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I – LE CENERI DELL’ARTE

Nel documento L'arte da salvare (pagine 82-87)

TRAFUGAMENTI E RESTITUZION

II. I – LE CENERI DELL’ARTE

Terminata la guerra si iniziò a fare il punto della situazione cercando di stimare i danni al patrimonio artistico e contare le perdite.

In Sicilia e nell’Italia meridionale, dove la guerra passò celermente e la rapidità della ritirata limitò notevolmente l’azione vandalica delle truppe nemiche, non vennero riscontrati danni particolarmente gravi al patrimonio. In queste regioni la causa maggiore di distruzione, infatti, fu rappresentata dai bombardamenti aerei, ma i danni furono comunque contenuti proprio perché sin dall’inizio del conflitto venne organizzato un decentramento dei beni artistici in ricoveri lontani da obiettivi militari180.

Ciò che rimase in loco, invece, venne chiaramente danneggiato, ma si trattava di materiale di secondaria importanza e le perdite, che erano in fase di calcolo, non avrebbero in ogni caso inciso sensibilmente sulla consistenza del patrimonio stesso181.

I depositi dell’Italia centrale, invece, più precisamente da Montecassino

alla Toscana esclusa, furono per la maggior parte evacuati

dall’Amministrazione delle Antichità e delle Belle Arti nei primi mesi dell’occupazione tedesca e, come già detto, le opere trovarono asili e protezione grazie alla disponibilità del Pontefice in Vaticano182. Anche le operazioni di evacuazione e di trasporto, sebbene fossero state effettuate

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Archivio Centrale di Stato, MPI, DGA, Div. II, 1934/40, Busta 57, Affari Generali, P.A.A.

Varie; Relazione sulla situazione del patrimonio artistico in Italia alla fine della guerra 181

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sotto i bombardamenti e in prossimità della linea del fuoco, non causarono il benché minimo incidente.

Tra le perdite, oltre a quelle già citate nel primo capitolo relativa alle opere ricoverate presso Montecassino, vi fu anche un anche un cospicuo numero di dipinti di appartenenza delle gallerie romane: prelevate dal deposito di Genazzano dalle truppe tedesche, stavano per essere trasferite verso nord quando vennero intercettati e furono costretti a lasciare il carico in consegna al Soprintendente alle Gallerie di Milano di cui divennero responsabilità183. Per quanto riguarda le opere dell’Umbria e dell’Abruzzo, invece, esse non vennero trasferite, se non in minima parte, in Vaticano, ma non si verificarono danni di particolare rilievo al proprio patrimonio artistico di queste regioni184.

Nei ricoveri delle Marche vennero concentrati tesori d’arte di notevole valore che vennero trasferite interamente a Roma185.

Molto diversa era, infine, la situazione della Toscana: non vennero calcolati danni di elevato valore per le opere di Siena e Pisa, ma dai depositi istituiti nei pressi di Firenze i tedeschi portarono via oltre 600 opere di pittura e scultura delle gallerie e dei musei fiorentini. Tra questi vi erano molti dei più celebri capolavori dell’arte antica e del Rinascimento, italiani e stranieri come, ad esempio, la Venere de’ Medici, il David e il San Giorgio di Donatello, il Bacco di Michelangelo e pitture di Ambrogio Lorenzetti, del Botticelli, di Tiziano, di Caravaggio, di Albrecht Dürer, di Rembrandt per citare qualche nome186.

Questi dati si riferiscono ai beni delle Stato o per quelle opere di particolare importanza che vennero al tempo inserite all’interno di casse assieme a beni appartenenti allo Stato187.

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Archivio Centrale di Stato, MPI, DGA, Div. II, 1934/40, Busta 57, Affari Generali, P.A.A.

Varie; Relazione sulle condizioni del patrimonio artistico italiano dopo la fine della guerra 184 Ivi 185 Ivi 186 Ivi 187 Ivi

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Allo stesso tempo vennero immediatamente inviate delle circolari alle Soprintendenze nelle quali, oltre alle istruzioni per il recupero e il riordinamento delle opere d’arte, il Ministero dell’Educazione Nazionale chiese di fornire dati sufficienti per eseguire un accertamento dei danni subiti dal patrimonio artistico e in particolare dalle opere d’arte mobili di proprietà di enti e di privati, a causa di azioni di guerra, di saccheggi o di rapine compiute dalle truppe tedesche.

Si ritenne opportuno precisare come questi accertamenti dovessero estendersi anche a quelle opere di minor conto – mobili, paramenti, arredi sacri per citarne alcuni - le quali, pur non avendo rilevante interesse artistico, attestavano la diffusione e l’estensione delle cultura artistica italiana; furono inclusi anche gli oggetti che, travolti nel crollo di edifici colpiti nel corso dei bombardamenti, non vennero recuperati dalle macerie e tratti in salvo.

