• Non ci sono risultati.

Diritto alla vita familiare e Legge Cirinnà

Capitolo III Adozioni in Italia

3.3 Diritto alla vita familiare e Legge Cirinnà

In Italia, infatti, risale al 2012 la prima sentenza della Corte di Cassazione113 in cui si fa riferimento al diritto alla vita familiare anche per le coppie omosessuali. Non essendo stato ancora avviato l’iter per l’approvazione della legge Cirinnà, la Corte di Cassazione

109 Atto di promovimento dei giudizi di legittimità costituzionale delle leggi in via incidentale. 110 Art. 2 Costituzione

111 Obbligatorio scioglimento del matrimonio conseguente alla pronuncia di rettifica del sesso di uno dei

coniugi.

112 www.altalex.it

84

si trovò a dover cercare di colmare le lacune del diritto facendo riferimento a principi generali. Nel caso di specie, il diritto di riferimento fu all’art. 2 della Costituzione, che pone a carico della Repubblica “il compito di garantire i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità114”. La Corte,

quindi, riconosce il diritto alla vita familiare come diritto inviolabile del cittadino. Grazie all’opera innovatrice svolta dai giudici e dalla corte di cassazione, l’ordinamento italiano può vantare una legge in materia di unioni civili. In Italia le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono state introdotte solo nel 2016 con la legge n. 76 che, all’art.1, stabilisce che: “la presente legge istituisce l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto115”. Questo rappresenta solo un primo passo verso una disciplina più ampia, ma può già considerarsi una grande conquista116.

A differenza del matrimonio civile, nelle unioni civili non vi sono pubblicazioni, ma si costituisce attraverso una dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni, senza però formule particolari. L’ufficiale di stato dovrà provvedere alla compilazione di un certificato che dovrà contenere i dati anagrafici delle parti e dei due testimoni, il regime patrimoniale scelto e la residenza decisa dalle parti e alla registrazione nell’archivio di stato civile117.

In un’unione civile i partner possono essere riconosciuti come veri e propri coniugi in caso di malattia e persino in caso di morte, circostanza in cui il partner superstite ha

114 www.ilsenato.it

115 Legge 20 maggio 2016, n. 76 ; Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze; Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

116 www.diritto.it 117 www.altalex.it

85

diritto alla pensione di reversibilità, al Tfr e all’eredità, nella stessa quota prevista per i coniugi di un matrimonio. Sotto il profilo economico, alle coppie verrà applicato il regime della comunione dei beni, sempre che non venga esplicitata la volontà di avere un regime patrimoniale differente, mentre per ciò che riguarda la vita quotidiana, i partner dovranno contribuire in egual misura ai bisogni comuni, sulla base della propria capacità lavorativa e casalinga118.

Per ciò che concerne la fine di un’unione civile è necessario che anche solo uno dei due contraenti presenti una comunicazione all’ufficiale di stato all’interno della quale sia contenuta la volontà di sciogliere l’unione, trascorsi tre mesi dalla presentazione della comunicazione si potrà chiedere il vero e proprio divorzio sia per via giudiziale che attraverso la negoziazione assistita o attraverso un accordo sottoscritto presso l’ufficiale di stato civile. In caso di divorzio, il partner considerato più “debole” avrà diritto agli alimenti e all’assegnazione del tetto coniugale. L’unione civile tra due persone maggiorenni avverrà di fronte a un ufficiale di stato e alla presenza di due testimoni e verrà registrata nell’archivio dello stato civile. Gli atti dell'unione, indicanti i dati anagrafici, il regime patrimoniale e la residenza vengono registrati nell'archivio dello stato civile. Le parti possono stabilire, per la durata dell'unione, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi, anche anteponendo o posponendo il proprio cognome se diverso. Per il resto il ddl estende alle coppie dello stesso sesso i diritti previsti dal matrimonio civile. Non possono contrarre unioni civili le persone che sono già sposate o sono parte di un’unione civile con qualcun'altro; quelle interdette per infermità mentale; quelle che sono parenti; quelle che sono state condannate in via definitiva per l’omicidio o il tentato omicidio di un precedente coniuge o contraente di unione civile dell’altra

86

parte; quelle il cui consenso all’unione è stato estorto con violenza o determinato da paura. E' un legame diverso dal matrimonio fra eterosessuali, anche se presenta molti doveri e diritti in comune. Il comma 20 dice ancora esplicitamente che, al fine di tutelare diritti e doveri, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio” in tutte le altre leggi, e quelle che contengono le parole “coniuge” e “coniugi”, si intendono applicate anche alle persone che si uniscono civilmente119.

