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Le cellule progenitrici endoteliali (endothelial progenitor cells, EPC) sono state identificate per la prima volta nel 1997 da Asahara et al. come un sottogruppo di cellule mononucleate del sangue periferico derivate dal midollo osseo ed esprimenti gli antigeni di superficie CD34 o KDR (anche noto come Flk-1 nel topo), in grado di proliferare e differenziarsi in cellule endote- liali mature in vitro e in vivo e di partecipare ai processi di neoangiogenesi in vivo45.

Le EPC deriverebbero da un precursore del sistema ematopoietico chiamato emangioblasto e condividono caratteristiche con le cellule staminali adulte, quali la proliferazione clonogenica, l’auto-rinnovamento e la resistenza allo stress ossidativo.

In passato si riteneva che la neovasculogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni a partire da un tessuto avascolare, fosse limitata alle fasi di sviluppo dell’apparato cardiovascolare a opera del mesoderma extraembrionario del sacco vitellino 46.

Attualmente si ritiene che questo processo possa avvenire anche nell’organismo adulto ad opera delle EPCs che, migrate dal midollo osseo ai tessuti periferici, partecipano alla genesi di neovasi.

Mentre fino agli anni ’90 la ricerca cardiovascolare si era focalizzata soprattutto sui meccanismi di danno vascolare, la scoperta delle EPCs ha aperto un nuovo filone di studio basato sull’analisi dei meccanismi di riparazione vascolare.

Attualmente si ritiene che le EPC svolgano due ruoli fondamentali nella fisiologia e nella fisiopatologia dell’apparato cardiovascolare:

1. la riparazione dell’endotelio danneggiato, contribuendo così all’omeostasi endoteliale 2. la partecipazione alla genesi di nuovi vasi sanguigni guidata dal gradiente di ossigeno

e da mediatori pro-angiogenetici a livello dei tessuti ischemici 47.

In tal modo il rilascio delle EPC rappresenterebbe un meccanismo fisiologico omeostatico di regolazione a feedback negativo della vascolarizzazione dei tessuti e dell’integrità vascolare. L’endotelio è un organo anatomicamente e funzionalmente cruciale per la salute cardiovascolare, fornisce una barriera fisica alle cellule ematiche e al plasma e regola il tono vascolare, l’aggregazione piastrinica e l’adesione leucocitaria. Le cellule endoteliali mature vanno incontro a un turnover molto lento, ma sono in grado, entro un certo limite, di rinnovarsi. L’endotelio, per la sua tipica localizzazione anatomica, è esposto a numerose noxae patogene che vengono veicolate dal sangue (glucosio, colesterolo, acidi grassi, prodotti di ossidazione) ed è quindi bersaglio dei tipici fattori di rischio cardiovascolare che agiscono, tramite

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meccanismi molecolari noti, alterandone la funzione 47.

La disfunzione endoteliale si manifesta come un aumento del tono vascolare, dell’aggregabilità piastrinica e dell’adesività leucocitaria, tutti eventi che possono favorire la comparsa e la progressione delle lesioni aterosclerotiche 48. Le cellule endoteliali danneggiate possono andare incontro ad apoptosi, distaccandosi dalla parete vascolare e predisponendo così ad eventi trombotici.

Fisiologicamente, il ripristino anatomico e funzionale dell’endotelio, avviene soprattutto con il contributo delle EPC circolanti che, grazie a determinati segnali solubili (per es. chemochine quali SDF-1, stromal cell-derived factor-1), migrano selettivamente presso le sedi di danno endoteliale. In queste sedi, in accordo alla visione tradizionale del ruolo delle EPCs, le cellule immature aderiscono alla soluzione di continuo endoteliale andando a sostituire le cellule endoteliali danneggiate e differenziandosi in cellule endoteliali funzionalmente mature 49 (figura 22).

Figura 22 – Ruolo delle EPC nei processi di riparazione vascolare: un concetto in continua

evoluzione.

Per definire il fenotipo antigenico delle EPCs è necessario utilizzare almeno un marker di

Pearson JD., J Thromb Haemost 7: 255-262, 2008

New vessel formation in terms of migration of existing EC; perycites migrate and replicate as

the vessels mature; no contribution from blood-derived cells

Bone marrow-derived circulating EPCs home to

the site of angiogenesis, and differentiate building

the new vessel endothelial layer

The primary contribution of bone marrow derived cells is not as EPC, but as cells

emigrating to site of damage where they activate pericytes that, in

turn, stimulate migration and replication of local EC

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immaturità/staminalità ed almeno un marker di linea endoteliale.

Vengono utilizzati il marcatore CD34 delle cellule emopoietiche progenitrici, il marcatore CD133 delle cellule ematopoietiche progenitrici immature e il recettore delle cellule endoteliali mature VEGFR-2 (recettore-2 del fattore di crescita vasculo-endoteliale, noto anche come recettore contenente il dominio di inserzione chinasico, KDR/FlK1) (figura 19).

