L’annessione e la designazione a capitale nazionale produssero «conseguenze profonde sulla fisionomia dell’intera società romana segnando una svolta nella storia degli individui e della città»279. L’Urbe conobbe un generale processo di cambiamento che investì i rami della politica e dell’urbanistica280, colpiti da una massiccia immigrazione281, e che portò alla «trasformazione del ruolo pubblico del clero ora escluso dal governo e nemico delle nuove istituzioni»282. In questa “rivoluzione laica”, le autorità politiche estesero a Roma la legge del 1862 sulle Opere Pie e quella del 1873 sulla soppressione delle corporazioni religiose283. Gli edifici degli enti religiosi divennero ospedali, strutture assistenziali, istituti scolastici, caserme, carceri e passarono sotto la gestione della Congregazione di Carità e sotto quella del Fondo speciale per gli usi di beneficenza e di religione della città284.
Poiché nella realtà romana il controllo da parte del clero era notevole nelle amministrazioni degli enti pii, il decreto di applicazione della legge del 1862 stabilì la sostituzione delle commissioni composte in tutto o in parte da ecclesiastici con la Congregazione di Carità o con gestioni speciali285. Nella realtà dei fatti, però, la sostituzione degli organi religiosi e la secolarizzazione degli
277
V. Vidotto, Roma contemporanea, cit., p. 14.
278 Ibidem, pp. 77-89.
279 Sui primi anni di Roma capitale cfr. A. Caracciolo, Roma capitale. Dal Risorgimento alla crisi
dello Stato liberale, Roma 1956; M. De Nicolò, Città multipla, città dimezzata: la capitale tra Stato e amministrazione locale (1870-1944), in «Roma moderna e contemporanea», 7/1-2 (1999);
cfr. Storia di Roma dall’antichità a oggi, a cura di V. Vidotto, Bari-Roma 2002, p. 18.
280 I. Insolera, Roma moderna. Un secolo di storia urbanistica 1870-1970, Torino 1993.
281 Cfr. Comune di Roma, Roma, popolazione e territorio dal 1860 al 1960, con la distribuzione
territoriale dei risultati dei censimenti, Roma 1960; F. Martinelli, Ricerche sulla struttura sociale della popolazione di Roma (1871-1961), Pisa 1964.
282 Storia di Roma dall’antichità ad oggi, cit., p. 18. 283
Legge 19 giugno 1873, n. 1402.
284
V. Vidotto, Roma contemporanea, cit., p. 58.
61 ingenti patrimoni ecclesiastici fu lenta ed incompleta perché la Chiesa, avendo
dato vita in passato ad un rilevante numero di enti pii, aveva costituito un importante centro di potere.
Gli ecclesiastici continuarono così a fondare istituti minorili con l’obiettivo di incentivare la scolarizzazione, poiché l’istruzione era concepita come uno strumento pacifico di promozione sociale e un mezzo potente di rettitudine morale e di riduzione della criminalità286. L’inchiesta Crispi del 1895 dimostrò infatti la capillare presenza dei religiosi nelle scuole e nelle pie associazioni di Roma287.
Tra le Opere Pie con finalità scolastica di matrice religiosa, emergevano l’«Ospizio degli Artigianelli» detto anche «Istituto Pio IX»288, e l’Ospizio S. Cuore dei Salesiani di Don Bosco, noto per un’istruzione professionale molto qualificata289.
Il dinamismo dei religiosi preoccupò le autorità liberali per la concorrenza sorta con le scuole statali e per la diffusione di principi antiliberali. Il clero e il laicato cattolico, diversamente dalla classe politica, dimostrarono una forte sensibilità nel seguire, alla fine del secolo, l’istruzione delle giovani generazioni290 aderendo alle riforme sociali e pedagogiche diffuse in tutta Europa finalizzate all’educazione e alla scolarizzazione di tutti i cittadini, compresi quelli appartenenti alle sfere più basse della società fino a quel momento poco considerati291.
286
A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto, Manuale di storia, 3, l’età contemporanea, Roma-Bari, 2003, p. 360.
