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I casi di disapplicazione del comma 1: l’articolo 2, comma 2,

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l'art. 2, co. 1, d.lgs. n. 81/2015, applica la disciplina del lavoro subordinato non a tutte le collaborazioni, bensì soltanto a una parte di queste e, per individuare tali rapporti, viene utilizzato un criterio diverso e non coincidente con quello previsto dall’articolo 409, n. 3, c. p. c. per riconoscere quali prestazioni siano qualificabili come collaborazioni coordinate e continuative.

Da come viene rubricata la summenzionata norma del decreto legislativo si può desumere, dunque, che le collaborazioni alle quali si applica la disciplina del lavoro subordinato siano solo quelle “organizzate” dal committente e non quelle “coordinate” da quest’ultimo; tali collaborazioni, inoltre, dovranno concretarsi in una prestazione di lavoro “esclusivamente personale” e non più “prevalentemente personale”, come richiesto, invece, dall'articolo 409, n. 3, c. p. c.

Per le collaborazioni organizzate dal committente, non aventi le caratteristiche indicate dall'art. 2, co. 1, e per tutte le eccezioni alla regola indicate in modo tassativo dal secondo comma di tale articolo,

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sarà esclusa, invece, la riconducibilità alla disciplina del lavoro subordinato. La ragione di tale esclusione non è facile da cogliere in quanto tali rapporti potrebbero presentare, di fatto, tutte le caratteristiche che giustificherebbero, ai sensi dell'art. 2, co. 1, l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato e che si concreterebbero, pertanto, in una prestazione esclusivamente personale, etero-organizzata dal committente e a carattere continuativo.74

La prima categoria di rapporti esclusi dall'applicazione della disciplina del lavoro subordinato è rappresentata dalle “collaborazioni per le

quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”.

Questa esclusione interessa importanti settori della produzione quali, ad esempio, quello dei call center, dove già da tempo sono stati stipulati, dalle confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, accordi collettivi nazionali che prevedono una disciplina riguardante sia il trattamento normativo che economico. Si noti, in proposito, che l'art. 2 comma 2, consentendo al contratto collettivo di “disapplicare” la disciplina legale del lavoro subordinato, potrebbe essere censurata di incostituzionalità se i rapporti in questione si considerano subordinati, perché consentirebbe ad un accordo economico collettivo di disporre del tipo.75 Viceversa tale censura non è prospettabile se tali rapporti vengono considerati di lavoro autonomo. Fra questi accordi collettivi possono essere ricordati quelli stipulati da alcune organizzazioni

74 G. Santoro Passarelli, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente e le

collaborazioni continuative e coordinate ex art. 409, n.3, c. p. c., WP C.S.D.L.E.

“Massimo D’Antona”. IT – 278/2015.

75 T. Treu, In tema di Jobs Act. Il riordino dei tipi contrattuali, Giornali di diritto del

lavoro e di relazioni industriali, 2015; O. Mazzotta, Lo strano caso delle

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datoriali e dalle confederazioni sindacali della Cgil, Cisl e Uil per regolare l’uso del contratto di collaborazione a progetto nel settore dei

call center organizzati in regime di outbound76 per svolgere attività diretta di vendita di beni o servizi. In questo settore, infatti, dopo le modifiche apportate nel 2012 all’art. 61, comma 1, l’uso del contratto a progetto era consentito solo in presenza di contratti collettivi che regolassero il trattamento economico dei collaboratori a progetto. Ai fini della validità dell’esclusione, andrà inoltre verificata in concreto la sussistenza di “particolari esigenze produttive ed

organizzative del settore” ed al contempo l’esistenza di un adeguato

regolamento del trattamento sia economico che normativo. Prendendo come riferimento il summenzionato settore dei call center, si può desumere che, spesso, tali particolari esigenze consistano nella crisi del settore e nel rischio che il datore di lavoro cessi l’attività o la trasferisca all’estero. Questo tipo di contrattazione produce, in genere, forme di tutela inferiori rispetto al trattamento previsto nell’ambito del lavoro subordinato, senza peraltro lasciare adeguati margini di autonomia al prestatore di lavoro.

Anche il contratto di agenzia gode di una copiosa disciplina collettiva di tutela, contenuta in numerosi accordi economici collettivi, con la conseguenza che per essi troverebbe applicazione l'esclusione prevista dal comma analizzato.77

Non si applica la disciplina del lavoro subordinato, inoltre, ad alcuni rapporti di collaborazione che già nelle precedenti riforme erano

76 La distinzione tra attività outbound e attività inbound è stata enunciata dalla Circ.

Min. Lav. 8 gennaio 2004, n. 1. Gli operatori telefonici in regime outbound sono quelli che eseguono chiamate all’esterno per contattare un gruppo determinato di utenti o destinatari. Gli operatori in regime di inbound sono invece quelli che sono chiamati a svolgere un servizio di ricezione di chiamate normalmente connesso ad un servizio che un’azienda svolge in favore della propria clientela.

77 G. Santoro Passarelli, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente e le

collaborazioni continuative e coordinate ex art. 409, n.3, c. p. c., WP C.S.D.L.E.

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esclusi dal campo di applicazione delle regole previste per il lavoro a progetto. In particolare, la disposizione dell’articolo 2, comma 1, non trova applicazione con riferimento:

“b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni

intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;”

In questo caso l’effettiva portata della norma, viene limitata a quelle collaborazioni etero-organizzate il cui contenuto concreto possa essere svolto legittimamente solo da soggetti iscritti in un apposito albo professionale e, di conseguenza, qualsiasi altra attività posta in essere dal collaboratore, che possa essere realizzata anche da un soggetto non iscritto all’albo, non legittimerebbe l’esclusione. È doveroso inoltre osservare che “il riferimento attuale appare dinamico, ovvero in grado

di poter ricomprendere tutte quelle professioni intellettuali per le quali anche in futuro verrà prescritto l’obbligo di iscrizione in appositi albi, in quanto il nuovo criterio risulta ricollegato allo svolgimento in via esclusiva di una o più attività senza collegamenti temporali alla situazione ordinistica esistente al momento della entrata in vigore della norma”78, rendendo, quindi, tale criterio applicabile anche in

futuro ad ogni professione intellettuale che, per essere esercitata legittimamente, necessiterà dell’iscrizione ad un albo professionale.

“c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai

componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;”

Per questi soggetti l’esclusione non opera in funzione della loro qualifica soggettiva, ma solo per “l’esercizio della loro funzione”, ovvero in relazione a quelle attività tipiche e riconducibili alla funzione in concreto espletata. Non opererebbe quindi l’esclusione nei

78 G. Bubola, D, Venturi, La parasubordinazione non etero-organizzata dopo il Jobs

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casi in cui i soggetti in questione svolgessero altre attività qualificabili ai sensi dell’art. 2 comma 1.

Le ultime due ipotesi in cui, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, non trova applicazione il comma 1 del medesimo articolo, sono i casi in cui si faccia riferimento:

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367.79”

Il comma 4 del medesimo articolo stabilisce una ulteriore eccezione, rispetto a quelle appena analizzate, per quanto riguarda la disciplina da applicare alle Pubbliche Amministrazioni, stabilendo che “fino al

completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1.” Vediamo dunque quali sono i tratti distintivi delle collaborazioni organizzate dal committente prese in considerazione dal d.lgs. n. 81/2015.

79 Lettera aggiunta dall’ art. 24, comma 3-quater, lett. d), D.L. 24 giugno 2016, n. 113,

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3.7. Le diverse teorie sulla disciplina da applicare alle