Durante il processo maturativo vi è, inoltre, l’acquisizione di altri markers fenotipici caratteristici della linea endoteliale matura quali: CD31 conosciuto come PECAM-1, il fattore di Von Wille- bran Factor (vWF), e-NOS sintetasi, caderina, E-selectina, e vi è anche l’incorporazione di ac- LDL (lipoproteine acetilate a basso peso molecolare) 50.

CD34 è l’antigene espresso dalle cellule staminali ematopoietiche e sull’endotelio attivato di alcuni microvasi, specialmente nello stroma tumorale, ma non sui vasi di grande calibro 51. Probabilmente agisce come molecola di adesione per l’interazione tra le cellule endoteliali e i precursori ematopoietici ed una sua mancata espressione, induce sia alterazioni vascolari che ematopoietiche 52.

CD133 è invece una glicoproteina legante il colesterolo ed è espressa selettivamente sulle cellule ematopoietiche staminali e sulle cellule progenitrici 53. La sua funzione non è ancora conosciuta, ma identifica più cellule progenitrici immature rispetto al solo CD34. È stato dimo- strato inoltre che le cellule CD133+ conservano la capacità di differenziarsi in fenotipi multipli, incluso quello endoteliale.

KDR è il principale recettore che trasmette i segnali del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor) nelle cellule endoteliali. Esso media la proliferazione, la crescita, la migrazione e la formazione di vasi. Tuttavia, KDR è espresso oltre che sulle cellule endoteliali anche su altri tipi cellulari. Questi tipi cellulari includono cellule staminali precoci non coinvolte nei processi di riparazione endoteliale o neoangiogenesi 5455.

È quindi evidente che sia CD34 che KDR sono espressi sia sulle cellule staminali che sulle cellule endoteliali.

Le cellule CD34+/KDR+ potrebbero essere cellule immature con “innesco” endoteliale, rappre- sentando, in questo modo, “EPCs putative”, ma potrebbero essere anche emangioblasti post- natali 56. Questa definizione antigenica è comunque la più conforme rispetto alla iniziale descri- zione di Asahara e coll. 45 secondo la quale le cellule di sangue periferico umano, identificate in base all’espressione di CD34 e di KDR, si differenziavano pienamente in cellule mature en- doteliali e formavano nuovi vasi in vivo.

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Al contrario, le cellule CD34+ dovrebbero essere considerate come cellule progenitrici generi- che, principalmente ematopoietiche, piuttosto che EPC, perché solo una minoranza di queste cellule circolanti esprime antigeni di linea endoteliale.

A differenza del CD34, il CD133 non è espresso sulle cellule endoteliali mature, quindi, le cel- lule CD133+/KDR+ possono corrispondere meglio alle EPCs. Sfortunatamente, il CD133 è espresso su cellule più immature di quelle che esprimono il CD34 e, per questa ragione, le cellule CD133+/KDR+ circolanti sono più rare delle cellule CD34+/KDR 57.

Nonostante questi limiti, sia le cellule CD34+/DKDR+ che le cellule CD133+/KDR+ possono essere incluse tra i fenotipi antigenici putativi delle EPCs. L’intersezione tra queste due espres- sioni antigeniche, CD34/+CD133+/KDR+, potrebbe essere utilizzata come fenotipo restrittivo di EPC, ma anche queste cellule in circolo possono essere rare e difficilmente identificabili. È stato inoltre riportato che le cellule CD34+/CD133+/KDR+, a causa della presenza del CD133, possono includere progenitori ematopoietici piuttosto che endoteliali 58 e che le vere EPCs non derivano dalle cellule CD133+ 59. Aggiungendo un quarto antigene ci si avvicinerebbe alla so- glia di rilevamento del metodo.

È stato studiato inoltre in parallelo la coespressione del comune antigene dei leucociti il CD45 60 ed è stato suggerito che le EPC presentano la frazione CD45 negativa 58.

Il punto fondamentale, nella scelta del fenotipo delle cellule progenitrici, è che, in condizioni normali, le EPC circolanti sono molto rare. L’identificazione con uno dei fenotipi sovra menzio- nati, attraverso la citofluorimetria a flusso, è un evento raro, come descritto dalla distribuzione di probabilità di Poisson. Questo è il motivo per il quale è necessario incrementare il numero totale di eventi acquisiti ad almeno 500.000.

Per incrementarli ulteriormente, si deve scegliere, tra i fenotipi delle EPC putative, quello che rende più alta la conta cellulare: esso è generalmente il CD34+/KDR+, mentre CD133+/KDR+ e CD34+/CD133+/KDR+ producono conte cellulari più basse. Un altro motivo per cui è prefe- ribile scegliere la combinazione CD34+/KDR+ è che questa rappresenta il solo fenotipo, delle EPC putative, predittore indipendente di eventi cardiovascolari. Schmidt-Luke et al. 61 hanno, infatti, dimostrato che il livello di cellule CD34+/KDR+ circolanti prediceva in maniera indipen- dente gli eventi cardiovascolari e la progressione dell’aterosclerosi in una popolazione mista di soggetti sani e soggetti con pregressa patologia cardiovascolare.

