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La differenza tra prestazione di lavoro autonomo e prestazione

Occorre, a questo punto, tentare di stabilire un discriminante che separi la prestazione organizzata dal committente dalle altre prestazioni

94 Il D.Lgs. 66/2003, recependo le Direttive comunitarie 93/104/CE e 2000/34/CE, ha

introdotto una regolamentazione quadro in materia di orario di lavoro e altre importanti questioni ad esso connesse.

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autonome e, in particolare, occorre tracciare l’esile confine che separa il coordinamento, proprio della collaborazioni coordinate e continuative e, quindi, proprio dell'autonomia, dalla etero- organizzazione compatibile con quanto stabilito dall’art. 2, co. 1, d.lgs. n. 81/2015, con il conseguente richiamo alla disciplina della subordinazione.95 Parlando, innanzi tutto, delle forme di “prestazione d’opera” che conoscono elementi di intromissione del committente nella sfera del collaboratore, il criterio discretivo deve essere rinvenuto nel diverso grado di autonomia delle parti. Nei rapporti autonomi, infatti, le direttive sono finalizzate e predeterminate in funzione del risultato, senza rilevare o incidere direttamente sull'attività e sul comportamento in sé dell'esecutore, ossia senza incidere sulla sua autonomia.

In merito all’argomento si è avuto, di recente, un tentativo di precisazione del legislatore con l’articolo 13 della bozza preliminare del d. d. l. collegato alla Legge di Stabilità del 2016, che integra la nozione di lavoro coordinato di cui all’art. 409, n. 3, c. p. c. e precisa che esso sussiste quando “nel rispetto delle modalità di coordinamento

stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente la propria attività lavorativa”.

Questa formulazione dell’art. 409 c. p. c. aiuta a comprendere il diverso oggetto dell’art. 2, co. 1, d.lgs. n. 81 del 2015; ai sensi di quest’ultima norma, infatti, l’organizzazione da parte del committente del tempo e del luogo dell’attività lavorativa è incompatibile con la determinazione consensuale – frutto quindi di un accordo tra collaboratore e committente – di quelle stesse modalità ed esclude, pertanto, l’autonomia della prestazione. Inoltre, secondo la nuova disposizione, in assenza di accordo sulle modalità di coordinamento, la

95 A. Perulli, Il lavoro autonomo le collaborazioni coordinate e le prestazioni

organizzate dal committente, WP, C.S.D.L.E., “Massimo D’Antona”.IT – 272/2015,

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prestazione del collaboratore non potrà ritenersi coordinata e dovrà considerarsi o del tutto autonoma, o riconducibile alla disciplina della subordinazione, poiché integrerebbe la etero-organizzazione.

Bisogna rilevare, dunque, che l'art. 2 comma 1 del decreto, richiamando la tecnica dell'art. 409 n. 3 c. p. c. , sembra individuare una categoria di rapporti che difficilmente possono dirsi autonomi, perché l'organizzazione del tempo e del luogo di lavoro da parte del committente e l'esecuzione esclusivamente personale della prestazione del collaboratore, richiamano alla mente alcuni degli indici proposti dalla giurisprudenza per qualificare come subordinati, in via sussidiaria rispetto al potere direttivo, i rapporti in questione e, perciò, ad essi si applica la disciplina del lavoro subordinato.96

Altra parte della dottrina 97 ha sostenuto che la distinzione tra prestazioni organizzate e prestazioni coordinate, debba essere rintracciata nella diversa presenza e nel diverso atteggiarsi della struttura del rapporto obbligatorio. Nella dottrina sulla parasubordinazione “classica” – riferita cioè alle collaborazioni coordinate e continuative ed in seguito al lavoro a progetto – infatti, il coordinamento esprimerebbe una sorta di assoggettamento debole alla direzione del creditore della prestazione, concettualmente distinto dal coordinamento spaziale e temporale, indice di un assoggettamento più intenso ed elemento tipico della fattispecie di subordinazione.

Sempre secondo tale teoria, l'innovazione del lavoro organizzato dal committente consente di proporre una rilettura del requisito del coordinamento, in quanto le collaborazioni coordinate e continuative ex. art. 409, n. 3, c. p. c., al fine di distinguersi dalle collaborazioni

96 G. Santoro Passarelli, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente e le

collaborazioni continuative e coordinate ex art. 409, n.3, c.p.c, WP C.S.D.L.E.

“Massimo D’Antona”.IT – 278/2015, p. 18.

97 A. Perulli, Il lavoro autonomo le collaborazioni coordinate e le prestazioni

organizzate dal committente, WP, C.S.D.L.E., “Massimo D’Antona”.IT – 272/2015, p.

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etero-organizzate, dovranno essere caratterizzate da rigorosi requisiti di autonomia, responsabilità e assunzione del rischio. Così facendo, dunque, l'elemento discretivo risiederebbe nel fatto che la prestazione organizzata dal committente soggiace comunque ad un potere che è diverso da quello direttivo dell'art. 2094 c.c., ma riconduce comunque ad una nozione di potere giuridico tale per cui il committente può incidere sia sulle modalità organizzative sia sui tempi e sul luogo.

Diversa è la situazione ex art. 409, n. 3, c. p. c., il quale rimane, leggendolo alla luce dell’art. 2, co. 1, saldamente ancorato a fattispecie di lavoro autonomo e, quindi, la coordinazione della prestazione non dovrà interferire con la piena autonomia organizzativa del committente circa modalità di esecuzione, tempi e luogo dell’esecuzione. Il coordinamento, in questo caso, non sarebbe dunque né un potere direttivo né un potere organizzativo, bensì un mezzo di collegamento tra attività svolta dal creditore e prestazione oggetto dell’accordo tra committente e collaboratore.

Un ulteriore elemento distintivo tra coordinamento e etero- organizzazione può essere inoltre rintracciato dal punto di vista pratico; se da un lato, infatti, il coordinamento opera in una dimensione contrattuale, soprattutto individuale, fra creditore e debitore della prestazione d'opera che interagiscono affinché il risultato finale del lavoro sia funzionalmente integrabile nell'organizzazione del creditore, dall’altro lato il potere di organizzazione, pur traendo origine da un contratto individuale, si esprime essenzialmente in una dimensione collettiva, ossia attraverso l'organizzazione dell'impresa. 98 Quest’ultimo criterio non costituirebbe, dunque, una novità, ma andrebbe a sottolineare l'essenza del potere direttivo che non si concreterebbe, quindi, solo e necessariamente nella direzione puntuale

98 O. Razzolini, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente.

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e costante della singola prestazione, ma, più in generale, nell'organizzazione globale della stessa.

Come spesso accade, però, se sul piano concettuale sembra agevole distinguere il lavoro organizzato dal committente dal lavoro coordinato, non si può fare a meno di sottolineare che, nel concreto svolgimento del rapporto, anche la linea di confine tra etero-organizzazione e coordinazione può non risultare agevole, perché il concetto di organizzazione di per sé è molto generico mentre, ove sia caratterizzato, come nell’art. 2, comma 1, dal riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, si avvicina molto al concetto di etero-direzione99.

3.12. La differenza tra prestazione di lavoro subordinato e