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Adozione e omogenitorialità nel Diritto italiano

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea in Sociologia e Management dei Servizi Sociali

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Adozione e omogenitorialità nel Diritto Italiano

CANDIDATA RELATRICE

Marta Carta Prof.ssa Elena Bargelli

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Indice

Introduzione .……….. 2

Capitolo I – Omosessualità, diritti e discriminazione.……… 5

1.1 Origine dell’omosessualità ………5

1.2 Discriminazione e pregiudizio in Italia ….………7

1.3 Cos’è l’omogenitorialità?... 10

1.4 Adozione e diritti. ……….………... 12

1.5 Principio di non discriminazione. ….………... 17

1.6 Adozioni omosessuali nel mondo.. ……….. 20

1.7 Famiglie arcobaleno ……….………... 27

1.8 Studi e indagini ………... 28

Capitolo II – Omogenitorialità……… 38

2.1 Omogenitorialità: un problema per i bambini o per la società?...38

2.2 L’adozione e i metodi per concepire un figlio……….………..42

2.3 Ricerche sull’omogenitorialità ………….……….……… . 45

2.4 Ideologia di gender ………….…….……….49

2.5 Adozioni Russia/Italia ………..……… 52

2.6 Europa e adozioni ……….…..………. 55

2.7 Sentenza della Corte Europea 19 febbraio 2013 ……..………61

2.8 Adozioni nel mondo ………...……….………..65

2.9 Sentenze ………69

Capitolo III - Adozioni in Italia…..………. 72

3.1 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e Italia ..….……… 72

3.2 Caso Oliari e altre sentenze ……….……….76

3.3 Diritto alla vita familiare e Legge Cirinnà…...……….………82

3.4 Unioni civili e stepchild adoption.……….………88

3.5 Adozioni arcobaleno e art. 5 del Ddl Cirinnà ….……… 90

3.6 Caso specifico ...……… 92

3.7 Riconoscimento in Italia delle adozioni compiute all’estero. …..………… 94

3.8 Principio del “best interest of the child” ……….……… 99

3.9 Sentenza 11 gennaio 2013, n. 601.………….……… 100

3.10 Ordinanza della Corte d’Appello di Trento…..……… 103

Conclusioni..……… 106

Bibliografia...………109

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Introduzione

Nelle società occidentali, negli ultimi anni, il dibattito sul tema dei diritti delle coppie dello stesso sesso e degli omosessuali è stato centrale in molte Corti Costituzionali ed Internazionali. Il dibattito, poi, si è esteso fino ad assumere una dimensione globale e le pronunce da esso scaturite sono in quantità talmente elevata che si può ragionevolmente affermare che la questione riguardante il tema dei diritti degli omosessuali sia uno dei temi più turbolenti degli ultimi quindici anni.

Sebbene gli esempi di movimenti sociali per il riconoscimento dei diritti di una determinata categoria siano molto ampi, ciò che differenzia questo periodo dai precedenti è, in particolare, la grande risonanza delle decisioni delle Corti, ottenuta grazie all’utilizzo di nuovi strumenti di comunicazione assenti nel passato, che hanno permesso di estendere l’informazione e il confronto a livello globale.

Negli ultimi anni, infatti, si è assistito ad una vera e propria diminuzione del pregiudizio nei confronti di donne lesbiche e uomini gay e ad un progressivo riconoscimento dei diritti della cosiddetta comunità LGBTQ, sigla utilizzata per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, trans gender e queer.

Questo acronimo viene utilizzato con lo scopo di enfatizzare la diversità delle culture basate sulla sessualità e sull’identità di genere e viene spesso utilizzato anche per far riferimento a persone non eterosessuali o non cisgender1.

1 Con il termine cisgender ci si riferisce ad individui che sentono di appartenere al genere biologico che

hanno ricevuto alla nascita. Sono quindi persone che si identificano e si sentono a proprio agio,a livello di sentimenti e di identità sessuale, con il proprio sesso biologico.

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La diminuzione del pregiudizio riguarda anche l’Italia che, pur essendo uno dei Paesi europei in cui i diritti delle persone omosessuali non sono, tuttora, pienamente riconosciuti2 e in cui il pregiudizio è ancora diffuso3, ha manifestato visibili e interessanti segnali di cambiamento. In una ricerca svolta nel 20134 dal Pew Research

Center5, è emerso che il 74% degli intervistati era a sostegno dell’accettazione dell’omosessualità all’interno della società e un aumento di tale percentuale del 9% rispetto al 2003. Questi risultati sono direttamente collegati all’aumento del contatto tra persone eterosessuali e omosessuali e anche al fatto che sempre più uomini gay e donne lesbiche non nascondono il loro orientamento sessuale6.

Nonostante i progressi, quindi, avuti in merito all’accettazione della comunità LGBTQ all’interno della società, vi sono ancora alcuni aspetti che è fondamentale approfondire in quanto non pienamente riconosciuti e tutelati., tra cui, in particolare, il tema delle adozioni e dell’omogenitorialità per le coppie omosessuali.

Il termine Omogenitorialità è un termine che sostanzialmente sta ad indicare diverse e molteplici realtà familiari, in cui almeno un genitore ha un orientamento sessuale omosessuale: si parla di famiglie in cui i figli o le figlie sono nati e nate da precedenti relazioni eterosessuali dei genitori; famiglie composte da madri lesbiche single o in coppia che hanno adottato o che hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita; famiglie composte da padri omosessuali che hanno adottato o che hanno avuto accesso alla maternità surrogata e, inoltre, ci sono anche famiglie composte da un uomo

2 ILGA-Europe, 2015

3 Eurobarometer, 2012; Lingiardi, Nardelli, Ioverno, Falanga, Di Chiacchio, Tanzilli & Baiocco, 2015 4 Pew Research Center, 2013

5 Istituto con sede a Washington che fornisce informazioni e dati su problemi di natura sociale, opinione

pubblica e andamento demografico in riferimento sia agli Stati Uniti che al resto del mondo.

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gay e una donna lesbica che, insieme, decidono di portare avanti un progetto di cogenitorialità7 insieme ai loro eventuali partner.

La grande eterogeneità di queste famiglie e di quelle composte da genitori eterosessuali, è supportata oggi dalla complessità e dalla varietà di combinazioni possibili, dovute alla molteplicità di unioni, separazioni, ricongiunzioni, adozioni e nuove tecniche di accesso alla genitorialità cui è possibile fare ricorso. Ad oggi, le modalità attraverso cui le persone LGBTQ, ed anche le persone eterosessuali, possono diventare genitori sono, infatti, diverse e molteplici.

7 Da https://www.co-genitori.it: “Co-genitorialità è il termine dato alla situazione in cui due (o più)

persone assumono il ruolo di genitori di un bambino, ma queste persone non sono in un matrimonio o relazione simile. Questa situazione può verificarsi quando, dopo un divorzio, i genitori accettano di avere pari responsabilità per l'educazione del bambino. Oppure riguarda due persone che vogliono avere un figlio, ma pur non essendo in una relazione possono decidere di avere un figlio con l'accordo di essere co-genitori. Ciò prende il nome di co-genitorialità elettiva”.

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Capitolo I

Omosessualità: diritti e discriminazione.

