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La Cassa di risparmio della Provincia di Chieti è nata nel 1862 a Chieti con un decreto di Vittorio Emanuele II. Tale denominazione è stata acquisita successivamente al processo di aggregazione avvenuto nella prima metà del 1900; si chiamava originariamente Cassa di Risparmio Marrucina. Nel 1928-29 vengono aperte numerose filiali e, circa dieci anni dopo, viene incorporata la Cassa di Risparmio di Guardiagrele e le tre filiali di Fara Filiorum Petri, Orsogna e Rapino. Dopo il secondo conflitto mondiale riprende l’apertura di nuove filiali e con il tempo si assiste al consolidamento della presenza dell’istituto sul territorio. Cassa di Risparmio di Chieti partecipa attivamente allo sviluppo industriale delle zone limitrofi a Chieti, contribuendo fattivamente alla costituzione del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Val Pescara, quindi del Nucleo di Industrializzazione del comune di Vasto, del Sangro e dell’Aventino.

Fra il 1970 e il 1980 la banca registra una forte crescita e si impegna nello sviluppo della cultura con opere di beneficienza e di pubblica utilità. Arricchisce il patrimonio artistico di proprietà con l’acquisto di più di 500 opere d’arte tra quadri e sculture.

Negli anni a cavallo tra il 1980 e il 1990 si adopera per implementare una rete di servizi funzionale e rispondente alle esigenze della clientela e consolida il patrimonio immobiliare con l’acquisto del vasto complesso di Chieti Scalo dove viene trasferita la Sede degli uffici di Presidenza e Direzione Generale.

Nel 1990 l’azienda bancaria viene trasferita alla costituenda società denominata Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti con capitale sociale iniziale di 80 miliardi di lire detenuto per l'ottanta per cento dall'omonima Fondazione e per il venti per cento dal Gruppo Intesa Sanpaolo.

Il gruppo CariChieti era composto, oltre che dalla capogruppo, dalla società Flashbank insediata a Milano e da due società minori. Nel passaggio agli anni 2000, segnato da profonde trasformazioni, CariChieti continua ad espandersi e registra un trend di crescita considerevole. Attua un intenso piano di sviluppo territoriale, irradiandosi nel territorio con l'apertura di nuove succursali e il posizionamento in nuove zone operative fuori regione, a Roma, Perugia, Milano e Potenza.

Le ispezioni effettuate dalla vigilanza corredate dalle relative informazioni di bilancio

I primi segnali di allarme si sono verificati nel luglio 2009, dove un’ispezione “generale” segnalava debolezze nella governance e la mancanza di adeguati presidi al rischio di credito e al rischio di liquidità e che vi erano carenze nell’organizzazione, nei controlli e nel processo del credito. Infatti i prestiti deteriorati erano superiori alla media, 12,5% dei crediti totali contro il 9,1% della media del sistema.

La Cassa di Risparmio di Chieti riteneva che le difficoltà riscontrate nell’attività svolta fossero riconducibili alla crisi finanziaria piuttosto che a carenze interne; da ciò si evince che mancava la consapevolezza dei rischi a cui l’ente era esposto.

Nell’aprile 2010 la Vigilanza avviava un’ispezione “generale” sulla controllata Flashbank per valutare il suo impatto sulla Capogruppo e constatava che i prestiti venivano concessi nei confronti di pochi soggetti e per un ammontare elevato piuttosto che alla pluralità delle famiglie e delle imprese di piccole e medie dimensioni per importi di ridotto ammontare, quale era la mission originaria. I crediti deteriorati del gruppo erano il 26,2% del totale rispetto al 9,9% di media del sistema.

La Vigilanza raccomandava, sul finire del 2010, la semplificazione della struttura del Gruppo mediante incorporazione in Carichieti della controllata Flashbank il cui amministratore delegato era anche il Direttore Generale della controllante. Tuttavia ciò non avveniva subito ma bisognava giungere al luglio 2011 per vedere realizzata tale incorporazione. Per quanto riguarda il comparto crediti al 31 dicembre 2011 residuavano crediti non performing per complessivi 5,3 milioni di euro netti di cui 109 posizioni con garanzie ipotecarie e 954 posizioni chirografarie. L’incremento si era verificato con particolare riferimento alla categoria delle sofferenze (vedi Tabella 3.21).

Tabella 3.21

Distribuzione delle esposizioni creditizie per portafogli di appartenenza e per qualità creditizia

Fonte: Nota integrativa al Bilancio Consolidato CariChieti 2011.

L’adeguatezza patrimoniale era rispettata, il Tier 1 Capital ratio passa all’8,30% da 6,90% del 2010 e il Total Capital ratio al 10,73% dal 10,30% del 2010.

