• Non ci sono risultati.

Perché catturare

Nel documento Quaderni di Conservazione della Natura N (pagine 119-124)

4. T ECNICHE E METODI DI MONITORAGGIO

4.2. Cattura e manipolazione dei chirotteri

4.2.1 Perché catturare

Per diverse specie di chirotteri, l’identificazione specifica può dirsi cer-ta solo attraverso un esame diretto dell’esemplare. Catturare i chirotteri, infatti, consente di osservarne in dettaglio i caratteri morfologici discri-minanti e di misurarne i parametri diagnostici.

Nelle indagini faunistiche, la cattura risulta assai più efficace delle me-todologie acustiche per registrare la presenza di specie che emettono se-gnali di ecolocalizzazione deboli o soggetti a forte assorbimento atmosfe-rico (Plecotus spp., Rhinolophus spp.), o infine di difficile identificazione al bat detector (ad es. molti Myotis). Specie che volano a quote maggiori, come quelle del genere Nyctalus, sono invece più difficoltose da catturare e in compenso ben rilevabili con il bat detector; se però si individua un si-to in cui esse si abbassano per abbeverarsi, una rete convenientemente collocata potrà dare ottimi risultati (cfr. ad es. Rachwald, 2001, per N.

noctula). Naturalmente, la cattura è indispensabile in tutti i casi in cui si

intendano effettuare studi biometrici, genetici, biomeccanici, parassitolo-gici, oppure quando si voglia marcare gli individui mediante l’applicazio-ne di al’applicazio-nelli, light-tag, trasmittenti ecc.

4.2.2 Strumenti di cattura

In alcuni casi, i chirotteri all’interno di un rifugio possono essere sem-plicemente catturati con le mani, se posti in una posizione che lo consen-ta e soprattutto se sia possibile operare in modo da ridurre al minimo il ri-schio di disturbo alla colonia (Agnelli et al., 2001). In tali circostanze, gli

animali andranno rimossi sollevandoli vero il punto di appiglio e non ti-randoli per evitare di danneggiarne dita o unghie. Rimandiamo ai sugge-rimenti, forniti in seguito, relativi al modo corretto di maneggiare gli esemplari. Nella maggioranza dei casi, però, sarà necessario servirsi di ap-positi strumenti, di seguito descritti.

4.2.2.1 Retini a mano

Soprattutto in certe situazioni di cattura presso i roost (si veda in segui-to), può essere utile impiegare un retino a mano, meglio se dotato di ma-nico telescopico. In genere risultano idonei i retini per Lepidotteri (Agnelli et al., 2001), che evitano che l’animale si impigli; vanno assoluta-mente evitati i retini da pesca. Un chirottero così catturato va prontamen-te rimosso dal retino. Quando l’animale vi entra, l’attrezzo andrà subito ruotato di 90°, ponendo la superficie di cattura in posizione verticale, co-sì da chiudere l’apertura e imprigionare il chirottero. Dopodiché è in ge-nere conveniente poggiare il retino su un piano orizzontale, ad es. al suo-lo, e introdurre una mano nel sacco per estrarre l’animale (aprire il retino prima di controllare il chirottero con una mano causerebbe la fuga di quest’ultimo). Il retino andrebbe utilizzato per catturare esemplari statici e non chirotteri in volo, nonostante ciò sia tecnicamente possibile (Chur-chill, 1998): in quest’ultimo caso, se gli animali impattano contro le parti dure dell’attrezzo possono ferirsi seriamente o morire (Finnamore e Ri-chardson, 1999).

4.2.2.2 Trappole del tipo funnel-and-bag (imbuto e borsa), trappole a sacco Anche noti come “cone-traps” (Finnamore e Richardson, 1999), questi dispositivi sono molto utili per catturare chirotteri in uscita da un roost, laddove gli animali si involino da una fessura o da un pertugio di dimensio-ni limitate (roost arborei, edifici). Un “imbuto”, o un cilindro di lunghezza variabile, potrà essere costruito con dei fogli di polietilene tenuti assieme da nastro adesivo. Una delle estremità di questa struttura andrà montata su una cornice metallica (del tipo di quella dei retini a mano) e questa dovrà essere posta intorno all’uscita del roost. L’altra estremità, invece, sarà colle-gata a un sacco di tessuto destinato a contenere gli animali. Quando questi escono dal roost, si scontrano con l’imbuto e vi scivolano all’interno, finen-do così dentro alla borsa di cattura posta al termine. Una variante è rappre-sentata dalle trappole a sacco (Gaisler, 1979; Agnelli et al., 2001), in cui la struttura a contatto con l’imboccatura del roost è rappresentata da un sup-porto rigido munito di una barriera di fili di nylon, con cui i chirotteri col-lideranno, arrestandosi e scivolando nel sacco sottostante. È importante in ogni caso rimuovere rapidamente gli esemplari catturati.