1.1 Origine dell’omosessualità

Nel mondo antico, l’omosessualità gode di considerazione diversa a seconda dei popoli e delle culture. Mentre la Bibbia, nel Levitico, condanna senza appello i rapporti omosessuali, sembra che presso gli antichi egizi l’omosessualità sia meglio tollerata. Nella necropoli di Saqqara, in Egitto, si trova una tomba di oltre 4000 anni fa, nella quale sono stati ritrovati sepolti assieme due uomini. Secondo alcuni studiosi, sarebbe la prima coppia di omosessuali della quale sia giunta notizia. Ma è nell’antica Grecia che l’omosessualità diventa parte integrante della cultura. Nella società greca è tipico il fenomeno della pederastia, la relazione omosessuale che lega uomini adulti a ragazzi tra i 12 e i 18 anni. Tutti i giovani greci, infatti, entrati nell’adolescenza, passano attraverso questa esperienza. Tuttavia nella pederastia degli antichi greci, l’aspetto carnale è posto in secondo piano. Per la cultura greca, infatti, la passione fisica è un istinto animalesco, che deve essere nascosto e contenuto e la relazione omosessuale assume, piuttosto, le caratteristiche di un rapporto tra maestro e allievo e nasce con lo scopo di guidare e correggere il ragazzo nel suo cammino verso la maturità: gli viene insegnato tutto ciò che è necessario per diventare un bravo cittadino. In cambio, il ragazzo, concede al maestro la sua bellezza e la sua giovinezza. E’ fondamentale sottolineare che gli individui coinvolti in questo tipo di relazioni non sono omosessuali, ma bisessuali. La mentalità greca, infatti, considera la ricerca del

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bello come un valore assoluto, che prescinde i generi sessuali. Non c’è differenza tra giacere con un uomo o con una donna.

Non a caso, sia nel campo della mitologia che in quello della realtà storica, l’antica Grecia abbonda di guerrieri estremamente virili e, malgrado ciò, coinvolti in relazioni omosessuali. Ad esempio il leggendario Achille e il suo compagno d’armi Patroclo. O il condottiero Alessandro Magno e il suo amico Efestione. La cultura greca è una cultura che si caratterizza per il suo aspetto profondamente maschilista, infatti le donne sono spesso escluse da ogni forma di educazione. Tuttavia esistono testimonianze che parlano di un equivalente femminile della pederastia. E’ celebre il caso della poetessa Saffo, maestra di musica e di danza, che intreccia relazioni omosessuali con le sue allieve. La parola lesbica, che indica una donna omosessuale, deriva proprio da Lesbo, l’isola dov’è nata Saffo.

Il termine omosessualità, invece, può essere fatto risalire circa al XIX secolo in quanto, in epoche antiche addirittura precedenti al Cristianesimo, non vigeva né storicamente né socialmente alcuna opposizione tra omosessualità ed eterosessualità intesi come opposti l’uno all’altro. Veniva, pertanto, considerato normale per il maschio desiderare sia una donna che un uomo o un ragazzo, purché si assumesse il ruolo attivo. Queste forme di pratica sessuale, però, venivano concesse solo agli uomini liberi che, per soddisfare i propri desideri, potevano scegliere donne e schiavi. Veniva, invece, disprezzato e ripudiato il cosiddetto comportamento “effemminato”, le società greche e romane erano profondamente maschiliste e consideravano la donna inferiore all’uomo. Perfino l’amore era considerato più nobile se tra maschi, piuttosto che nei confronti di una donna che aveva un valore solo in funzione della possibilità che offriva di mettere al mondo figli, al punto che nell'antica Roma il marito poteva decidere di dare in prestito

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la propria moglie ad un amico la cui moglie era sterile, e come oggetto di scambio atto a rinforzare legami tra regni. Questo tipo di morale familiare patriarcale, tutta incentrata attorno alla figura del pater familias, venne completamente assorbita dalle comunità cristiane che a loro volta, la estesero a tutta la società. Molti Santi cui la Chiesa fa riferimento, come San Paolo e Tommaso d’Aquino, considerarono gli omosessuali degni di morte. Fu invece Papa Pio V, che venne poi proclamato santo, a sancire che l’omosessualità dovesse essere punita con la condanna a morte. La condizione esistenziale di sodomia e di effemminatezza divenne così non solo moralmente deprecabile perché derivante da una condotta peccaminosa, ma anche punibile.

“Ma è nel MedioEvo che vi fu un periodo veramente nero sia per le donne che per gli omosessuali. È incalcolabile il numero di persone torturate e uccise nelle maniere più crudeli in quanto, tutto ciò che non era finalizzato alla procreazione era considerato peccaminoso, perfino all'interno del matrimonio il controllo sociale dei corpi e in particolare del corpo femminile era assoluto. Nemmeno lo stupro o l’incesto erano considerati gravi tanto quanto i rapporti sessuali non conformi; ed è doloroso e disarmante constatare che ad oggi, molte persone, la pensino ancora così8”.

1.2 Discriminazione e pregiudizio in Italia

Con il termine omofobia si definisce l’avversione ossessiva per gli omosessuali e l’omosessualità. Come nelle forme del razzismo, essa si può manifestare con atteggiamenti negativi, offensivi e discriminatori che possono arrivare alla violenza. In Italia si è cominciato a discutere seriamente di omofobia soltanto negli anni ottanta,

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quando a Giarre, in provincia di Catania, una coppia di ragazzi omosessuali fu uccisa per mano del nipote di uno dei due, un ragazzino di dodici anni.

Oltre trent’anni dopo gay, lesbiche e trans e tutti coloro che fanno parte della cosiddetta comunità LGBTQ continuano a subire aggressioni in molte città italiane: i casi di cronaca si susseguono e sembrano addirittura evidenziare un aumento del fenomeno. Purtroppo anche in questo caso l’Italia è rimasta piuttosto indietro rispetto agli altri paesi europei. Il decreto legge n. 122/1993, più noto come “legge Mancino”, dal nome del ministro democristiano agli Interni, introdusse alcune Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa ma non ritenne opportuno intervenire anche sulle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Quest’ultimo è citato nel Dlgs n. 216/2003, “parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”, ma soltanto perché ha recepito la direttiva europea n. 2000/78/CE.

In particolare all'articolo 3, comma 3, del Decreto legislativo nella sua versione originale recitava: “Nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, nell'ambito del rapporto di lavoro o dell'esercizio dell'attività di impresa, non costituiscono atti di discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali, all'handicap, all'età o all'orientamento sessuale di una persona, qualora, per la natura dell'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell'attività medesima. Parimenti, non costituisce atto di discriminazione la valutazione delle caratteristiche suddette ove esse assumano rilevanza ai fini dell'idoneità allo svolgimento delle funzioni che le forze armate e i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso possono essere chiamati ad esercitare”.

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Per quanto questo cambiamento non andasse certamente nel senso auspicato dal movimento di liberazione omosessuale, è comunque innegabile che l'omosessualità sia stata in questo modo, per la prima volta, nominata nelle leggi italiane.

Nessuna legge italiana protegge dunque in maniera specifica omosessuali e transessuali. Nel corso degli anni sono state presentate diverse proposte di legge con l’intento di colmare il vuoto normativo, ma non sono mai approdate a dei risultati concreti. Il 26 luglio 2011 anche il disegno di legge proposto da Paola Concia, giunto al voto della Camera, è stato battuto grazie al voto di Pdl, Lega e Udc. L’approvazione di una legge contro l’omofobia è stata ed è ancora vivacemente osteggiata dalla Chiesa cattolica. Il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio, si è espresso sull’argomento parlando di un “rischio gravissimo che si corre con l’operazione tesa ad affermare una specifica aggravante omofobica9”. Il timore delle gerarchie ecclesiastiche sono, in pratica, le conseguenze dei loro pesantissimi attacchi agli omosessuali e ai loro diritti tra i quali il rischio di una qualche condanna. Pur di evitare tale eventualità, dunque, preferiscono che in Italia non vi sia alcuna legge che tuteli esplicitamente gay, lesbiche e trans dalla violenza e dall’incitamento alla violenza nei loro confronti. Una legge anti-omofobia potrebbe anche punire i clericali che sostengono che l’omosessualità, benché espunta dall’elenco delle patologie psichiatriche, sia comunque un comportamento da correggere con apposite cure e terapie.

Emblematico dell’atteggiamento anti-omofobo della Chiesa cattolica è stata la richiesta del cardinale Bagnasco di ritirare gli opuscoli informativi sull’omosessualità che dovevano essere distribuiti nelle scuole, a cui il Ministero dell’istruzione ha prontamente acconsentito.