Nel corso del 2012 viene iniziata una nuova ispezione “generale” che evidenzia un peggioramento della situazione aziendale: irregolarità nelle scelte dell’ex Direttore Generale, al quale era stato attribuito, nel frattempo, un incentivo all’esodo di 3 milioni di euro, un finanziamento di 6 milioni di euro concesso fin dal novembre 2010 alla Fondazione controllante rimborsabile con presunti futuri dividendi della Cassa, tutti elementi che denotavano un indebolimento della governance con i conseguenti rischi operativi e di reputazione. L’ispezione attestava crediti deteriorati al 21,2% contro una media del sistema del 13,5%.

Intanto le sofferenze aumentavano cospicuamente nel 2012 e nel 2013 (vedi Tabella 3.22)e, per meglio presidiare la qualità degli attivi creditizi, erano state effettuate, nel corso del 2013, rettifiche di valore su crediti per oltre 83 milioni di euro (+72,3% rispetto al 2012) che hanno impattato sulla redditività complessiva portando ad una perdita netta dell’esercizio di 11,4 milioni contro 7 milioni di utili nel 2012.

Tabella 3.22

Distribuzione delle esposizioni creditizie per portafogli di appartenenza e per qualità creditizia.

Fonte: Nota integrativa al Bilancio CariChieti 2013.

Le risposte date all’Organo di Vigilanza risultavano per lo più lacunose e poco consapevoli della gravità dei rischi che l’intero Gruppo correva. Per risollevare la redditività, la banca puntava sulle politiche commerciali efficienti, sulla “ristrutturazione” dei prodotti e servizi offerti, sull’ottimizzazione dei costi e dei processi operativi mediante maggiore efficienza tecnico-operativa. La revisione della struttura operativa aveva portato ad una riduzione in tre anni di spese amministrative per 4 milioni in linea con quanto prescritto da Banca d’Italia in tema di razionalizzazione organizzativa e miglioramento dell’efficienza interna.

All’inizio del 2014 viene avviata un’ulteriore ispezione generale la quale svela la reale situazione di crisi della banca: crediti deteriorati che passano in breve tempo dal 19% al 32% degli impieghi, dotazione patrimoniale appena sufficiente a coprire il livello minimo di Total Capital ratio, gravi irregolarità nella gestione quali il rinvio della scritturazione in bilancio di perdite su crediti, l’omissione o l’inesattezza delle informazioni comunicate alla Vigilanza e l’utilizzo anomalo della categoria degli incagli.

Le cause della crisi aziendale

Le motivazioni alla base della crisi aziendale di Cassa di Risparmio di Chieti Spa sono per lo più le stesse che hanno riguardato le altre due banche già trattate in questo capitolo. Alla base abbiamo la governance che ha operato senza seguire un modello di gestione sano e prudente.

Ricordiamo che il capitale sociale era detenuto per l’80% dall’omonima Fondazione la quale adottava una strategia volta alla conservazione dell’autonomia piuttosto che mostrare una certa apertura a soluzioni aggregative; questo ha inciso negativamente sul futuro dell’ente. Da qui è derivata una scadente qualità del credito che dal 2007 al 2013 ha visto crescere i prestiti deteriorati fino a raggiungere il 29% del totale contro il 16% in media del sistema bancario italiano(vedi Tabella 3.23).

Tabella 3.23

Qualità del credito CariChieti dal 2007 al 2013 (milioni di euro e valori percentuali)

Fonte: Segnalazioni di vigilanza consolidate (BARBAGALLO, Cassa di risparmio di Ferrara Banca delle Marche Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, 2017).

Anche per Carichieti il settore di maggiore esposizione era quello edilizio, il 42% dei crediti nei confronti delle imprese di costruzioni erano deteriorati.

Dalla tabella seguente si può notare che il credito era concentrato soprattutto nei confronti di imprese del sud pur essendo una banca di piccole dimensioni e di matrice locale. Politiche del credito “facili” venivano anche realizzate dalle società controllate quali Flashbank.

Tabella 3.24

Qualità del credito Banca Carichieti (dicembre 2013; migliaia di euro e valori percentuali)

Fonte: Segnalazione di vigilanza non consolidate (BARBAGALLO, Cassa di risparmio di Ferrara Banca delle Marche Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, 2017).

Altro problema che possiamo far rientrare tra le cause della crisi è collegato alla vendita di obbligazioni subordinate alla clientela retail: soltanto 3 emissioni obbligazionarie (subordinate) del valore di 25 milioni sono state offerte dalla clientela su prospetti informativi approvati dalla Consob nel 2011 e nel 2013 mentre le restati emissioni effettuate non erano assoggettate all’obbligo di approvazione.

