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Sin dall’avvento del Cristianesimo, la carità romana era esercitata per lo più dal potere ecclesiastico con interventi diretti del pontefice; e i poveri erano soccorsi, occasionalmente, con offerte in denaro o in natura243.

Nel periodo medievale, poi, quando le carestie e le malattie erano particolarmente diffuse e tali da provocare un pesante impoverimento della popolazione, sorsero a Roma alcune attività caritative meno rudimentali dal punto di vista organizzativo e funzionale, come la Pia casa degli esposti che fu, nel campo dell’assistenza all’infanzia, una delle prime vere istituzioni a carattere ospedaliero244. Detta comunemente brefotrofio, questa struttura nacque nel 1198245 con lo scopo di soccorrere i bambini illegittimi, cioè i figli nati fuori dal matrimonio da donne sole e di umile condizione sociale246. Essa, però, destò fin da subito perplessità sulla sua efficienza per gli elevati indici di mortalità infantile247, i quali, non riducendosi nel corso dei secoli, alimentarono forti polemiche che investirono tutti i centri brefotrofiali d’Italia, in quanto luoghi di continui decessi248.

Il compito di occuparsi nel concreto dei bisognosi venne avvertito con maggiore consapevolezza in età moderna dagli ordini religiosi, vecchi e nuovi, i quali fondarono nuove istituzioni (ospedali, orfanotrofi, ospizi, conservatori) e

243 L’autore distingue, dall’inizio dell’era cristiana, tre grandi periodi: il periodo «evangelico», che

abbraccia i primi dieci secoli dell’era cristiana; il periodo «ecclesiatico» che si protrae sino agli inizi dell’era moderna; e il periodo civile, che coincide con il XIX secolo, A. Cicotero, Opere Pie, cit., p. 1011.

244 A. Frontoni, L’assistenza romana alla madre e al bambino, in «Capitolium», XVII, n. 12, p.

398; cfr. anche A. De Tocqueville, Il Pauperismo, M. Tesini (a cura di), Roma 1998, p. 112. Secondo lo storico francese l’agiatezza era un miraggio nel periodo medievale quando la gente cercava semplicemente di sopravvivere.

245 Papa Innocenzo III istituì il brefotrofio nell’ospedale di S. Spirito in Sassia. Quello romano fu il

primo centro brefotrofiale d’Italia, cfr. C. L. Morichini, Degli istituti di carità per l’assistenza e

l’educazione dei poveri e dei prigionieri in Roma, libri III, Roma 1870, p. 427; si veda anche

Brefotrofio di Roma, Relazione per il biennio 1917-1918, Roma 1919, p. 7, in ASR, Congregazione di Carità di Roma, b. 22, fasc. 2692 «Ricovero degli esposti. Provvedimenti relativi al nuovo regolamento adottato dal Brefotrofio provinciale».

246 Nella Roma papale, i trovatelli, figli di amori illeciti o di genitori poveri e incoscienti venivano

gettati nelle acque del Tevere e ritrovati da pescatori impigliati nelle loro reti, cfr. C. L. Morichini,

Degli istituti di carità per la sussistenza e l’educazione dei poveri e dei prigionieri in Roma, cit.,

p. 427.

247

Ibidem, p. 427.

248

V. Menichella, Il brefotrofio provinciale romano, in Amm.ne provinciale di Roma, Studi in

56 rivitalizzarono quelle antiche249. Da questo momento in poi, le Opere Pie

cominciarono a soddisfare più urgenze sociali, a pianificare gli interventi in campi più settoriali e specializzati e ad assistere costantemente gli indigenti250. Un ambito d’azione nuovo fu, ad esempio, quello dell’assistenza ostetrica alle gestanti esplicata dall’ospedale romano di San Rocco251, che s’attrezzò di una sala parto252.

In età moderna, inoltre, la Chiesa moltiplicò gli interventi a favore di bambini e fanciulli perché considerati elementi deboli della popolazione, insieme alle donne, in quanto economicamente non autosufficienti e più inclini, specialmente in povertà, a cadere nel baratro della criminalità253. Nacque, perciò, l’ospizio degli orfani in S. Maria in Aquiro e delle orfane in SS. Quattro Coronati (1535)254, il primo di una lunga catena di Opere Pie per ragazzi e ragazze.