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1.3 Cos’è l’omogenitorialità?

Il termine “omogenitorialità” è un neologismo creato nel 1997 dall’Associazione dei Genitori e Futuri Genitori Gay e Lesbiche10 francese11 e viene utilizzato per descrivere e

delineare tutte quelle situazioni familiari all’interno delle quali almeno un adulto, che si autodefinisce omosessuale, è il “genitore” di almeno un bambino12 all’interno della

nuova famiglia costituita. In Italia questo tema non solo risulta delicato e spesso incomprensibile, ma risulta di difficile gestione in quanto non esiste una regolamentazione giuridica in merito, infatti le coppie omosessuali non godono di alcun tipo di regolamentazione e rischiano costantemente una certa clandestinità sociale. Quando all’interno di queste coppie, gay o lesbiche che siano, è presente anche un figlio la situazione può risultare particolarmente complessa e di difficile gestione. Non necessariamente per un’impossibilità genitoriale da parte dei genitori omosessuali, quindi un’incapacità relativa al tipo di orientamento sessuale, bensì, sostenuto anche da numerose ricerche scientifiche, dall’impossibilità socio-culturale e giuridica di accettare e costituire “nuove” regolamentazioni in merito. In queste famiglie i figli possono essere sia biologici che adottati, e di conseguenza i genitori non sono necessariamente solo due, ad esempio nel caso in cui siano ricorsi alla fecondazione artificiale. La dimensione del fenomeno non è nota con precisione, si parla all’incirca di centomila minori, ma è senz’altro ritenuta in crescita. Sono molti i casi in cui le persone omosessuali, ancora oggi, vivono l’omogenitorialità clandestinamente, perchè si sentono sia ostacolate e boicottate nel loro diritto di costituire un nucleo familiare sia

10 APGL

11 Homoparentalité 12 Gross, 2003

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ignorate anche in situazioni già esistenti dove ad essere coinvolti non sono solo gli stessi adulti, ma a volte anche i loro figli.

Negli ultimi anni sono state presentate diverse e numerose ricerche scientifiche che evidenziano quanto l’orientamento sessuale dei genitori non incida necessariamente sullo sviluppo “sano” ed equilibrato dei figli. Basterebbe semplicemente pensare che un/a figlio/a omosessuale, ancora oggi, nasce cresce e si sviluppa seguendo il proprio “naturale” orientamento gay e lesbico in una famiglia eterosessuale. Nonostante il termine omosessuale sia stato eliminato dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali13 nel 1974 e l’omosessualità sia stata quindi, riconosciuta

come una naturale espressione del vivere la propria attrazione sessuale verso persone dello stesso sesso, paradossalmente ancora oggi gli individui con orientamento omosessuale devono sentirsi ostacolati, respinti e purtroppo ancora troppe volte umiliati14.

Il ruolo dei genitori omosessuali si deve ovviamente scontrare con molti pregiudizi, soprattutto quelli dei sostenitori della cosiddetta famiglia naturale o tradizionale. Numerosi studi, ormai disponibili dappertutto sull’argomento, mostrano come non ci siano sostanziali differenze, sotto ogni punto di vista, tra i figli cresciuti in famiglie omosessuali rispetto ai figli cresciuti in famiglie eterosessuali, compreso lo sviluppo della propria identità e dell’orientamento di genere. Le motivazioni per contrapporsi a un riconoscimento si limitano dunque soltanto a quelle religiose, non per niente la Chiesa cattolica su questo punto è ancora più fermamente contraria. Un vescovo colombiano è addirittura arrivato a sostenere che i genitori gay potrebbero essere indotti

13 Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, American Psychiatric Association, 1952. 14 www.benessere.com

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in tentazione dai loro bambini, quasi parificando omosessualità e pedofilia, uno dei concetti preferiti degli omofobi.

1.4 Adozione e diritti

Anche in questo caso, non esiste in Italia alcun riconoscimento legale. La recente legge sulle unioni civili, infatti, non riconosce nemmeno la stepchild adoption. La legge Cirinnà, quindi, da un lato ha uniformato la normativa italiana a quella europea, facendo sì che le coppie omosessuali possano avere un riconoscimento giuridico, ma, di contro, ha comunque escluso loro di avere il diritto ad essere riconosciuti entrambi ed insieme, agli effetti civili, genitori di un bimbo. Nel nostro ordinamento, quindi, il figlio di uno dei componenti della coppia omosessuale unita civilmente è riconosciuto solo dalla donna che lo ha partorito o del padre che lo ha concepito. Tuttavia in questi anni, la giurisprudenza ha messo in atto degli interventi volti a superare la norma, o meglio la sua mancanza, e a riconoscere ai componenti delle coppie omosessuali la legittimità all’adozione del figlio del partner, in maniera tale da diventare, oltre ad una coppia a tutti gli effetti, anche coppia genitoriale. Il primo a intervenire a tal proposito è stato il Tribunale di Roma che, nel 2014, quindi decisamente prima dell'entrata in vigore della legge 76/2016, ha consentito la stepchild adoption, ritenendola possibile ed attuabile in quanto, secondo il parere dei Giudici, rientrava a far parte delle cosiddette adozioni in casi particolari. E ciò perché, secondo il Tribunale di Roma, non poteva escludersi che il preminente interesse del minore potesse realizzarsi anche nell'ambito di un nucleo familiare costituito da una coppia del medesimo sesso. Anche a seguito dell'approvazione della legge sulle unioni civili, i

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Tribunali italiani, e le Corti d'Appello, hanno continuato a riconoscere e consentire l'adozione del figlio del partner. Ad esempio, la Corte d'Appello di Torino, riformando la contraria sentenza del Tribunale torinese, ha concesso a due donne, di due distinte coppie omosessuali, l'adozione dei figli partoriti dalle rispettive compagne, consentendo, così, al bambino di avere due genitori; e ancora, la Corte d'Appello di Trento ha riconosciuto valido il certificato di nascita di un altro Stato, che attestava la doppia paternità di un bambino nato attraverso la procreazione assistita, ritenendo questa soluzione giuridico-anagrafica non contraria all'ordine pubblico italiano. E ciò perché, secondo il parere dei Giudici trentini, le capacità e la possibilità di essere genitore non dipende esclusivamente da un legame biologico fra genitore e figlio ma bensì dalla consapevole e volontaria decisione di allevare ed accudire il nuovo nato. Con l'ordinanza n. 14007/2018, è intervenuta anche la Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d'Appello di Napoli, la quale aveva recepito la decisione di un Tribunale francese dichiarativa di stepchild adoption e, di conseguenza, aveva ordinato allo Stato Civile Italiano di trascrivere nei registri anagrafici i bambini quali figli di due donne.

La Suprema Corte, con la sua decisione, ha escluso la possibilità di rifiutare la trascrizione nei registri degli atti di nascita dell'adozione di un minore concessa all'estero, la Francia nel caso concreto, a una coppia omosessuale. Si trattava, quindi, di una doppia adozione compiuta da due donne, cittadine francesi, con una figlia ciascuna e sposate tra loro, in quanto in Francia è previsto il matrimonio, e che hanno adottato una la figlia dell’altra. La Corte ha così deciso, ritenendo non contrario all'ordine pubblico, italiano e internazionale, riconoscere lo status di figlio di due genitori dello stesso sesso, biologico di uno e adottivo dell'altro, perché può corrispondere all'interesse

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del minore. Nella vicenda, i Giudici della Cassazione, hanno affermato che l'interesse delle adottate si realizzava mantenendo in essere i rapporti affettivi e le dinamiche di vita in comune che avevano costruito e consolidato nel tempo, con le compagne delle rispettive madri biologiche. Anche la Cassazione, quindi, come già alcuni Tribunali e Corti d'Appello, si è espressa favorevolmente alla stepchild adoption, nonostante, formalmente, il Legislatore non l'abbia espressamente prevista e normata.

