data 06.04.2009, esprime alcune sue riflessioni e considerazioni sulla questione
13. I dati dell’ufficio UEPE
13.1 Il focus group: alcuni aspetti general
In letteratura non esiste una definizione univoca del termine “focus group” e si nota una certa alternanza tra coloro che ampliano a dismisura il suo significato e coloro che lo circoscrivono in modo eccessivo. Trattasi di una tecnica di indagine oggi molto diffusa e in parte accreditata dalla comunità scientifica. Presenta gli elementi principali che generalmente caratterizzano l’intervista sociologica, ma al tempo stesso se ne differenzia, poiché si basa sull’interazione tra i partecipanti e non su risposte che vanno dall’intervistato all’intervistatore169. Rientra tra quelle tecniche che non hanno l’obiettivo di produrre distribuzioni statistiche, bensì quello di studiare in profondità un tema oggetto di indagine170.
Il focus group si avvale della discussione di un piccolo gruppo di persone su un argomento che si desidera studiare in profondità, alla presenza di uno o più moderatori. I risultati che ne scaturiscono sono dei “testi”, da cui è possibile trarre una serie di informazioni sui “significati di gruppo” rispetto a una data questione.
Durante la discussione si attivano una serie di meccanismi cognitivi e comunicativi che vanno colti e interpretati perché possono costituire, ai fini della qualità dell’informazione prodotta, sia una potenziale risorsa che un ipotetico limite.
Il ricercatore può perseguire un obiettivo duplice: rilevare le informazioni per come esse emergono e vengono rielaborate con il concorso di tutti i soggetti coinvolti; osservare le modalità di interazione che portano alla formazione o al cambiamento della posizione dei partecipanti nei confronti del tema in discussione.
Considerati gli obiettivi del presente lavoro di ricerca, il focus group non si è prefisso l’obiettivo di studiare i processi di gruppo in quanto tali, ma di cogliere le opinioni, i
169 Brunelli C., Introduzione, in “Sociologia e Ricerca Sociale”, Anno XXIII, N. 76/77, Franco Angeli, Milano
2005, pp. 9-14
170
Acocella I., L’uso dei focus groups nella ricerca sociale: vantaggi e svantaggi, in “Quaderni di Sociologia”, Nuova Serie, Volume XLIX, n. 37 (I/2005), pp. 63-81
significati, gli atteggiamenti, i sentimenti e i valori che il gruppo delle assistenti sociali dell’ufficio UEPE di Campobasso (e non i singoli operatori) esprime nei confronti della tematica riguardante la relazione genitoriale, e la sua tutela, durante l’esecuzione di una sanzione penale. Lo scopo essenziale infatti non è la rilevazione delle risposte ma quello di stimolare il confronto e dunque di comprendere, con la successiva analisi, le norme e i significati sottesi a quelle risposte171.
Il reclutamento dei partecipanti è avvenuto tramite contatto diretto con le persone interessate, senza avvalersi dell’opera di intermediari. Tutte le assistenti sociali dell’ufficio selezionato, dopo aver ricevute le necessarie informazioni circa le finalità della ricerca e il tema in discussione, hanno espresso la propria adesione a partecipare all’iniziativa, indicando il giorno e l’ora in cui si sarebbe potuto svolgere il focus group. Poiché quando si apre il dibattito su una tematica si innesca un processo di attribuzione di senso, è bene considerare l’eventualità che i membri del gruppo possano assegnare significati differenti ai termini e alle espressioni che entrano a far parte della discussione. Questo rischio è sembrato di scarso rilievo nel contesto di che trattasi per via del fatto che tutte le assistenti sociali dell’amministrazione penitenziaria periferica del Molise, colleghe da molti anni, possiedono e si avvalgono di un codice linguistico sufficientemente condiviso e corrente.
