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Casi totali di dermoidi riscontrati.

ECTROPION BILATERALE

Tab 4.8 Casi totali di dermoidi riscontrati.

Come riportato dalla Tab 4.4 i pazienti affetti da questa rara tipologia di disturbo palpebrale, sono:

- 1 Setter Inglese - 1 Schnautzer

entrambi di sesso maschile, giunti in ambulatorio per una prima visita all’età di 3 mesi e 12 mesi rispettivamente.

Nei 2 casi, risultano coinvolti gli annessi oculari di sinistra. Nel Setter Inglese l’anomalia palpebrale si manifesta con difetti multipli.

Solo questo paziente è stato sottoposto a correzione chirurgica 190 giorni successivi alla 1°visita ambulatoriale (in quanto giovane).

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4.4 DISCUSSIONE

L’84% dei pazienti è risultato affetto da disturbi palpebrali chirurgici, contro il 16% di quelli che presentavano affezioni palpebrali di natura infiammatoria o neuropatica. Questo dato sostiene l’importanza della chirurgia palpebrale, valorizzando la conoscenza delle diverse tecniche chirurgiche, che spesso rappresentano l’unica terapia risolutiva per il paziente. È importante tuttavia ponderare ogni aspetto clinico o anatomico, correlandolo al disturbo palpebrale che s’intende operare, al fine di minimizzare i rischi e le possibili complicazioni postoperatorie.

In questo studio, il 79% dei soggetti ha riportato singole patologie palpebrali, mentre il 21% ha mostrato almeno due differenti alterazioni palpebrali concomitanti.

Complessivamente sono state diagnosticate 170 affezioni palpebrali, rappresentate nel 30% da neoformazioni palpebrali, seguite dall’entropion nel 29% dei casi, distichiasi nel 17%, trichiasi 16%, e in percentuali ridotte ectropion (5%), ciglia ectopiche (2%) e dermoidi (1%).

In questo studio i cani affetti da neoformazioni palpebrali sono stati 51, prevalentemente meticci, con età media di 10 anni. Per le masse trattate chirurgicamente si conta il 70% di neoplasie palpebrali benigne (epiteliomi/adenomi sebacei).

L’epitelioma/adenoma della ghiandola di Meibomio è un tipo di lesione che prevalentemente è stata riscontrata a livello delle palpebre superiori rispetto le inferiori (9 vs 5), dato probabilmente giustificato dalla maggiore distribuzione delle ghiandole tarsali a livello di queste strutture. Al momento della 1°visita in ambulatorio, i pazienti hanno mostrato segni clinici più o meno evidenti, correlati alle dimensioni della massa palpebrale, ed al possibile sfregamento sulla superficie corneale. Alcune neoplasie hanno presentato inoltre superfici più o meno ulcerate ed alcune lesioni da sfregamento o autotraumatismi, che rendono la lesione suscettibile a possibili infezioni batteriche secondarie.

Per gli 11 casi di neoformazioni palpebrali di dimensioni relativamente maggiori (fino a 1/3 del margine palpebrale) è stata eseguita l’incisione house-shaped della palpebra comprendente il margine, effettuata un’emostasi diretta con garze e tamponi quadrati sterili, o in base alle necessità, con elettrocauterio a bassa temperatura, ed eseguita una sutura monostrato con punto a 8 e punti semplici aggiuntivi di rinforzo, tutti in Vicryl® 6-0. Altre 11 masse palpebrali, di dimensioni ancora più ridotte (<25% della lunghezza del margine palpebrale), sono state rimosse mediante semplice exeresi a cuneo (che differentemente da una tecnica house-shaped offre minore disponibilità di tessuto per l’esecuzione della sintesi chirurgica), eseguendo sempre una sutura giustapponente a 8.

75 In 3 casi clinici l’exeresi della neoformazione palpebrale è stata seguita da applicazioni crioterapiche sul letto di escissione chirurgica, con due cicli da 30 sec. Infine in 4 casi la crioterapia è stata effettuata come trattamento unico con applicazione doppia di 60 e 45 sec, seguita da fasi lente di scongelamento spontaneo. Inoltre la criochirurgia è stata effettuata, in due sedute, per lesioni multiple di minori dimensioni in un soggetto a rischio anestesiologico, per il quali è stata effettuata un’anestesia locale, incorrendo però in complicanze intraoperatorie (quali distaccamento parziale delle masse, sanguinamenti ed applicazioni interrotte), data la scarsa collaborazione del paziente.

