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LA COMUNICAZIONE INFORMALE COME BASE DELLA SOCIALITÀ

2. La catena informativa del pettegolezzo

Per essere comprese e ritenute credibili, le voci devono fondarsi su credenze e schemi cognitivi plausibili. In caso contrario, se si riferiscono a tematiche marginali o sono poco chiare nei loro contenuti o come sono espresse, esse tendono ad implodere in tempi

50 relativamente brevi. Perché resistano nel tempo, ci deve essere una non marginale volontà di un certo numero di persone di partecipare al processo comunicativo, come ricevente ed emittente, e di aderire a quei contenuti che vengono compresi e partecipati proprio perché nascono dall'avere una comune appartenenza.

In questa prospettiva si comprende perché esse siano una forma di coesione e consenso sociale molto forte e diffusa e non un fenomeno comunicativo banale come spesso si ritiene. Esse sono, infatti, prodotti culturali che nascono all’interno di un particolare gruppo sociale che ha credenze, aspettative e tratti psicologici (atteggiamenti, paure, entusiasmi, ecc.) che sono il naturale “incubatore” dei possibili rumors che potrebbero nascere in quel gruppo.

Contribuire a costruire le storie che riempiono di contenuti e di emozioni la cultura del tempo, almeno nella accezione degli argomenti di cui tutti sono interessati come oggetto privilegiato di conversazione, è la pratica più diffusa di scambio sociale tanto da nobilitare e legittimare una forma comunicativa che è stata, spesso, considerata alquanto negativamente. Fare parte della catena che costruisce e contribuisce a propagare una storia che, originata da un fatto presunto, si trasforma in una narrazione complessa e piena di sottintesi e possibili spunti, curiosa e piena di fascino, è un’esperienza che, in mancanza di altre importanti occasioni, dà un modesto ma non insignificante senso di protagonismo al soggetto che è parte della catena comunicativa.

51 Ovviamente si può far parte di una catena informativa che comunica i contenuti di una storia che non importa se sia vera, ma verosimile e di grande interesse, in molti modi o con molte funzioni. Ne vogliamo ricordare qualcuna sulla base di una tipologia messa a punto da J.N. Kapferer31:

• “l‟iniziatore”: colui cioè che mette in moto il processo comunicativo, anche se, in molti casi, è questa una figura difficile da definire o rintracciare. in molti casi, poi, è più utile riferirsi alla figura di autore collettivo come nel caso di un gruppo sociale che appare immediatamente e collegialmente coinvolto da una certa notizia. L’autore del pettegolezzo è la figura centrale del processo poiché egli è il regista che manovra le informazioni e le trasmette. Egli non è né completamente estraneo, né in una posizione di stretto vincolo familiare con il suo oggetto.

La posizione intermediaria dell’autore del pettegolezzo può anche essere inquadrata in un problema più ampio della distribuzione sociale della conoscenza, come suggerisce Alfred Schutz in un saggio su “II cittadino ben informato”32

.

Il fondatore della sociologia fenomenologica presenta tre tipi ideali di figure: “l’esperto”, la cui conoscenza è limitata ad un settore circoscritto, “l’uomo della strada”, che ha una conoscenza più

31

Kapferer J.N., Le voci che corrono. I più antichi media del mondo, Milano, Longanesi, 1988.

32 Schutz A. Il cittadino ben informato: saggio sulla distribuzione sociale della

52 pragmatica che gli consente di raggiungere certi risultati grazie all’uso di un sapere vago ma essenziale e “il cittadino ben informato” che non aspira a possedere la conoscenza dell’esperto, ma neanche si accontenta di semplici conoscenze. In questi tre tipi si cristallizza la distribuzione sociale della conoscenza e può essere un modo per allargare la diffusione ad un altro livello particolare che è quello della conoscenza delle questioni private che Schutz non considerò.

Sappiamo che la conoscenza delle questioni private non è distribuita in modo uniforme nella società e ancora non è ben definito che cosa si intenda per privato, se non qualcosa che è intenzionalmente celato alla conoscenza degli altri.

Nella vita quotidiana sono espressioni comuni: “non sono af-

fari tuoi”, “non impicciarti degli affari degli altri”, “sono affari miei”,

usate in genere per rivendicare e difendere la propria privacy ed impedire azioni di intrusione nella sfera personale. In questo senso la figura del pettegolo si può identificare in quella del cittadino ben informato, poiché è al corrente degli affari privati di un’altra persona.