Il ricorso all’adozione è del resto negato anche alle coppie eterosessuali non sposate ma, a differenza dell’omofobia, in questo caso il tema non è nemmeno mai arrivato alla discussione in parlamento. Il centrodestra è stato assolutamente contrario, e alcuni suoi esponenti hanno rilasciato dichiarazioni feroci: famosa quella di Ignazio La Russa, l’allora ministro della difesa, che si è chiesto se “il figlio di una coppia gay avrebbe un popò e un papà”, mentre Carlo Giovanardi, l’allora sottosegretario alla famiglia, sostenne che, in caso di legalizzazione dell’omogenitorialità, “esploderebbe il commercio di bimbi”. Anche il Partito Democratico è contrario a consentire agli omosessuali di poter adottare. La legge sulla fecondazione artificiale è un ulteriore impedimento alla possibilità di diventare genitori, visto che limita esplicitamente l’accesso alle tecniche di procreazione solo alle coppie “di sesso diverso”.

La situazione, però, non può dirsi altrettanto complicata in altri stati: l’adozione da parte di coppie omosessuali è infatti possibile, con modalità diverse da paese a paese, in Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Spagna, Svezia, e fuori dall’Europa, in Israele e in alcuni stati australiani, canadesi e statunitensi. Anche la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, con una sentenza del 24 gennaio 2008, ha riconosciuto il diritto degli omosessuali a essere genitori, condannando la Francia per aver negato a una donna la possibilità di accedere

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all’istituto dell’adozione. Una risoluzione che invita a tenere conto dell’omogenitorialità è stata, inoltre, approvata dall’europarlamento nel giugno 2015.

Qualcosa sta tuttavia cambiando anche da noi. Nel gennaio 2013 la Corte di Cassazione ha detto no al ricorso di un padre che contestava l’affidamento del figlio alla madre, ora convivente con un’altra donna, sostenendo che tale relazione avrebbe creato danni al bambino. La Suprema Corte ha invece sostenuto che si tratta di un “mero pregiudizio”, e che essere cresciuto da una coppia omosessuale “non è dannoso per il suo equilibrato sviluppo”. Nel 2014 il Tribunale dei minori di Roma ha riconosciuto a una donna l’adozione della figlia della sua partner, decisione presa una seconda volta nel 2015 e una terza e quarta, con papà gay, nel 2016. In seguito sono state numerose le sentenze del Tribunale che hanno riconosciuto la stepchild adoption, a partire da quella della Corte di Cassazione: la Corte d’Appello di Milano ha anche riconosciuto la paternità congiunta di due bambini a due uomini sposati negli Usa, entrambi padri biologici degli stessi; la Corte d’Appello di Trento ha riconosciuto la doppia paternità di un bambino, il tribunale dei minori di Firenze ha riconosciuto l’adozione, avvenuta all’estero, da parte di due padri gay. Di diverso parere, invece, il tribunale dei minori di Milano: ma la Corte di Appello ha ribaltato la decisione. Nel giugno 2017 la Corte di Cassazione ha infine ribaltato una sentenza della Corte d’Appello di Venezia, stabilendo che un bimbo avuto da due donne con la fecondazione eterologa deve risultare figlio di entrambe. con il cognome di entrambe. Un anno dopo la stessa Cassazione ha confermato il parere favorevole all’adozione reciproca dei figli di due donne. Resta il fatto che una buona legge sarebbe stata meglio di una legge che impone il ricorso ai giudici.

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Va anche aggiunto che, nel luglio 2017, si è registrato il primo caso di atto di nascita con due padri trascritto all’anagrafe senza alcun ricorso alla magistratura. Altri casi del genere si sono avuti nel 2018 in diversi comuni italiani (Torino, Roma, Catania, Gabicce). La Cassazione ha tuttavia emesso una sentenza con cui ha respinto la richiesta di una coppia che si era rivolta all’Anagrafe del Comune di Milano.

Il pieno riconoscimento dei diritti delle persone e delle coppie omosessuali è una realtà che si sta affermando, progressivamente e irreversibilmente, ma con grandissimo ritardo e con non poche difficoltà ancora da superare, nel diritto internazionale e nel diritto interno di un crescente numero di paesi. Come scrive Stefano Rodotà “nel riconoscimento delle coppie di persone dello stesso sesso il filo del diritto si fa sempre più tenace, diventa sempre più difficile tagliarlo, la parola libertà viene pronunciata e, con essa, si indica una strada senza ritorno”15.

Questo progressivo riconoscimento può essere collocato a partire dal secondo dopoguerra, periodo in cui si è affermata una concezione dei diritti fondamentali che era, ed è, caratterizzata da ombre, incertezza e ritardi rispetto agli altri paesi. Tutto ha avuto avvio, sicuramente, con l’approvazione, da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del cittadino. Nel dettaglio si possono individuare due grandi difficoltà che costituiscono l’ostacolo principale all’affermazione dei diritti fondamentali: la prima è il pregiudizio mai superato nei confronti di alcune forme di diversità: in primis l’omosessualità, ma anche la diversità culturale, la disabilità fisica e quella psichica; la seconda vede l’affermarsi di nuove forme di discriminazione (quali, ad esempio, le forme di discriminazione dei

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migranti) condizionate da avvenimenti di carattere sociale, economico e politico ma soprattutto, dalla paura o dall’incapacità di affrontarle.

Questi ostacoli ci offrono un punto di vista sia sulla difficoltà di liberarsi dalla tentazione di discriminare chi viene individuato come diverso, sia della complessità di accettare una visione dei diritti fondamentali che unisce il principio d’eguaglianza nei diritti fondamentali non solo con il diritto di tutti gli individui e di tutti i gruppi ad essere diversi ma con il diritto a ritenersi e ad essere accettati come diversi.

Nonostante il riconoscimento dei diritti degli omosessuali come singoli e come coppia sia, ormai, una realtà riconosciuta nel diritto internazionale e nel diritto interno di molti paesi, è importante sottolineare come vi siano non poche difficoltà per la loro affermazione, soprattutto per ciò che riguarda il divieto di discriminare in ragione dell’orientamento sessuale.

1.5 Principio di non discriminazione

Una base giuridica al concetto di non discriminazione in base all’orientamento sessuale è data dall’art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo16 del 1948,

all’interno del quale si trovano due indicazioni relative alla non discriminazione in genere: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese

16 Documento sui diritti delle persone, adottato dall’Assemblea Nazionale delle Nazioni Unite il 10

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o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità”; l’art. 7, invece, proibisce ogni forma di discriminazione: “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”. La maggior parte dei Trattati Internazionali contengono riferimenti non espliciti all’orientamento sessuale, ragion per cui si è reso necessario colmare questa lacuna in molti paesi, che hanno legiferato in modo da inserire in maniera esplicita una tutela diretta in casi di discriminazione per orientamento sessuale o, direttamente, omosessualità.

Gli sviluppi legislativi e giurisprudenziali circa il tema dell’omosessualità sono stati molto rapidi, infatti mentre negli anni ottanta il tema caldo dei movimenti di protesta si riferiva in prevalenza alla depenalizzazione dell’omosessualità e degli atti di sodomia, a partire dal 1989 ci fu un primo importante segnale di cambiamento con l’approvazione da parte del Parlamento danese di una prima legge sulle unioni registrate17. Per ciò che riguarda la giurisprudenza, invece, è del 1993 la decisione della Corte Suprema delle Hawaii che stabilisce che la limitazione del matrimonio alle sole coppie eterosessuali rappresenta un’illegittima discriminazione fondata sull’orientamento sessuale vietata dalla Costituzione Statale18.