Per le varie chirurgie eseguite, il tempo di follow-up varia da 6 a 456 giorni successivi alla chirurgia; tuttavia pochi pazienti sono stati riesaminati dopo l’intervento chirurgico, ma tutti i cani sottoposti ai successivi controlli ambulatoriali non hanno mostrato segni di recidiva. Durante i controlli è stata esclusa l’eventuale presenza di gonfiore persistente (normalmente presente invece nell’immediato periodo postoperatorio), o di disallineamento del margine palpebrale per i soggetti sottoposti alle tecniche chirurgiche escissionali (house-shaped e cuneo). Relativamente al trattamento crioterapico è stato invece rilevato un transitorio edema palpebrale (sempre risolto entro le prime 48h successive al trattamento) e una leggera depigmentazione del margine palpebrale.

Due soli pazienti hanno effettuato un controllo preoperatorio, e la maggioranza dei soggetti ha subito l’operazione solo dopo una prima visita. Escluse alcune eccezioni, l’intervallo di tempo trascorso dalla prima visita ambulatoriale all’intervento chirurgico è di circa 14 giorni, e la correzione chirurgica del difetto palpebrale ha richiesto sempre tecniche house-shaped, exeresi a cuneo o trattamenti crioterapici, in quanto le masse palpebrali si sono mantenute con una dimensione massima pari a 1/3 della lunghezza palpebrale nell’arco di tempo trascorso.

Relativamente ai 29 pazienti non sottoposti a trattamento chirurgico, per 22 pazienti è stato consigliato il trattamento chirurgico, un paziente colpito da mastocitoma è stato trattato mediante radioterapia, e in un altro paziente la massa palpebrale è stata rimossa in occasione dell’enucleazione del globo oculare. Infine in 5 cani era da monitorare l’evoluzione della neoplasia, in occasione di alcuni controlli, e di questi in 3 pazienti le neoformazioni sono rimaste stazionarie fino a 112, 830 e 867 giorni dalla 1°visita.

In accordo con la letteratura, col presente studio, le neoformazioni palpebrali si mostrano reperti piuttosto comuni nei cani anziani, a localizzazione prevalentemente superiore (Gelatt, 2013; Stades, 2000). Sebbene siano lesioni a carattere prevalentemente benigno, è importante sottoporre a controlli periodici i soggetti geriatrici.

Di ogni intervento chirurgico vanno sempre valutate le possibili complicazioni postoperatorie. Ad esempio, per le neoformazioni localizzate in prossimità dei canti palpebrali, la sintesi chirurgica per la ricostruzione dell’angolo va eseguita ponendo

76 estrema attenzione nella giustapposizione dei margini palpebrali, ed è probabile che nel postoperatorio la fessura palpebrale possa mostrarsi ridotta rispetto l’occhio controlaterale. La giustapposizione dei margini è un fattore fondamentale condizionante il successo della correzione chirurgica, sia dal punto di vista estetico, ma soprattutto dal punto di vista funzionale, poiché un margine distorto determina un certo grado di disagio oculare, e soprattutto altera l’ammiccamento e quindi la normale distribuzione del film lacrimale.

In letteratura vengono descritte tecniche maggiormente invasive dai lembi di scorrimento, sino a blefaroplastiche ricostruttive, ma in questo studio sono state eseguite sempre tecniche conservative, che hanno confermata l’efficacia del trattamento (Aquino, 2007; Hamilton et al, 1999; Slatter et al., 2005). Per le stesse, viene inoltre riportata come scelta opzionale le possibilità di eseguire la sintesi della ferita chirurgica con tecnica a doppio strato, che coinvolge lo strato tarso-congiuntivale nel piano profondo, e lo strato cute orbicolare in quello superficiale. Nel presente studio invece, in tutti i pazienti sottoposti ad exeresi chirurgica della massa, la sintesi del difetto è stata eseguita con sutura monostrato, evitando possibili complicazioni associate alla presenza del filo nello strato congiuntivale. L’utilizzo di un filo riassorbibile, ma di buona tenuta come il Vicryl® ha inoltre evitato al paziente un ulteriore controllo per la rimozione dei punti di sutura, e garantito in ogni caso una perfetta cicatrizzazione.