287 Il Circolo di S. Pietro era una delle principali pie fondazioni di Roma. Tra il 1870 e la fine del
secolo, il numero di queste associazioni aumentò considerevolmente, cfr. M. Casella, Attività
religiose, culturali e caritativo-sociali delle Associazioni laicali (1870-1900), in M. Belardinelli,
P. Stella (a cura di), La comunità cristiana di Roma, vol.3. La sua vita e la sua cultura tra età
moderna ed età contemporanea, pp. 219-289; la maggior parte dei conventi e delle associazioni
cattoliche rilevate dall’inchiesta Crispi del 1895 era impegnata, con una notevole vitalità, nell’istruzione e nell’apostolato, cfr. V. Vidotto, Roma contemporanea, Roma-Bari 2006, p. 106.
288 L’ospizio degli Artigianelli nacque nel 1879 in omaggio e alla memoria del pontefice
scomparso su iniziativa dei Fratelli delle Scuole Cristiane per impartire ai ragazzi l’educazione civile e religiosa e l’istruzione elementare e professionale. All’inizio del Novecento, però, questo istituto entrò in un periodo di decadenza, cfr. G. Rossi, L’istruzione professionale in Roma
capitale, cit., p. 31.
289 L’ospizio S. Cuore dei salesiani nacque nel 1883 come un umile laboratorio di calzolai per poi
affermarsi in seguito grazie alla florida realtà delle sue scuole professionali, tra cui quella di disegno, di taglio, di compusteria, di bibliografia e di libraio, in Ibidem, p. 30.
290 Lo studioso Casella, nello specchio A, elenca «gli ordini, le congregazioni, le corporazioni
religiosi regolari e secolari, conservatori e ritiri che importano vita comune ed hanno carattere ecclesiastico», cfr. M. Casella, Roma fine Ottocento. Forze politiche e religiose, lotte elettorali,
fermenti sociali (1889-1900), pp. 242-274.
62 Proprio sul terreno dell’educazione e dell’istruzione la classe dirigente
italiana cercò di far valere il suo diritto per far emergere l’efficienza e la superiorità della nuova realtà politica, laica, nei confronti della vecchia istituzione pontificia292.
Nello specifico, le disposizioni legislative e le diverse ideologie politico- sociali decretarono il valore, oltre che dell’istruzione primaria, delle scuole umanistiche a scapito della formazione tecnica e professionale293. Quest’ultima, però, fece dei passi in avanti nel mondo delle Opere Pie, con risultati diversi da istituto ad istituto, e contribuì alla professionalizzazione dei figli del «popolino» per ragioni, si potrebbe pensare, di sicurezza sociale.
Sotto il governo Crispi, gli esponenti dell’amministrazione comunale subentrarono nelle commissioni delle istituzioni infantili d’origine religiosa, divenute ora enti pubblici di beneficenza294. Questo passaggio, però, segnò una fase discendente per l’Ospizio di S. Michele, caratterizzata dal peggioramento della realtà scolastica, dalla chiusura di molti laboratori295 e da un’economia vacillante per la perdita di gran parte dei beni assunti dal nuovo governo296.
292 Nel riassunto statistico elaborato dallo storico Rossi, l’istruzione pubblica comunale si
articolava in istruzione infantile, con classi infantili gratuite o a pagamento; in istruzione elementare, con scuole diurne e quotidiane, con scuole serali e festive, con scuole delle Guardie Municipali; in istruzione complementare, con una scuola serale di commercio per alunni ed una festiva per sole alunne; in istruzione professionale, con scuole degli artieri, quelle del Museo Artistico Industriale, le officine dell’Orfanotrofio di Santa Maria degli Angeli, una scuola professionale femminile, ecc.; in istruzione secondaria, con corsi normali per insegnanti, il convitto comunale annesso alla R. Scuola Normale e la scuola superiore femminile «Erminia Fuà Fusinato», cfr. G. Rossi, L’istruzione professionale in Roma capitale, cit., pp. 8-24.
293 Id., Giovani e formazione al lavoro: l’istruzione professionale e tecnica a Roma nel periodo
giolittiano, p. 132, in Roma in transizione. Ceti popolari, lavoro, territorio nella prima età giolittiana, Atti della Giornata di studio, 28 gennaio 2005, cit.
294
Ibidem, p. 132.
