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Catture in aree di foraggiamento, nei

Nel documento Quaderni di Conservazione della Natura N (pagine 126-130)

4. T ECNICHE E METODI DI MONITORAGGIO

4.2. Cattura e manipolazione dei chirotteri

4.2.3 Situazioni e modalità di cattura

4.2.3.2. Catture in aree di foraggiamento, nei

In queste situazioni, possono essere impiegate sia mistnet sia

harp-trap, ma le prime sono di gran lunga le più utilizzate in quanto

ga-rantiscono migliori successi di cattura. Verranno quindi approfondi-te le metodologie di impiego delle mistnet. È buona norma procedere come segue.

1. Una volta eretta la mistnet, l’operatore potrà sostare accanto a uno dei pali, dove attenderà la cattura. Nell’attesa, è consigliabile evitare di produrre rumori o tenere luci costantemente accese. La superficie della rete sarà periodicamente illuminata con una buona torcia per scorgere l’eventuale presenza di chirotteri catturati. Un bat detector, possibilmente utilizzato nella modalità di divisione di frequenza, po-trà aiutare a rivelare precocemente l’approssimarsi di chirotteri alla rete (è consigliabile porsi in ascolto con delle cuffie per evitare che il rumore dell’apparecchio allerti gli animali). È importante che la rete venga continuamente controllata per impedire che gli animali s’impi-glino tanto da rendere l’estrazione complessa. Non si raccomanderà mai abbastanza di tenersi pronti a estrarre i chirotteri dalla mistnet: essi tendono spesso ad agitarsi nella rete e a morderla, col risultato che in breve tempo saranno assai difficili da districare e molto stressati. Inoltre, se una rete non è controllata di continuo, gli animali cattura-ti potranno liberarsi mordendola fino a pracattura-ticare fori anche di note-voli dimensioni, oppure potranno cadere vittima di predatori.

2. Una torcia frontale sarà indispensabile per lasciare le mani libere di operare mentre si illumina l’animale in rete. Se l’estrazione dovesse presentarsi troppo complessa, è possibile facilitarla aiutandosi con delle piccole forbici per recidere qualche filo. Quando un chirottero è in rete, anzitutto è importante comprendere da quale lato si sia in-trodotto, dopodiché ci si porterà presso quest’ultimo e si aprirà la ta-sca in cui giace l’animale. Se il chirottero è posto troppo in alto, tan-to da essere difficile o impossibile maneggiarlo, si potrà abbassare la rete affinché l’animale diventi ben raggiungibile; a questo punto si provvederà all’estrazione. Pur non essendoci una regola valida per ogni situazione, in genere risulta utile, mentre si trattiene l’esempla-re con una mano, inizial’esempla-re a liberarne prima i piedi (in genel’esempla-re essi so-no le ultime parti a essere entrate in rete), poi le ali, infine il capo. Man mano che queste parti vengono liberate, la mano che sostiene l’animale dovrà trattenerle per evitare che si impiglino di nuovo. È necessario agire con delicatezza per evitare danni all’esemplare. Le ali

sono generalmente le più difficili da liberare: spesso è d’aiuto dispie-gare delicatamente un’ala impigliata per aprire le maglie che la trat-tengono, operazione che facilita l’estrazione e aiuta a comprendere esattamente come l’ala si è impigliata. È da sottolineare che le ossa alari sono molto delicate, ragione per la quale si raccomanda molta attenzione. Allentare la tensione sulla parte di rete in cui è posto l’animale può facilitare l’operazione. In alcuni casi un chirottero im-pigliato proverà a mordere mentre lo si libera. Particolarmente con le specie grandi, si può consentire all’animale di mordere un sacchetto di tela, un guanto o qualcosa di simile (Kunz e Kurta, 1988): si lavo-rerà con più tranquillità. In ogni caso, se l’animale dovesse mordere una mano, si eviti di strattonarlo o di compiere movimenti bruschi perché ciò potrebbe ferirlo seriamente. Un piccolo trucco per far la-sciare la presa ad un chirottero che morda consiste nel soffiargli sul muso (qualche volta è necessario per liberare il sacchetto di tela dalla sua bocca!). In teoria sarebbe buona norma indossare guanti (soprat-tutto per le specie di maggiori dimensioni), ma in pratica molti chi-rotterologi trovano difficile gestire la liberazione di un esemplare in rete perché il guanto impaccia e toglie sensibilità. Un guanto sottile indossato solo su una mano (quella che tiene l’animale) può rappre-sentare un buon compromesso, almeno quando si maneggiano le specie di dimensioni maggiori (come Rhinolophus ferrumequinum,