Come riportato in letteratura, con l’utilizzo di tecniche conservative escissionali o crioterapiche, la possibilità di recidiva è correlata rispettivamente ad un’asportazione incompleta della neoplasia palpebrale e ad un congelamento insufficiente (Birchard, 2009; Slatter et al., 2005). Tuttavia il rispetto dei margini d’incisione chirurgica, e dei tempi di congelamento, hanno garantito in tutti i pazienti trattati l’assenza di recidive della patologia.

L’entropion è, per frequenza, il secondo disturbo palpebrale riscontrato in questo studio. I pazienti esaminati riportano un’età media di 3 anni, con un minimo di 38 giorni di vita ad un’età massima di 12 anni. L’inversione del margine palpebrale è stata maggiormente riscontata come difetto anatomico nelle razze predisposte (Shar Pei, Carlino, Bulldog Inglese, Corso, Alano) ed ogni razza mostra, con una certa costanza, una localizzazione pressoché standardizzata del difetto palpebrale. I 9 Shar Pei esaminati ad esempio sono stati tra i pazienti più rappresentativi l’entropion superiore associato a trichiasi, per via dell’abbondante accumulo dermico di mucina che garantisce lo scivolamento delle pliche cutanee, la quali per gravità gravano sulle palpebre superiori fino a causarne l’inversione del margine. Per questi soggetti, la blefaroplastica di Stades (o della granulazione forzata) si mostra la più efficace, poiché lasciando cicatrizzare la ferita chirurgica per seconda

77 intenzione, crea un tessuto cicatriziale spesso e resistente, che impedisce un ulteriore slittamento verso il basso della cute palpebrale.

Per ogni tecnica chirurgica, è stata stimata preventivamente l’ampiezza del difetto, poiché una correzione eccessiva esita spesso in un ectropion iatrogeno cicatriziale. È stata valutata la presenza di lesioni corneali secondarie e gravità delle manifestazioni cliniche (epifora, blefarospasmo), che in aggravano l’entropion con un meccanismo a circolo vizioso. In alcuni pazienti è stata riscontrata la presenza di lesioni corneali di grado variabile dall’edema ai granulomi corneali. Diciassette sono i pazienti sottoposti a trattamento chirurgico e 18 sono nel totale le procedure effettuate.

Per la metodica secondo Stades 8/8 casi (100%) hanno corretto efficacemente il difetto palpebrale. È stata eseguita l’exeresi di una semiluna cutanea dalla palpebra superiore, con una prima incisione molto vicina al margine libero palpebrale, ed una sintesi chirurgica parziale, che ha lasciato cicatrizzare la ferita chirurgica per seconda intenzione, eseguita con punti semplici staccati di avvicinamento rafforzati da una sutura continua semplice in Vicryl® (4-0/6-0). Si tratta quindi di una tecnica più cruenta ma differentemente dal tacking palpebrale provvisorio, risulta l’unico trattamento efficace per la risoluzione dell’entropion/trichiasi delle palpebre superiori. Tuttavia il “sopracciglio da clown” in alcuni casi impressiona i proprietari, a tal punto che ad alcuni cani visitati in ambulatorio non è stato possibile eseguire l’intervento. La ferita chirurgica forzata alla granulazione va preservata da possibili lesioni ed autotraumatismi nel periodo postoperatorio, le quali potrebbero compromettere l’esito del trattamento chirurgico, e vanno sempre somministrati al paziente FANS ed antibiotici locali e sistemici. Per i pazienti trattati secondo tecnica di Stades, il tempo di follow-up postoperatorio variava dai 7 ai 62 giorni successivi alla chirurgia, confermando in tutti i casi la riuscita del trattamento.

