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La Cassa di Risparmio di Ferrara

La storia

La Cassa di Risparmio di Ferrara è una delle banche più antiche dopo le Casse di Risparmio di Roma, di Spoleto (1836) e di Bologna (1837). Risale al 1838 ed è stata voluta da un gruppo di cittadini ferraresi come banca del territorio a sostegno delle esigenze locali. Dal 1927 al 1942 inizia un percorso di crescita mediante l’accorpamento di numerosi istituti di credito della zona e nel 1976 è la prima banca italiana ad istallare un punto Bancomat. Nel 1992 a seguito della Legge Amato, Legge n.218 del 30 luglio del 1990, la Cassa di Risparmio di Ferrara dà vita a una società per azioni alla quale viene ceduta l’intera azienda bancaria e la proprietà azionaria principale rimane alla Fondazione Carife.

Il Gruppo Bancario Cassa di Risparmio di Ferrara nasce nel 1995 e comprendeva la capogruppo Cassa di Risparmio di Ferrara Spa e Sifer Spa, assegnataria della concessione del Servizio Riscossione Tributi per la provincia di Ferrara. Dal 2002 inizia un periodo di espansione con l’acquisizione della partecipazione totalitaria nella società di leasing e factoring BNCF Spa, ridenominata Commercio e Finanza Spa, e della sua controllata al 100% Finproget Spa. Il processo di espansione continua con l’acquisizione di piccole banche locali in Emilia Romagna e nel Veneto e da nuovi insediamenti a Roma, Milano e Napoli. Nel 2003 entrano a far parte del Gruppo anche la Banca di Treviso Spa, la Banca Popolare di Roma Spa e Credito Veronese Spa (CreverBanca Spa).

Nel settembre 2004 la Commercio e Finanza Spa abbandona la tradizionale attività di leasing e factoring per fare spazio alla gestione su mandato dei crediti anomali, all’acquisto di sofferenze e alla consulenza legale.

Nel 2005 si ha l’acquisizione del controllo giuridico di Banca Modenese Spa, entrata a tutti gli effetti nel Gruppo Carife, e il lancio di un’Offerta Pubblica di Acquisto da parte della Capogruppo sulle azioni della Banca Farnese S.c.a.r.l., poi trasformata in società per azioni, conclusasi con l’acquisizione dai soci del 51% del capitale sociale.

Nel 2006 la Cassa di Risparmio di Ferrara Spa amplia i servizi offerti alla clientela dando avvio al progetto Carife SIM. Partecipa alla costituzione di Carife SIM Spa, società di intermediazione mobiliare autorizzata all’esercizio dei servizi di investimento, con la sottoscrizione di una quota pari al 51% del capitale sociale; per poi divenire unico socio a fine luglio dello stesso anno. A seguito della riforma del sistema di riscossione in base al D.L. n. 203/2005 e conseguente Legge 248/05, il 21 settembre 2006 la Cassa cede a Riscossione

S.p.A., organismo di diritto privato tramite cui opera l’Agenzia delle Entrate, l’intero pacchetto azionario di Sifer S.p.A., che da quella data è uscita dal Gruppo.

Allo scopo di mettere a disposizione del Gruppo una propria società immobiliare, controllata al 100%, utile per la gestione di parte del patrimonio immobiliare esistente, in data 10 dicembre 2007 la Capogruppo procede al trasferimento infragruppo a suo favore della partecipazione nella società Immobiliare Cacciatore S.r.l. dalla controllata Banca Modenese S.p.A..

Il 20 ottobre 2008 entra a far parte del gruppo bancario anche la Banca di Credito e Risparmio di Romagna S.p.A. L’operazione di acquisto del controllo giuridico della Banca, deliberata dal Consiglio di Amministrazione della Cassa nel mese di luglio 2008, si conclude nel mese di novembre con l’acquisto di 12.434.400 azioni pari all’89,14% del capitale sociale.

Il Gruppo Bancario Cassa di Risparmio di Ferrara al 2008 risultava composto da diverse società (vedi Grafico 3.6):

• Capogruppo - Cassa di Risparmio di Ferrara Spa operava sia nel settore dell’intermediazione creditizia tradizionale che dell’intermediazione finanziaria mediante 106 filiali di cui 89 in Emilia Romagna e 13 in Veneto; inoltre aveva una significativa presenza a Mantova, Milano, Roma e Napoli;

• Commercio e Finanza Spa, controllata al 100% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa e operante nel campo del leasing finanziario, mobiliare e immobiliare, del factoring e del “prestito personale” e/o “credito al consumo”;