Per autori come Morgan e Krueger, l’idea secondo cui i focus group dovrebbero essere composti da persone che non si conoscono rappresenta solamente uno dei miti che circolano in materia, a partire dal presupposto per cui, nel caso di un gruppo di persone che si conoscono già, è più difficile che emergano opinioni, punti di vista, esperienze, sia per il presumibile manifestarsi di dinamiche interpersonali dal significato frenante, sia per la tendenza a sorvolare su tutto ciò che viene dato per scontato nella loro comunicazione172. Altri autori pensano che nei casi predetti, durante la discussione di gruppo, può accadere che l’interazione favorisca l’emergere delle sole informazioni condivise, a discapito di quelle difformi che, specialmente se non particolarmente radicate e convinte, farebbero fatica a comparire. I gruppi composti da estranei presenterebbero il vantaggio di mettere i partecipanti nella condizione di esprimersi con
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Bloor M., Frankland J., Thomas M., Robson K., I focus group nella ricerca sociale, Erickson, TN 2002, p. 67
maggiore libertà e schiettezza, senza temere eventuali ripercussioni negative successive. Molti ricercatori tuttavia ammettono i vantaggi derivanti dalla discussione all’interno di gruppi preesistenti. Il fatto di conoscersi già può, per esempio, incoraggiare le singole persone a partecipare, anche se va considerato che per un gruppo preesistente l’adesione al focus group impone ai partecipanti una performance «non solo rispetto al ricercatore stesso, ma anche di fronte agli altri componenti del gruppo»173, con conseguenze incentivanti o penalizzanti.
Nella presente ricerca, l’utilità di utilizzare l’intero gruppo delle assistenti sociali UEPE è stata individuata soprattutto nel fatto che nella realtà di quell’ufficio è in uso l’abitudine di riunirsi tutti insieme, una volta la settimana, per discutere della programmazione e di eventuali imminenti impegni in vista dei quali assumere le dovute decisioni. Il focus avrebbe dunque riprodotto una modalità tipica e abituale di quel gruppo professionale attraverso cui normalmente174 «si formano le idee e si assumono le decisioni»175. Uno dei motivi che ha contribuito a rivalutare negli ultimi anni questa tecnica di indagine è rinvenibile proprio nella sua idoneità a riprodurre situazioni molto simili a quelle naturali176.
Si è inoltre considerato che i partecipanti che provengono da gruppi preesistenti possono più facilmente riferirsi, con l’aiuto di collegamenti ed associazioni mentali, a esperienze e eventi che hanno avuto modo di condividere precedentemente, riuscendo così a controllare meglio l’ansia derivante dalla situazione e dalla paura di deludere le aspettative, e facendo emergere informazioni che altrimenti verrebbero taciute. Anche il timore di essere giudicati può essere più facilmente scongiurato all’interno di un gruppo in cui ci si conosce e ci si confronta da tempo, quale è il caso del gruppo delle assistenti sociali coinvolte nella presente ricerca. Con in più il fatto di essere un gruppo omogeneo, composto da persone esperte della materia trattata, dato che la tematica posta in discussione fa parte della loro quotidianità lavorativa e coinvolge ciascuna di loro in prima persona.
173
Ibidem, p. 41
174 Di norma, il gruppo delle assistenti sociali si riunisce una volta la settimana per discutere della
programmazione e di eventuali imminenti impegni e decisioni
175
Ibidem, 40
Si è consapevoli, ovviamente, che l’artificialità dell’incontro può avere una significativa incidenza sulle modalità e sui contenuti delle interazioni che si instaurano tra i partecipanti e, di conseguenza, sul processo di costruzione delle informazioni. Per ovviare almeno in parte a questo problema, si è stabilito concordemente di organizzare e tenere l’incontro all’interno dei locali dello stesso ufficio di appartenenza, dato che, come affermato dagli esperti, nel caso ci si serva di un gruppo preesistente il luogo più indicato corrisponde alla sede naturale del gruppo in questione. Questa scelta è stata dettata anche dall’opportunità di scegliere una sede facilmente accessibile, per il raggiungimento della quale non fosse richiesta una disponibilità di tempo superiore a quella necessaria per lo svolgimento dell’incontro. Gli esperti di focus group ricordano che quale che sia la sede scelta, questa non sarà indifferente rispetto alle caratteristiche dei dati raccolti, poiché non esiste per i focus group un luogo che si possa anche lontanamente considerare una “sede neutra”. Può essere utile tuttavia che un focus group della medesima e preesistente “équipe professionale” si tenga presso la stessa sede lavorativa, possibilmente in orario di lavoro, ed è consigliabile che il ricercatore approfitti del fatto che i membri del gruppo abbiano un posto familiare in cui incontrarsi, e organizzarsi di conseguenza177.