Nei soggetti trattati con tacking palpebrale, eseguito in 5 interventi (3 superiori bilaterali + 1 inferiore bilaterale + 1 inferiore sx), figurano 3 cuccioli di Shar Pei (tacking superiore bilaterale) e 1 cucciolo di Labrador (tacking inferiore bilaterale) per i quali non è stato fattibile eseguire un’anestesia totale, ed infine in un paziente adulto (Meticcio con tacking inferiore sx), nel quale è insorto un entropion spastico intermittente. Per i pazienti trattati con la tecnica dei punti palpebrali provvisori, il follow-up si è svolto dai 7 ai 43 giorni. Il tacking inferiore eseguito nel Labrador è stato risolutivo, ma il trattamento nei cuccioli di Shar Pei si è mostrato inefficace, e pertanto sostituito, una volta raggiunta l’età adulta, dalla blefaroplastica di Stades bilaterale.

La chirurgia di Hotz-Celsus + cuneo laterale è stata praticata nei cani in cui l’inversione del margine inferiore palpebrale era correlato ad un eccessiva lunghezza palpebrale, per un totale di 5 trattamenti (2 bilaterali + 3 monolaterali destre) eseguiti nel Beagle, Golden,

78 Bulldog Inglese, Corso, Meticcio. Per i pazienti sottoposti alla correzione dell’entropion inferiore mediante questa tecnica, i vari controlli effettuati nel follow-up postoperatorio si susseguono in tempi variabili dagli 8 ai 139 giorni, anche se non tutti i pazienti hanno effettuato la visita di controllo. In un caso solo nei successivi 14 e 28 giorni di follow-up, è rimasto un certo grado di disagio oculare, associato ad erosione corneale, manifestato con blefarospasmo di tipo intermittente. Grazie alla terapia farmacologia ed alla applicazione di una lente a contatto, si è ottenuta la risoluzione completa del difetto palpebrale.

I Bulldog Inglesi e i Carlini hanno mostrano invece un entropion inferiore mediale, coinvolgente spesso il canto, facilitato dalla presenza di pliche nasali pronunciate. Tuttavia la selezione di particolari standard di razza impone tali caratteristiche conformazionali a questi soggetti, i quali possono manifestare disturbi oculari già durante i primi mesi di vita.

Infine per i soggetti che hanno riportato un entropion monolaterale, il 90% è rappresentato da un entropion inferiore laterale, giustificato da una più spiccata instabilità del canto laterale, maggiormente suscettibile all’attività contrattile della muscolatura palpebrale. Solo 1 paziente ha mostrato un entropion monolaterale superiore, associato a macroblefaro.

Come riportato in letteratura, le tecniche più frequentemente utilizzate nella correzione dell’entropion, e di più facile esecuzione, sono rappresentate dalla tecnica Hotz-Celsus, e dal tacking palpebrale (Gelatt, 2013; Johnson et al., 1988; Lenarduzzi, 1983 Slatter, 2005). Tuttavia nel nostro studio, la tecnica chirurgica più eseguita è stata la blefaroplastica di Stades bilaterale, a testimonianza che l’entropion è stato maggiormente riscontrato come difetto delle palpebre superiori tipico di alcune razze, per le quali il tacking si mostra inefficace. Alcuni pazienti (Shar Pei) da noi operati secondo Stades hanno eseguito precedentemente il tacking palpebrale, anche presso altre strutture. Pertanto per la terapia dell’entropion superiore, confrontando le due diverse tecniche, la prognosi resta favorevole solo in relazione ad una blefaroplastica di Stades.

Sebbene la semplice tecnica Hotz-Celsus sia descritta come la procedura più eseguita per la correzione dell’entropion inferiore, i pazienti inclusi in questo studio sono stati sottoposti solamente alla tecnica Hotz-Celsus con resezione a cuneo laterale, in quanto il difetto si associa a macroblefaria nella quasi totalità dei casi.

I soggetti affetti da ectropion (Tab 4.4) hanno riportato un’età variabile dai 3 mesi di vita ai 12 anni, poiché essendo un difetto palpebrale tipico di alcune razze, è possibile già riscontrarlo in soggetti giovani, i quali andrebbero seguiti durante la crescita, per assicurarsi che il difetto scompaia o si attenui una volta raggiunto il completo sviluppo

79 cranio-facciale. In questo studio, l’ectropion ha coinvolto nel 100% dei casi le palpebre inferiori mostrandosi bilaterale in 8 cani su 9. Sono quasi tutti difetti conformazionali legati alla predisposizione delle razze, e soltanto 2 pazienti hanno mostrano un ectropion bilaterale di origine cicatriziale, come esito di un intervento precedente effettuato in altra sede per la risoluzione dell’entropion (Cocker Spaniel e Alano), e pertanto derivato sempre da un difetto palpebrale bilaterale.