Nel panorama cittadino, si distinsero a partire dalla metà del ‘500 vari conservatori femminili come quello di S. Caterina della Rosa de’ Funari255, quello di S. Eufemia256 e, molto più tardi, il «Conservatorio Rivaldi per le fanciulle

povere»257, quest’ultimo d’origine laica perché fondato nel 1650 da

un’aristocratica258

. La nascita dei conservatori fu il risultato, come ha evidenziato Angela Groppi, di un’epoca sensibile alla «nuova filantropia» attenta soprattutto alla salvezza spirituale degli individui, per cui il peccatore o la persona in pericolo di diventarlo balzavano alla ribalta dell’intervento assistenziale cittadino, che

249 V. Monachino, La carità cristiana in Roma, Bologna 1968, p. 192. 250 A. Cicotero, Opere Pie, cit., p. 1011.

251 Sull’assistenza materna svolta dalla Maternità di S. Rocco, cfr. C. L. Morichini, Degli Istituti di

pubblica carità ed istruzione primaria e delle prigioni in Roma in tre libri, Roma 1842, p. 97.

252 Ibidem.

253 A. Groppi, I conservatori della virtù, cit., p. 16. 254

Questo ospizio modificò in seguito la sua mission assistenziale puntando alla diffusione dell’istruzione letteraria, non più “meccanica”, tra i ragazzi di famiglie bisognose ma non particolarmente disagiate, cfr. C. L. Morichini, Degli istituti di carità per la sussistenza e

l’educazione dei poveri e dei prigionieri in Roma, libri tre, cit., p. 515.

255

Relazione del Commissario De Ruggiero in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1928-1930, b. 90, fascicolo n. 26068.169-44 «Ospizio San Michele Amministrazione», sottofascicolo n. 26068169.40-7 «Gestione straordinaria. Relazione del cav. Gr. Cr. Agostino D’Adamo»; sul lavoro delle fanciulle, cfr. A. Groppi, I conservatori della virtù, cit., p. 267.

256 Cfr. lo statuto organico del conservatorio in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1931-1933, b. 137,

fascicolo n. 26069.169.17 «Conservatorio S. Eufemia. Riforma Statuto». L’articolo 1 dello statuto indicava come fondatori dell’Opera Pia due sacerdoti della città di Roma, Don Giovanni Battista Bellobono e Don Paolo Ciccio.

257

Cfr. lo statuto organico del conservatorio in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1940-1942, b. 100, fasc. 26071.91 «Pio Istituto Rivaldi. Riforma Statuto».

57 voleva non solo rinchiudere ed isolare, ma anche redimere, correggere ed

educare259.

La diversità sessuale all’interno degli enti pii aveva un forte peso sugli interventi educativi. Mentre i fanciulli venivano addestrati professionalmente in vista del loro ingresso nel mondo del lavoro, l’azione educativa nei confronti delle fanciulle, invece, tendeva a proteggerle, a causa della loro debolezza economica, dalla prostituzione perché l’immoralità femminile, diversamente da quella maschile, rischiava di mettere in discussione qualsiasi ordine sociale, «in quanto sovvertiva alla base un destino “di genere” in cui affondava le radici il buon funzionamento della società»260.

Questa visione orientò la formazione delle fanciulle verso lavori tradizionalmente femminili. Tutte le ricoverate del conservatorio di S. Eufemia, ad esempio, ricamavano e cucivano e queste attività erano destinate soprattutto alle necessità interne o a commerci di piccola entità261. Nella politica dei conservatori, inoltre, il lavoro - anche quando rappresentava un fattore rilevante, destinato a dare un beneficio economico e a sottrarre le ragazze dall’ozio, con la conseguente professionalizzazione di molte ricoverate - rappresentava un momento sussidiario rispetto all’assistenza di tipo morale e religioso attorno alla quale ruotavano le istituzioni del genere262.

La diffusione dell’istruzione minorile, valorizzata dalle riforme della pedagogia cattolica degli anni ´30 del XVI secolo che segnarono la nascita della Compagnia di Sant’Orsola e della Compagnia di Gesù, divenne il secondo grande obiettivo perseguito dalle istituzioni benefiche oltre alla funzione del ricovero. Il pontefice Innocenzo XII, cosciente delle misere condizioni in cui erano costretti a vivere molti ragazzi in città263, fondò nel 1693 l’ospizio apostolico di S. Michele per diffondere le «arti meccaniche» e le professioni artigianali tra i fanciulli appartenenti alle classi più umili della popolazione romana264. Questo ospizio non

