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56 Figura 30 Probabilità di “event free survival” in relazione ai livelli delle EPC circolanti al

momento della inclusione nello studio prospettico: follow-up a 1 anno.

Nello studio di Schmidt-Lucke e coll. 61, contemporaneo al precedente, sono stati inclusi pazienti con malattia coronarica stabile, pazienti con precedenti eventi coronarici acuti e altri come controlli, e il 14% dei soggetti di questa coorte risultava affetto da diabete mellito. Anche in questo contesto si rilevava come un basso livello di EPC fosse significativamente associato ad eventi avversi suggestivi di progressione della malattia aterosclerotica, tra cui l’angina instabile, l’infarto miocardico, la morte cardiaca e la necessità di rivascolarizzazione.

In un gruppo di pazienti affetti da insufficienza renale cronica o in trattamento dialitico (49% diabetici), Maruyama et al. 2008 114, hanno dimostrato come un basso livello di cellule progenitrici circolanti CD34+ fosse associato a un elevato tasso di eventi cardiovascolari incidenti (fatali e non fatali, inclusi eventi di rivascolarizzazione e vasculopatia periferica) e anche ad un aumento significativo della mortalità per tutte le cause (oltre alle cause cardiovascolari comprendeva gli eventi infettivi) nei mesi successivi al reclutamento. In questo studio appariva di particolare interesse il fatto che il basso livello di cellule CD34+ amplificava in maniera sinergica il rischio associato alla presenza di sindrome metabolica.

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Lo studio di Marti-Fabregas e Delgado 2015 115 è stato il primo a misurare la relazione tra il conteggio di EPC e il rischio di eventi vascolari futuri nei pazienti con ictus ischemico acuto. L'assenza di EPC circolanti non risultava associata con il rischio di recidiva di ictus, ma con un aumento del rischio di eventi vascolari futuri. I risultati suggeriscono che fornire EPC a un paziente potrebbe avere un valore terapeutico, arrestando o rallentando la progressione della malattia vascolare.

Il numero di EPC isolate da pazienti con fattori di rischio cardiovascolari ha una significativa correlazione negativa con il punteggio di Framingham.

È stato osservato che il livello di EPC è predittore indipendente per mortalità dovuta all'insufficienza cardiaca cronica e tale livello non è influenzato dalle eziologie dell’insufficienza cardiaca, è invece più correlato allo stato clinico del paziente valutato dalla classificazione NYHA. Il livello di EPC è quindi anche un marcatore aggiuntivo per il follow-up clinico dei pazienti con insufficienza cardiaca cronica 116.

Il fumo 117 è un predittore significativo della riduzione dei progenitori endoteliali circolanti ed in coltura 118. Così come un eccesso di LDL (low density lipoproteins), anche il fumo agisce riducendo le EPC attraverso un meccanismo infiammatorio e pro-apoptotico 119.

Il numero di EPC circolanti correla inversamente con il numero di sigarette consumate. Ana- logamente, la cessazione del fumo è associata con un aumento del numero delle EPC. Tuttavia, se si ricomincia a fumare, il numero delle EPC diminuisce rapidamente ai livelli osservati prima dell’interruzione 60.

Gli effetti della nicotina sulla attività e funzione delle EPC sembrano essere dose dipendente: quantità più basse di nicotina hanno un’influenza positiva sul numero delle EPC, sulla proliferazione, migrazione, e sulla vasculogenesi in vitro, inoltre una citotossicità è stata osservata a concentrazioni nicotiniche più alte 120.

Per quanto riguarda la correlazione con l’inquinamento ambientale, è stato osservato che l’esposizione acuta e cronica a polveri sottili presenti nell’aria (PM2,5) si associa ad un aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari e degli eventi cardiovascolari avversi caratterizzati dalla disfunzione endoteliale e ad un aumento della mortalità cardiovascolare.

L'esposizione episodica a PM2,5 induce lesioni vascolari reversibili, riflesse l'esaurimento dei livelli di EPCs circolanti, e aumenta l'attivazione delle piastrine e il livello plasmatico delle lipoproteine ad alta densità 121.

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Un recente studio sottolinea che l’esposizione a polveri sottili (PM2,5) aumenta il rischio di sviluppare sia malattie cardiovascolari che diabete mellito di tipo 2 122. Poiché i vasi sanguigni sono bersagli sensibili dell'esposizione agli inquinanti atmosferici, sono stati esaminati gli effetti di PM2,5 sui livelli circolanti delle cellule progenitrici endoteliali (EPCs) e sulla sensibilità insulinica. I risultati suggeriscono che l'esposizione a PM2,5 induca resistenza insulinica indipendente dalla dieta, infiammazione e prevenga la mobilitazione di EPC, difetto probabilmente mediato dalla resistenza insulinica.