• Finproget Spa, controllata al 90% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa e operante nella gestione su mandato dei crediti anomali, l’acquisto di sofferenze, e la consulenza legale;

• Banca Popolare di Roma Spa, società bancaria controllata per il 99,63% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa operava mediante la Sede e 11 agenzie presenti nella città di Roma oltre alle filiali di Ciampino, Guidonia e Monterotondo;

• Crever Banca Spa, società bancaria controllata per il 69,75% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa operava mediante le filiali di Verona, San Martino Buon Albergo, San Giovanni Lupatoto, San Bonifacio, San Pietro in Cariano e San Pietro di Legnano;

• Banca Modenese Spa, società bancaria controllata per l’85,74% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa operava mediante le filiali di Modena, Carpi, Finale Emilia, Mirandola, Montese, Sassuolo, Savignano sul Panaro e Spilamberto;

• Banca Farnese Spa, società bancaria controllata per il 65,13% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa operante mediante le filiali di Piacenza, Val Trebbia, Val d’Arda e San Nicolò;

• Carife SIM Spa, società di intermediazione mobiliare controllata al 100% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa;

• Banca di Credito e Risparmio di Romagna Spa, società bancaria controllata per l’89,18% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa e operante mediante la propria sede di Forlì;

• Banca di Treviso, società bancaria controllata per il 60,31% dalla Cassa di Risparmio di Ferrara Spa;

Grafico 3.6

Composizione Gruppo Cassa di Risparmio di Ferrara nel 2008

Fonte: Bilancio Consolidato CariFe 2010.

Il Gruppo disponeva quindi di una rete di ben 157 elementi tra sedi, filiali e agenzie.

Le ispezioni effettuate dalla vigilanza corredate dalle relative informazioni di bilancio

Le ispezioni condotte dall’Autorità di Vigilanza nel periodo precedente alla disposizione dell’amministrazione straordinaria della banca, avevano rilevato carenze che investivano principalmente il segmento crediti e l’adeguatezza patrimoniale. Già prima del 2008 era stata

sollecitata la predisposizione di presidi organizzativi e patrimoniali coerenti col modello di sviluppo tanto che, tra la fine del 2008 e metà del 2009, erano stati effettuati aumenti di capitale da parte sia della società Capogruppo che delle controllate Banca di Treviso e Banca Farnese per un importo complessivo di circa 110 milioni di euro. Tra febbraio e maggio 2009 la Vigilanza conduceva un’ispezione sul sistema di governo e controllo del gruppo e sul rischio di credito e rilevava come la Fondazione Carife condizionasse il buon andamento della banca poiché voleva preservare la propria partecipazione al capitale senza che gli aumenti potessero diluire il suo peso del 67% e, limitava l’autofinanziamento dando preferenza ad ingenti distribuzioni di utili. Per quanto riguarda le irregolarità dell’attività creditizia, era emerso il mancato rispetto dei limiti di concentrazione dei rischi. Spesso le esposizioni superavano temporaneamente il limite regolamentare (ciascuna posizione di rischio deve essere nel limite del 25% del patrimonio di vigilanza73) facendo emergere un’elevata concentrazione che esponeva la banca ad instabilità nel caso di inadempimento di quel cliente o di quel gruppo di clienti connessi; tra l’altro erano evidenti profili di anomalia con riferimento ai prestiti erogati al gruppo Siano, esposti per oltre 140 milioni di euro. I crediti deteriorati erano pari al 14,5% degli impieghi totali contro una media del sistema bancario intorno al 6%.

Nel giugno 2010, Banca d’Italia chiedeva al Gruppo Carife di effettuare una serie di interventi, quali:

• Il rafforzamento patrimoniale;

• La semplificazione del gruppo;

• Il potenziamento dei controlli;

• L’incremento delle svalutazioni;

• La riduzione della concentrazione del credito.

Il Gruppo bancario ha proceduto con alcune operazioni che però non hanno risollevato pienamente la situazione già critica: sono stati sostituiti il direttore generale della Capogruppo e i direttori generali delle due controllate Banca Farnese Spa e Crever Banca Spa. Nel novembre 2010 è avvenuta la cessione a Banca Popolare di Marostica delle azioni che Banca Carife deteneva in Banca di Treviso pari al 60,31% del suo capitale sociale, e a dicembre è stato approvato dall’Assemblea Straordinaria di Banca Modenese un aumento di capitale richiesto dalla controllante per un ammontare complessivo di 20 milioni di euro, 10 milioni a pagamento e 10 milioni mediante conferimento di due sportelli Carife di Modena e

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Mirandola. Sulla scia delle raccomandazioni di Banca d’Italia dell’ottobre 2010 dove si richiedeva di rafforzare il patrimonio per un importo almeno pari a 150 milioni di euro, Banca Carife approva a novembre il piano industriale 2011-2014 dove stabiliva:

1. l’aumento di capitale sociale di 150 milioni in modo da garantire un Tier 1 ratio minimo dell’8% da effettuarsi nel 2011;

2. l’obiettivo di rendere più efficiente la struttura del Gruppo; 3. la crescita dei ricavi con l’offerta anche di nuovi prodotti; 4. un più efficace controllo del rischio;

5. un piano di investimenti significativo e graduale nel tempo.

