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Si rivela difficoltoso individuare le cause di questo fenomeno dilagante. Alcune teorie si concentrano sugli aspetti psicologici che caratterizzano i soggetti coinvolti, sia la vittima che il responsabile: nello specifico si propongono di identificare se il primo avesse mai avuto un comportamento insolitamente aggressivo o una personalità fortemente gelosa, la seconda se avesse mai manifestato una personalità insicura o addirittura masochista. In alcuni casi si è tentato di affrontare il fenomeno in termini intergenerazionali, per cui le parti ripropongono all’interno della propria famiglia un comportamento che hanno acquisito dai propri genitori come modello comportamentale di riferimento. Altre teorie si soffermano sulla povertà sia sociale che in termini economici; altre ancora basano le violenze sull’utilizzo di sostanze stupefacenti e alcol. Le teorie femministe vedono la violenza domestica come una manifestazione del patriarcato, del potere dell’uomo sistematicamente esercitato sulla donna.

In realtà, nessuna di queste teorie può spiegare l’incidenza della violenza domestica. A maggior ragione non possono essere prese in considerazione le teorie che tendono a colpevolizzare la vittima, tesi inconsistenti e altamente controverse.

Invece che ricercare le cause, si rivela più semplice e anche più utile identificare i fattori che aumentano le probabilità di diventare un soggetto a rischio: essere una donna, di età compresa tra i 16 e i 24 anni; essere separata, divorziata, o single; essere incinta; essere un genitore single; far parte di un nucleo familiare a basso reddito e vivere in un’abitazione in locazione. Dall’altro lato, i responsabili delle violenze sono caratterizzati dai seguenti aspetti: essere maschio e avere precedenti penali o un passato caratterizzato da comportamenti criminogeni; emarginazione sociale; stress e altre conseguenze negative derivanti da un reddito basso e dal vivere in

33 condizioni di povertà; vari tratti psicologici della personalità tra cui la tendenza a negare le proprie responsabilità, la gelosia e un’estrema dipendenza dalla vittima e infine la mancanza di empatia.

Sebbene tali caratteri possano aumentare il rischio, bisogna specificare che l’abuso domestico non è confinato a nessuna classe economica o sociale, gruppo etnico o modello di genere.

La percezione che la violenza domestica sia particolarmente prevalente in una classe socio - economica inferiore può essere data dalla maggiore visibilità che i gruppi svantaggiati hanno nei confronti delle istituzioni pubbliche. Le vittime che si trovano in una situazione socio economica più agiata, avendo la facoltà di rivolgersi ad enti privati, possono avere il privilegio di mantenere l’evento nella sfera privata, con una minore probabilità di riportare l’abuso alla polizia o agli agenti della sanità e quindi di rientrare nelle statistiche nazionali. Altri studi hanno rivelato che non ci sono differenze sull’incidenza della violenza in riferimento allo status socio - economico o all’etnia, sebbene la povertà e l’emarginazione sociale possano essere conseguenze dell’abuso14.

Cercare di isolare particolari gruppi di persone predisposti alla violenza domestica può essere interpretato come un modo per comprendere le cause del problema e quindi stabilirne una possibile soluzione. Comunque sia il messaggio proveniente dalle stime effettuate è chiaro: la violenza domestica nei confronti delle donne è fin troppo comune in tutta la società per permettere di isolare gruppi di soggetti e individuarli come fonte del problema.

Un altro dato significativo è che spesso la fine della relazione non conduce alla fine delle violenze; al contrario, la separazione può portare ad un incremento degli abusi. Molte vittime continuano ad essere soggette agli abusi, nonostante la separazione, laddove vi sia

14 HARRIS – SHORT S. and MILES J., Family Law Text Cases and Materials, Oxford, Oxford

34 la necessità di stabilire dei contatti tra i figli e l’ex coniuge o l’ex partner. La separazione a volte comporta maggiori rischi per le vittime a causa del comportamento sempre più ossessivo del responsabile delle violenze.

E’ questo il caso di S.M., in una relazione con S.V., dal quale ha avuto due figli.

S.V. durante tutto il periodo della relazione, della durata di undici anni, ha sempre esercitato un forte controllo nei confronti di S.M. Nella testimonianza della vittima presentata in tribunale si legge che S.V. era solito manipolare S.M. al fine di ottenere rapporti sessuali non graditi dalla vittima; in conseguenza di un eventuale rifiuto, S.V. esercitava atti di violenza psicologica, come ad esempio rimproverare la vittima fino a schiaffeggiarla per il disordine in casa. “Throughout the relationship the respondent was very controlling in regards to our intimate relationship and would often put pressure on me to have intercourse. If I refused he would become angry and use day to day things to have a go me. For example he would say the house is messy and become irritable. I recall an incident the respondent and I were talking about something and the respondent became angry and physically assaulted me. The respondent slapped me across the face. The respondent apologised afterwards and we continued our relationship.”