Un altro aspetto di cui si è tenuto conto è quello del rischio di “sovraesposizione”. Normalmente con questo termine ci si riferisce a tutte le situazioni in cui i soggetti interpellati nel gruppo possono lasciarsi sfuggire troppe informazioni, oppure esprimono opinioni o raccontano esperienze rispetto alle quali potrebbero poi sentirsi molto a disagio. La natura dinamica, e per certi versi imprevedibile e nel contempo attraente dei focus group, fa sì che il ricercatore non possa mai essere completamente certo della piega che assumerà la discussione178. Si è in proposito valutato che la buona conoscenza reciproca dei partecipanti e la preesistente condivisione di esperienze e situazioni lavorative vissute da ciascuna di loro, avrebbe consentito non solo lo scambio di idee e di punti di vista ma anche il mutuo soccorso per meglio esprimere taluni concetti in caso di difficoltà.
177
Bloor M., Frankland J., Thomas M., Robson K. (2002), cit., p. 54
Per quanto concerne il grado di strutturazione della discussione, in letteratura è previsto che esso possa variare notevolmente in base a una serie di elementi che riguardano il disegno della ricerca e il livello di addestramento del moderatore. In genere i focus group meno strutturati richiedono maggiori abilità per evitare che i soggetti partecipanti sconfinino troppo dai temi posti in discussione. Una maggiore strutturazione può facilitare la focalizzazione dell’argomento da trattare e facilitare la fase dell’analisi, giacché le informazioni conseguite saranno certamente meno caotiche179.
Nel focus group realizzato presso l’ufficio UEPE, si è optato per un livello di standardizzazione che prevedesse una traccia predefinita, con domande non vincolate da un ordine necessariamente progressivo. Questa scelta avrebbe consentito, da un lato, di orientare la discussione sugli argomenti oggetto di indagine impedendo una eccessiva divagazione, dall’altro, avrebbe offerto al conduttore la possibilità di adattare le domande già prestabilite al corso effettivo della discussione, rispettando il taglio e lo sbocco che i partecipanti avrebbero deciso di dare alle loro argomentazioni. Come affermato in letteratura, si tratta di «introdurre un livello di strutturazione intermedio, che garantisca la focalizzazione sullo specifico oggetto della ricerca senza, per questo, inibire il “flusso naturale” delle interazioni che si generano nel gruppo»180. Occorre comunque tenere in conto che un certa direttività nella conduzione e una adeguata strutturazione della traccia sono necessarie quando un focus ha anche lo scopo di controllare la validità di ipotesi di partenza.
Un altro aspetto da evidenziare riguarda la registrazione audio della discussione all’interno del focus group che deve essere di qualità sufficiente per consentirne la trascrizione. Tale elemento assume particolare rilievo: ciò che distingue i focus utilizzati nell’ambito della ricerca accademica da quelli delle ricerche di mercato è innanzitutto l’analisi sistematica delle trascrizioni delle registrazioni audio.
Relativamente alla durata e all’eventuale retribuzione, va specificato che il focus group realizzato all’ufficio UEPE ha avuto la durata di circa tre ore e ha visto la partecipazione a titolo gratuito di tutte le assistenti sociali.
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Corrao S., Il focus group, Franco Angeli, Milano 2000