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Luca Stabile

La qualità dell’aria è un tema infelicemente attuale nel nostro paese giacché ad essa sono imputate ogni anno circa 10.000 morti premature di cui 1.000 per tumore al polmone. Tra i diversi inquinanti, con cui giornalmente veniamo in contatto, le polveri aerodisperse sono tra i più impattanti sulla nostra salute a causa della loro abilità nell’entrare, e poi depositarsi, nell’apparato respiratorio, ivi veicolando sostanze cancerogene quali metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici, trasportati dalle particelle stesse. La capacità delle polveri aerodisperse di penetrare nell’apparato respiratorio è direttamente correlata alla dimensione delle stesse. Ai fini dell’impatto sulla salute umana, le polveri di interesse hanno un diametro variabile tra pochi nanometri e circa 10 micrometri. In ragione della loro dimensione, le polveri presentano una differente origine, dinamica e metodo di misura. Le polveri super-micrometriche sono tipicamente emesse da fenomeni di risospensione dovute al traffico veicolare o da combustione di combustibili solidi (es. biomasse); la loro dimensione le rende facilmente misurabili in termini di concentrazione in massa. Il PM10, che rappresenta la

concentrazione in massa di polveri inferiori a 10 micrometri, è l’unico parametro relativo alle polveri regolamentato dalle leggi comunitarie sulla qualità dell’aria outdoor. Al contrario, le polveri sub-micrometriche, per lo più emesse da sorgenti di combustione (es. traffico), avendo massa trascurabile, possono essere misurate solo mediante complessi sistemi di misura in grado di “contare” le particelle ottenendo la concentrazione in numero delle stesse. Tali misure, pertanto, non sono imposte dalla normativa vigente e sono condotte solo da istituti di ricerca specializzati in dedicate attività metrologiche. A tal proposito, l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale rappresenta un’eccellenza in questo ambito di ricerca in

quanto i ricercatori del gruppo di Fisica Tecnica (ING/IND-10 e ING/IND- 11) hanno condotto recentemente diversi studi scientifici volti a:

a) caratterizzare le emissioni di polveri sub-micrometriche di diverse sorgenti emissive indoor (attività di cucina, incensi, sigarette e sigarette elettroniche, sistemi di riscaldamento, stampanti laser e 3D) ed outdoor (inceneritori, traffico veicolare, impianti industriali);

b) valutare l’esposizione e la conseguente dose di polveri ricevuta dalle persone in microambienti indoor (ambienti di lavoro, abitazioni, scuole) ed outdoor (aree industriali, street canyon);

c) stimare il rischio tumore al polmone delle persone esposte alle polveri mediante modelli ad-hoc;

d) correlare l’esposizione e la dose a possibili effetti sulla salute umana (es. effetti cardiovascolari e parametri fisiologici).

Gli studi condotti hanno messo in luce diversi aspetti rilevanti fino ad allora non sufficientemente approfonditi dalla comunità scientifica. Primo fra tutti l’importanza e l’influenza delle sorgenti indoor: tali sorgenti, unitamente alla ridotta ventilazione degli ambienti indoor, possono causare elevate esposizioni e dosi nei soggetti esposti. Gli studi condotti hanno dimostrato che la dose giornaliera di polveri sub-micrometriche della popolazione italiana è, per oltre l’80%, dovuta ad ambienti indoor, ed in particolare alle abitazioni. Il contributo dell’esposizione outdoor è minimale, pur essendo quello unicamente considerato nelle leggi volte alla protezione umana. Altro aspetto fondamentale emerso dagli studi è l’importanza dello stile di vita: gli studi condotti dai ricercatori dell’Università di Cassino, al fine di valutare l’esposizione alle polveri e la relativa dose di diverse popolazioni nel mondo, hanno mostrato, ad esempio, come il maggior tempo speso in attività di cucina da alcune popolazioni possa comportare una maggiore esposizione e dose di polveri ricevuta rispetto a popolazioni che dedicano un minore periodo a tale attività. Per quanto concerne il contributo delle attività outdoor, i ricercatori hanno dimostrato che la rapida diluzione, tipica delle polveri sub-micrometriche, in tali ambienti aperti comporta una significativa riduzione delle concentrazioni entro pochi metri dalla sorgente emissiva, tale “effetto

distanza” dalle sorgenti, congiuntamente al ridotto periodo di tempo trascorso in tali ambienti, spiega il contributo quasi trascurabile del traffico veicolare alla dose giornaliera di polveri ricevuta dalla popolazione. I risultati delle attività di studio condotte mostrano come rendere “sostenibile” la qualità dell’aria in termini di polveri aerodisperse sia estremamente complesso giacché non può essere perseguito meramente mediante limiti normativi. Infatti, gli enti regolatori, nel tempo, hanno proposto soluzioni che vanno nel verso della sostenibilità ambientale solo per gli ambienti outdoor e, comunque, tenendo in considerazione solo polveri di dimensioni più grossolane. Al contrario, l’effetto della qualità dell’aria indoor, a meno di alcuni luoghi di lavoro, non è considerato come meriterebbe: ciò comporterebbe un intervento sulle abitudini della popolazione, quali l’utilizzo di potenziali sorgenti emissive nelle abitazioni e/o l’installazione di sistemi di mitigazione dell’esposizione (es. sistemi di ventilazione locale), non facilmente perseguibile in maniera capillare ed in tempi rapidi. In tal senso, al di là di limiti normativi, difficilmente applicabili nelle private abitazioni, occorrerebbe declinare le migliori pratiche per rendere sostenibile la qualità dell’aria indoor.

Nell’ottica di inquadrare le attività condotte dall’Università di Cassino in tema di ricerca sulle polveri aerodisperse nei Sustainable Development Goals (SDGs) definiti dalle Nazioni Unite, toccando esse aspetti relativi all’atmosfera, agli effetti sulla salute, alle emissioni da sorgenti industriali ed ai trasporti sostenibili, possono ritenersi trasversali a diversi SDGs, quali Good health and well-being, Sustainable cities and communities, e Climate Actions.

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Un anno per la sostenibilità: digressioni scientifiche a