259 Ibidem, p. 17. 260

A. Groppi, I conservatori della virtù, Donne recluse nella Roma dei papi, cit., pp. 4-5.

261 Ibidem.

262 Ibidem, pp. 271-272.

263 L. Huetter, L’assistenza all’infanzia in Roma, in «Capitolium», XII, n. 11-12, p. 581.

264 Il pontefice Innocenzo XII riunì l’ospizio aperto da Sisto V, nel 1587, per il ricovero dei vecchi

poveri con gli istituti fondati da Giovanni Leonardo Ceruso, detto il Letterato (1582) e da Carlo Tommaso Odescalchi, consanguineo del pontefice Innocenzo XI (1686) per i fanciulli poveri ed abbandonati. L’edificio, terminato dall’architetto Fontana nel 1715, divenne così un istituto misto per l’assistenza di adulti e fanciulli orfani da indirizzare al lavoro; ed aveva al suo interno una scuola d’arazzi e vari laboratori artigianali. Dopo l’erezione in ente morale, avvenuta con la legge 17 luglio 1890, n. 6972, le sezioni che ospitavano i fanciulli traviati, cioè delinquenti, furono

58 fu un «semplice rifugio per sbandati in cerca di sostentamento o di un letto per

dormire» ma si affermò come la prima grande scuola di avviamento professionale che fece poi da modello, secondo le fonti dell’epoca, per tutte le altre istituzioni del genere sia in Italia che all’estero265. Dopo aver conseguito l’istruzione primaria, i ragazzi assistiti apprendevano, tra le varie attività artigianali, l’arte dell’arazzeria che era esclusiva di questo istituto266

. Le fanciulle, invece, venivano preparate per diventare brave donne di casa e, nello stesso tempo, abili operaie soprattutto nel settore tessile267.

Nel XVIII secolo la carità, sollecitata dall’idea di “sicurezza sociale”, divenne una priorità non solo dei religiosi ma anche delle autorità pubbliche, che si mostrarono più operative nel contesto cittadino dove cominciarono ad affermarsi vere e proprie attività assistenziali. Il termine assistenza era qualche cosa che andava al di là della carità e della beneficenza e comprendeva la previdenza e il soccorso verso quegli individui che, per varie ragioni, si trovavano nelle condizioni di non poter bastare a se stessi.

Nell’insieme delle Opere Pie romane, s’inserì l’ospizio della SS. ma Assunta, comunemente noto come ospizio di «Tata Giovanni» dal nome del suo fondatore, un povero artigiano attento alle necessità materiali ed istruttive dei «figli del popolo»268.

L’intervento papale, comunque, anche quando non era di diretto stimolo alla

fondazione di un istituto, era un elemento indispensabile per

chiuse, cfr. Ufficio d’informazioni e indicatore della beneficenza, Guida della beneficenza in

Roma, cit., pp. 107-108.

265 G. Trincanti, Il San Michele: passato e avvenire- I- L’organizzazione dell’Ospizio Apostolico,

in «Capitolium» XLIV, n. 6-7, p. 66.

266 La fabbrica degli arazzi, sorta sotto Clemente XI, lavorava per soddisfare principalmente le

esigenze del clero. Dopo varie vicende, specialmente dopo il decadimento causato dall’invasione delle milizie rivoluzionarie francesi, la fabbrica fu riaperta sotto Gregorio XVI e Pio IX; ma dopo il 1870, avendo Pio IX introdotto una fabbrica di arazzi nella città del Vaticano, quella dell’ospizio S. Michele cominciò a decadere perché rimasta senza lavoro, cfr. «La Civiltà Cattolica», LXXVII, pp. 467- 468.

267 Nell’istituto lavoravano insegnanti di italiano, di matematica, di scienze, di storia, di geografia,

di lingua francese e di computisteria per l’istruzione complementare ed insegnanti di figura decorativa, di ornato, di decorazione pittorica di plastica, di disegno geometrico. Le officine annesse erano quelle di zincografia, meccanica, ebanisteria, fonderia. All’’interno dell’ospizio si trovava la scuola complementare Giulio Romano, cfr. Relazione del Commissario Stefano De Ruggiero, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1928-1930, b. 90, fascicolo n. 26068.169-44 «Ospizio San Michele Amministrazione», sott. 26068169-40-7 «Gestione straordinaria. Relazione del Cav. Gr. Uff Agostino D’Adamo»; cfr. Relazione della Direzione generale dell’Amministrazione Civile al Ministro della Pubblica istruzione in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1928-1930, b. 88, fascicolo n. 26068.169-4 «Istituto San Michele. Amministrazione», sottofascicolo 26068.169- 4.1«Istituto San Michele. Istruzione post-elementare».

