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4 LA CONGREGAZIONE DI CARITA’ DI ROMA

3. IL FASCISMO E L’ASSISTENZA “ORDINATA”

1.1 Il quadro normativo nei primi anni del fascismo al potere

1.1.2 L’Unione italiana di assistenza all’infanzia

In questa fase di cambiamenti legislativi e di promesse pronunciate dal nuovo governo sulla ripartenza del Bel Paese, anche sul piano assistenziale vista la superiorità di molte realtà europee rispetto all’Italia, nacque nel 1923 a Roma l’Unione italiana di assistenza all’infanzia (UIAI) sotto il patronato della Croce Rossa Italiana (CRI)576 con lo scopo di sostenere le attività di questo ente impegnato nell’opera di sviluppo e di integrazione delle varie forme di assistenza all’infanzia nazionale ed internazionale. Questo secondo aspetto era stato svolto sino ad allora dal Segretariato Italiano di assistenza all’Infanzia, creato grazie all’Union internationale de secours aux enfants (UISE) di Ginevra577 e collegato all’Association internationale pour la protection de l’Enfance (AIPE) di Bruxelles578.

Essendo un’istituzione pubblica di assistenza e beneficenza, l’Unione era soggetta alla normativa fascista sulle Opere Pie e sottoposta, quindi, ai controlli del Ministero dell’Interno579

. Il suo consiglio di amministrazione era formato da giuristi, medici ed esponenti dell’alta nobiltà. C’erano, infatti, il generaleGaetano Giardino, che ricopriva il ruolo di presidente, l’avvocato Giuseppe Paolo Gaetano che era il consigliere delegato e i consiglieri Mariano D’Amelio, Giovanni Appiani, Fanny Dalmazzo, Paolo del Pennino, la marchesa Irene Di Targiani Giunti, il professore Ettore Levi. L’attività dei consiglieri era poi supportata da

un’équipe di consulenti, tra cui il pediatra Francesco Valagussa580

, successivamente figura di primo piano nella dirigenza dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI) sorta qualche anno più tardi, nel 1925.

576 La sede dell’Unione Italiana di assistenza all’infanzia era in via Toscana 12, in Unione Italiana

di assistenza all’infanzia, in «La beneficenza italiana», I, n. 3, p. 12.

577

L’Union Internationale de Secours aux Enfants era nata per merito del Comitato internazionale della Croce Rossa ed era intervenuta nei territori sconvolti dalla grande guerra anche grazie al sostegno dell’istituzione inglese di soccorso infantile «Save the Children Fund». L’Unione ginevrina stimolò la nascita di istituzioni dedite alla protezione dell’infanzia in vari paesi, tra cui l’Italia dove nacque il Segretariato Italiano di Assistenza all’infanzia grazie all’impegno della marchesa Maddalena Patrizi, in L’U. I .A. I. e l’Opera Nazionale per la protezione della maternità

e dell’infanzia, in «La difesa della stirpe», I, n. 1, pp. 11-12.

578 L’Union Internationale pour la protection de l’Enfance nacque nel settembre 1919 in Ibidem,

pp. 12-13; un istituto analogo sorse nel 1927 a Montevideo con il nome di “Ufficio internazionale americano di protezione dell’infanzia”, in Relazione del Ministro dell’Uruguay al Ministro degli Affari Esteri italiano in data 15 settembre 1927, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1925-1927, b. 6, fascicolo «Istituto internazionale americano di protezione dell’infanzia».

579

Amministrazione Aiuti Internazionali, Organi ed enti di assistenza pubblica e privata in Italia, Roma 1953, pp. 265.

115 Nel programma iniziale dell’Unione figuravano tre forme di assistenza:

quella igienico-sanitaria, che contemplava la nascita di centri di assistenza materna ed infantile; quella scolastica; ed infine quella legale. A ciò s’aggiungeva il controllo sull’esecuzione delle leggi pro infanzia pubblicate dal governo581

e la tenace diffusione dei diritti del fanciullo indicati nella citata Dichiarazione di Ginevra.

