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La sostenibilità e lo sviluppo sostenibile nell’economia agroalimentare e nello sviluppo rurale

Marcello De Rosa

1. L’avvento del modello agricolo multifunzionale

Nelle righe che seguono cercherò di precisare per quale motivo la sostenibilità è parola chiave per lo sviluppo del sistema agroalimentare e per l’economia dei territori rurali, evidenziando i legami con i Sustainable

Development Goals.

Dopo il Rapporto Brundtland del 1987, la sostenibilità diviene parola chiave nell’economia agroalimentare e dello sviluppo rurale. Il richiamo alla sostenibilità mette in discussione quello che, fino ad allora, era stato il paradigma della modernizzazione agricola, all’interno del quale il tema dominante è la crescita della produttività, spesso conseguita a discapito della tutela delle risorse, prima tra tutte la biodiversità. La modernizzazione nei paesi in via di sviluppo ha contribuito a ridurre (ma non a risolvere) il problema della fame, ma l’aumento della produzione è stato spesso bilanciato da un uso eccessivo di fertilizzanti chimici e delle risorse idriche (Goal 6). Inoltre, l’intensificazione dei processi ha generato una serie di esternalità negative e ripercussioni che, ancora oggi, sono alla base dei recenti cambiamenti climatici (Goal 13) e del progressivo esaurimento dello stock di risorse disponibili. A metà degli anni ’80, il ripensamento di questo modello di sviluppo favorisce un percorso noto come modernizzazione riflessiva (Ray, 1999), che accresce il “livello di attenzione” da parte dei processi agricoli verso la qualità dei prodotti e la tutela delle risorse naturali. Il comportamento di un consumatore sempre più esigente e consapevole, un vero e proprio consum-attore, ha certamente indirizzato il cambiamento di paradigma, favorendo, attraverso un consumo civico e responsabile, una transizione di regime sociotecnico, un percorso di innovazione “condiviso”, co-prodotto, tra cittadini, che sempre più domandano qualità e sicurezza

alimentari e produttori chiamati a garantirle. L’attività agricola diviene così multifunzionale, svolgendo funzioni economiche, ambientali e sociali (Goal 15): a) da un punto di vista economico, l’agricoltore è chiamato a produrre beni sicuri, introducendo una serie di adattamenti strutturali nelle filiere e innovazioni in grado di garantire la cosiddetta tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti che finiscono sulla tavola dei cittadini; b) da un punto di vista ambientale, l’agricoltura è obbligata, dai nuovi indirizzi di politica economica, ad introdurre modelli di produzione sostenibile (si pensi allo sviluppo dell’agricoltura biologica), criteri di gestione obbligatoria nei quali la sostenibilità ambientale è requisito fondamentale per accedere ai corposi finanziamenti previsti per il settore primario (si pensi alla politica agricola dell’Unione Europea). In alcune aree rurali marginali questi modelli hanno generato la produzione di veri e propri beni pubblici (tutela del paesaggio, tutela dal dissesto idrogeologico); c) da un punto di vista sociale, infine, l’agricoltore svolge un ruolo fondamentale, come dimostra lo sviluppo di modelli di agricoltura sociale, che favoriscono il reinserimento sociale delle persone con disabilità (mentale, fisica, dipendenza da droghe, alcool, etc.).

2. Le nuove traiettorie dello sviluppo agroalimentare e rurale

Quanto appena detto ridisegna i contorni delle filiere agroalimentari, generando diversi mondi della produzione, sintetizzate nei due paradigmi, quello agroindustriale e quello dello sviluppo rurale integrato (Wiskerke, 2010). Nel paradigma di sviluppo agroindustriale le filiere agroalimentari sono sempre più globalizzate, il che determina un progressivo allontanamento dei luoghi di produzione da quelli di consumo. In questi sistemi di produzione e commercializzazione la sostenibilità viene garantita da una serie di norme e vincoli che impongono la certificazione di qualità e sicurezza dei prodotti, dalla fase di produzione fino a quella della distribuzione (si pensi alle certificazioni Global Gap, IFS, etc.). Il rispetto della sostenibilità richiede una maggiore responsabilità sociale dell’impresa, che costruisce la propria reputazione attraverso l’invio di veri e propri segnali di qualità al consumatore circa l’affidabilità e l’etica dei processi di

