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Sharing economy: la condivisione dell’economia collaborativa

Ida Meglio

Un’indiscutibile protagonista dello Sviluppo Sostenibile è la rivoluzione dell’economia collaborativa o meglio conosciuta come Sharing Economy63.

L’economia sta prendendo un nuovo colore e una nuova forma, è ormai opinione diffusa: la logica della condivisione sostituisce la logica di acquisto e consumismo laddove ci sono evidenti difficoltà. Ciò che rende vincenti queste forme di economia, e le imprese che su di essa costruiscono in maniera responsabile il proprio business, è l’offerta all’utente finale di un forte risparmio economico generato dal fatto che condividere un bene o un prodotto permette alla comunità di accedere a servizi a cui da sole purtroppo non posso neppure aspirare in condizioni di ristrettezze economiche in un mercato libero. A tutto ciò (economia partecipativa – nuova imprenditorialità64) va sicuramente aggiunta un’altra componente fondamentale: l’innovazione, dove la tecnologia è uno strumento per migliorare notevolmente ciò che non va. Viene da sé dunque, che quanto

63 Definizione ufficiale di Sharing Economy da parte dell’Unione Europea: «L’economia

collaborativa crea nuove opportunità per i consumatori e gli imprenditori. La Commissione ritiene quindi che possa dare un contributo importante alla crescita e all’occupazione nell’Unione europea, se promossa e sviluppata in modo responsabile. L’innovazione ha stimolato lo sviluppo di nuovi modelli imprenditoriali che hanno la potenzialità di contribuire in modo significativo alla competitività e alla crescita. Il successo delle piattaforme di collaborazione a volte rappresenta una sfida per gli attuali operatori del mercato e per le pratiche esistenti, ma dando ai singoli cittadini l’opportunità di offrire servizi, tali piattaforme promuovono anche nuove opportunità di occupazione, flessibilità e nuove fonti di reddito. Per i consumatori i vantaggi dell’economia collaborativa sono l’accesso a nuovi servizi, a un’offerta più ampia e a prezzi più bassi. Essa può inoltre incoraggiare la condivisione e l’uso più efficiente delle risorse, contribuendo in questo modo al programma di sostenibilità dell’UE».

(https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-356-IT-F1-1.PDF).

sopra scritto, è una soluzione efficace al problema evidenziato all’interno dell’ottavo obiettivo di sviluppo sostenibile, per cui di fronte ad una perdurante condizione di disoccupazione, soprattutto giovanile, una crescita economica che abbia una base così forte, sebbene nasca dal basso, può svolgere un ruolo significativo, ad esempio nella lotta alla povertà, nell’inclusione lavorativa, nella creazione di nuove opportunità. Da qui l’attività di ricerca della scrivente di questi ultimi anni, per cui, è d’obbligo ricordare che la stessa è stata condotta e portata avanti, nonché impreziosita, dalla formazione e collaborazione fattiva con il Prof. Francesco Ferrante – Prorettore al Jobplacement e al trasferimento tecnologico Unicas e responsabile scientifico dell’Imprendilab65 – laboratorio per la promozione

dell’imprenditorialità e dell’innovazione dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. Sempre più persone sanno che cercare un alloggio di qualità o offrire la nostra abitazione secondaria a turisti mordi e fuggi, non è più un’impresa con Airbnb. Se si capita in una città in cui non abbiamo conoscenze e vogliamo visitarla, esiste una rete collaborativa a nostra completa disposizione. Se non abbiamo tempo per tornare a casa per un pranzo decente, ci sono decine di cucine a nostra completa disposizione. Se cerchiamo comunità di integrazione, ci sono svariate APP che ci risolvono la serata. Se non siamo in grado di usare utensili o attrezzature per il fai da te, niente paura: le piattaforme dei prestatori d’opera risolvono tutti i nostri problemi e anche a prezzi calmierati. Di esempi ce ne sono a bizzeffe ed in fondo è come il ritorno al passato, dove bastava il rapporto di buon vicinato per prestarsi ogni cosa. Queste pratiche di consumo collaborativo, disintermediato, altrimenti detto peer to peer, che stanno prendendo il sopravvento a gran misura; sono destinate a diffondersi per numero di fruitori e per copertura di servizi, abbattendo anche eventuali barriere o difficoltà burocratiche/legali, in grado eventualmente di poterne fermare l’espansione. Questa è dunque la vera rivoluzione altrimenti conosciuta come economia creativa e collaborativa. L’aspetto veramente interessante è che fenomeni del genere sono ormai di gran lunga diffusi ed hanno toccato anche le nostre normali sfere complesse come il fare impresa, la finanza, la

pubblica amministrazione il terzo settore. Ormai è possibile raccogliere fondi e risorse economiche tramite piattaforme di crowdfunding 2.0, far partecipare – economicamente – i vostri parenti, amici e tutti i folli che decideranno di seguirvi, ai vostri progetti innovativi o a vocazione sociale, chiedere e ricevere prestiti tra pari mediante piattaforme di prestito sociale (crowdfunding o crowdlending o social lending) e non ultimo, coinvolgere i vostri vicini nella partecipazione societaria della vostra idea innovativa attraverso un’operazione di “equity” (quote societarie in cambio di partecipazione finanziaria). Insomma, come dicono i più: benvenuti nel