4.2.2.3 Mistnet

Si tratta di reti di struttura analoga a quelle utilizzate dagli ornitologi, ma più sottili, così da renderle meno rilevabili dal sistema di ecolocalizza-zione dei chirotteri (Kunz e Kurta, 1988).

Quelle usate dai chirotterologi sono di nylon o di terilene, dello spesre di 50 o 70 denier (denier = massa in grammi di 9.000 m di fibra), e so-no costituite da fili a loro volta composti da due sottili elementi intreccia-ti. La dimensione delle maglie (misurata tra due vertici opposti) è in ge-nere di 32-38 mm. Si noti che alcuni fornitori di mistnet esprimono la mensione di maglia come lunghezza di un lato di quest’ultima, ossia di-stanza tra due nodi successivi. In tal caso, il range sopra suggerito corri-sponderà a 16-19 mm. È bene informarsi di quale sia la definizione di di-mensione di maglia adottata nei cataloghi prima di procedere all’ordine di mistnet. Si tenga inoltre presente che, prima di vendere una mistnet, di-versi fornitori richiedono l’esibizione del permesso di cattura rilasciato dalle autorità competenti in materia. La rete è sostenuta da un telaio di fi-li robusti orizzontafi-li e verticafi-li; in corrispondenza di quelfi-li orizzontafi-li, es-sa forma delle tasche (le reti per i chirotteri ne presentano in genere 4; Finnamore e Richardson, 1999). In commercio esistono reti specifiche per chirotteri (bat-net) caratterizzate da tasche di dimensioni ridotte, tali da facilitare l’estrazione degli animali catturati. Esistono reti di diversa lunghezza, e i chirotterologi spesso ne utilizzano di 6, 9, 12 e 18 m a se-conda delle condizioni di cattura. L’altezza è generalmente di 2-2,6 m. Quando un chirottero in volo si scontra con la rete, viene catturato in quanto cade all’interno di una delle tasche, aperta dall’impatto.

La rete, allestita in campo per la cattura (Figura 4.2), è sostenuta da due pali (meglio se telescopici) posti verticalmente, ai quali viene assicu-rata attraverso alcuni anelli di cotone o nylon posti lungo i lati verticali. I

Figura 4.2 - Tecniche di allestimento delle reti mistnet in natura: a – rete montata perpendicolar-mente all’asta di un corpo idrico; b – rete montata in un’ansa di un corpo idrico; c – particolare delle tasche di una rete mistnet (Disegno R. Chirichella).

pali possono essere retti da corde fissate al suolo con picchetti o assicurate a massi, alberi, ecc. Le mistnet vengono utilizzate soprattutto per catturare gli animali in aree di alimentazione, nei siti in cui si abbeverano o lungo tragitti di trasferimento particolarmente frequentati (ad es. in siti prossimi a un roost). Specialmente per piccole colonie, possono essere usate per cat-turare i chirotteri che emergono dal roost. Tratteremo in seguito l’utilizzo delle mistnet in relazione alla

cat-tura in aree di alimentazione, nonché le modalità di estrazione degli esemplari.

Le mistnet sono relativamen-te poco costose, facili da tra-sportare e adattabili a molte si-tuazioni di cattura; coprono, inoltre, ampie superfici. I prin-cipali svantaggi sono rappresen-tati dal fatto che gli animali pos-sono impigliarsi tanto da rende-re la liberazione difficoltosa e stressante o pericolosa per la lo-ro incolumità (Finnamore e Ri-chardson, 1999), e dalla facilità con cui le reti possono danneg-giarsi (Figura 4.3).