295 L’Opera Pia e le sue scuole divennero di proprietà e competenza dello Stato italiano nel 1872.
Il consiglio amministrativo dell’ospizio era formato da cinque membri di nomina comunale. L’ospizio di S. Michele adottò un nuovo regolamento nel 1882 che decise la suddivisione dell’istruzione in elementare, complementare e professionale. All’età di 13 anni, gli allievi più validi erano indirizzati ai corsi superiori di disegno ed avviati all’apprendimento di varie arti, cfr. G. Rossi, Giovani e formazione al lavoro: l’istruzione professionale e tecnica a Roma nel periodo
giolittiano, cit., pp. 142-143. Lo studioso Rossi parla della chiusura dei laboratori di incisione,
mosaici, metalliere, stampatore, legatore, ferraio, calderaio, tintore, calza e maglia; e della decadenza della scuola degli arazzi. In compenso, sorse, tra il 1890 e il 1910, la fonderia artistica Bastianelli molto rinomata in quel periodo, cfr. G. Rossi, L’istruzione professionale in Roma
Capitale, cit., pp. 22 e 26;
296
G. Trincanti, Il San Michele: passato e avvenire-II- L’organizzazione dell’ospizio apostolico, in «Capitolium» XLIV (1969), n. 6-7, p. 73.
63 Un’analoga situazione si verificò nell’ospizio di «Tata Giovanni» che, pur
continuando a ricevere favori e protezione dai vari pontefici297, non diede prova di un buon funzionamento298.
L’orfanotrofio di S. Maria degli Angeli299, invece, continuò a distiguersi in città per le sue officine ben attrezzate300.
Per il brefotrofio, la transizione verso l’amministrazione provinciale fu un momento di svolta, poiché la nuova amministrazione introdusse una serie di novità, tra cui la riforma dell’organico301
.
L’exploit di Opere Pie minorili fu intenso alla fine dell’Ottocento. In questo periodo, sorsero infatti l’istituto della Sacra Famiglia302
, il Protettorato di S. Giuseppe303 ed alcune istituzioni sotto il patrocinio della Casa Reale304, come l’Asilo Savoia per l’infanzia abbandonata305
.
297
Ibidem, p. 26.
298 Secondo lo studioso Menichella, i giovanetti erano avviati a pochi mestieri, impiegavano ben
10 anni per impratichirsi in un’attività ed erano generalmente assegnati a piccole botteghe presso padroni o ignoranti del loro mestiere o non abbastanza istruiti. Il direttore cercò quindi di modernizzare l’ospizio ma fu duramente contestato al punto da doversi difendere in tribunale, cfr.
Ibidem, pp. 27-31.
299 Nel 1873 l’ospizio passò sotto l’amministrazione del Comune che, nel mese di settembre, al
termine di un’accesa seduta, decise di espellere i religiosi, G. Rossi, L’istruzione professionale in
Roma capitale, cit., p. 16; la commissione amministrativa era composta da cinque membri,
designati dal Ministero dell’Interno, di cui uno appartenente al consiglio comunale e un altro alla Congregazione di Carità, cfr. l’articolo 36 dello Statuto organico dell’Orfanotrofio di Santa Maria
degli Angeli in Roma, Roma 1901, approvato con regio decreto 23 maggio 1901, in ACS, MI,
DGAC, DABP, tr. 1925-1927, b. 153, fascicolo n. 26068.169-53 «Orfanotrofio di Santa Maria degli Angeli. Amministrazione. Nomina degli amministratori».
300 I laboratori dell’orfanotrofio non erano stati fondati dalla nuova amministrazione comunale ma
dai Fratelli delle Scuole Cristiane, nel 1834, sull’esempio delle officine presenti nell’Ospizio Apostolico di S. Michele, il più avanzato in quel periodo, in Ibidem, p. 15.
