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Caso Oliari e altre sentenze

Capitolo III Adozioni in Italia

3.2 Caso Oliari e altre sentenze

In Italia non vi è alcuna espressa regolamentazione della cosiddetta omogenitorialità. Vi è tuttavia un indirizzo giurisprudenziale, inaugurato dal tribunale per i minorenni di Roma nel luglio 2014, che ha ammesso in queste ipotesi il ricorso alla cd. adozione in casi particolari ex art. 44 lettera d), legge adozioni89. Il legislatore nel 2016 ha tentato di regolamentare la materia introducendo una espressa estensione dell’art. 44, lettera b),

88 Al livello di Diritti Umani, il riferimento all’orientamento sessuale come fattore di discriminazione è

contenuto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea o Carta di Nizza e “costituzionalizzata” all’interno del Trattato di Lisbona La Carta prevede l’uguaglianza tra i principi fondamentali dell’Ordinamento europeo non solo davanti alla Legge (art. 20) ma anche come diritto a non essere discriminati sulla base di caratteristiche soggettive costituite dall’identità delle persone (artt. 21 e 23).

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oltre che al coniuge, necessariamente eterosessuale, del genitore, anche al suo unito civilmente, ma dopo una oscura vicenda parlamentare tale disposizione (l’art. 5 dell’originario disegno di legge Cirinnà) fu eliminata.

Nonostante questo, il legislatore della legge n. 76 del 2016 ha previsto che all’art. 1, comma venti, restasse “fermo quanto stabilito e consentito” dalla legge adozioni, quasi a invitare, con quel “consentito”, la giurisprudenza a continuare a indagare la possibilità di una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata della ormai vecchia legge 4 maggio 1983, n.184. Come si disse allora, e come ritenuto da diverse decisioni, quella peculiare norma, diretta non a dettare una nuova regola giuridica, ma a affermare che, nonostante lo stralcio, restava fermo quanto già “consentito”, non poteva avere alcun altro significato se non quello di evitare che il detto stralcio potesse essere letto dalla giurisprudenza come uno stop al nuovo indirizzo del tribunale per i minorenni capitolino e (a quel punto, anche) della Corte di appello di Roma90.

Subito dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà, la Corte di cassazione, prima sezione civile, pronunciandosi proprio su quel primo caso romano, che riguardava due donne, non dunque una ipotesi di maternità surrogata, confermò l’interpretazione evolutiva dell’art. 44, lettera d)91.

Da allora, tuttavia, la giurisprudenza di merito è rimasta sostanzialmente divisa, ritenendo diversi tribunali di potersi discostare dall’indirizzo fatto proprio dalla Suprema Corte.

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In particolare, quattro grandi tribunali per i minorenni, Milano, Torino, Napoli e Palermo hanno emesso sentenze di rigetto (una o due per tribunale) dissentendo espressamente, per ragioni giuridiche, dall’indirizzo della Cassazione92.

In ben tre casi (Milano, Torino e Napoli) le decisioni di primo grado sono state riformate dalle rispettive Corti di appello93, con motivate sentenze di adesione all’orientamento della prima sezione della Corte di cassazione, ma la situazione è rimasta nondimeno immutata, atteso che da allora i tribunali di primo grado non hanno più emesso alcun provvedimento, né di accoglimento né di rigetto, nonostante risultino procedimenti pendenti da diversi anni94. A oltre tre anni dalla sentenza della Corte

d’Appello di Torino e a due anni e mezzo da quella di Milano, che hanno riformato le sentenze di rigetto emesse in primo grado, non risulta in effetti che sia stata più emessa in quei distretti alcuna sentenza ex art. 44 lettera d), né di accoglimento né di rigetto. Oltre a Roma, in tutta Italia soltanto i tribunali per i minorenni di Bologna, Firenze e Venezia risultano avere emesso sentenze favorevoli. Nel resto di Italia, tutto tace95. In assenza di una espressa disciplina legislativa, la funzione di nomofilachia96 della Corte di cassazione non pare dunque in grado di assicurare, a mezzo dell’adozione in casi particolari, la protezione che ci viene imposta dall’art. 8 Cedu97.

92 Si tratta di Tribunale per i minorenni di Torino, sentenza dell’11 settembre 2015 , Tribunale per i

minorenni di Milano, sentenza del 17 ottobre 2016 , Tribunale per i minorenni di Palermo, sentenza del 3 luglio 2017 e Tribunale per i minorenni di Napoli, sentenza dell’8 marzo 2018.