Al 31.12.2010 la situazione del Gruppo CARIFE era critica sia dal punto di vista reddituale che economico-patrimoniale. Dopo una perdita d’esercizio di 78,466 milioni di euro nel 2009, il Gruppo continuava a conseguire una perdita per un importo netto di 58,4 milioni di euro nel 2010. Tuttavia le risorse patrimoniali consentivano di assorbire tale risultato senza causare squilibri patrimoniali e reddituali. Guardando però all’adeguatezza patrimoniale sulla base delle disposizioni di Basilea II risultava un livello di Tier 1Capital ratio del 5,11% ed un Total capital ratio dell’8,13% appena superiore al limite minimo dell’8% (vedi Tabella 3.26); l’aumento di capitale avrebbe migliorato nettamente la situazione.

Tabella 3.26

Fonte: Bilancio Consolidato Gruppo CariFe 2010.

Le attività deteriorate continuavano a crescere soprattutto nella componente dei crediti verso la clientela, in particolare nell’ambito dei mutui e del leasing finanziario. Su un’esposizione netta deteriorata di 832,054 milioni, 263,463 milioni erano mutui (vedi Tabella 3.27).

Tabella 3.27

Fonte: Bilancio Consolidato Gruppo CariFe 2010.

Il 2011 si caratterizzava per una serie di interventi effettuati dal Gruppo in seguito alle raccomandazioni di Banca d’Italia che invitava ad intervenire sul capitale e a cedere assets, in particolare:

1. Il 1 febbraio 2011 è avvenuto l’aumento del capitale sociale di Banca Modenese Spa; 2. Il 14 marzo 2011 l’Autorità di Vigilanza ha autorizzato la cessione delle azioni che la

capogruppo deteneva in CreverBanca Spa e, nell’aprile dello stesso anno, è avvenuta la cessione con l’uscita della società dal gruppo;

3. Il 25 marzo 2011 il Consiglio di Amministrazione di Carife SIM ha approvato un progetto di sviluppo e di riorganizzazione della società da attuarsi nel corso degli esercizi 2012-2014 per accrescere l’offerta di servizi.

4. A settembre 2011 la Capogruppo ha effettuato l’aumento di capitale per un massimo di 150,2 milioni mediante emissione di nuove azioni ordinarie, offerti in sottoscrizione agli azionisti della Cassa e l’eventuale inoptato residuo al pubblico indistinto.

L’aumento di capitale ha portato al miglioramento del ratio Tier 1 che dal 5,11% diventava dell’8,13% e il Total Capital Ratio passava dall’8,13% al 12,10%.

I controlli ispettivi rimanevano intensi e incentrati soprattutto sul portafoglio creditizio, sull’organizzazione, sui controlli interni, sul processo di semplificazione del gruppo e sulla gestione della liquidità. La Vigilanza richiamava alla cessione della controllata “Commercio e Finanza” poiché troppo onerosa ma la Cassa non aveva alcuna intenzione in merito.

Intanto l’ammontare di attività deteriorate continuava a crescere a 940,610 milioni e il risultato di esercizio si attestava ancora in perdita per circa 22 milioni.

Nel settembre 2012 Banca d’Italia avviava una nuova ispezione “generale” che si concludeva nel febbraio 2013 con un giudizio “sfavorevole” facendo emergere una situazione di grave crisi, con crediti anomali al 34% contro una media di sistema del 13,15%. Emergeva che oltre un quinto dei prestiti risultava erogato a imprese estranee a quelle locali, un divario tra le perdite aziendali e quelle stimate dagli ispettori di quasi 200 milioni. L’esposizione nei confronti del gruppo Siano raggiungeva i 173 milioni. La liquidità non era gestita in modo efficiente. Il 15% dell’aumento di capitale del 2011 risultava sottoscritto da banche delle quali CariFe aveva contestualmente acquisito azioni, obbligazioni e prestiti subordinati.

A dicembre 2012 il gruppo presentava coefficienti patrimoniali “in regola” per non aver recepito le perdite ispettive accertate. In realtà il Total capital era di 6,6% contro un 10,10% iscritto in bilancio.