L’ectropion iatrogeno viene descritto come una presentazione clinica rara nel cane, ma dei 9 pazienti visitati, 3 hanno mostrato un difetto di origine cicatriziale (Stades et al., 2000). Dei 9 casi clinici esaminati in ambulatorio, è stato riportato un solo ectropion monolaterale destro, di origine iatrogena, nell’unico paziente meticcio (come tale meno predisposto all’eversione palpebrale). Il paziente è stato trattato precedentemente in altra sede, pertanto non è possibile stabilire correttamente se l’eccessiva correzione dell’entropion, che ha determinato l’eversione del margine palpebrale, sia stata scaturita da uno spasmo conseguente a disagio oculare, o da un difetto conformazionale (per es. OPF).

Per 2 soggetti in particolare, è stata consigliata l’esecuzione di una blefaroplastica correttiva, poiché caratterizzati da difetti palpebrali di grado maggiore. Tuttavia ben 7 casi su 9 sono stati persi al primo follow-up.

In letteratura sono descritte numerose tecniche correttive per la terapia dell’ectropion, ma sul totale di 9 casi soltanto un paziente (Cocker Spaniel di 7 anni) è stato trattato chirurgicamente mediante procedura di Blaskovic bilaterale, per la correzione dell’ectropion cicatriziale di grado moderato, la quale ha permesso di rimuovere il tessuto cicatriziale, ridurre l’ampiezza delle palpebre inferiori e ristabilire quindi una corretta posizione palpebrale (Gelatt & Gelatt, 2011; Slatter, 2005). Per eseguire la tecnica, è stata praticata un’incisione della cute palpebrale inferiore a 2,5 mm dal margine, fino oltre 1 cm dal canto laterale, preparando il flap cutaneo e rimuovendo una porzione del margine palpebrale di circa 1 cm; successivamente il flap è stato trasposto lateralmente e suturato con Vicryl® 6-0. L’intervento è stato eseguito a 249 giorni di distanza dalla prima visita eseguita in ambulatorio. Il tempo di follow-up postoperatorio del paziente, dai 35 ai 690 giorni successivi al trattamento ha permesso di confermare l’efficacia del trattamento, risolvendo inoltre l’iperemia congiuntivale da esposizione, legata all’aumento del tasso di evaporazione del film lacrimale.

Sebbene l’ectropion in alcune razze sia manifesto in età precoce, un’età media di 6 anni circa, unitamente allo scarso numero di casi clinici, testimonia come questo difetto sia il più delle volte una caratteristica estetica di razza auspicata da allevatori e proprietari, svalutando i potenziali rischi secondari, legata all’eccessiva esposizione congiuntivale. In questo studio infatti sono stati sottoposti alla visita soggetti affetti da un difetto grave,

80 responsabile di una sintomatologia clinica evidente, che richiedeva pertanto una correzione chirurgica.

La distichiasi è una patologia non infrequente nei cani, riscontrabile già in soggetti molto giovani (3 mesi) soprattutto nelle razze predisposte confermate nello studio (Cocker Spaniel, Bulldog Inglesi). I pazienti colpiti da questa patologia palpebrale sono tra i pazienti più giovani visitati in ambulatorio, caratterizzati da un’età media di 2 anni circa, con un minimo di 3 mesi ed un massimo di 7 anni di età.

I pazienti sottoposti a trattamento chirurgico sono stati 2, eseguendo nel totale 2 criochirurgie, 1 elettroepilazione, 1 eversione del margine palpebrale inferiore. Il trattamento crioterapico, o chirurgico mediante eversione del margine palpebrale, si è mostrato risolutivo nei soggetti in cui la rimozione meccanica è stata eseguita in tempi piuttosto ravvicinati, anche in un paziente (American Staffordshire) in cui persino l’elettroepilazione non ha risolto definitivamente il disturbo palpebrale. In questo paziente infatti la rimozione delle distichie è stata ripetuta in 11 sedute totali (10 rimozioni meccaniche + 1 elettroepilazione) ad una distanza media di 35 giorni, prima di risolvere definitivamente la patologia, mediante l’eversione chirurgica bilaterale del margine palpebrale inferiore.