93 Si tratta di Corte d’Appello di Torino, sentenza del 27 maggio 2016 , Corte d’Appello di Milano,

sentenza del 9 febbraio 2017 , Corte di appello di Napoli, sezione per i minorenni, sentenza del 15 giugno 2018.

94 Dati riferiti dal Gruppo legale di Famiglie Arcobaleno che, specificamente interpellato, ha fornito i dati

sui procedimenti pendenti qui utilizzati.

95 www.articolo29.it

96 Da www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it: ”Per funzione nomofilattica si intende

comunemente il compito di “garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale” che l’art.65 della legge sull’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941 n.12), attribuisce alla Corte di Cassazione. L'aggettivo "nomofilattico" deriva etimologicamente dal greco nòmos, che significa "norma", unito al verbo fulàsso, che indica l'azione del "proteggere con lo sguardo". Per indicare la funzione nomofilattica spesso si usa anche il termine "nomofilachia".

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Com’è noto, il blocco sostanziale che ne è derivato, a quasi cinque anni dalla prima sentenza romana, ha condotto dunque numerose coppie di genitori dello stesso sesso ,siano esse coppie di padri o coppie di madri, al fine di assicurare la necessaria protezione giuridica dei propri figli, a tentare la strada del riconoscimento alla nascita, con la trascrizione di certificati esteri o con la iscrizione dei due genitori alla nascita ex art. 8 legge 40/200498.

Si tratta di provvedimenti che sono stati adottati in moltissimi casi dai sindaci, nella loro qualità di ufficiali dello stato civile nelle città di Torino, Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Catania eccetera, e che hanno ricevuto, in caso di diniego da parte dei sindaci, numerosissime conferme dalla giurisprudenza di merito99 e, in due casi, di legittimità100.

In questa Italia divisa e a macchia di leopardo, dove prevalgono in larga misura le circoscrizioni in cui è sostanzialmente molto difficile, se non addirittura impossibile, accedere a una qualsiasi protezione del diritto alla vita familiare dei cosiddetti bambini arcobaleno, giunge dunque innovativa la decisione della Corte di Strasburgo. Quest’ultima, pur avendo ad oggetto i bambini nati tramite maternità surrogata, si

98 I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di

figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 6.

99 Si sono espresse in favore della trascrizione anche in caso di maternità surrogata: Tribunale di Milano,

decreto del 16 ottobre 2018; Tribunale di Pisa, decreto del 23 luglio 2018; Corte d’Appello di Venezia, ordinanza 28 giugno 2018; Tribunale Roma sezione prima, decreto dell’11 maggio 2018; Tribunale di Livorno, decreto 12 dicembre 2017; Corte d’Appello di Trento, ordinanza del 23 febbraio 2017. Si sono espressi in favore della trascrizione di atti stranieri con due madri: Tribunale di Monza, decreto del 20 dicembre 2018; Corte d’appello di Perugia, decreto del 7 agosto 2018; Tribunale di Perugia, decreto del 9 febbraio 2018; Tribunale di Napoli, decreto dell’11 novembre 2016; Corte d’Appello di Torino, sezione famiglia, decreto del 29 ottobre 2014. Si sono espressi in favore dell’iscrizione anagrafica di due madri: Tribunale di Genova, decreto del 8 novembre 2018; Tribunale di Bologna, decreto del 6 luglio 2018 ; Tribunale di Pistoia, decreto del 5 luglio 2018; biter: Corte di appello di Napoli, sezione per i minorenni, sentenza del 15 giugno 2018.

100 Corte di Cassazione, sezione prima, sentenza del 21 giugno 2016 n. 19599; Corte di cassazione

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applica a maggior ragione in caso di accesso di due donne all’estero a ordinarie tecniche di fecondazione eterologa.

Vi sono dunque casi di bambini che hanno atteso per tre anni, e a volte anche di più, la decisione sulla adozione in casi particolari, senza che venisse adottato un provvedimento, fosse esso positivo o negativo, al punto che i genitori hanno intrapreso poi la strada della trascrizione del certificato di nascita, impugnata dalla Procura, e in effetti oggi è decisamente complesso sostenere davanti alla Corte Edu l’ipotesi di revocare quella trascrizione, suggerendo che quel bambino ben potrebbe tornare a provare la strada di un ricorso per adozione in casi particolari101.

