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Il codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell‟esercizio della professione

L’INFORMAZIONE NEL SISTEMA ECONOMICO: IL RUOLO DEL GIORNALISTA ED I “REAT

4. Le fonti della deontologia.

4.2 Il codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell‟esercizio della professione

giornalistica.

La linea di un codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio della professione di giornalista è stata tracciata prima dalla direttiva europea 46/95/CE sul trattamento dei dati personali e successivamente dalla legge italiana di recepimento, la l. 675/96 (come modificata dal d.lgs. 171/98 attuativo della direttiva 97/66/CE sul tema della tutela della vita privata nelle telecomunicazioni). All’art. 25, la legge 675 promuoveva l’adozione di un codice deontologico da parte del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti sul trattamento dei dati effettuato dagli appartenenti alla categoria, riservando al Garante per la protezione dei dati personali di intervenire nella fase di formazione del codice stesso. Qualora nel termine previsto di sei mesi, l’Ordine non avesse

170 approvato il Codice, il Garante avrebbe potuto adottarlo in via sostitutiva e provvisoria (comma 3).

Il Codice deontologico è ora allegato al nuovo testo unico sulla privacy, il d.lgs. 196/2003 che, pur abrogando la legge 675 (nonché il d.lgs 171/98) ha fatto però espresso richiamo, facendola rivivere, alla normativa relativa al Codice deontologico. Tale abrogazione, con conservazione di alcuni principi e contenuti della normativa abrogata, ancorché apparentemente incomprensibile, trova la sua spiegazione nella necessità, sottesa al d.lgs. 196/2003, di fornire una disciplina organica ed omnicomprensiva della materia di trattamento dei dati personali.

Rispetto alle altre carte deontologiche, questo Codice presenta alcune peculiarità: in primis, la circostanza per la quale la sua origine va ritrovata in una legge dello Stato e che tale previsione legislativa limita il suo intervento a dettare norme comportamentali delimitate nell’ambito dell’oggetto della legge stessa. In secondo luogo, è certamente peculiare il suo iter di approvazione: il Codice è stato adottato dalla categoria di concerto con il Garante per la protezione dei dati personali, al termine di una trattativa durata nove mesi, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 agosto 1998 e divenuto efficace 15 giorno dopo. Quanto qui esposto comporta che esso ha efficacia non più soltanto per gli appartenenti alla categoria, ma per ogni soggetto che, “anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica” (art. 13). Va tuttavia specificato che le sanzioni disciplinari, previste dal titolo III della l. 69/63 e richiamate nel Codice, possono essere

171 comminate soltanto nei confronti degli iscritti all’albo, in quanto, comunque, norma interna all’Ordine stesso.

Il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio della professione giornalistica disciplina la delicata questione dell’utilizzo di informazioni nell’ambito dell’esercizio del diritto di cronaca. Da un lato, per il giornalista (e per chi, recita il d.lgs. 196/2003 all’art. 136, effettua trattamento “temporaneo

finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell‟espressione artistica”) sono previste deroghe, come l’esonero dal

consenso dell’interessato, dall’autorizzazione del Garante e dall’obbligo di fornire l’informativa. Dall’altro lato, il Codice segna nuove disposizioni a favore dei cittadini, per bilanciare il favor riservato alla categoria. Viene disciplinata la tenuta delle banche dati di uso redazionale, con il conseguente obbligo di rendere nota al pubblico l’esistenza di tali archivi almeno due volte l’anno; tali banche dati vengono opportunamente distinte dagli archivi personali dei giornalisti che rientrano, invece, tra i diritti tutelati dall’art. 2 della l. 69/63, purché “funzionali all‟esercizio della professione e per

l‟esclusivo perseguimento delle relative finalità” (art. 2). Il giornalista

deve limitarsi a rendere nota la propria identità, la professione e le finalità della raccolta “salvo che ciò comporti rischi per la sua

incolumità o renda altrimenti impossibile l‟esercizio della funzione informativa; evita artifici e pressioni indebite”.

172 Viene ribadita la tutela del domicilio e di altri luoghi di privata dimora ed essa viene estesa anche a luoghi di cura, detenzione o riabilitazione (art. 3); viene altresì richiamato il dovere di rettifica (art. 4). In merito ai dati sensibili (quelli cioè contenenti informazioni relative a origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale) il giornalista deve garantire che essi siano raccolti nell’interesse pubblico, evitando riferimenti a congiunti o altri soggetti non interessati direttamente coinvolti.

Di particolare rilevanza è l’art. 6, “Essenzialità dell’informazione”: “La divulgazione di notizie di rilevante interesse

pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l‟informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell‟originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti”. Tale principio è stato da taluni accostato alle tre

esimenti del diritto di cronaca individuate dalla giurisprudenza (verità, utilità sociale e continenza espressiva): sul tema si sono registrati numerosi interventi interpretativi del Garante per la Protezione dei dati personali. È parimenti precisato che la sfera privata di personaggi pubblici o che esercitano funzioni pubbliche va rispettata se le notizie o i dati non presentano rilevanza in merito alla loro vita pubblica.

173 All’articolo successivo, viene predisposta una tutela speciale per ciò che concerne il trattamento dei dati personali dei minori il cui diritto alla riservatezza è da considerarsi sempre prevalente rispetto al diritto di cronaca e di critica ed è ribadita l’esigenza di non fornire elementi tali da rendere il minore identificato o identificabile.

Del pari, è tutelato il diritto alla riservatezza delle persone malate, nonché il diritto alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali. Non devono essere pubblicate immagini di persone in stato di detenzione senza il consenso dell’interessato, salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia; la pubblicazione di immagini raffiguranti persone con ferri o manette ai polsi è ammessa soltanto quando ciò serva a segnalare abusi.

La sfera sessuale dell’individuo è coperta da ulteriore tutela (oltre a quella già prevista in qualità di dato sensibile): anche in questo caso, la pubblicazione è ammessa “nell‟ambito del perseguimento

dell‟essenzialità dell‟informazione e nel rispetto della dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica” (art. 11).

L’art. 12, intitolato “Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali”, cerca di contemperare la tutela dei dati personali con il diritto di cronaca, recitando al secondo comma che “Il

trattamento di dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all‟art. 686, commi 1, lettere a) e d), 2 e 3, del codice di procedura penale è ammesso nell'esercizio del diritto di cronaca”. È qui utile

174 ricordare che l’art. 686 del codice di procedura penale disciplina il casellario giudiziario, i suoi contenuti e le modalità di iscrizione nello stesso. Il d.lgs. 196/2003 ha peraltro introdotto una categoria apposita per i dati giudiziari, assimilabili per tutela ai dati sensibili, sul presupposto che l’anagrafe penalistica dell’individuo non ne condizioni la vita sociale.

Il Codice in oggetto, come già osservato, rappresenta una novità nell’ambito dei codici deontologici, ma tale evoluzione non riguarda soltanto la categoria giornalistica. Con l’approvazione della l. 675/96 prima e del d.lgs. 196/2003 poi, si è assistito ad un mutamento profondo per ciò che concerne la deontologia, laddove i contenuti dei codici promossi dalle leggi sulla privacy diventano rilevanti anche al di fuori del settore interessato.