente non è una situazione ideale per i bambini, per le persone anziane, non essendoci una zona all‟ombra nelle vicinanze dello sportello del rilascio colloqui e tanto più d‟inverno, considerate le intemperie, il freddo, la neve, il gelo, a volte sono costretti ad aspettare molto tempo sotto le intemperie e non è una situazione abbastanza vivibile per queste persone»;
“… molte volte penso abbia dovuto anche mediare, intervenire su situazioni inaspettate ...”
«Generalmente cerco di non farmi coinvolgere … perché questo purtroppo fa anche parte del lavoro … da tanti sentimenti, da tante emozioni, anche se nella natura umana prevalgono sempre e forse è anche un aspetto che mi caratterizza. E‟ molto difficile trovarsi nella nostra situazione, soprattutto quando alla fine dell‟ora oppure di un colloquio prolungato, occorre fare in modo che i ragazzi, i figli si stacchino magari da questo abbraccio del padre o, nel caso delle sezioni femminili, della madre, che secondo me è ancora più emozionante»;
“In questi casi vi viene richiesto, per esempio, di attendere qualche minuto in più o di prolungare un po’ il colloquio, lei come si è regolata?”
«Sicuramente, quando è stato possibile, lo dico, ho anche fatto in modo che si salutassero ulteriormente, però purtroppo devi fare anche un‟altra considerazione: a volte è capitato che alcuni genitori detenuti hanno “usato”, se mi permetti il termine, i figli anche per scambi di sostanze stupefacenti che poi abbiamo rinvenuto sulla persona detenuta e questo, almeno a me, ha fatto molto male, perché viene a cadere anche quel rapporto che durante gli anni si crea di umanità … anche nei confronti dei tossicodipendenti che comunque è un tipologia di detenuti che è un po‟ più a rischio appunto per questi scambi»
Questi episodi negativi capitano frequentemente?
«No, per fortuna no, però purtroppo abbiamo notato che in qualche caso capita».
Ed ancora, è il responsabile dell’area educativa della C.C. di Isernia che, nell’intervista dell’08.04.2009, riflette sul tema in argomento:
“Le prassi vigenti e consolidate nell’istituto in cui lavori, e che quindi hai potuto osservare direttamente, favoriscono dal tuo punto di vista il mantenimento delle relazioni familiari, specialmente con i figli?”
«Io credo che questo dipenda molto dall‟avvedutezza di chi dirige gli istituti, dalla capacità o dalla intenzione con cui tale figura intende dare risposta ad alcuni problemi, dipende anche dalle condizioni strutturali dell‟istituto … per esempio, ecco, qui da noi c‟è il grosso problema che i familiari, e quindi anche i figli minori, attendono per
l‟effettuazione dei colloqui in ambiente esterno, alle intemperie e a volte, insomma, i tempi di attesa sono estremamente lunghi, non si riesce a dare la precedenza a chi ha figli minori, perché ci sono tanti problemi anche di tipo organizzativo. Non solo, a volte dipende dalla tipologia di detenuti con cui hai a che fare, ci si può trovare di fronte anche detenuti che possono fare la differenza … insomma … ecco, bisogna tener conto di tantissimi aspetti. Del resto, qui a Isernia le relazioni familiari non possono essere favorite più di tanto perché molti detenuti non sono del posto, vengono trasferiti in questo contesto, ma provengono da regioni molto lontane da quella dove stanno espiando la pena, e questo è un impedimento oggettivo per il mantenimento delle relazioni, perché significa affrontare viaggi lunghissimi, avere difficoltà economiche nel venire a incontrare il familiare. Stiamo lavorando anche perché questo territorio possa offrire per esempio, un supporto in questo senso, una casa d‟accoglienza dove poter in qualche modo ospitare le famiglie, proprio per favorire e mantenere un minimo di contatto insomma, con i propri congiunti».
Capitolo IV
La ricerca empirica