Come è stata gestita la crisi aziendale

La crisi aziendale è stata gestita, in un primo momento, attraverso l’amministrazione straordinaria durata per un periodo di circa quattordici mesi. Il 5 settembre 2014 il Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta di Banca d’Italia, emanava il decreto n.317 con il quale disponeva lo scioglimento degli organi con funzione di amministrazione e controllo e, l’Autorità di Vigilanza, il 16 settembre dello stesso anno, nominava il Commissario straordinario e i componenti del Consiglio di Sorveglianza.

Non sono chiari i motivi del commissariamento: gli indicatori di adeguatezza patrimoniale erano rispettati, non vi erano deficit di patrimonio e non vi erano difficoltà nella gestione della liquidità. L’unica motivazione riscontrata faceva riferimento a gravi irregolarità amministrative e gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie ai

sensi dell’articolo 70 comma 1 lettera a) TUB; non si trattava di una banca in stato di insolvenza. Le condizioni della Cassa di Risparmio di Chieti erano peggiorate a seguito della gestione commissariale dove, nell’accertare la situazione aziendale, era emerso un grave peggioramento rispetto agli esiti degli accertamenti ispettivi: il portafoglio crediti richiedeva ingenti rettifiche di valore e questo portava all’abbattimento della dotazione patrimoniale. In seguito a ciò gli indicatori di adeguatezza patrimoniale andavano sotto i livelli minimi attestandosi, il Tier 1 ratio, al 5,5% e, il Total Capital ratio, al 6,4% e il patrimonio netto contabile al 31 dicembre 2014 dimezzato a 99 milioni.

La Fondazione Cassa di risparmio di Chieti non disponeva dei mezzi finanziari per effettuare un’adeguata ricapitalizzazione e restituire la banca alla normalità, e il Commissario non identificò alcuna controparte intenzionata all’acquisizione della stessa, infine l’intervento del FITD era giudicato incompatibile con la disciplina sugli aiuti di Stato. Nel frattempo passava più di un anno e il quadro generale della banca continuava a peggiorare. Ma l’obiettivo era quello di scongiurare in tutti modi possibili la liquidazione coatta amministrativa poiché avrebbe portato a ripercussioni sull’economia reale di dimensioni maggiori di quelle che si sarebbero verificate con la risoluzione in seguito al recepimento della BRRD; pensiamo al “blocco” delle funzioni critiche, all’interruzione dei rapporti con le imprese, con le famiglie, alla perdita del lavoro di numerosi dipendenti ecc..

Al 30 settembre 2015 i Commissari registravano una perdita d’esercizio di circa 121 milioni di euro e un patrimonio netto di 68 milioni, indicatori di adeguatezza patrimoniale ancora di più sotto i minimi (4% Tier 1 ratio, 4,5% Total Capital ratio), un deficit patrimoniale di 55 milioni rispetto ai requisiti minimi prudenziali. I presupposti per lo stato di dissesto o rischio di dissesto dell’istituto erano presenti, mancava soltanto che fosse recepita la direttiva BRRD. Il 21 novembre 2015 la Banca d’Italia, previa approvazione MEF, disponeva l’avvio della risoluzione in presenza dei requisiti di cui all’articolo 17, comma 2 D. Lgs 180/2015, prevedendo:

1. La riduzione integrale delle riserve, del capitale sociale e delle obbligazioni subordinate computabili nei fondi propri che riducevano a sua volta il deficit patrimoniale a 26 milioni72, poi coperto con il contributo del Fondo di Risoluzione costituito da Banca d’Italia con risorse anticipate dal sistema bancario stesso;

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GIURISPRUDENZA, Risoluzione ex D.Lgs. 180/2015, stato di insolvenza, dissesto, valutazione del

2. La costituzione dell’ente ponte “Nuova Cassa di Risparmio di Chieti” (vedi Tabella 3.25) alla quale cedere l’azienda bancaria nei diritti, attività e passività ad eccezione dei crediti in sofferenza (passività subordinate non computabili nei Fondi propri) ceduti alla costituenda bad bank REV – Gestione Crediti Spa (unica Bad Bank per tutte e quattro le banche risolte) per 600 milioni;

3. La liquidazione coatta amministrativa dell’ente originario avvenuta il 9 dicembre 2015 con Decreto n568 MEF.

Tabella 3.25

Ente ponte Nuova Cassa di Risparmio di Chieti Spa

Fonte: Banca d’Italia, Informazione sulla soluzione delle crisi di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, CariChieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, 2015.

Il 10 maggio 2017 si è perfezionata la cessione dell’ente ponte a UBI Spa che detiene l’intero capitale sociale e il 6 settembre ha cambiato denominazione diventando Banca Teatina Spa poi incorporata in UBI Banca Spa il 26 febbraio 2018.

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