Tuttavia, la conoscenza degli affari privati può assumere caratteri diversi in mano a quelle persone che la trasformano in informazione/pettegolezzo.

L’autore del pettegolezzo può trarre vantaggio da questa conoscenza in quanto possiede l’esclusività e può diffonderla tramite l’intimità come un mercante di notizie. In genere le voci hanno una vita breve poiché hanno valore finché sono attuali, se presentano caratteristiche di ambiguità e se sono pregnanti. In genere lo spettro di

53 queste informazioni/pettegolezzo si estende dalle notizie frivole e piccanti fino ai grandi errori, la cui rivelazione pubblica può provocare sentimenti di imbarazzo o di vergogna;

• “l‟interprete autorevole”: in molti casi questa figura coincide con quella di uno o più “opinion leader” che, garantisce, con la sua autorità o carisma, l’autenticità e la rilevanza della storia che circola all’interno di un determinato gruppo sociale. La figura del destinatario non è affatto passiva in quanto chi riceve il pettegolezzo è un partecipante attivo che mostra la volontà di ascoltare e di interagire con l’interlocutore.

È soltanto grazie al fatto che esiste un legame specifico con l’autore e con l’oggetto della voce che la conversazione diventa infine pettegolezzo. Il rapporto tra l’autore e il destinatario, che è basato su una conoscenza reciproca, è fortemente modellato dal tipo particolare di informazione che viene trasferita nell’interazione. Questa relazione di co-informazione unisce i partecipanti in un rapporto di complicità e incide sulla loro relazione fino all'ultimo. Nella trasmissione del pettegolezzo, anche il tono di scambio è di parità, lo stile si adegua e le differenze di grado sono tollerate con fatica.

Difficilmente, però, l’autore del pettegolezzo può tentare di obbligare il destinatario al silenzio nonostante le esortazioni tipiche: “rimanga tra di noi”, “non lo dire a nessuno”, “lo dico solo a te”, “non dirlo a X”. In genere, queste espressioni servono solo a giustificare in parte gli autori dei pettegolezzi, ma sono poco efficaci,

54 lo dimostra il livello di rapidità di diffusione della chiacchiera. Questo fa sì che l’autore si assicuri almeno, attraverso una accurata selezione, che il pettegolezzo venga comunicato solo alle persone ritenute giuste. In questo senso possiamo dire che quella della comunicazione informale è una pratica che si distingue dagli altri processi comunicativi per ciò che riguarda la realizzazione selettiva delle rela- zioni sociali;

• gli “interessati”: coloro cioè che possono trarre qualche vantaggio dal suo diffondersi o, più semplicemente, hanno un interesse altissimo, al limite del morboso, per il tipo di contenuti o personaggi che sono elemento caratterizzante di una determinata storia;

• i “divulgatori”: coloro cioè che con la loro immediata e convinta partecipazione fanno decollare e danno forza e velocità di propagazione al processo comunicativo che acquista così una sua autonomia e forza. Abbiamo già detto come una storia esistendo e propagandandosi nel tempo si autolegittima e acquista efficacia e rilevanza;

• gli “entusiasti”: coloro che hanno l’importante funzione di alimentare la storia aggiungendovi particolari e rilanciandola con il proprio convinto atteggiamento; in qualche caso questa figura è piuttosto simile a quella dei “recuperatori” che la rimettono in circolo quando una storia sembra languire. All’opposto troviamo i “tiepidi”

55 che hanno un atteggiamento al limite del disinteresse o della passività e che contribuiscono a smorzarne l'impatto fino a farla scomparire dall'attenzione collettiva;

• i “resistenti”: quelli che si impegnano per dimostrarne l’inconsistenza o la negatività o i prematuramente “nostalgici” che vorrebbero che la storia non fosse cancellata dall’interesse collettivo e vi continuano a trovare elementi di personale coinvolgimento svolgendo così una funzione determinante nella “fase di stanca” della catena comunicativa contribuendo al suo rilancio o alla sua fine.

Ovviamente questo elenco può essere allungato o variato secondo la sensibilità interpretativa dello studioso, specialmente se la tipologia non resta astratta ma viene applicata ad un caso concreto.

Ciò nonostante è evidente che ogni voce ha diversi soggetti implicati, non solo con diverse motivazioni, ma soprattutto con diverse funzioni nel concreto processo di creazione-trasmissione di una certa storia in particolare.