La sensibilità insulinica compromessa può essere un importante meccanismo sotteso alla lesione vascolare indotta da PM2,5, e la sensibilizzazione farmacologica all'azione dell’insulina potrebbe potenzialmente prevenire i deficit di riparazione vascolare e mitigare l'infiammazione vascolare a causa dell'esposizione a livelli elevati di inquinamento atmosferico ambientale 122. Molteplici studi hanno segnalato una associazione tra il dismetabolismo lipidico e la biologia delle EPC: il loro numero è significativamente ridotto negli individui in salute ma con livelli elevati di colesterolo sierico 123. Nei coronaropatici, il colesterolo-LDL correla inversamente con il numero di EPC circolanti. In aggiunta, le caratteristiche funzionali delle EPC isolate, come la proliferazione, la migrazione, l’adesione e la capacità vasogenica in vitro, risultano deteriorate nei pazienti con ipercolesterolemia 118 124. Le LDL ossidate danneggiano la differenziazione delle EPC VEGF-indotta attraverso la disattivazione dell’Akt. Mentre i livelli plasmatici del colesterolo HDL e dei trigliceridi correlano positivamente con il numero delle unità formanti colonie EPC, ma non con il numero dei progenitori CD34/CD133+ 125.

Tra i fattori di rischio più recenti vi è l’iperomocisteinemia, un aminoacido tiolico non proteinogenico che deriva dalla demetilazione della metionina, considerata un fattore di rischio indipendente per le patologie vascolari aterosclerotiche 126.

Numerosi studi hanno evidenziato che concentrazioni plasmatiche di omocisteina moderatamente elevate (>15μmol/l) sono associate a patologie vascolari, coronariche e cerebrovascolari.

I possibili meccanismi aterogeni dell'iperomocisteina includono: l'alterazione della funzione piastrinica, la stimolazione della proliferazione delle cellule muscolari lisce e la disfunzione endoteliale diretta o indotta da un aumento di stress ossidativo. Quindi l’iperomocisteinemia può compromettere la normale funzione dell’endotelio sia interferendo con il segnaling 127 ossido-riduttivo cellulare, sia riducendo la biodisponibilità dell’NO.

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dell'omocisteina rilasciando NO che si lega ad essa formando S-nitroso-omocisteina.

Nell'iperomocisteinemia cronica, la quantità di ossido nitrico prodotto non è più sufficiente, ne consegue una minore produzione di S-nitroso-omocisteina e quindi uno sbilanciamento a favore del danno ossidativo 128. L'iperomocisteinemia è in grado di diminuire la sintesi di NO inibendo il catabolismo della dimetil-arginina asimmetrica (ADMA), inibitore competitivo della NOS ed è responsabile del processo di apoptosi delle EPCs attraverso un meccanismo p38 MAPK-dipendente.

Il diabete mellito è un altro importante fattore di rischio indipendente per la malattia cardiovascolare.

Esistono oggi chiare evidenze che l’insulino-resistenza e l’iperinsulinemia aggregano diversi fattori di rischio cardiovascolare quali i lipidi, le lipoproteine, la proteina C-reattiva (PCR) e differenti fattori emostatici 129 inoltre, hanno un ruolo indipendente nel favorire il deficit della produzione endoteliale di ossido nitrico (NO) e la moltiplicazione delle cellule muscolari lisce della parete arteriosa. Mentre il diabete mellito è caratterizzato da uno stato proinfiammatorio basale che svolge un ruolo nella genesi della disfunzione endoteliale, dell’aterosclerosi e delle sue complicanze. L’iperglicemia comporta, infatti, un aumento dello stress ossidativo con conseguente flogosi vascolare caratterizzata dall’aumento di NF-KB e dall’espressione di molecole di adesione (VCAM-1, ICAM-1, P-selectina) 130.

È ormai noto che, un importante fattore di rischio per la comparsa di insulino resistenza e di diabete mellito di tipo 2, è rappresentato dall’obesità, la quale rappresenta un importante ma controverso fattore di rischio indipendente per eventi cardiovascolari ed è correlata ad una sensibile riduzione della qualità e dell'aspettativa di vita negli adulti e, negli ultimi anni, anche tra persone giovani 23131132.

Quindi, numerosi studi condotti sulle EPCs, nel loro insieme, hanno dimostrato che il basso livello di EPCs (indipendentemente dal fenotipo CD34+/KDR+ o CD34+) rappresenta un biomarcatore di rischio cardiovascolare, che non solo rispecchia la gravità della malattia, ma ha anche un ruolo nel suo sviluppo e nella sua progressione.

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