17 Danish Registered Partnership Act (Registreret partnerskab), 1 giugno 1989, su cui I. Lund-Andersen,

The Danish Registered Partnership Act, 1989: Has the Act Meant a Change in Attitudes?, in R. Wintemute, A. Andenæs (edts.), Legal Recognition of Same-Sex Partnerships. A Study of National, European and International Law, Hart Publ., 2002, p. 417 sgg.

18 Michael J. Klarman; From the Closet to the Altar. Courts, Backlash and the Struggle for Same-Sex

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Un passaggio decisivo verso il riconoscimento dei diritti omosessuali ebbe luogo a Nizza in data 8 dicembre 2000 a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio Europeo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea . L’aspetto interessante della Carta lo ritroviamo nell’articolo 21 che introduce l’ambiguo principio di non-discriminazione, a tutela di qualsiasi genere di orientamento sessuale, affermando che “È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad un minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”. Pone, quindi, il divieto di discriminazione in base alle tendenze sessuali e, di conseguenza, una certa tutela giuridica assicurata per gli omosessuali anche sulle questioni di matrimonio e famiglia, infatti all’art. 7 e all’art. 9 della Carta si legge che “il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. In sostanza, quindi, le legislazioni dei singoli Stati membri avranno l’obbligo di adeguarsi e introdurre al loro interno disposizioni che garantiscano anche alle coppie dello stesso sesso di sposarsi e formare una famiglia. La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, con il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 ha assunto lo stesso valore giuridico dei trattati ed è vincolante per gli Stati Europei. L’art. 21 della Carta dei Diritti di Nizza, resa obbligatoria dal Trattato di Lisbona, traduce in termini giuridici, con il principio di non-discriminazione, la teoria del gender. Sostiene infatti che la differenza fra uomo e

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donna non deve fondarsi più sul dato oggettivo della natura, ma sulla soggettività delle tendenze e delle scelte19.

Le leggi riguardanti i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la parità dei diritti sono tra gli argomenti più discussi nella politica dei vari paesi e, sebbene i diritti degli omosessuali vengano incoraggiati e rispettati in alcune nazioni, in molti altri paesi la situazione è ben diversa. Papa Francesco, ad esempio, sembra voler adottare un approccio più aperto e meno estremista alla questione omosessuale rispetto al suo predecessore ma, sebbene quest’ultimo abbia una visione più aperta rispetto alla questione, il resto del mondo non sta seguendo la stessa linea. In Russia, ad esempio, gli adolescenti omosessuali vengono torturati e le leggi anti-omosessualità del Presidente Putin prevedono punizioni severe per chi lotta o incoraggia un’apertura verso l’omosessualità.

1.6 Adozioni omosessuali nel mondo

Ma qual è la situazione nel resto del mondo? Restano molti i Paesi in cui l’omosessualità è un reato. Secondo i dati di Ilga, sono 72 gli stati in cui l’orientamento sessuale può portare in prigione. Più di un Paese su tre al mondo. Paesi dove l’omosessualità può portare, oltre a condanne detentive (in diversi Paesi africani le pene previste superano i 14 anni, fino ad arrivare all’ergastolo), alla somministrazione di ormoni e altri trattamenti chimici. A questi 72 Paesi se ne aggiungono tre che non criminalizzano l’omosessualità ma hanno approvato leggi contro la "propaganda omosessuale": Russia, Lituania e Indonesia. Solo una la novità importante rispetto al

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2017: lo scorso 12 aprile, l'Alta Corte di Trinidad e Tobago ha dichiarato incostituzionali gli articoli del codice penale che criminalizzano i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso. Un verdetto definitivo è atteso nei prossimi mesi, ma il governo ha annunciato che ricorrerà in appello. In 13 Paesi è prevista la pena di morte per rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso. Come riporta Ilga, sono sei gli Stati in cui viene applicata, quattro a livello nazionale (Iran, Arabia Saudita, Yemen e Sudan) e due in determinate province (Somalia e Nigeria). Il numero sale ad otto se si considerano anche alcune zone dell’Iraq e della Siria occupate dall’Isis. In altri cinque stati (Afghanistan, Pakistan, Qatar, Emirati Arabi e Mauritania) la pena di morte è prevista per legge ma non viene utilizzata e vengono applicate pene inferiori. Lo scorso ottobre il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu ha approvato per la prima volta una risoluzione che condanna l'imposizione della pena di morte per rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso.

In molti paesi, quali Inghilterra e Galles fino al 1967 o negli Stati Uniti, le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale sono continuate a perpetrarsi punendo l’omosessualità come reato.

Mentre si può dire che l’occidente, seppur lentamente, progredisca, quasi la totalità dei paesi africani, del Medio Oriente e decine di altri stati che guardano al sud est del mondo credono che l’omosessualità sia contro natura e sbagliata. Tra questi paesi, però, grazie ad una sentenza storica della Corte Suprema, non ci sarà più l’India. La Corte ha depenalizzato l'omosessualità, cancellando la sezione 377 del Codice Penale20 che da

20 L'articolo 377 o sezione 377 del codice penale in 42 ex colonie britanniche criminalizza i rapporti

omosessuali. Venne ideata da Thomas Macaulay nel 1838 ed entrò in vigore nel 1860 a opera delle autorità coloniali del Raj britannico inserita nella sezione 377 del codice penale indiano. Questa legge fu usata come modello per le leggi sulla sodomia in molte altre colonie britanniche, in molti casi con lo stesso numero di sezione.

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157 anni puniva come "Offese contro natura" questi comportamenti21. Questa sentenza arriva dopo anni di lotte che hanno visto la comunità LGBTQ in prima linea per il riconoscimento di questo diritto, nonostante la decisione di depenalizzazione fosse stata già presa dalla Alta Corte di Delhi, del 2009, la sentenza fu poi cancellata nel 2013 dalla stessa Corte Suprema, per poi tornare in agenda nel 2017. Fino alla sentenza del 7 settembre 2018, in India, la condanna prevista per un reato di omosessualità era fino a dieci anni di reclusione.

In Africa sono 38 gli stati in cui l’omosessualità è da considerarsi un reato e le pene sono variabili a seconda della nazione. In Nigeria, ad esempio, è sufficiente essere sostenitori di associazioni gay per rischiare la reclusione, in Uganda si rischia la pena dell’ergastolo, in Marocco è prevista una detenzione dai 6 mesi ai 3 anni e in Camerun oltre alla detenzione (5 anni) è previsto il pagamento di una multa. Sanzioni penali sono previste poi in Senegal, in Somalia, in Zambia, in Zimbawe e in Tunisia, dove l'omosessualità, seppur illegale, è tollerata. Inoltre sono previste pene pecuniarie anche a Singapore, in SriLanka, Swaziland, Turkmenistan, Uzbekistan e in Russia. Negli stati musulmani la situazione non è migliore, infatti nella stragrande maggioranza di questi vige la Shari’a22, che prevede la morte per chi, oltre a compiere adulterio, è anche

omosessuale. La condanna a morte è prevista in Iran, Yemen; Emirati Arabi Uniti, Mauritania e Pakistan. In Bangladesh la condanna prevista è l’ergastolo mentre nel sultanato del Brunei e in Afghanistan vige la lapidazione in pubblica piazza. In Arabia Saudita, infine, prima della definitiva condanna a morte si subisce il carcere,

21 https://factly.in/tracing-the-history-of-ipc-section-377/

22 Da vocabolario Treccani: Legge sacra dell’islamismo, basata principalmente sul Corano e sulla sunna o

consuetudine, che raccoglie norme di diverso carattere, fra le quali si distinguono quelle riguardanti il culto e gli obblighi rituali da quelle di natura giuridica e politica; di quest’ultimo gruppo fanno parte le prescrizioni che regolano la conduzione della guerra santa.

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l’amputazione di parti anatomiche, la lapidazione e l’internamento in strutture psichiatriche.