Poiché l’assistenza giuridica all’infanzia e alla fanciullezza era scarsa ed affidata a disposizioni sparse in leggi e regolamenti vari, i consiglieri dell’Unione operavano seguendo l’attività della Magistratura582. Infatti, dopo il progetto del senatore Oronzo Quarta per un codice dei minori (elaborato nel 1909 e mai discusso in Parlamento) e malgrado la grande attenzione riservata dal mondo giuridico e politico all’infanzia abbandonata e traviata, l’attuazione delle riforme aveva trovato ancora resistenze molto forti e uno scoglio insormontabile nel reperimento di finanziamenti adeguati. Era stato questo il parere espresso da Fanny Dalmazzo in occasione del congresso nazionale per l’assistenza ai minori abbandonati o traviati convocato, nel maggio 1923, dalla Federazione romana fra gli istituti di assistenza ai minorenni583. Dopo la grande guerra, in un clima ancora permeato dalla discussione sul nuovo progetto per il codice penale di Enrico Ferri (il 1° aprile del 1922 era stato presentata anche una proposta di legge per l’istituzione della magistratura dei minorenni a firma di diversi deputati), l’avvocato Dalmazzo rifletteva sui diversi sistemi di assistenza ai minori abbandonati e traviati. La mancanza principale del progetto Quarta era stata, a detta della giurista, «la mancanza di qualsiasi disposizione finanziaria per mettere in grado il magistrato dei minorenni di far eseguire i provvedimenti e soprattutto le ordinanze di ricovero dei minorenni orfani o abbandonati materialmente o moralmente, poiché è noto che lo Stato e gli altri enti pubblici dispongono di istituti in numero limitatissimo, e che non si può contare sul ricovero di istituzioni di privata beneficenza se non si corrisponde ad esse una diaria conveniente»584. Il

581 Cfr. lo statuto dell’UIAI, in Unione Italiana di Assistenza all’Infanzia, in «La beneficenza

italiana», I, nn.8-9, pp. 7-9.

582 L’Assemblea Generale dell’Unione Italiana di assistenza all’infanzia, in «La beneficenza

italiana», I, n. 3, p. 17.

583

B. Montesi, Questo figlio a chi lo do?: minori, famiglie, istituzioni (1865-1914), Milano 2007, p. 181.

584 F. Dalmazzo, Programma massimo e programma minimo di sistemazione dell’assistenza ai

minorenni abbandonati o traviati in Italia, in Atti del Congresso Nazionale per l’assistenza ai minorenni abbandonati o traviati pubblicati per cura della segretaria dott. Fanny Dalmazzo,

116 maggiore ostacolo al più grande e radicale tentativo di riforma era stata

l’imitazione, nonostante le cautele espresse da Quarta, «del sistema anglo- americano senza pensare che veniva a creare un organismo pesante e costosissimo»585. Da questa imitazione, nasceva il «difetto essenziale» del progetto: «l’aver complicato anziché risolto la questione finanziaria»586

. Indubbiamente, come d’altra parte era stato chiaro per la commissione durante la fase di discussione e di elaborazione del codice, un altro dei principali intralci incontrati dal progetto del 1908 era stato quello del controllo degli istituti privati da parte dello Stato. Non a caso «un’opposizione feroce al codice minorile venne dalla Chiesa cattolica in nome dei valori della famiglia […] Ma dietro la difesa dell’autorità paterna da parte della Chiesa si celava una preoccupazione più prosaica: il controllo delle istituzioni filantropiche»587.

Tenendo conto delle urgenze che la prima guerra mondiale aveva imposto al Paese, l’Unione, eretta in ente morale nel 1925588

, iniziò a costituire dei comitati regionali con i Capi delle varie Corti d’appello per poter disporre di un’organizzazione completa e poderosa in grado di realizzare i suoi propositi assistenziali589, e per creare così una valida alternativa alle iniziative dei cittadini non coordinate tra di loro.

L’Unione insisteva sulla necessità di varare una legge sulla ricerca della paternità naturale590, già presente in altre legislazioni europee, non solo per esigenze di tipo morale (dare al figlio il nome paterno) ma anche di tipo economico (il diritto agli alimenti). L’ostacolo da superare, però, era quello di trovare un modo per provare inconfutabilmente le generalità paterne591.