0 20 40 60 80 100 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 D o m e sti c Viol e n ce (% ) Anni di relazione Reality General expectation SEPARAZIONE

35 S.V. era contrario anche al fatto che la vittima lavorasse, l’unica opzione che le concesse fu quella di lavorare per lui, al fine, dichiaratamente espresso, di poterla monitorare.

“I started to look for work after our return from the holiday. The respondent told me to choose between the family or work and put pressure on me to not obtain work. The respondent did not want me to be independent and suggested that I work with him so that he could monitor me. Due to his controlling behaviour I had no choice but to work with him and informed him that I would want proper employee rights and the respondent became angry and accuse me of using him.”

S.V. era contrario altresì al fatto che la vittima conseguisse la patente per guidare, adducendo come motivazioni che non avrebbe più potuto monitorarla, sarebbe stata troppo libera di andare dove voleva e lui non avrebbe più potuto sapere dove fosse e con chi fosse.

“I recall an incident when I obtained a driving licence. The area we lived in, in Italy was very secluded and therefore I was unable to go out by myself, when I obtained the licence the respondent was not very pleased as he told me that I would be going out and doing things and he would not be able to monitor me. He would not know who I was with or where I am. Il comportamento di S.V. era teso ad isolare la vittima dalle proprie conoscenze, diventando irascibile se la vittima si intratteneva con amici e conoscenti a parlare in sua presenza.

“ In 2014 we came to London, the respondent started to increase his control over my life. The respondent would be visibly upset if he saw me speaking to my friends and would make me feel bad and made it clear to my friends as well that he was unhappy and as a result I would often end the conversation with my friends or they would not want to speak to me because of the respondent.”

Il suicidio del fratello è stato l’episodio che ha condotto la vittima a separarsi da S.V., perché fu in questa circostanza che S.M. dovette recarsi nel proprio paese di origine per partecipare alle celebrazioni

36 funebri; S.V. non si dimostrò assolutamente empatico ma al contrario obbligò la vittima a spostare il volo di ritorno per costringerla a tornare in Inghilterra due giorni prima rispetto a quanto previsto.

Dopo undici anni di abusi, la vittima decide di interrompere la relazione nel novembre del 2017. Dopo la separazione S.V. tenta di controllare ancora la vittima tramite vari espedienti, come richiederle di rimuovere delle foto pubblicate su Facebook dove appare felice senza di lui. Oppure accusandola di essere una pessima madre perché si avvale dell’aiuto di un’amica per gestire i figli durante le ore in cui lavora. In questa occasione minaccia la vittima di portarle via i figli, una minaccia che la costringe ad annullare l’impegno di lavoro per la paura di tornare a casa e non trovare più i suoi bambini con la babysitter. L’evento scatenante la denuncia della vittima, cui è poi conseguita l’emanazione di un non molestation order da parte del giudice, avviene il giorno in cui S.V. chiede a S.M. di incontrarsi per parlare. Vittima e responsabile si trovavano in macchina, in questa occasione S.V. accusa la vittima di aver rovinato la famiglia, cerca di manipolarla per giungere ad una riconciliazione, ma le risposte negative della vittima non fanno che aumentare il nervosismo e l’aggressività di S.V. che dopo aver preso velocità con la macchina, minaccia di uccidere se stesso e la vittima in un incidente stradale.

Questo caso è un esempio esplicativo di come la violenza non sia quasi mai un fatto isolato a sé stante, ma rientri in una serie di eventi violenti o di controllo che aumentano di intensità e di frequenza con il trascorrere del tempo raggiungendo il culmine successivamente alla separazione.

La minaccia di morte rientra tra quegli indicatori che rendono un soggetto vittima di abusi domestici, una vittima ad alto rischio. Spesso in questi casi si rivela necessario mettere al sicuro le vittime in dei “refuges”ossia case rifugi, la cui ubicazione è sconosciuta al

37 responsabile delle violenze; la vittima può anche essere costretta ad abbandonare il proprio lavoro ed accettare il suo spostamento in un rifugio che si troverà in un altro quartiere o addirittura in un’altra città. Questo implica un sacrificio che diventa di maggiore entità se la vittima in questione ha figli, in questo caso i figli dovranno assentarsi da scuola o addirittura cambiare scuola se il periodo di tempo necessario per azionare la macchina della giustizia e ottenere una tutela giurisdizionale si dovesse rivelare troppo lungo.

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