“L'omosessualità è sempre stato un argomento fortemente controverso all'interno della comunità psicoanalitica, che ha a lungo l'ha ritenuta una patologia. Solo nelle ultime decadi, influenzata dal cambiamento del clima culturale e dall'evidenza delle trasformazioni sociali in atto, che hanno portato tra l'altro alla cancellazione della categoria psicopatologica dal DSM IV, gli psicoanalisti hanno cominciato a rivedere le proprie teorie confrontandosi sulle questioni dell'identità di genere e delle diverse sessualità. Si è così evidenziata l'esigenza di disporre di teorie dello sviluppo adeguate, che non prescindano da quelle considerazioni che dimostrano come orientamento sessuale e salute mentale siano dimensioni indipendenti della personalità, e la convinzione che il nostro interesse vada piuttosto rivolto al modo in cui le possibili declinazioni della sessualità si integrano nel contesto del funzionamento mentale complessivo della persona23.”

Attualmente nel panorama psicoanalitico coesistono vari, differenziati, orientamenti, tra cui numerosi autori, anche appartenenti a modelli teorici diversi, che si riconoscono nella convinzione che le omosessualità rappresentino configurazioni tra loro diversificate e costituiscano uno dei possibili esiti dello sviluppo sessuale umano. Viene in questo modo messa in evidenza l'esistenza di una "omosessualità costituzionale sana24". Nella letteratura psicoanalitica anglofona e americana in particolare, negli ultimi quindici anni, l'interesse sulla questione ha prodotto un significativo aumento di contributi psicoanalitici aperti ai temi della genitorialità omosessuale. In Francia, dove per altro la legislazione ha recentemente riconosciuto il matrimonio alle coppie

23 https://www.sppscuoladipsicoterapia.it 24 Lingiardi Capozzi 2004

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omosessuali, Naziri e Feldelzon25 osservano come sono piuttosto i sociologi della famiglia e gli antropologi ad aver mostrato maggiore interesse per l'omogenitorialità, mentre gli psicoanalisti, pur coinvolti nel dibattito pubblico che ha accompagnato i cambiamenti legislativi, hanno mostrato posizioni ideologiche fortemente diversificate e contrastanti, anche in ragione dell'influenza delle teorie lacaniane 26 sulle argomentazioni contrarie alla legittimazione della genitorialità omosessuale. In una prospettiva clinica, la funzione di una riflessione su questi temi non sembra tanto quella di argomentare per sostenere una posizione favorevole o contraria alla genitorialità omosessuale, che comunque esiste ed esisterà a prescindere dalle nostre convinzioni e rischia di ridursi ad una difesa di posizioni ideologiche di retroguardia. Poiché le famiglie con genitori dello stesso sesso esistono, l'aspetto su cui concentrare ricerca e approfondimento appare quello di comprenderne funzionamento, bisogni ed eventuali difficoltà, in modo da determinare i modi per supportarle. In questi ultimi anni grazie agli studi sullo sviluppo dell'identità di genere è stata approfondita la comprensione dei processi intrapsichici ed interpersonali attraverso i quali i bambini figli di genitori eterosessuali sviluppano le loro identità sessuali. Un ulteriore importante ampliamento delle nostre conoscenze può prodursi a condizione di poter contare su un'attitudine orientata ad una autentica curiosità scientifica, non guidata da motivazioni ideologiche, per mettere a fuoco le questioni sollecitate da una coppia di genitori dello stesso sesso in bambini che pure dispongono di modelli di riferimento di genere sessuale diversificati, nelle famiglie allargate e a livello sociale. Non continuare a presumere che i bambini

25 Naziri, D., Feldelzon, E. (2012): Becoming A Mother By "AID" Within A Lesbian Couple: The Issue

Of The Third, The Psychoanalytic Quarterly, 2012 Volume LXXXI, Number 3.

26 La psicoanalisi lacaniana consiste nell’opera di rilettura e interpretazione del testo freudiano in chiave

strutturalista dell’instancabile psichiatra e psicoanalista Jacques Lacan (1901-1981). Convinto di aver ripristinato l”’insegnamento originario” di Sigmund Freud, è al contrario considerato da molti un suo radicale innovatore.

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crescano esclusivamente in famiglie identiche alla generica configurazione padre-madre-bambino sulla quale Freud fondò la sua originale teoria della sessualità permette di prestare una precisa attenzione anche a se e in che modo lo sviluppo dei bambini può essere influenzato dal genere e dall'orientamento sessuale dei loro genitori, se esistono e come si configurano specifiche dinamiche di sviluppo all'interno delle loro famiglie e quali fattori le influenzano. Gli studi che si sviluppano in questa direzione affrontano quello che può essere definito il "laboratorio sociale" costituito dalle famiglie omogenitoriali27 nel tentativo di comprendere, oltre gli aspetti citati, come siano organizzate le relazioni familiari, come incidano sulla genitorialità l'omofobia internalizzata e la complessità del riconoscimento legale della co-genitorialità, come siano distribuiti i ruoli genitoriali, quali siano le implicazioni della procreazione assistita e che impatto tutto ciò abbia sul funzionamento psichico e il sentimento di identità delle persone coinvolte28”.

Le pressioni di Francia e Olanda per una deliberazione dell’Onu in favore di una depenalizzazione universale dell’omosessualità , considerata reato 76 paesi, in 5 dei quali è prevista la pena capitale, ha incontrato una iniziale netta opposizione del Vaticano e l’astensione, fra gli altri, degli Stati Uniti. Da allora si sono succeduti tre anni di scontri e polemiche fino al 14 luglio del 2011, giorno in cu il Consiglio dei diritti umani dell’Onu è giunto all’approvazione della Risoluzione sui diritti umani, l'orientamento sessuale e l'identità di genere nel quadro delle Nazioni Unite (17/19). Il 17 giugno 2011 il Consiglio per i Diritti Umani dell'ONU29, ha adottato la risoluzione

27 Naziri e Feldelzon 2012

28 www.sppscuoladipsicoterapia.it

29 Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite è un organismo delle Nazioni Unite (UNHRC,

in inglese United Nations Human Rights Council), con sede a Ginevra; organo sussidiario dell'Assemblea generale, lavora a stretto contatto con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Dal 15 marzo 2006 ha sostituito la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il Consiglio per i

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17/19. La risoluzione, importante in quanto si tratta della prima adottata da un organismo ONU, condanna la violazione dei diritti umani delle persone facenti parte della comunità LGBTQ; sottolinea il ruolo della Commissione nella tutela universale dei diritti umani a prescindere dalle caratteristiche personali degli esseri umani; prescrive la realizzazione di un’analisi delle leggi che nel mondo discriminano le persone LGBTQ, sulle pratiche e sugli atti di violenza di cui sono vittime; infine chiede di indicare gli strumenti che il diritto internazionale può approntare per porre fine alla violazione dei diritti umani delle persone LGBTQ.

Nonostante la svolta raggiunta con il divieto di discriminare in ragione dell’orientamento sessuale previsto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il suo art. 9 rinvia alle leggi nazionali, e stabilisce che “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Quest’ultimo si basa sull'articolo 12 della CEDU, che stabilisce che: “A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto”. Questo articolo è stato modificato al fine di regolare anche i casi in cui le legislazioni nazionali riconoscano modi alternativi al matrimonio per costituire una famiglia.

L'articolo non vieta ma né tantomeno impone l’assegnazione di uno status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso, quindi questo diritto è pressoché identico a quello previsto dalla CEDU, ma la sua portata è molto più estesa qualora la legislazione nazionale lo preveda.

diritti umani costituisce uno dei tre organi per i diritti umani basati sulla Carta delle Nazioni Unite, assieme all'Esame Periodico Universale e alle Procedure Speciali.