268

S. De Padova, Le caratteristiche dell’insegnamento professionale degli alunni nel passato e nel

59 l’istituzionalizzazione e il successo di tutte le fondazioni che proliferavano in un

regime di stretto controllo ecclesiastico e di cogestione tra istanze pubbliche ed istanze private269.

Nel corso del XIX secolo, la beneficenza romana divenne ancora più florida grazie all’azione combinata di personalità religiose e laiche. La mobilitazione dell’elemento laico, in particolare, divenne molto più intensa rispetto al passato, poiché assunse il ruolo di principale interprete delle esigenze sociali270.

Sorsero così nuovi orfanotrofi religiosi tra cui quello di Santa Maria degli Angeli, detto volgarmente ospizio di Termini271, la Pia Casa di Carità272 e l’orfanotrofio di S. Giuseppe di Cluny273; ed altre Opere Pie d’origine laica come la Società degli Asili d’infanzia274.

L’assistenza ostetrica, inoltre, fu avvertita maggiormente nella sua complessità e soddisfatta dalle maternità istituite dal Pontefice Pio VII in vari rioni cittadini275.

Nello stesso tempo, però, il funzionamento delle istituzioni preesistenti generò diverse critiche perché imperfetto e poco evoluto. La città, infatti, era cosparsa di asili o sale di custodia, istituiti da società diverse, ma non rispondenti agli scopi igienici, fisiologici e morali richiesti dalla scienza moderna. Il Comune, avendo riconosciuto l’assistenza tra i suoi doveri, istituì nuove strutture; cercò di migliorare quelle esistenti; ed aprì la Scuola per le maestre dei giardini d’Infanzia allo scopo di perfezionare l’assistenza infantile276

.

Intorno al 1870, il sistema benefico romano era quindi composto da un numero elevato di enti pii, aveva una rilevante funzione economica ed alimentava una

269

A. Groppi, I conservatori della virtù, cit., p. 25.

270 E. Taviani, Il regime anarchico nel bene, cit., p. 213.

271 La nascita di questo istituto è segnata da diversi atti di fondazione: quello del 22 marzo 1816 emesso

dal Pontefice Pio VII, che istituì un pio e generale istituto di carità o pubblico soccorso e quello del 1825 con cui il pontefice Leone XII riformò questo ricovero perché troppo affollato ed aprì, nel 1827, una «Pia Casa d’industria e lavoro» separata. Il 24 dicembre 1834 il pontefice Gregorio XVI, dopo altre riforme, creò definitivamente l’«Orfanotrofio di Santa Maria degli Angeli» denominato, dopo il 1870, orfanotrofio comunale di Roma e riconosciuto come ente morale con regio decreto 23 maggio 1901, cfr. Ufficio d’informazioni e indicatore della beneficenza, Guida della beneficenza in Roma, cit., p. 128.

272 Il conservatorio, che si trovava nel Borgo S. Agata, divenne ente morale con regio decreto 8 novembre

1873, cfr. C. Scotti, Guida pratica della beneficenza in Roma, cit., p. 225.

273 Ibidem, pp. 218-219. 274

E. Taviani, Il regime anarchico nel bene, cit., p. 252.

275 Estratto dal Bollettino «Maternità e Infanzia», III, n. 12, C. Micheli, L’Istituto materno “Regina

Elena”, Roma 1929, p. 11. Sulla buona assistenza materna offerta dalla Maternità San Rocco, cfr. C. L.

Morichini, Degli Istituti di pubblica carità ed istruzione primaria e delle prigioni in Roma in tre libri, Roma 1842, p. 97.

60 complessa e ricchissima rete di relazioni sociali e clientelari277. Ma il divario tra le

domande d’ammissione e i posti disponibili all’interno delle Opere Pie finì per creare un circuito di ammissioni governato da raccomandazioni e favoritismi. Le famiglie bisognose ricorrevano allora all’intercessione di nobili, religiosi ed Istituzioni per assicurare ai loro figli un’accoglienza certa278.

2. Welfare, istruzione e lavoro nel sistema delle Opere Pie minorili tra Crispi