Il matrimonio si differenzia per l’obbligo di utilizzare il cognome dell’uomo come cognome comune, attendere un periodo di separazione da sei mesi a un anno prima di sciogliere l’unione, per le unioni civili ne bastano tre, la possibilità di sciogliere l’unione nel caso che non venga “consumata” e fare le “pubblicazioni” prima di contrarre l’unione.

Le distinzioni maggiori riguardano la stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà. Entrambe presenti nel testo originario del ddl (art. 5 la stepchild adoption, art. 3. l'obbligo di fedeltà), ma eliminate dopo il voto in Senato di febbraio. Il testo originario del ddl prevedeva la stepchil adoption, letteralmente “l’adozione del figliastro”. La possibilità cioè che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner. Questa parte è stata stralciata dopo il voto in Senato del 25 febbraio 2016. In Italia è invece prevista per le coppie eterosessuali sposate da almeno tre anni o che abbiano vissuto more uxorio (“secondo il costume matrimoniale”, quindi in sostanza convivendo) per almeno tre anni, ma siano sposate al momento della richiesta. Nel ddl è stato però inserito un comma che precisa che "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti120", una specifica che non vieta che i giudici

si possano pronunciare sui casi di adozioni per le coppie gay. Non vige l’obbligo di

119 www.dirittierisposte.it 120 Articolo1, comma 20.

87

fedeltà. Anche se la prima stesura della legge lo prevedeva. Nel matrimonio eterosessuale e' un obbligo regolato dal Titolo VI del codice civile121 in cui le parti acquistano gli stessi diritti e i medesimi doveri: hanno l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Le due persone possono scegliere quale cognome comune assumere, tra i loro due (nei matrimoni, invece, la moglie è tenuta ad aggiungere quello del marito al suo); si può anche anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome. Le due persone concordano una residenza comune e possono decidere, come per il matrimonio, di usare il regime patrimoniale della comunione dei beni. La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell'unione gay. Viene inoltre stabilito che in caso di cambio di genere all'interno di una coppia sposata, anche se i coniugi manifestano la volontà di non farne cessare gli effetti civili, il matrimonio viene sciolto automaticamente e trasformato in unione civile122.

La seconda parte della legge disciplina la convivenza di fatto tra due persone, siano esse eterosessuali oppure omosessuali, che non sono sposate e che potranno stipulare un contratto di convivenza, in forma scritta, davanti a un notaio. Quest’ultimo è un rapporto che lega due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile. La convivenza di fatto, invece, riguarda sia le coppie etero sia le coppie omosessuali. Il primo passo da compiere per formalizzare la convivenza è la richiesta di iscrizione all’anagrafe: uno dei due conviventi presenterà il modello di dichiarazione di residenza presso l’ufficio dell’anagrafe del Comune nel quale si intende fissare la propria residenza specificando

121 www.altalex.it

88

l’obiettivo di convivenza per vincoli affettivi con allegato i documenti di identità dei soggetti richiedenti123.

Per ciò che riguarda i regimi economico e patrimoniale, i conviventi decideranno il regime preferito con un contratto di convivenza, per cui è necessaria la forma scritta di atto pubblico o la scrittura privata, l’atto deve essere predisposto con l’assistenza di un avvocato o un notaio che dovrà iscrivere il contratto all’anagrafe di residenza dei conviventi affinché questo abbia valore anche nei confronti di terzi124. Il contratto non deve essere sottoposto a termine o vincolato a particolari condizioni. Per ciò che riguarda la spese e l’iscrizione nei registri anagrafici, al momento non esistono norme specifiche. I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario, in caso di malattia o ricovero, in caso di morte (per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie). Il contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona, morte di uno dei contraenti. La risoluzione del contratto di convivenza determina lo scioglimento della comunione dei beni. Resta in ogni caso ferma la competenza del notaio per gli atti di trasferimento di diritti reali immobiliari comunque discendenti dal contratto di convivenza. Nel caso in cui la casa familiare sia nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione. Nel caso in cui ci sia una cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente a ricevere dall'altro convivente gli alimenti qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Gli

123 www.diritto.it 124 www.diritto.it

89

alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. Ai fini della determinazione dell'ordine degli obbligati, l'obbligo alimentare del convivente è adempiuto con precedenza sui fratelli e sorelle. In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Se nella stessa casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto alla casa viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitarvi stabilmente o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto. Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto. Nel caso in cui l'appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto125.