4.2.2.4 Harp-trap

Una trappola ad arpa (harp-trap) è costituita da due cornici metalliche o in legno quadrate o rettangolari poste verticalmente e parallelamente tra loro, generalmente sostenute da cavalletti (Kunz e Kurta, 1988). Al-l’interno di ciascuna cornice sono tesi numerosi fili di nylon (lenza da pe-sca) posti verticalmente e parallelamente tra loro; subito sotto alle due cornici è posta una borsa in tessuto (Figura 4.4).

La borsa termina superiormente con due falde di tessuto scivoloso (fogli di plastica o tessuto cerato) atte a trattenere gli animali nella borsa di cattu-ra: esse vengono rivolte all’interno di questa e risultano scivolose per i chi-rotteri, mentre la restante superficie interna della borsa può essere rivestita di un tessuto sufficientemente ruvido da consentire agli animali di arrampi-carvisi. Quando un chirottero in volo si scontra con le due barriere di fili di

nylon, cade all’interno della borsa. A questo punto, o resta sul fondo di

que-sta, o istintivamente si arrampica verso l’alto, fino a porsi al di sotto di una delle due falde. L’animale viene raccolto sollevando con cautela la falda.

Figura 4.3 - L’estrazione di un chirottero da una

mistnet richiede particolare cautela per ridurre al

minimo lo stress dell’esemplare ed evitarne il feri-mento accidentale. L’utilizzo di una torcia fronta-le consente di disporre di entrambe fronta-le mani per li-berare il chirottero catturato (Foto G. Jones).

Una harp-trap può ospitare an-che molti animali assieme, però si consiglia di rimuovere periodi-camente gli esemplari catturati sia per impedire che qualche chi-rottero trovi fortunosamente una via di fuga, sia per evitare una si-tuazione di sovraffollamento in cui gli esemplari catturati po-trebbero mordersi ferendosi an-che seriamente. Se si dispone di più borse, è possibile prelevare quella contenente gli animali catturati sostituendola con un’al-tra vuota, così da asportare gli animali senza interrompere le operazioni di cattura.

Le harp-trap sono molto utili soprattutto nelle catture di esemplari che si involano dai

ro-ost dotati di uscite di dimensioni

limitate. Ne esistono di diverse

dimensioni, ma in pratica non possono coprire superfici estese quanto una rete. Possono essere utilizzate con buon successo anche in corridoi di volo di sezione limitata (Finnamore e Richardson, 1999), come nella ve-getazione densa, e possono essere innalzate con corde e pulegge per cattu-rare al livello della volta forestale. Sono assai meno stressanti delle mistnet per gli animali, che vengono estratti rapidamente. Inoltre, i chirotteri le percepiscono meno facilmente di una mistnet, e il successo di cattura è maggiore, anche nel caso di specie particolarmente sensibili agli ostacoli e capaci di volo più manovrato come i Rinolofidi e gli Ipposideridi (Kin-gston et al., 2000). Il successo di cattura dipende dalla velocità e dalla massa corporea del chirottero, nonché dalla tensione dei fili di nylon (che però in genere può essere opportunamente corretta con delle viti che agi-scono sul telaio). In genere, una tensione troppo elevata può portare i chi-rotteri a rimbalzare sul primo strato di fili, sfuggendo così alla cattura. Vi-ceversa, con una tensione insufficiente i chirotteri attraverseranno le cor-nici di cattura. EUROBATS (Risoluzione 4.6 della Quarta Sessione del Meeting of Parties 2003) raccomanda di evitare che la trappola occluda completamente l’uscita di roost ipogei (grotte, tunnel) o che sia posta lun-go direzioni di volo percorse a gran velocità da chirotteri e uccelli.

Figura 4.4 - Harp trap con telaio di legno. I fili di nylon tesi tra i due supporti verticali interrom-pono il volo dei chirotteri che cadono all’interno del tascone inferiore, dal quale possono essere fa-cilmente catturati (Foto D. Preatoni).

Purtroppo le harp-trap coprono superfici relativamente piccole, e questo le rende meno efficaci in aree aperte. Inoltre il loro costo è in ge-nere piuttosto elevato e la loro costruzione non è semplice. Infine, nono-stante possano essere piegate piuttosto facilmente per essere trasportate, restano alquanto ingombranti.

Nel documento Quaderni di Conservazione della Natura N (pagine 119-124)