301
Con regio decreto 16 dicembre 1894, il brefotrofio romano venne eretto in ente morale autonomo con patrimonio proprio ed affidato in amministrazione, insieme al Manicomio di Santa Maria della Pietà, alla Provincia di Roma e per essa alla Deputazione Provinciale. Con il successivo regio decreto 7 agosto 1896, che aveva lo scopo di eliminare gli inconvenienti verificatesi a causa del duplice carattere che aveva assunto la Deputazione Provinciale, quale contemporanea amministratrice della Provincia e dell’Opera Pia, si decise di affidare il brefotrofio ad una commissione amministrativa di sette membri, tra cui due deputati e cinque consiglieri provinciali eletti rispettivamente dalla Deputazione e dal Consiglio; cfr. Nota di prefettura in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1928-1930, b. 140, fascicolo n. 26069.169 «Roma. Brefotrofio. Statuto»: la Relazione del Direttore della Divisione assistenza beneficenza pubblica al Ministero dell’Interno, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1925-1927, b. 112, fascicolo n. 26069.169.48 « Roma. Brefotrofio. Relazione Aristide Montani sull’opera da lui svolta quale Presidente del brefotrofio dal luglio 1923 all’agosto 1926». Sul brefotrofio romano prima del 1894, si veda V. Menichella, Il brefotrofio provinciale romano, in Amministrazione provinciale di Roma, Studi in
occasione del centenario, Milano 1970.
302 L’Istituto della Sacra Famiglia sorse nel 1882 su iniziativa di un gruppo di cittadini romani, cfr.
C. Scotti, Guida pratica della beneficenza in Roma, cit., p. 108.
303 Nel 1882, la signora Leudieu de la Ruadière, in religione suor Maria Giuseppa di Gesù,
fondatrice delle suore del patronato di S. Giuseppe, istituì il protettorato di S. Giuseppe, il cui primo presidente fu la marchesa Cecilia Serlupi. L’erezione di questo istituto in ente morale avvenne con regio decreto 31 dicembre 1893, cfr. Delibera del consiglio di amministrazione dell’Opera Pia Protettorato di S. Giuseppe, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1940-1942, b. 99, fasc.
64 Si susseguirono, poi, numerose aperture di colonie agricole in luoghi
periferici della città ad opera di laici e religiosi, per far apprendere ai fanciulli la cosiddetta “arte dei campi”306. Gli enti d’istruzione agraria rispondevano ad una finalità innovativa rispetto a quella degli ospizi urbani dove s’insegnavano i «mestieri di città» legati alla meccanica, tipografia, falegnameria, decorazione, ecc., e in cui c’era un oggettivo tentativo di «promozione» del lavoro artigiano307
, al quale era riconosciuto, per tradizione, una funzione di stabilità sociale grazie al sistema di valori che ne ispirava le scelte e i modelli di comportamento individuale e collettivo308.
Il governo, protagonista più attivo nell’ambito delle Opere Pie rispetto al passato, si servì delle istituzioni benefiche per reprimere l’accattonaggio, soprattutto quello minorile, che faceva apparire Roma come una città poco progredita e civile309. In questa direzione, agirono la Società «Pro Infantia»310, la «Società contro l’accattonaggio»311, la Casa della Provvidenza e il «Rifugio dei
26071. 31«Roma. O. P. Protettorato di S. Giuseppe. Statuto»; C. Scotti, Guida pratica della
beneficenza in Roma, cit., p. 216.
304 La Regina, in particolare, rappresentava e gestiva l’immagine dell’istituto monarchico rivolta ai
poveri, ai bisognosi, agli orfani, agli ammalati e ai soldati feriti, cfr. M. Piccialuti Caprioli, Lo
Stato liberale e la beneficenza pubblica, cit., p. 177.
305 L’asilo Savoia nacque nel 1887 ad opera di un gruppo di cittadini romani, tra cui Francesco
Crispi, per commemorare la «fausta ricorrenza» del XX settembre 1870. L’asilo venne eretto in ente morale nel 1890 e coltivò lo scopo di ricoverare fanciulli abbandondati per sottrarli alla miseria e alla corruzione e per educarli «all’amore di Dio, della Patria, della civiltà e del lavoro», cfr. C. Scotti, Guida pratica della beneficenza in Roma, cit., p. 190; Ufficio informazioni e indicatore della beneficenza, Guida della beneficenza in Roma, cit., p. 102; si veda anche lo statuto approvato il 5 luglio 1922 in ASR, Opera Pia Savoia, b. 120, fascicolo 15 «Statuto organico dell’Asilo Savoia per l’infanzia abbandonata».
306 Mentre gli istituti agricoli d’origine laica ebbero vita breve, quello pontificio di Vigna Pia
s’ingrandì nel corso degli anni, cfr. C. L. Morichini, Degli istituti di carità per la sussistenza e
l’educazione dei poveri e dei prigionieri in Roma, libri tre, cit., p. 535.