Tutti questi dati indicano che il fenotipo CD34+/KDR+ risulta essere il miglior, in termini di ac- curatezza, nell’individuazione delle cellule EPCs. Tuttavia, non è stato provato definitivamente

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che questo fenotipo sia in grado di identificare selettivamente le EPC funzionali. Alcuni autori hanno dimostrato che le cellule CD34+/KDR+ si comportano come EPC in vivo 62, mentre altri suggeriscono che queste cellule non si differenziano in vere cellule endoteliali.

Quindi, il dibattito circa il fenotipo antigenico che caratterizza le EPC è ancora aperto, tuttavia la letteratura internazionale risulta complessivamente concorde nell’attribuire il nome di EPC alle cellule mononucleate circolanti con fenotipo citofluorimetrico CD34+/KDR+ (figura 23).

Figura 23 – Identificazione e marcatura delle EPCs circolanti 63.

Molti fattori sono implicati nel processo di reclutamento delle EPC, tutti attualmente utilizzati come agenti mobilizzatori di cellule staminali capaci di migliorare anche la loro funzionalità. I più importanti sono: il VEGF (vascular endothelial growth factor), l’SDF1 (lo stromal derived factor-1, il più importante fattore chemiotattico conosciuto, che interagisce con le EPCs mediante il legame con il recettore di superficie CXCR4, ed è ritenuto il fattore che protegge le EPCs dall’apoptosi), il fattore di crescita fibroblastico (FGF), il fattore di crescita placentare (PFG) che ha vari ruoli nella cascata di attivazione delle cellule staminali, tra cui l’up-regolation dell’attività delle MMP-9 (matrix metalloproteinase) e ancora l’eritropoietina e la sintetasi costitutiva endoteliale dell’ossido nitrico (eNOS).

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Il rilascio in circolo di questi fattori, soprattutto del VEGF, è indotto da svariati stimoli, ma sicuramente il più potente è l'ischemia tissutale.

L’ipossia dei tessuti ischemici infatti rappresenta uno degli stimoli più potenti alla mobilizza- zione delle EPCs dal midollo osseo al circolo periferico, grazie al rilascio di fattori di crescita (VEGF) citochine (IL-8) e chemochine (SDF-1) indotto dalla bassa tensione di ossigeno via HIF-1 (hypoxia-inducible factor) 64-66 e anche da farmaci (statine, agonisti PPAR-γ, estrogeni, ACE-inibitori) (figura 24). Queste molecole, agendo nel microambiente midollare, indeboli- scono le interazioni tra cellule progenitrici e cellule stromali e permettono il rilascio in circolo delle EPC anche grazie all’attivazione di MMP che degrada la matrice extracellulare 67. Le EPC, una volta in circolo, raggiungono selettivamente i tessuti ischemici e/o danneggiati dove promuovono la riparazione endoteliale e/o l’angiogenesi compensatoria.

In dettaglio, le EPCs partecipano alla gemmazione di nuovi vasi a partire dalle arteriole preca- pillari preesistenti e contribuiscono alla formazione di nidi vascolari nei tessuti connettivali di neosintesi che poi maturano in strutture tubulari e quindi in vasi sanguigni che si mettono in comunicazione con la circolazione 66.

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Funzione e livelli circolanti di EPC sono quindi considerati determinanti importanti per la salute cardiovascolare, mentre la presenza di EPC alterate è associata ai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare e alla malattia cardiovascolare polidistrettuale.

L’entità del ruolo svolto dalle EPC nei processi di neoangiogenesi è stata a lungo incerta. Alcuni lavori riportavano che il contributo fosse piuttosto basso, mentre altri dati supportavano un loro ruolo predominante, a seconda del modello sperimentale utilizzato 68.

Studi successivi dimostrarono che queste cellule si debbano considerate una componente integrante ed essenziale del sistema vascolare, coinvolte nel mantenimento dell’integrità endoteliale e dell’omeostasi vascolare 63.

Una loro riduzione numerica e/o disfunzione influenza negativamente la biologia e la funzione cardiovascolare, e sono considerati fattori capaci di contribuire in maniera significativa all’inizio e alla progressione di CVD in molte condizioni cliniche, incluso il Diabete mellito 49.

Questo scenario è stato poi messo in discussione da progressi tecnologici che hanno descritto meglio biologia e funzione delle EPC 63. Il contributo offerto nei processi di riparazione dalle cellule derivate dal midollo osseo è meno rilevante di quello originariamente ad esse attribuito. La maggior parte delle cellule progenitrici, infatti, che vanno ad abitare nella parete vascolare danneggiata o nei tessuti ischemici, sembrano essere localizzate nello spazio perivascolare piuttosto che integrarsi nella superficie endoteliale.

L’ipotesi attualmente più accreditata è che una patologica riduzione o disfunzione delle EPC potrebbe impedire i meccanismi di protezione dal danno e quindi favorire la comparsa e/o la progressione delle malattie cardiovascolari (CVD).

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