produzione (a esempio, rispetto e tutela dei diritti dei lavoratori). Ma la sostenibilità tende a passare, strano a dirsi, anche attraverso processi agricoli sempre più tecnologici: innovazione oggi può significare maggiore sostenibilità anche nel paradigma agroindustriale (Goal 9), basti pensare all’agricoltura di precisione, che sempre più si sta affermando per generare sistemi di smart farming, dove il controllo dei processi consente sia il risparmio delle risorse e la tutela dell’ambiente, sia di aggredire, dunque, con maggiore efficacia ed efficienza, il problema della lotta allo spreco e alla fame (Goal 2). In opposizione al paradigma agroindustriale, nel paradigma dello sviluppo rurale integrato, il sistema agroalimentare diviene parte di un sistema territoriale che valorizza le risorse endogene, naturali e umane. Lo sviluppo rurale guarda allo sviluppo locale come sviluppo alternativo e strumento per contrastare la povertà nei territori rurali marginali (Goal 1). In quest’ambito, l’agricoltura è un anello importante di un modello di sviluppo territoriale che integra altre attività del territorio rurale, quella turistica (si pensi alle strade del vino), quella ambientale e quella artigianale. Qui la sostenibilità implica capacità di rafforzare la resilienza dei territori rurali marginali, dove la diversificazione economica è alla base della moderna ruralità e sinonimo di maggiore persistenza. Qui la sostenibilità è l’obiettivo in grado di migliorare la qualità della vita delle popolazioni rurali, anche attraverso una migliore disponibilità di servizi per la popolazione, come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione42. Aree rurali più attrattive diventano tali non solo per l’imprenditore, ma soprattutto per il cittadino-consum-attore, sempre più attento ai beni e servizi offerti dalle aree rurali, non più soltanto spazi di produzione, ma anche di consumo. La sostenibilità alimenta un’agricoltura che opera all’interno di alternative food networks (Goodman, 2004), basate su processi di rilocalizzazione dei circuiti di produzione e consumo responsabile (Goal 12), che si articolano su due prospettive: la prospettiva dell’origine e quella della riconnessione (Fonte, 2008). Nella prima ricadono le produzioni tipiche (Dop, Igp, etc.), beni di qualità unica che sono

42 Non è un caso che l’accesso alla banda larga in molti comuni rurali è stato possibile

espressione della tradizione e della memoria storica dei luoghi, conoscenza tacita incorporata nei prodotti. Nella seconda prospettiva (riconnessione) la reputazione del prodotto è mediata dal produttore, connesso al consumatore nei circuiti alternativi, come i farmer’s markets, mercati contadini, oppure nella semplice vendita diretta aziendale. Queste reti alternative iniziano ad essere co-prodotte anche in ambienti più vasti, soprattutto le scuole, come dimostrano le sempre più numerose iniziative di distribuzione di alimenti provenienti dalle filiere corte, o comunque con certificazione di qualità legata all’origine o al metodo biologico (Londra, New York, etc.). La sostenibilità, oltre alla valenza ambientale, assume anche i tratti del “giusto prezzo” nei confronti di chi produce e non può competere nelle filiere agroalimentari moderne, a causa di una forza contrattuale troppo spostata a valle della filiera. Esperienze di successo iniziano ad emergere anche in aree meno sviluppate, dove l’agricoltura di comunità e le filiere corte diventano strumento di redistribuzione del valore aggiunto agroalimentare, a beneficio degli agricoltori43. La multifunzionalità agricola viene qui interpretata nella sua accezione “forte” (Wilson, 2007), dove le dimensioni sociali, economiche e ambientali rafforzano un modello di sviluppo sostenibile e resiliente, in grado di reagire alle pressioni competitive e di offrire alternative di successo in aree svantaggiate.

Bibliografia

1. Brunori G., Rossi A., Malandrin V. (2011), “Co-producing transition: Innovation processes in farms adhering to solidarity-based purchase groups (GAS) in Tuscany, Italy”. International Journal of Sociology of Agriculture and Food, vol.18.

2. Fonte M. (2008), “Knowledge, Food and Place. A Way of Producing, a Way of Knowing”, Sociologia Ruralis, vol.48, n.3.

3. Goodman D. (2004), “Rural Europe Redux? Reflections on Alternative Agro-Food Networks and Paradigm Change”, Sociologia Ruralis, vol.44, n.1.

4. Mfune O., Chisola M.N., Ziba I. (2016), “How Can Multifunctional Agriculture Support a Transition to a Green Economy in Africa? Lessons from the COMACO Model in Zambia”, Agriculture, vol.48, n.6.

5. Ray C. (1999), “Endogenous development in the era of reflexive modernity”, Journal

of rural studies, vol.15, n.3.

6. Wilson G. (2008) “From ‘weak’ to ‘strong’ multifunctionality: Conceptualising farm- level multifunctional transitional pathways”, Journal of rural studies, vol.24, n.3. 7. Wiskerke J.S.C. (2010), “On places lost and places regained: reflections on the

alternative food geography and sustainable regional development”, International

planning studies, vol. 14, n.4.