crowdfuture! Ma all’orizzonte ci sono trasformazioni di più ampia portata:

si delineano le cosiddette città 2.0 e/o smart cities, che riescono a garantire una comunicazione bilaterale tra amministrazione e cittadinanza per valutare servizi e progetti, segnalare eventuali criticità, manifestare esigenze, bisogni, proposte atte a soddisfarli. I cittadini non vengono coinvolti solo a scopo informativo o consultivo, ma prendono parte – fattivamente – alla progettazione dei servizi: e dalla co-creazione si passa al co-desing. Quello di cui stiamo parlando è pura disintermediazione che si trasforma in co- produzione e trasforma ciascun protagonista da soggetto passivo a soggetto attivo e produttivo. La co-produzione, infine, impiegata in una sfera politica e legislativa, diventa definitivamente co-progettazione. Ultimo tassello per rendere il meccanismo perfetto è il cosiddetto engagement – meglio conosciuto come coinvolgimento diretto: impegno diretto della comunità che, molto spesso attraverso strumenti digitali produce o investe in benefici di comunità che hanno impatto dirompente sulla vita “tranquilla” di una società.

Un vero e proprio movimento globale, definito dagli esperti di settore

filantro-capitalismo, il cui patrimonio è decine di volte maggiore di quanto i

governi possano investire in spesa sociale. Non è un caso dunque che la vera sfida di oggi è risolvere la povertà e/o salvare il pianeta – tanto per estremizzare il tutto – sperimentando modalità alternative di capitalismo

sociale in cui possiamo quasi prevedere lo sviluppo di un capitalismo

sociale e sostenibile, molto più efficace, redditizio, a lungo termine e di impatto sociale e ambientale. E dunque, sono da considerarsi dei folli o dei

visionari personaggi come il premio Nobel per la pace Yunus66, fondatore della Grameen Bank, multinazionali come la Danone o le grandi ONG che operano in tutto il mondo? Ci sarà un motivo per cui la progettazione si sposta da sociale in senso tradizionale a sociale in senso innovativo? Perché l’economia collaborativa cambierà tutti i nostri comportamenti, trasformando i più innovativi tra noi in manager del Social Business e della Social Innovation, abbandonando l’idea classica che se sei un imprenditore sociale o manager sociale il classico fundraising annoia o peggio ancora non funziona più.

In conclusione, gli aspetti importanti da cui non si può più prescindere sono essenzialmente pochi, ma fondamentali. La centralità del bisogno sociale rispetto ai deputati a risolverli (P.A. – Impresa – Terzo Settore). La cosa importante è risolvere i bisogni; importerà fino ad un certo punto chi lo fa. La cosa migliore è farlo insieme, in partecipazione, in collaborazione, sviluppando nuove modalità di relazione con attenzione alla replicabilità e scalabilità del modello di soluzione ideato, in modo che possa essere riportato in altri contesti. La messa in campo di nuovi attori per intervenire sui bisogni sociali e la costruzione di nuove relazioni non solo sociali, ma anche economiche, che siano impattanti sulla comunità e sul territorio per elaborare e diffondere risposte innovative ed efficaci. Mettere a sistema tutto ciò e dunque l’esigenza di un coinvolgimento continuativo di nuovi protagonisti nelle sfide sociali ed ambientali è – come già detto poc’anzi – fenomeno diffuso, pertanto coinvolge a pieno titolo settori quali la finanza (sociale), l’imprenditorialità anche multinazionale, la filantropia, le piattaforme comunitarie, la cittadinanza attiva, che partecipa direttamente o tramite le piattaforme crowd, i gruppi solidali, le istituzioni mediatrici. Il

66 Muhammad Yunus economista e banchiere bengalese. Padre del microcredito moderno,

ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad aspiranti imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. Vincitore del Premio Nobel per la Pace 2006 e il fondatore della Grameen Bank.

People Have Power67 – tanto per citare una nota canzone – ovvero la disintermediazione, la co-produzione, la co-progettazione e il relativo

engagement diretto degli attori, meglio ancora lo svincolamento da poteri

forti, si stanno sviluppando in tutti i settori: dalla conoscenza all’informazione classica, dalla medicina alla finanza, dal commercio al turismo, dalla partecipazione alla città al finanziamento partecipativo dei progetti. Ed è tale collaborazione e creatività, in cui i social stanno assumendo un ruolo straordinario, che porta a un coinvolgimento più diretto delle persone e dei vari player in gioco.

Bibliografia

1. Pulford L., Social Innovation Exchange.

2. Mainieri M. Collaboriamo (2014), Hoepli, Milano.

3. Botsman, Rogers (2011), What’s mine is yours. How collaborative cosumption is

changing the way we live UK Harpercollins Publishers.

4. Ferla V. (2014) Condividere il nuovo verbo dell’economia Labsus – laboratorio per la sussidiarietà.

5. Yunus M. (2013) Il Banchiere dei Poveri, Feltrinelli, Milano.

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67 People Have the Power: brano musicale Rock del 1988 la cui co-autrice è la nota

cantante Patti Smith. Simbolicamente colonna sonora di ogni iniziativa in cui la forza e il risultato proviene dalla “folla”.