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1.7 Famiglie arcobaleno

La mappa dei diritti delle famiglie omosessuali nell’Unione Europea è ricca di sfumature e, possiamo dire, si trova divisa in due gruppi: i paesi nordici, che sono stati i primi a riconoscere i diritti della coppie omosessuali con leggi approvate dai rispettivi parlamenti; e i paesi dell’est, tra gli ultimi ad entrare a far parte dell’Europa. Tra questi vediamo la Bulgaria, la Lettonia, la Lituania, la Slovacchia, la Romania e la Polonia, tutti paesi all’interno dei quali non sono riconosciute le unioni civili tra persone dello stesso sesso e non è prevista nessuna disciplina né tutela dei rapporti di filiazione omogenitoriale. In Francia, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Irlanda, Olanda, Belgio e Lussemburgo, invece, viene riconosciuta piena uguaglianza.

L’istinto alla genitorialità è insito nella natura umana, al punto che, arrivati ad un certo punto della vita, tutti gli individui compiono una riflessione a tal proposito. Per ciò che riguarda le coppie eterosessuali vi è sempre stato, fino a pochi decenni fa, un legame imprescindibile tra matrimonio e filiazione al punto che, omosessuali e lesbiche contraevano matrimonio, spesso di convenienza, per avere figli in quanto unica soluzione possibile. Dalla fine degli anni ’60, però, la concezione di famiglia è andata lentamente a modificarsi al punto di cambiare il modo di concepire la famiglia e l’essere genitore: divorzio, contraccezione, procreazione assistita, uguaglianza tra i sessi e l’avvento di internet e dei nuovi mezzi di comunicazione hanno permesso la connessione tra persone di diverse nazioni con sogni e idee comuni. Nella società moderna, infatti, concetti come sessualità, procreazione e filiazione non sono più strettamente interconnessi come prima, e, nel caso specifico in Italia, sono nate diverse associazioni di accoglienza e orientamento alla genitorialità di omosessuali e lesbiche,

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al contrario di alcuni anni fa in cui le parole omosessualità e genitorialità difficilmente potevano coesistere nella stessa frase. Tuttavia, però, non si è avuto un totale superamento di questi pregiudizi, al punto che esistono tutt’oggi alcuni siti frequentati da omosessuali che organizzano incontri al fine di creare unioni con lo scopo di procreare e crescere dei figli. Ne è un esempio il sito gaylesbianMOC.com, un sito in lingua inglese che permette l’incontro di persone americane e australiane con lo scopo di combinare matrimoni di facciata e di concepire e crescere dei figli30.

1.8 Studi e indagini

In uno studio condotto da Arcigay (“la principale associazione LGBTQI italiana senza scopo di lucro e la più grande per numero di volontar* e attivist* su tutto il territorio nazionale. E’ un’associazione di promozione sociale (APS) iscritta al registro nazionale delle APS con il numero 115 (L. 383/2000). Dal 1985 si batte per la parità dei diritti, l’autodeterminazione, il superamento di stereotipi e pregiudizi nei confronti delle persone LGBTQI, e contro ogni forma di discriminazione. Opera su tutto il territorio nazionale attraverso i suoi 72 comitati territoriali e associazioni aderenti, grazie alla partecipazione di migliaia di volontar* e attivist*, persone LGBTQI e non, che sono mobilitat* per dare concretezza agli obiettivi e alle attività dell’associazione sia a livello locale sia a livello nazionale31”), ha rivelato che nel 2005, in Italia, vivevano almeno 100°000 tra bambini e ragazzi con almeno un genitore omosessuale. Questi, nella maggior parte dei casi, sono nati da una relazione eterosessuale all’interno del

30 “Welcome to GayLesbianMOC.com ! Whether you are a gay seeking a lesbian for marriage, or, a

lesbian seeking a gay for marriage, we believe that you will definitely be able to find your perfect match here in GayLesbianMOC.com, the world's no. 1 site, in matchmaking gays with lesbians for Marriage of Convenience (also known as Lavender Marriage)”.

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matrimonio e non sono informati circa la sessualità dei genitori anche se, come ci insegna la psicanalisi, probabilmente inconsciamente ne sono del tutto al corrente. Oramai, comunque, il concetto è chiaro: in Occidente la nascita e la cura dei figli è sempre meno legata al concetto padre e madre/ uomo e donna, i figli si fanno da soli, in due, in tre o in quattro, quando ai genitori si aggiungono anche quelli biologici o le madri surrogate; per non parlare delle genitorialità condivise, delle mamme single e delle famiglie ricomposte. La concezione della famiglia è cambiata, contrariamente al diritto che è fermo su posizioni di difficile adattamento al nuovo concetto di genitorialità. Fino agli anni settanta ciò che rendeva tale una famiglia era unicamente il matrimonio. Il sessantotto, però, ha dato avvio a quel processo di cambiamento che ha visto crollare la struttura della famiglia come luogo sacro e ciò che ne è conseguito non è un’inderogabile fine dei valori legati alla famiglia, ma bensì la costruzione di nuovi valori basati sul valore della coppia che può farsi, disfarsi, rifarsi e trasformarsi senza però perdere le prerogative sui figli e su valori come la parità dei sessi e la responsabilità personale.

Un’indagine condotta dall’ISTAT32 fa emergere come il processo di semplificazione

delle famiglie avvenuto in Italia continua a far registrare una crescita del numero delle famiglie e una corrispondente riduzione del numero dei componenti del nucleo, un aumento del numero di famiglie unipersonali e una contrazione di quelle numerose. In un arco di tempo di vent’anni emerge che le famiglie sono passate da 21 milioni (1996/1997) a circa 25 milioni (2016/2017), tuttavia ciò che è cambiato è il numero medio di componenti per famiglia che è sceso da 2,7 a 2,4 nel periodo di riferimento. Nello stesso periodo si è avuto un aumento delle famiglie unipersonali dal 20,8% al

32 IStat è la banca dati, sempre aggiornata, delle statistiche correntemente prodotte dall’Istituto nazionale

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31,9% , di contro le famiglie numerose hanno subito un calo come dimostrato dal

grafico:

Una famiglia su tre, quindi, è costituita da una sola persona e ciò è una conseguenza delle trasformazioni demografiche che hanno investito il nostro paese, tra le quali il calo delle nascite, l’accelerazione del processo di invecchiamento, aumento di separazione e divorzi e i nuovi scenari migratori.

Per quanto riguarda le percentuali di persone che si rivolgono ai centri per la fecondazione assistita, è stata trasmessa al Parlamento il 30 giugno 2017 la “Relazione annuale sullo stato di attuazione della Legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita”, relativa all’attività e ai finanziamenti dei centri PMA nell’anno 2016. Questa relazione conferma la tendenza a praticare la fecondazione assistita nei centri pubblici e privati convenzionati, pur essendo in numero decisamente inferiore rispetto ai centri privati. Quest’ultima mostra, inoltre, un maggior numero di cicli di Pma (Procreazione medicalmente assistita) dovuto sia all’aumento e miglioramento delle tecniche di crioconservazione che ai cicli con donazione di gameti. Nel 2016 sono state trattate 72.072 coppie sia con tecniche di I livello (inseminazione semplice) sia di

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II e III livello (fecondazione in vitro), i cicli iniziati sono stati 91.409 e i bambini nati vivi sono stati 12.125, rappresentando il 2,5% di tutti i nati vivi in Italia nel 2016 (dato che sale al 2,9% se a queste tecniche aggiungiamo quelle con donazione di gameti). I numeri sono sostanzialmente invariati rispetto al 2015. Dato positivo quello del calo delle gravidanze gemellari e trigemine, mentre resta stabile l’età media delle donne che si rivolgono alle tecniche di Pma a fresco senza donazione di gameti: 36,8 anni, mentre la percentuale di donne con 40 anni o più che afferiscono a queste tecniche è in constante aumento e nel 2016 rappresenta il 35,2%”33. Concepire, quindi, fuori dal letto

coniugale non è più una realtà così astratta.