Le cause della crisi aziendale

Anche per Cassa di Risparmio di Ferrara Spa così come per tutte le altre tre banche viste fino a questo punto, la causa primaria è legata alle debolezze nella governance sia per quanto riguarda l’alta governance sia a livello di funzioni di controllo. Sono state messe in discussione l’adeguatezza delle conoscenze e competenze dei membri del Consiglio di Amministrazione e del management nello svolgere l’attività bancaria in modo sano e prudente e l’efficienza dei meccanismi di controllo interno.

La tabella seguente mostra come anche per CariFe ci fosse un problema nell’area crediti: la Vigilanza, aveva rilevato, al 31 dicembre 2012 che i prestiti deteriorati incidevano nella misura del 31,9% del totale mentre la media del sistema era del 13,5%. Più della metà del credito era stato prestato alle imprese e, in particolar modo, di servizi nel nord est d’Italia. Quasi il 100% dei prestiti erogati nel Sud Italia e all’estero erano di cattiva qualità, rientranti nei Non Performig Loans.

Fonte: Segnalazioni di vigilanza consolidate (BARBAGALLO, Cassa di risparmio di Ferrara Banca delle Marche Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, 2017).

Oltre a tutto ciò vi erano anche marcate difficoltà nella gestione della liquidità, coefficienti patrimoniali non corretti e la vendita di obbligazioni subordinate alla clientela retail.

Come è stata gestita la crisi aziendale

Il 27 maggio 2013 il Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta della Banca d’Italia disponeva, con decreto, l’amministrazione straordinaria della banca ai sensi degli articoli 70 comma 1 lettera a) e b) e 98 del Tub; risultavano quindi “gravi irregolarità nell’amministrazione, o gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie e gravi perdite nel patrimonio”. Tale periodo è durato oltre i limiti di legge, due anni con proroga di due mesi ai sensi dell’articolo 70 comma 6 Tub, fino al 21 novembre 2015 quando Banca d’Italia disponeva l’avvio della risoluzione. Sembrava che l’Autorità “attendesse” il recepimento della Direttiva BRRD per evitare in tutto e per tutto la liquidazione coatta amministrativa della banca, ultima alternativa rimasta, visto l’impossibilità di un ulteriore rafforzamento patrimoniale da parte dell’omonima Fondazione, di un’acquisizione da parte di altre banche italiane, e della negazione della Commissione Europea all’intervento del FITD. I Commissari rilevavano al 31 dicembre 2014 un patrimonio netto contabile consolidato di 70 milioni e un Tier 1 ratio all’1,5%.

Il 21 novembre 2015 Banca d’Italia disponeva, in seguito all’approvazione del MEF, l’avvio della risoluzione della Cassa di Risparmio di Ferrara Spa ai sensi dell’articolo 32 del D. Lgs 180/2015: era presente il rischio di dissesto in quanto il patrimonio netto individuale, a quella data, era di -36 milioni e l’equilibrio finanziario compromesso, con la liquidità in significativo deterioramento. La presenza dell’interesse pubblico è stata accertata in quanto la risoluzione era necessaria e proporzionata al perseguimento degli obiettivi della risoluzione e, la procedura di liquidazione coatta amministrativa era inidonea a conseguire tali obiettivi nella stessa misura.

Il programma prevedeva la riduzione delle riserve, delle azioni, delle obbligazioni subordinate computabili nei fondi propri fino a concorrenza delle perdite quantificate dalla valutazione provvisoria effettuata dall’Autorità di Risoluzione nazionale. Prevedeva inoltre la costituzione dell’ente ponte “Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara Spa”, interamente controllata dalla Banca d’Italia, alla quale sono confluite i diritti, le attività e le passività dell’ente originario ad eccezione dei debiti subordinati non computabili nei fondi propri.

Le sofferenze sono state cedute alla bad bank REV – Gestione Crediti Spa per 1,6 miliardi, appositamente costituita, con 136 milioni di capitale, con le risorse del Fondo di Risoluzione. L’ente originario, nel quale rimanevano crediti incagliati e scaduti per 0,5 miliardi, veniva sottoposto a liquidazione coatta amministrativa.

In sintesi “Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara Spa” era una banca appetibile sul mercato, alleggerita dai crediti deteriorati e si presentava come nella tabella che segue.

Tabella 3.29

Ente ponte Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara Spa

Fonte: Banca d’Italia, Informazione sulla soluzione delle crisi di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, CariChieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, 2015.

La banca Nuova CariFe è stata acquisita dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna al prezzo simbolico di 1 euro e successivamente fusa in essa il 20 novembre 2017.