La patologia ha una prognosi generalmente favorevole se trattata adeguatamente. Per la terapia della distichiasi, in letteratura sono riportate diverse tecniche, dalla Hotz-Celsus modificata alla resezione parziale del piatto tarsale ormai sostituita dalla crioepilazione Gelatt, 2013; Slatter et al., 2005). Nel nostro studio, la gestione e la scelta del trattamento sono state pertanto condizionate dall’età del paziente, dal grado delle manifestazioni cliniche correlate, e dalla scelta del proprietario. In alcuni casi, in pazienti adulti, privi di concomitanti disturbi palpebrali, la rimozione meccanica è servita a scopo diagnostico, per attribuire alle distichie le manifestazione cliniche di disagio oculare.

Nei soggetti adulti asintomatici, le distichie non sono state rimosse, poiché la rimozione meccanica avrebbe condizionato la loro successiva ricrescita, conferendo ai peli una maggiore rigidità strutturale, e rendendoli pertanto potenzialmente traumatici per le superfici corneo-congiuntivali. Per la distichiasi, il trattamento è stato consigliato invece nei pazienti adulti sintomatologici. Nonostante il trattamento crioterapico, sia stato raccomandato nella maggior parte dei soggetti, buona parte dei proprietari hanno optato, per vari motivi (economici, anestesiologici in soggetti anziani, ecc..), per la rimozione meccanica periodica, imparando ad eseguirla autonomamente.

Infine negli animali giovani, sono stati raccomandati controlli periodici, al fine di stabilire se la patologia sia sintomatologica o meno, e in altri affetti da distichiasi multipla, applicate momentaneamente delle lenti a contatto in previsione della crioterapia.

81 La trichiasi è stata maggiormente riscontrata in Shar Pei e Alani come difetto palpebrale superiore associato ad entropion, e in Carlini e Shih Tzu coinvolgente il canto mediale. L’età media dei pazienti riportanti trichiasi non associata ad altri difetti palpebrali, è di 5 anni circa, e la patologia si è mostrata a carattere esclusivamente bilaterale, in quanto condizionato dalle caratteristiche fenotipiche di razza. I segni clinici erano correlati al grado della patologia, caratterizzati da lesioni corneali più o meno gravi. In 16 pazienti tale patologia ha interessato le palpebre superiori, associandosi il più delle volte ad entropion, come riportato nei 7 Shar Pei e 3 Alani. La trichiasi ha coinvolto invece il canto mediale come dimostrato nei Carlini e negli Shih Tzu. Infine una trichiasi associata a prominenti pliche nasali è stata riscontrata, oltre che in un Carlino, nel Pechinese. Quest’ultimo è stato sottoposto a trattamento chirurgico mediante exeresi delle pliche nasali, mentre in relazione al tacking ed alle 7 blefaroplastiche di Stades si rimanda a quanto discusso precedentemente sull’entropion. In tutti i casi trattati i successivi controlli postoperatori hanno confermato il successo della chirurgia.

Come riportato in letteratura, per la trichiasi la maggior parte delle correzioni chirurgiche sono rappresentate dalla cantoplastica mediale, maggiormente eseguita nelle razze brachicefaliche (Stades et al., 2000). Nel nostro studio invece nessun paziente è stato sottoposto a questa tipologia di trattamento, in quanto spesso la patologia non viene ritenuta tale dai proprietari degli animali. Non essendo considerata un’urgenza chirurgica, la trichiasi viene spesso trascurata, e in molti soggetti affetti la cornea può risultare irreversibilmente compromessa.

In questo studio, i pazienti affetti da ciglia ectopiche sono stati 3, di 10 mesi, uno e 6 anni, dei quali un caso clinico (Dogue de Bordeaux) risulta inoltre colpito da distichiasi bilaterale. Nessuna recidiva è stata osservata nei casi descritti, sia dopo trattamento escissionale con punch da biopsia e forbici, sia dopo trattamento crioterapico, risolvendo

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