307
G. Rossi, L’istruzione professionale in Roma capitale, Roma 1996, p. 18.
308 Id., Giovani e formazione al lavoro: l’istruzione professionale e tecnica a Roma nel periodo
giolittiano, cit., p. 138.
309
La Società, nata nel 1897, s’occupava anche: «di sovvenire fra gli accattoni i veri indigenti, sostituendo un soccorso razionale e ordinato alla elemosina per le vie; di provvedere all’assistenza urgente, di collocare nei vari istituti di beneficenza coloro cui non sia possibile aiutare col lavoro; di promuovere quelle istituzioni che possano giovare all’attuazione degli scopi sociali», Ufficio d’informazioni e indicatore della beneficenza, Guida della beneficenza in Roma, Roma 1907, p. 113.
310 La Società «Pro Infantia» fu eretta in ente morale con regio decreto 14 giugno 1903, cfr. C.
Scotti, Guida pratica della beneficenza in Roma, Roma 1927, pp. 228-229.
311
Cfr. lo statuto della Società contro l’accattonaggio in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1922-1924, b. 143, fascicolo n. 26069.169.73 «Società contro l’accattonaggio. Statuto»: l’erezione in ente morale è avvenuta con regio decreto 31 ottobre 1904.
65 minorenni abbandonati», quest’ultimo diretto dapprima dalla Congregazione di
Carità312 e poi dalla «Società contro l’accattonaggio»313.
Ad eccezione del raggruppamento degli ospedali e dell’indemaniamento delle confraternite314, l’applicazione dei provvedimenti più innovativi previsti dalla riforma crispina fu debole nell’Urbe315 dove il potere pubblico non riuscì a laicizzare radicalmente le Opere Pie cittadine per il peso delle secolari strutture assistenziali della Roma pontificia e delle loro pratiche caritative316. Sebbene vincolati dal non expedit, i cattolici romani, appoggiati alla rete delle parrocchie nell’attività sociale ed in quella elettorale amministrativa, continuarono infatti a rivendicare uno spazio negli interessi locali, cioè nell’istruzione primaria e nelle istituzioni di assistenza (come nelle decisioni che riguardavano la configurazione urbana), con «l’intenzione di mantenere una presenza culturale e contribuire a relazioni non ostili fra le due sponde del Tevere»317.
Le disposizioni crispine sull’istruzione e sull’accattonaggio furono riproposte in seguito dal governo Giolitti, che si concentrò anche sulla diffusione dell’igiene e della sanità come nuovi imperativi da mettere concretamente in pratica nella beneficenza romana318.
In età giolittiana, si svilupparono nuove forme di assistenza sociale e scolastica come i patronati e le colonie estive, i giardini educativi per l’infanzia,
312 Sulla presenza dei mendicanti a Roma, cfr. E. Taviani, Il regime anarchico nel bene, cit., p.
115.
313 Le società contro l’accattonaggio furono istituite in Italia per impulso di Antonio di Rudinì e
furono durante i primi anni del Novecento «il fiore all’occhiello» della beneficenza laica. La Società attiva a Roma ebbe tra i suoi soci fondatori alcuni nomi importanti della politica nazionale ed anche il Gran Maestro della Massoneria, Ernesto Nathan, cfr. A. Fiori, Poveri, Opere Pie e
Assistenza, cit., p. 8; cfr. Ufficio d’informazioni e indicatore della beneficenza, La guida della beneficenza in Roma , cit., p. 101.
314
Dietro la promulgazione della legge 20 luglio 1890, n. 6980, ci fu un forte clima anticlericale sorto a Roma dopo la «grande delusione» del 1887 quando vennero meno le speranze di una riconciliazione tra Stato e Chiesa; si veda S. D’Amelio, La beneficenza nel diritto italiano, cit., p. 266. Secondo l’autore, con gli articoli 11, 15 e 16 di questa legge si determinava uno jus singolare per i beni delle confraternite, confraterie, congreghe e congregazioni romane, dei quali veniva disposta la devoluzione al demanio e l’assegnazione delle rendite agli istituti di beneficenza di Roma; G. Martina, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, Roma 1995; M. Piccialuti Caprioli, Confraternite romane e beneficenza pubblica tra il 1870 e il 1890, in «Ricerche per la storia religiosa», 1984, pp. 293-333.