Alcune considerazioni

Come si evince dall’analisi effettuata sulle quattro banche, sia dal punto di vista contabile che delle segnalazioni di vigilanza, è emerso che la crisi aziendale è stata causata da inadeguatezze, per lo più comuni a tutti gli enti creditizi, relative principalmente all’attività di gestione svolta non in un’ottica sana e prudente. In particolare pensiamo alla Banca delle Marche e alla banca Cassa di Risparmio di Ferrara la cui quota di maggioranza del capitale sociale era detenuta da una o più fondazioni che condizionavano negativamente il buon andamento nel tempo: si ostinavano a mantenere la propria partecipazione negli aumenti di capitale ed erano contrari ad aggregazioni con partner esterni di medio grandi dimensioni. Un altro aspetto in comune riguardava le carenze nel processo di erogazione del credito: le istruttorie di fido erano inadeguate, i prestiti venivano effettuati, in maggioranza, nei confronti delle imprese di costruzioni, situate in luoghi lontani da quelli in cui risiedeva la banca e le garanzie costituite da beni immobili non erano adeguatamente aggiornate nel loro valore. Le segnalazioni di vigilanza hanno rilevato prestiti deteriorati oltre i livelli medi di sistema di quegli anni. In particolare, nella tabella seguente si può constatare che la Cassa di Risparmio di Ferrara si trovava nelle condizioni peggiori rispetto alle altre banche, con un’incidenza dei crediti deteriorati del 32% contro una media di sistema del 13,5% nel 2012. Seguiva poi Banca Etruria con un valore del 27,6%, la Banca delle Marche con un’incidenza del 25,4% ed infine la Cassa di risparmio di Chieti con prestiti deteriorati del 24,8% sul totale prestiti. Tabella 3.30

Fonte: Segnalazioni di vigilanza consolidate (BARBAGALLO, Cassa di risparmio di Ferrara Banca delle Marche Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, 2017).

È stato anche rilevato che tutte le banche oggetto di analisi, ad esclusione della Cassa di Risparmio di Chieti, avevano serie difficoltà a mantenere in equilibrio le entrate e le uscite di liquidità: sia la Banca delle Marche che la Banca Etruria avevano fatto eccesivo utilizzo del mercato interbancario duranti gli anni dello scoppio della crisi finanziaria globale.

Come abbiamo potuto constatare, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha disposto, per ognuna delle banche, l’amministrazione straordinaria per motivi legati alle gravi perdite del patrimonio, alle gravi irregolarità nell’amministrazione, alle gravi violazioni di disposizioni legislative, amministrative e statutarie e ai mancati adempimenti della capogruppo nell’emanare disposizioni alle componenti del gruppo per l’esecuzione delle istruzioni impartite da Banca d’Italia: la Cassa di risparmio di Chieti è stata sottoposta a tale procedura esclusivamente per comportamenti irregolari nell’amministrazione e per violazioni di disposizioni che regolano l’attività mentre la Banca Etruria è stata sottoposta a tale procedura solo per gravi perdite del patrimonio (-500 milioni al 31.12.2014).

Le banche, nell’ultimo esercizio prima dell’amministrazione straordinaria, mostravano i dati riportati nella tabella seguente. Possiamo notare che la Banca delle Marche e la Banca Etruria non rispettavano, già alla data di riferimento, i livelli minimi di Tier 1 ratio (4,5%) e Total Capital ratio (8%) mentre le altre banche sì.

Tabella 3.31

Alcuni dati prima del commissariamento

Data del commissariamento Data di riferimento Perdita d’esercizio P.N. Tier 1 ratio Total Capital ratio CariFe 27 maggio 2013 31.12.2012 -104 mln 385 mln 6,41% 10,10% Banca delle Marche 15 ottobre 2013 31.06. 2013 -232 mln 990 mln 4,3% 6,7% CariChieti74 5 settembre 2014 31.12.2013 -11,4 mln 200 mln 8,8% 11,28%

Banca Etruria 10 febbraio 2015 31.12.2014 -500 mln 66 mln n.d. 1,3%

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Fonte: BARBAGALLO, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio della provincia di Chieti, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, 2017; Bilanci consolidati dei rispettivi anni di riferimento; Resoconto Stenografico N.23, Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, Audizione R. Nicastro, 2017.

In seguito all’attività di accertamento svolta dai commissari incaricati di valutare la situazione in cui si trovavano le banche, i bilanci hanno registrato ulteriori perdite su crediti che hanno eroso il patrimonio e i coefficienti di adeguatezza patrimoniale.

La tabella seguente evidenzia alcuni dati al 30 settembre, ovvero all’ultimo trimestre prima

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