Dopo l’istituzione dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (1925), che ne assorbì gran parte dei compiti, l’Unione limitò la sua attività all’assistenza morale e giuridica ai minori, creando «centri di tutela minorile» presso i maggiori uffici giudiziari, presieduti da magistrati e composti da rappresentanti di enti assistenziali, da avvocati, medici, insegnanti e da altre personalità interessate alle

585 Ibidem. 586 Ivi, p. 210.

587 M. Gibson, Nati per il crimine. Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica,

Milano 2004, p. 281.

588

Regio decreto 25 gennaio 1925, n. 127.

589 L’Assemblea generale dell’Unione Italiana di assistenza all’infanzia, in «La beneficenza

italiana», I, n. 3. p. 17

590

Ibidem.

591

S. Fabbri, L’assistenza della maternità e dell’infanzia in Italia. Problemi vecchi e nuovi, Napoli 1933, pp. 105-113.

117 problematiche infantili592. Ma la nascita di queste strutture fu lenta negli anni

immediatamente successivi al 1925, poiché alcuni comitati regionali erano scomparsi pensando che l’Unione fosse stata assorbita dall’ONMI.

Oltre a riflettere su varie questioni giudiziarie, come l’assistenza ai bambini nati all’estero da genitori italiani, l’Unione partecipava o organizzava convegni internazionali593, come quello indetto a Roma nel 1926, affrontando temi delicati come l’assistenza e il rimpatrio dei fanciulli di nazionalità straniera abbandonati o con problemi disciplinari594. Gli argomenti del recupero dei ragazzi con problemi comportamentali e quello dell’assistenza agli orfani bisognosi e ai fanciulli abbandonati furono affrontati anche nel congresso dell’Infanzia a Ginevra (1926), dove emerse il ritardo dell’Italia sul piano legislativo rispetto alle altre Nazioni (Inghilterra, Francia, Belgio, Svizzera, Germania e Spagna)595. Nella penisola italiana, infatti, l’assistenza all’infanzia delinquente era ritenuta inefficiente non per un problema di risorse, visto che si spendevano annualmente oltre 150 milioni di lire per il sistema carcerario, ma per mancanza di sensibilità verso questo tema. La classe politica, infatti, tendeva a risparmiare sulle spese di amministrazione della giustizia infantile e sulla creazione di stabilimenti penitenziari adatti ai fanciulli596.

L’istituzione dei «centri di tutela minorile» fu accelerata soltanto a partire dalla metà degli anni Trenta grazie all’interessamento del Ministero di Grazia e Giustizia in seguito alla pubblicazione della legge sul tribunale dei minori597 che, a sua volta, ordinava all’ONMI di aprire «centri di osservazione per minorenni»598 per arginare il fenomeno della corruzione giovanile599.

592 Amministrazione Aiuti Internazionali, Organi ed enti di assistenza pubblica e privata in Italia,

cit., p. 276.

593 L’Unione italiana di assistenza all’infanzia era apprezzata all’estero ed ottenne un posto

d’onore al congresso di Liegi del 1930, a quello di Parigi del 1933 e a quello di Bruxelles del 1935, in lettera del presidente dell’Unione, Ugo Conti Sinibaldi, al direttore dell’Amministrazione civile, Bruno Fornaciari, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1937-1939, b. 23, fascicolo 25285.11.121 «Unione italiana di assistenza all’infanzia».

594 La V sessione straordinaria dell’Association internazionale pour la protection de l’Enfance, in

«La difesa della Stirpe», I, nn. 1-2, p. 11.

595 Estratto della relazione dell’ambasciatore Paolucci de’ Calboli rappresentante del governo

italiano al congresso di Ginevra, in ACS, MI, DGAC, DABP, tr. 1925-1927, b. 5, fascicolo n. 25273.1 «Commissione consultiva per la protezione dell’infanzia e della gioventù. Ginevra marzo- aprile 1926».

596

F. Dalmazzo, Il progetto Federzoni per l’assistenza alla maternità ed alla infanzia, in «Il fanciullo è l’avvenire», I, n. 7, p. 36.

597 Regio Decreto 20 luglio 1934, n. 1404; sul tribunale dei minorenni, si veda Tribunale dei

minorenni, in «La Civiltà Cattolica», LXXXIV, III vol., pp. 214-216.

598

I centri di rieducazione dei minorenni dovevano per legge comprendere, in un unico edificio, un istituto di osservazione,una casa di rieducazione, un riformatorio giudiziario e un carcere per

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