Nyctalus spp., Eptesicus spp., Myotis myotis, Myotis blythii, T. teniotis),

capaci di infliggere morsi dolorosi e, potenzialmente, veicolare pato-logie più o meno gravi.

3. Le mistnet possono essere posizionate in una varietà di ambienti e si-tuazioni e l’esperienza aiuta a riconoscere quali siano le condizioni più promettenti. Le migliori catture si effettuano spesso presso fiumi, laghi e stagni, frequentati da molte specie in quanto ambienti elettivi di alimentazione (Vaughan et al., 1997a); inoltre, anche specie che non li frequentano per alimentarsi spesso vi si recano per bere. È ne-cessario non porre la rete in un ambiente molto aperto; spesso una cornice di vegetazione la rende meno cospicua e “accompagna” i chi-rotteri alla mistnet. Anche le reti poste sotto i ponti, lungo i fiumi, si rivelano assai efficaci: attenzione, però, al fatto che il ponte stesso può ospitare una colonia di chirotteri in una fessura, intercapedine, ecc.; e se la colonia è numerosa, all’ora di emergenza la rete catturerà troppi chirotteri contemporaneamente tanto da rendere problematica la li-berazione.

Per evitare che i chirotteri passino sotto la rete, il suo margine inferio-re sarà posto a binferio-reve distanza dalla superficie dell’acqua, lasciando

tuttavia uno spazio sufficiente a evitare che un animale catturato nel-la tasca posta più in basso possa trovarsi sott’acqua ed annegare. Si faccia attenzione al fatto che il livello dell’acqua, particolarmente in fiumi e canali, può variare con la portata nel corso della notte. Degli stivali da pesca, o una salopette, saranno necessari per consentire di raggiungere i chirotteri in rete mantenendo l’operatore all’asciutto. È importante verificare che in nessun punto l’acqua sia tanto profonda da impedire di raggiungere un settore della rete oppure da rendere il lavoro troppo disagevole; in fiumi e torrenti è buona norma anche considerare l’effetto della corrente sull’equilibrio, quest’ultimo già re-so precario dal fatto che ci si sposta in condizioni di oscurità cammi-nando su un substrato di norma accidentato, melmoso e scivoloso. Due o più mistnet potranno essere sovrapposte venendo tese tra i me-desimi pali, così da aumentare la probabilità di cattura di un’ampia varietà di specie che tendono a volare a diverse altezze. Nel caso dei fiumi, la rete sarà di norma posta trasversalmente al corso d’acqua. Le reti possono anche essere sistemate a ridosso della vegetazione riparia, ove diverse specie si alimentano e sono suscettibili di cattura. Anche corridoi, sentieri e margini di bosco nelle aree forestali possono offri-re, in alcuni casi, interessanti possibilità di cattura. In diversi casi due

mistnet poste con una configurazione a “V” possono risultare utili,

perché la prima costringerà i chirotteri a deviare di rotta spingendoli verso la seconda. Quest’effetto può essere ulteriormente favorito di-sponendo 3 reti a “Z”.

Per la cattura dei chirotteri presso la chioma degli alberi in aree fore-stali, esistono cosiddette canopy nets, particolari reti che vengono issa-te ai rami degli alberi medianissa-te carrucole. Dilks et al. (1995) descri-vono tecniche di impiego delle mistnet in ambienti forestali. In gene-re, un’indagine preliminare con il bat detector può aiutare nella scelta del sito, ed identificare le rotte di volo seguite dai chirotteri potrà gui-dare nel miglior posizionamento della rete. L’esperienza resta un fat-tore primario per condurre catture di successo.