Le misure prese dal Ministero dell’Educazione Nazionale al fine di rendere questo “censimento” il più rapido possibile furono le seguenti:

1- ciascuna Soprintendenza avrebbe dovuto prendere contatti con tutti i

parroci della zona di propria giurisdizione invitandoli, non soltanto a dichiarare tutte le mancanze di suppellettili e arredi sacri che si fossero verificate dopo l’armistizio nelle proprie chiese e nelle cappelli e oratori, ma anche ad informarsi e dar notizia di eventuali sparizioni di oggetti artistici di qualsiasi pregio e valore, che si verificò nel territorio della parrocchia188;

2- ciascuna Soprintendenza, nella cui giurisdizione si fossero verificati

dei bombardamenti, combattimenti, saccheggi e devastazioni da parte delle truppe tedesche, avrebbe dovuto provvedere alla revisione delle schede di catalogo accertandosi in primo luogo della presenza

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Archivio Centrale di Stato, MPI, DGA, Div. II, 1934/40, Busta 57, Affari Generali, P.A.A.

Varie; Circolare del Ministero dell’Educazione Nazionale a tutte le Soprintendenze in data 20

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dell’oggetto e determinarne lo stato di conservazione inviando poi le schede aggiornate al suddetto Ministero189;

3- ciascuna Soprintendenza, nelle zone invece dove precedentemente

non venne realizzato il catalogo e che siano state oggetto di bombardamenti o saccheggi o temporaneamente evacuate dalla popolazione civile, avrebbero dovuto disporre sollecite e sommarie ricognizioni al fine di accertare sia la consistenza degli oggetti rimasti sia, per quanto fosse possibile, le dispersioni o le esportazioni avvenute. Qualora non vi fossero le schede di catalogo con cui avere un raffronto, si invitò a prendere come base di riscontro gli inventari dei benefici parrocchiali, che per disposizione delle Superiori Autorità Ecclesiastiche, avrebbero dovuto essere aggiornati sia presso le singole sedi sia presso le Curie Vescovili190.

Al fine di compiere tali ricognizioni venne specificato, inoltre, che le Soprintendenze avrebbero potuto chiedere la collaborazione anche di personale esterno all’Amministrazione purché dotato di una sufficiente preparazione e, in seguito all’autorizzazione accordata dalle Autorità Alleate, avrebbe potuto servirsi di mezzi militari per effettuare i vari spostamenti191.

Per quanto riguarda le opere che i tedeschi, talvolta con la forza, portarono via dai depositi, distrussero oppure si dispersero col saccheggio vennero stabiliti dei piani di risarcimento e di rivendicazione al fine della restituzione: questo prevedeva una formale denuncia, attestante la diretta ed esclusiva responsabilità del governo e dei comandi militari nemici delle opere esportate; la denuncia doveva essere realizzata dal Ministero

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Varie; Circolare del Ministero dell’Educazione Nazionale a tutte le Soprintendenze in data 20

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dell’Educazione Nazionale al Ministero degli Affari Esteri che a sua volta ne avrebbe dato comunicazione ai Governi Alleati192.

In questo modo si voleva dimostrare soprattutto l’illegalità di queste esportazioni nella speranza di ottenere un annullamento degli atti relativi. Con un telespresso del 12 dicembre 1945 del consolato italiano a Londra si comunicò al Ministero degli Affari Esteri che la Commissione Alleata, in seguito ad accordi presi col governo italiano, e previa consultazione delle ambasciate britannica e americana a Roma, aveva stabilito che tutte le opere d’arte, di qualsiasi provenienza e sotto qualsiasi pretesto trasportate in Germania dopo l’8 settembre 1943, cioè dopo l’armistizio, sarebbero state restituite all’Italia193.

La restituzione, inoltre, in tutti i casi, che si fosse trattato di opere appartenenti allo Stato, enti o privati, dovevano essere richieste dal governo stesso al quale sarebbero state eventualmente consegnate, restando esclusa la diretta restituzione nel caso di possedimenti di privati.

Nel telespresso, infine, venne precisato come il favore con il quale le autorità alleate avrebbero trattato la questione sarebbe stata in diretta funzione alla fermezza che il governo italiano avrebbe dimostrato nei confronti di coloro che approfittarono della situazione creatasi con la guerra per cedere opere d’arte italiane alla Germania; in sostanza si chiese caldamente di perseguire quelli che potremmo definire criminali di guerra.

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Varie; Circolare del Ministero dell’Educazione Nazionale a tutte le Soprintendenze in data 20

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Varie; telespresso del Consolato italiano a Londra al Ministero degli Affari Esteri in data 12

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