La legge 40 del 2004 vieta il ricorso alla fecondazione eterologa, ma ciò non impedisce a migliaia di coppie e single italiani di praticare il cosiddetto turismo procreativo. Si stima infatti che “Spagna, Svizzera e Repubblica Ceca sono le destinazioni più gettonate dai quattromila e duecento italiani che cercano un figlio all’estero. Duemila i ricorsi all’eterologa, secondo i dati presentati lo scorso 25 novembre 2011 a Bologna34

La ricerca, tuttavia, si riferisce ai risultati ottenuti da un’indagine svolta su 27 centri collocati in Europa e negli Stati Uniti, ora i centri sono cresciuti in maniera esponenziale. Non ci sono darti circa la situazione italiana ma, se li confrontiamo con i dati relativi alla Francia, simile per popolazione e stile di vita, emerge che all’inizio degli anni settanta circa 50.000 bambini sono stati concepiti grazie ai doni di gameti esterni, e a questi numeri è necessario aggiungere i figli delle coppie omosessuali concepiti all’estero.

33 www.epicentro.iss.it

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Alla luce di ciò emerge la necessità di verificare se progresso scientifico e tutela dei diritti procedano di pari passo. Una ricerca dell’AIP35 del marzo 2011 afferma che:

L‟Associazione Italiana di Psicologia ricorda che le affermazioni secondo cui i bambini, per crescere bene, avrebbero bisogno di una madre e di un padre, non trovano riscontro nella ricerca internazionale sul rapporto fra relazioni familiari e sviluppo psico-sociale degli individui.

Infatti i risultati delle ricerche psicologiche hanno da tempo documentato come il benessere psico-sociale dei membri dei gruppi familiari non sia tanto legato alla forma che il gruppo assume, quanto alla qualità dei processi e delle dinamiche relazionali che si attualizzano al suo interno. In altre parole, non sono né il numero né il genere dei genitori - adottivi o no che siano - a garantire di per sé le condizioni di sviluppo migliori per i bambini, bensì la loro capacità di assumere questi ruoli e le responsabilità educative che ne derivano.

In particolare, la ricerca psicologica ha messo in evidenza che ciò che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare che i genitori forniscono loro, indipendentemente dal fatto che essi siano conviventi, separati, risposati, single, dello stesso sesso. I bambini hanno bisogno di adulti in grado di garantire loro cura e protezione, insegnare il senso del limite, favorire tanto l’esperienza dell’appartenenza quanto quella dell’autonomia, negoziare conflitti e divergenze, superare incertezze e paure, sviluppare competenze emotive e sociali.

L‟Associazione Italiana di Psicologia invita i responsabili delle istituzioni politiche, sociali e religiose del nostro paese a tenere in considerazione i risultati che la ricerca scientifica ha prodotto sui temi in discussione36”. L'indice Rainbow Europe prende in

35 www.aipass.org 36 www.aipass.org

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considerazione diversi indicatori per misurare l'avanzamento dei diritti delle persone LGBTQI, classificando i Paesi in base a sei categorie: uguaglianza e non discriminazione, diritto di famiglia, crimini d'odio e hate speech, riconoscimento legale di genere (che include il diritto di cambiare legalmente sesso), libertà di espressione e associazione, e diritto d'asilo per persone LGBTQI perseguitate nei Paesi di origine. Gli stati che fanno meglio in Europa secondo questi criteri sono Malta (91%, al primo posto), seguita da Belgio, Norvegia, Gran Bretagna e Finlandia. In generale, fanno bene i Paesi scandinavi e dell’Europa centrale, mentre tra i peggiori ci sono i Paesi dell’Est Europa e dell’ex Unione Sovietica. È proprio in questo gruppo che va a collocarsi l’Italia, preceduta da Cipro e Slovacchia e seguita da Georgia, Bulgaria e Romania. Preoccupante la situazione in Russia e Turchia, tra i peggiori, rispettivamente al 45esimo e al 47esimo posto sui 49 totali. In Italia, ancora oggi, si sente parlare troppo spesso di donne vittime di violenze, di casi di omofobia e di ragazzi perseguitati dal bullismo. Fenomeni distanti tra loro ma che sono legati da un unico filo invisibile che racchiude in sé una delle violazioni dei diritti umani più grave: la discriminazione. Ma cosa ne pensano i nostri connazionali dell’incidenza di questi fenomeni in Italia e nel mondo? Amnesty International per rispondere a questa domanda presenta l’inedita indagine “Gli Italiani e le discriminazioni37”, realizzata in collaborazione con Doxa, per fotografare il pensiero dei nostri connazionali su questi fenomeni in Italia e nel mondo. Lo studio,realizzato su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (18-70 anni), è stato presentato oggi dall’Organizzazione che dà così il via alla campagna di raccolta fondi con il 5×1000. La legge che istituisce le unioni civili per le coppie formate da persone dello stesso sesso, approvata a maggio 2016 dal Parlamento,

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è considerata come un passo di civiltà per 1 Italiano su 2, che vede un reale cambiamento nei diritti delle persone omosessuali negli ultimi anni. L’86% degli Italiani pensa che le persone omosessuali debbano avere gli stessi diritti degli altri, dato in aumento rispetto al 72% di una ricerca pubblicata nel 201638. Ma per le coppie

omosessuali c’è ancora tanto da fare e questo viene confermato da 1 Italiano su 5 per cui, nonostante i progressi fatti, le coppie omosessuali sono ancora vittime di omofobia. “Le discriminazioni, in ogni loro forma, sono ancora oggi all’ordine del giorno e sappiamo che c’è ancora tanto da fare . La nostra organizzazione si impegna quotidianamente per contrastare questi fenomeni, sensibilizzando l’opinione pubblica e le istituzioni e creando progetti specifici. I risultati della nostre azioni iniziano a vedersi e questo viene confermato dall’indagine Doxa, in cui emerge una maggiore consapevolezza dei nostri connazionali che vedono un cambiamento o, quanto meno, si iniziano a rendere conto del problema39”.

Valutazioni e sensazioni confermate dai preoccupanti dati sulle discriminazioni in Italia. Infatti, nel 2017, dei 355 omicidi commessi, 140 sono femminicidi40. Sebbene il numero degli omicidi commessi nell’ultimo anno sia diminuito dell’11% dal 2016, e del 25% negli ultimi 4 anni, il numero dei femminicidi è rimasto invariato. Ma le donne non sono le uniche a subire discriminazioni. Il 40,3% delle persone LGBTQI, infatti, afferma di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24% a scuola o in università mentre il 22% sul posto di lavoro41. In molti casi, discriminazioni e violazioni dei diritti umani avvengono già tra i ragazzi. In Italia, un ragazzo o una ragazza su 2, tra gli 11 e i

38 Rapporto ILGA (The International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association), sviluppato

tra dicembre 2015 e gennaio 2016 e pubblicato a ottobre 2016.

39 Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia

40 Dati del Ministero dell’Interno relativi alla sicurezza in Italia nel 2017.

41 Relazione luglio 2017 della Commissione Parlamentare Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il

(36)

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17 anni, ha subito episodi di bullismo e circa il 20% ne è vittima assidua, cioè subisce prepotenze più volte al mese

42

Eppure, nonostante le statistiche facciano emergere una realtà abbastanza promettente ed in continua evoluzione in tutta l’Europa, per ciò che riguarda famiglie e coppie omosessuali c’è ancora resistenza ed opposizione contro ciò che viene visto come una forma di ribaltamento dell’ordine costituito. Vi sono vari esempi di una resistenza forte che mostra il rifiuto di avvicinarsi alle questioni calde che si fanno sempre più prepotentemente spazio nelle vite e nella quotidianità delle persone, e sono questioni importanti quelle che vengono portate avanti dai genitori omosessuali, domande che impongono riflessioni dure e profonde: cos’è un genitore, un figlio, una famiglia? Cos’è un donatore? Cosa significa essere una coppia? Essere un genitore, una madre, un padre? Dove si impara l’essere un genitore? Rispondere a queste domande non è affatto

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