4. Le reti devono essere aperte intorno al tramonto; in pratica l’ideale è aprirle quando l’attività degli uccelli diurni è ormai bassa, così da ri-durre la probabilità di catture accidentali, e prima che le specie di chi-rotteri che si involano per prime siano attive. Tra le specie italiane, quelle che in genere compaiono prima delle altre nei siti di alimenta-zione sono Pipistrellus kuhlii e Pipistrellus pipistrellus. La mistnet può essere allestita con comodità quando c’è luce, quindi tenuta chiusa per mezzo di stringhe; sarà poi semplice rimuovere queste ultime e aprire la rete al momento opportuno.

Il pattern di attività della chirotterofauna presenta spesso una chiara bimodalità: un primo picco di attività inizia subito dopo il tramonto e prosegue per 2-3 ore, e durante questo tempo si ottengono i miglio-ri successi di cattura; dopodiché si assiste a un calo di attività spesso molto evidente; infine, si verifica un secondo picco, prima dell’alba, generalmente meno importante di quello seròtino (Gaisler, 1979; Er-kert, 1982; Rachwald et al., 2001). Il successo di cattura dipende for-temente dalle condizioni ambientali. Anzitutto, all’abbassarsi della temperatura ambientale, la densità di insetti cala, e con essa l’attività dei chirotteri che se ne cibano. Tale effetto è significativo al di sotto dei 10 °C. La pioggia riduce sensibilmente la presenza dei chirotteri. Russo e Jones (2003) hanno verificato che all’aumentare dell’intensi-tà del vento, l’attividell’intensi-tà di M. daubentonii e M. capaccinii diminuisce. È stata anche descritta, in particolare in aree neotropicali, una relazio-ne tra la porziorelazio-ne della superficie lunare visibile e il successo di cattu-ra (Morrison, 1978; Fleming e Heithaus, 1986): nelle notti illumina-te dalla luna quest’ultimo sarebbe inferiore in quanto sussisillumina-terebbe un più elevato rischio di predazione. Tuttavia, studi recenti condotti negli Stati Uniti (Negraeff e Brigham, 1995), in Inghilterra (Vaughan

et al., 1997a) e sud Italia (Russo, 2001; Russo e Jones, 2003) non

hanno rilevato alcuna influenza della luna sull’attività dei chirotteri. Infine, va ricordato che un calo nel successo di cattura può essere re-gistrato se si cattura per più notti in uno stesso sito, e che chirotteri catturati una volta possono aver “imparato” a evitare le reti.

5. Per completezza, si ricorda che esistono delle alternative all’utilizzo “statico” delle mistnet finora descritto. Una mistnet può essere calata da un ponte, manovrata da due persone poste su questo a sostenerne i pa-li e da almeno un’altra persona pronta ad estrarne gpa-li esemplari cattu-rati. Oppure, nelle cosiddette tecniche di net-flicking, la rete può esse-re sostenuta da un solo palo verticale fissato al teresse-reno, mentesse-re l’altro è manovrato da un operatore così da tenere la superficie di cattura più o meno orizzontale (Kunz et al., 1996; Finnamore e Richardson, 1999). Un chirottero che si approssimi, non essendo ostacolato dalla rete, tenterà di passarvi sopra e l’operatore porrà rapidamente il palo in ver-ticale, effettuando la cattura. In tal caso, un’altra persona deve tenersi pronta a liberare l’animale. Ulteriore variante di questa tecnica è rap-presentata dal fatto che entrambi i pali sono tenuti mobili, ciascuno manovrato da un operatore. Il flicking risulta particolarmente utile in ambienti aperti. Se il movimento della rete da parte degli operatori non è sufficientemente coordinato e attento, questa tecnica può com-portare rischi per gli esemplari, che possono venire colpiti dai pali.

4.2.3.3 Protocollo sperimentale e analisi dei dati ottenuti con le mistnet

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