315
E. Taviani, Il regime anarchico nel bene, cit., p. 301.
316 Ibidem, p. 9.
317 M. Belardinelli, Società romana, classe politica e problemi del territorio all’inizio del
Novecento, in Università degli studi Roma Tre, Roma in transizione. Ceti popolari, lavoro, territorio nella prima età giolittiana, Roma 2006, p. 37.
66 gli educatori e i ricreatori riconosciuti giuridicamente come Opere Pie319; e ci fu
una maggiore attenzione verso le partorienti nubili, la cui accoglienza negli ospizi di maternità era indispensabile visto che molte di loro o erano senza dimora o avevano una pessima abitazione320.
Anche l’approvazione della legge Giolitti fu un fatto importante nella beneficenza romana ma poco decisivo poiché mostrò parzialmente a Roma il suo volto «statalista» ed «accentratore»321. L’istituto della «fusione» voluto dallo statista piemontese, per esempio, si concretizzò in un unico caso, quello dell’Opera Pia nazionale per assistere i figli dei condannati che si unì con il Protettorato di S. Giuseppe.
I cambiamenti più significativi si ebbero in ambito scolastico322, soprattutto nel ramo dell’istruzione professionale323, sollecitati dalle trasformazioni economiche e sociali, dall’industrializzazione del Paese e dalla richiesta di figure professionali nuove e preparate. Nella capitale, il processo di riordinamento dell’istruzione professionale segnò la nascita dell’«Istituto nazionale d’istruzione professionale»324.
La città di Roma, specialmente negli anni del «blocco» popolare quando il clima educativo era teso a formare l’homo ethicus con capacità artigianali ed industriali, si riempì di istituti scolastici ed asili infantili325, con iniziative laiche
319 Questo insieme di istituzioni benefiche si ampliò notevolmente nel corso del primo
quindicennio del XX secolo. Pur non avendo bisogno di sofisticate infrastrutture, queste istituzioni condussero un’esistenza stentata dal punto di vista economico, cfr. E. Taviani, Il regime anarchico
nel bene, cit., p. 224.
320 La casa era il bene che allora indicava lo status di un genitore, cfr. Relazione d’indagine sulla
Congregazione di Carità di Roma degli ispettori ministeriali Venditelli e Sirleo, datata 26 maggio 1922, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1922-1924, b. 139, fascicolo «Roma. Congregazione di Carità. Amministrazione».
321 E. Taviani, Il regime anarchico nel bene, cit., p. 301.
322 Per rafforzare l’istruzione primaria fu promulgata la legge 8 luglio 1904, n. 407, - o legge
Orlando- che innalzò l’obbligo scolastico a 12 anni sia per preparare gli alunni al proseguimento degli studi dopo i primi quattro anni, sia per completare il corso elementare con la frequenza delle classi V e VI, cioè il cosiddetto corso popolare, cfr. Cfr. G. Rossi, Giovani e formazione al lavoro:
l’istruzione professionale e tecnica a Roma nel periodo giolittiano, cit., p. 131.
323
Ibidem, p. 132.
324 Cfr. legge 11 luglio 1907, n. 502, legge portante provvedimenti per la città di Roma. Nel 1918,
l’Istituto nazionale d’istruzione professionale, nato con la legge 14 luglio 1912, n. 854, ebbe tra le sue sezioni anche il Museo artistico industriale, fino a quel momento annesso ma funzionante in modo autonomo, cfr. Relazione del commissario dell’Opera Pia, Agostino d’Adamo, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1928-1930, b. 90, fascicolo n. 26068.169-44 «Ospizio S. Michele. Amministrazione».
325 Nel 1907, Maria Montessori aprì il primo asilo per bambini poveri nel quartiere di S. Lorenzo.
La rivoluzione della Montessori si basava sulla “scoperta” del bambino, ossia su una conoscenza più approfondita dell’infante; ma l’apertura della prima Casa del bambino negli edifici popolari dei Beni Stabili dava a questa istituzione la funzione primaria di assistenza sociale, cfr. V. Vidotto,