Giunti a questo punto è fondamentale citare il cosiddetto caso “Oliari102”, termine con

cui sono stati raggruppati diversi casi di coppie di cittadini italiani che hanno proposto alcuni ricorsi a seguito del diniego da parte delle autorità nazionali alla richiesta delle pubblicazioni matrimoniali. Un primo aspetto messo in rilievo dalla pronuncia della Corte, è stato che all’epoca, ventiquattro paesi dei quarantasette facenti parte del Consiglio d’Europa avevano già predisposto una legislazione atta a consentire un riconoscimento giuridico della relazione alle coppie omosessuali, con un matrimonio civile, un’unione civile o un’unione registrata103. Alla base di ciò, la Corte ha sostenuto

“che nel valutare gli obblighi positivi di uno Stato occorre tener conto del giusto equilibrio che deve essere raggiunto tra gli interessi concorrenti dell’individuo e della collettività nel suo insieme”. Con riferimento alle specifica situazione italiana, si considera che nonostante il Governo si trovi nella posizione migliore per valutare gli interessi collettivi, nel caso specifico non pare abbia “attribuito particolare importanza

101 www.articolo29.it

102 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 21 luglio 2015, Ricorsi nn. 18766/11 e 36030/11, Oliari e altri c.

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alle indicazioni fornite dalla comunità nazionale, in particolare dalla popolazione italiana in generale e dalle supreme autorità giudiziarie italiane104”.

In sostanza, “non avendo il Governo italiano dedotto un interesse collettivo prevalente in rapporto al quale bilanciare gli importantissimi interessi dei ricorrenti […] e alla luce del fatto che le conclusioni dei tribunali interni in materia erano rimaste lettera morta105” il Governo italiano, secondo la Corte di Strasburgo, ha violato l’art. 8 della CEDU con conseguente condanna in quanto non ha rinunciato al suo margine di discrezionalità e non ha rispettato l’obbligo di garantire “che i ricorrenti disponessero di uno specifico quadro giuridico che prevedesse il riconoscimento e la tutela delle loro unioni omosessuali106”.

Ancor prima che la Corte di Strasburgo intervenisse con la decisione su nominata,è fondamentale osservare come, a seguito delle sentenze nn. 138 del 2010 e 170 del 2014, la Corte costituzionale italiana si fosse già pronunciata intervenendo su una giurisprudenza di indiscutibile rilevanza. In particolare, con la sentenza n. 138 del 2010 il Tribunale di Venezia ha sollevato una questione di legittimità costituzionale di una serie di disposizioni presenti all’interno del Codice Civile 107 in quanto, se sistematicamente interpretate, non consentivano alle persone di orientamento omosessuale di contrarre matrimonio con persone del medesimo sesso108. La questione riguardava la richiesta di tre coppie omosessuali di ottenere la pubblicazione del loro

104 Ordinamenti giuridici e interessi religiosi: Argomenti di diritto ecclesiastico comparato e multilivello;

Giuseppe D'Angelo; G Giappichelli Editore, 11 apr 2017.

105 Unioni civili e contratti di convivenza; De Filippis Bruno; CEDAM; 22 giugno 2016 106 www.camera.it

107 Artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del Codice civile, in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e

117, 1° comma, della Costituzione.

108 Corte costituzionale, sent. n. 138/2010, Considerato in diritto, dove si cita l’ordinanza di rimessione.

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matrimonio contratto all’estero. Nell’ordinanza di rimessione109 del Tribunale di

Venezia viene affermato che “nel nostro ordinamento non esisterebbe una nozione di matrimonio, né un divieto espresso di matrimonio tra persone dello stesso sesso”, per pervenire alla conclusione che l’estensione dell’istituto del matrimonio alle coppie omosessuali “a fronte di una consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna” non è consentita al giudice ordinario. A tal proposito la Consulta chiarì che è compito del Parlamento con discrezionalità, “individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette110”. Tale argomento venne poi ripreso dalla successiva sentenza n. 170 del 2014 sul cosiddetto “divorzio imposto111” , in cui emerge ancor di più l’importanza del compito del legislatore di introdurre una forma alternativa al matrimonio in grado di consentire ai coniugi il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad uno stato di assoluta indeterminatezza. A questo compito il legislatore avrebbe dovuto adempiere con estrema urgenza, cosa che in realtà non è avvenuta. A queste sollecitazioni ha offerto risposta la cosiddetta Legge Cirinnà112.