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3.1 DERMOIDI DISPLASIA PALPEBRALE

3.3.5 INNESTI LIBER

Queste metodiche si utilizzano in casi molto limitati per la riparazione dell’ectropion iatrogeno. Secondo questa tecnica, la pelle viene incisa circa 2,5 millimetri dal margine palpebrale inferiore. La ferita chirurgica viene perfezionata utilizzando da forbici tenotomia, e si rimuove il tessuto cicatriziale. La perdita di sostanza viene colmata da innesti cutanei provenienti soprattutto dalla palpebra superiore o eventualmente da altre parti del corpo, preferibilmente con le stesse caratteristiche strutturali, e con peli di uguale colore e direzione. Le ferite vengono apposte da suture semplici, interrotte, utilizzando filo monofilamento 6-0.

I risultati definitivi possono essere giudicati solamente dopo la completa retrazione cicatriziale (6-8 settimane). Per prevenire eventuali complicanze postoperatorie, si esegue una tarsoraffia temporanea per 10-14 giorni (Gelatt, 2013).

3.4 DISTICHIASI

La distichiasi è una condizione patologica caratterizzata dalla crescita di alcuni peli che originano dalle ghiandole di Meibomio, e una volta emersi dai dotti ghiandolari, entrano in contatto con l’epitelio corneale. Le manifestazioni cliniche includono blefarospasmo con ammiccamenti frequenti, epifora e lesioni corneali più o meno gravi (neovascolarizzazione, pigmentazione e ulcere). È un difetto più facilmente riscontrabile nelle razze Cocker Spaniel, Bulldog Inglese, Boxer, Shih Tzu, Golden Retriever, Yorkshire e Jack Russell Terrier ma, occasionalmente, si osserva anche in altre razze. Può essere

38 presente nei cuccioli durante una prima visita della cucciolata a 6 settimane di vita. Entrambi i margini palpebrali possono risultare affetti e la patologia spesso si mostra a carattere bilaterale. Nei cani affetti da un numero estremamente scarso di distichie e con direzione lontana dalla superficie corneale, la patologia riveste scarso significato clinico. Le distichie possono agire anche come uno stoppino, causando una fuoriuscita di lacrime dal margine palpebrale inferiore, inumidendo il margine e la cute palpebrale (Gelatt, 2013). Un segno identificativo comune, può essere rappresentato dal muco che aderendo ai peli, ne rende più semplice l’identificazione. L’osservazione clinica dei soggetti con distichiasi, tiene conto nella diagnosi differenziale di altri difetti palpebrali, come entropion e trichiasi, ma in queste due condizioni l’origine del pelo non è errata.

Il trattamento più semplice consiste nella rimozione manuale dei peli tramite pinze da ciglia, previa instillazione dell’anestetico locale. In questo caso però la procedura va ripetuta nell’arco di 4-5 settimane.

Il trattamento chirurgico permanente invece si effettua in anestesia generale, ed è indicato per gli animali che manifestano segni clinici significativi, non correlati ad altre patologie oculari. I metodi variano dalla elettroepilazione, la crioterapia, la tecnica di Hotz-Celsus e la resezione parziale del piatto tarsale. Quest’ultima comporta l’esecuzione di una di una incisione chirurgica parallela su ciascun lato delle aperture della ghiandola tarsale e, quindi, la rimozione del tessuto ghiandolare e dei follicoli piliferi associati. Questa tecnica è stata superata dalla crioepilazione, è difficile da eseguire e il più delle volte determina una inaccettabile cicatrizzazione postoperatoria ed un entropion (Slatter et al., 2005). In generale, per la maggior parte dei trattamenti, tra tutte le complicanze postoperatorie la più comune è rappresentata dalle possibili recidive, che possono insorgere nei 3-5 mesi successivi alla terapia.

3.4.1 ELETTROEPILAZIONE

L’elettroepilazione, è un trattamento di più lunga durata che richiede anestesia generale e un ingrandimento adeguato (5-10X) per identificare l’orifizio del follicolo pilifero. Questo viene coagulato tramite un filo in acciaio estremamente sottile (Perma Tweez®), il quale viene introdotto per circa 3-5 mm di profondità (non di più), raggiungendo la sua radice. È necessario che la punta ruoti leggermente all’interno ogni follicolo per almeno 15 secondi; quando viene estratta, il pelo in genere aderisce al filo di acciaio (Gelatt, 2013). Va evitata una coagulazione eccessiva, che potrebbe causare la formazione di tessuto cicatriziale irritante sul margine libero della palpebra (Stades et al., 2000). Quando il pelo viene rimosso tramite pinza, non dovrebbe incontrarsi alcuna resistenza alla trazione; in caso contrario la procedura va ripetuta.

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3.4.2 CRIOTERAPIA

In criochirurgia viene sfruttato l’effetto distruttivo, sulle membrane cellulari del tessuto indesiderato, esercitato dal congelamento dell’acqua intracellulare. La temperatura della punta della criosonda dell’unità ad ossido di azoto è compresa tra i -60°C e i -89°C, mentre la punta della criosonda dell’unità ad azoto liquido è circa -185°C (Slatter et al., 2005).

In genere vengono effettuati due cicli rapidi di congelamento ed una lenta fase di scongelamento spontaneo. I tessuti vengono congelati raggiungendo una temperatura di almeno -25°C, ma non temperature inferiori ai -30°C (per il rischio di possibile necrosi tissutale e distorsione palpebrale). La criochirurgia può quindi essere (utilizzata per la distruzione dei follicoli piliferi oltre che per la distruzione di tessuto di granulazione esuberante o diversi tipi di affezioni neoplastiche). Il principale vantaggio della crioterapia è rappresentato dalla semplicità di esecuzione del trattamento; i potenziali svantaggi sono un importante edema postoperatorio; depigmentazione del margine che può essere permanente; il coinvolgimento e la compromissione di porzioni di tessuto sano adiacente, con possibili distorsioni del margine palpebrale (Gelatt, 2013).

Per effettuare un trattamento crioterapico, è necessario ribaltare la palpebra e, una volta esposta la sua superficie congiuntivale, si congela una porzione di circa 3 mm lungo la base delle ghiandole di Meibomio in corrispondenza del pelo a circa 3-4 mm di distanza dal margine libero palpebrale. Utilizzando l’effetto del congelamento tramite protossido di azoto, si effettuano applicazioni della durata di 45 e 25 secondi, con un doppio ciclo di congelamento-scongelamento. L’effetto termico si estende fino al margine palpebrale senza però comprenderlo.

Dopo la crioterapia, si osserva un normale ed immediato edema palpebrale, che talvolta ostacola l’ammiccamento, ma che normalmente si risolve nell’arco delle 48h. Pertanto può risultare essenziale la somministrazione preoperatoria di FANS o trattamenti locali postoperatori con antibiotici-corticosteroidi. La depigmentazione delle zone trattate compare entro le 72 ore successive al trattamento e la successiva pigmentazione dei margini impiega circa 6 mesi per completarsi. Tuttavia una depigmentazione permanente, lesioni cicatriziali o distorsioni dei margini palpebrali sono delle possibili complicazioni, ed è buona prassi avvisare preventivamente i proprietari.

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