N. Scott Momaday
4. LESLIE MARMON SILKO
4.2. Cenni biobibliografic
Leslie Marmon nasce il 5 marzo 1948 ad Albuquerque, in New Mexico, da Lee Marmon10 e Mary Virginia Leslie. La scrittrice vanta origini miste: Laguna- Mexican-Anglo descent per la precisione11. È necessario fare presente che il pueblo Laguna è stato il primo ad “americanizzarsi” attraverso i matrimoni. I Marmon, di ascendenza anglo-europea, arrivano qui nel 1868 e costituiscono da subito un nucleo familiare importante, sposando delle donne Laguna ed essendo gli artefici della prima costituzione adottata da una tribù nativa. 12
La piccola Leslie cresce nella riserva Laguna13, circondata da figure femminili importantissime: la zia Susie, la bisnonna Marie Anaya, meglio nota come A’mooh’s14
, la nonna Lillie, Alice Marmon Little15, una cugina di suo nonno,
9SH, p. 13.
10Lee Marmon è il fotografo nativo più famoso d’America. Le sue opere sono state esposte in
gallerie importantissime e hanno vinto numerosi riconoscimenti. Vive tuttora nel pueblo Laguna. Per vedere l’intera Lee Marmon collection si segnala il seguente website: http://econtent.unm.edu.
11Wong, H. D., op. cit., 1992, p. 186. 12Coltelli, L., op. cit., 2001, p. 13.
13Silko ha affermato: “I am of mixed-breed ancestry, but what I know is Laguna.” Cfr. Velie, Alan,
R., Four American Literary Masters, Norman, University of Oklahoma Press, 1982, p. 106.
14Una curiosità legata a un piccolo malinteso circa il nome della donna: “[…] my Grandma
A’mooh’s / real name was Marie Anaya Marmon. / I thought her name really was ‘A’mooh.’ / I realize now it had happened when I was a baby / and she cared for me while my mother worked. / I had been hearing her say / ‘a’moo’ooh / which is the Laguna expression of endearment / for a young child / spoken with great feeling and love.” “It Was A Long Time Before” in: Storyteller,
77 chiamata “aunt” in segno di rispetto. Le loro figure sono descritte a lungo e con grande affetto in Storyteller (1981) e in misura minore nel memoir The Turquoise Ledge16 (2010): queste donne, ognuna in maniera diversa, le hanno permesso di entrare in contatto con le storie17. Proprio nell’introduzione al volume del 1981, Silko scrive: “Whatever happened, the pueblo people instinctively sorted events and details into a loose narrative structure. Everything became story” (ST, p. xix). E ancora, consapevole della propria fortuna:
I was fortunate to be born in 1948 when a great many of the old folks were still alive and happy to recall stories they’d heard as children, stories that their grandparents had heard when they were children, and so on (ST, p. xix).
L’infanzia nella comunità Laguna incide positivamente sulla futura scrittrice, che sviluppa una creatività e un potere immaginativo straordinari, elementi davvero utilissimi nell’attività degli anni successivi. Silko è abbastanza schiva e introversa18, ama isolarsi e vivere pienamente la natura e ciò che essa ha da offrire, anche a costo di trascurare le sorelline, Wendy e Gigi.
New York, Seaver Books, 1981. L’edizione da me consultata è la seguente: Storyteller, New York, Penguin Books, 2012. “It Was A Long Time Before” si trova alle pp. 31-3. D’ora in poi si userà l’abbreviazione ST per riferirsi al volume e tutte le citazioni, riferite all’edizione del 2012, compariranno con le pagine tra parentesi.
“Her husband Robert, who had shelves of books in his house, also became conversant in Laguna oral tradition and in 1919 was the source of two of the traditional storytelling performances collected in Boas's monumental Keresan Texts.” Cfr. il sito, consultato l’ultima volta a maggio 2013: https://facultystaff.richmond.edu/~rnelson/silko.cam.html.
15“When anthropologist and ethnographer Elsie Clews Parsons came to Laguna to collect the
stories published in Boas's edition and in several other shorter collections during the years between World Wars I and II, she stayed at the house of a Marmon kinswoman, Henry's cousin Alice (identified by Parsons as “Mrs. E. C. Eckerman”), another of the family storytellers Silko frequently cites as one of her own mentors.” Ivi.
16The Turquoise Ledge – a Memoir, New York, Viking, 2010. Da questo momento si utilizzerà la
sigla TTL per riferirsi all’opera e tutte le citazioni compariranno con le pagine fra parentesi.
17
Per un approfondimento, si veda il paragrafo 4.3.
18Una caratteristica che la scrittrice manterrà negli anni. “[…] I think novelists should write more
78 Dopo aver frequentato la Bureau of Indian Affairs (BIA) School della riserva, Leslie viene inviata alla Catholic School di Albuquerque, dove impara ad amare la letteratura inglese (Milton, Shakespeare) e americana (Poe, Faulkner, Steinbeck). Negli anni del college, all’Università del New Mexico, scrive l’ormai celebre racconto intitolato “The Man to Send Rain Clouds19”, che ottenne il National Endowment for the Humanities Discovery Grant.
Si tratta di un periodo alquanto complicato, in quanto al 1966 risale il matrimonio con Dick Chapman (dal quale divorzierà quattro anni dopo) e all’anno seguente la nascita del primo figlio, Robert.
Tuttavia, nel 1969 ottiene il BA in Inglese con lode e decide di iscriversi all’American Indian Law Program, salvo poi abbandonare il corso poco dopo. La carriera legale non fa per lei, che decide di dedicarsi quasi interamente alla scrittura. Nonostante le difficoltà matrimoniali, Chapman la incoraggia e le consiglia di seguire un corso di scrittura creativa dove potrà ottenere an easy A:
[…] Robert’s father, my first husband, said how would you like to take a class where you could get an easy A? And I said, well, I would like that, you know, because having this baby and all, it would be nice to bring up my grade-point average. So I took a creative-writing [sic] class. The professor gave us little exercises. Then he said one day, “We want a character sketch,” even a character, and I thought, oh no! I had thousands. And so I did it. And then he said, “We want a story.” I thought, Is he serious? Is this all it is? I just cashed on all those things I’d heard […]. 20
19
La primissima pubblicazione avviene nel New Mexico Quarterly, Winter-Spring 1969. Questa storia è stata antologizzata sovente. Tanto per fare un esempio, in: Hansen, Ron – Shepard, Jim (a cura di), You’ve got to Read This – Contemporary American Writers Introduce Stories that Held
Them in Awe, New York, Harper Perennial, 1994, pp. 484-7. 20
Coltelli, L., op. cit., 1990, p. 144. L’autrice racconta questo evento anche nel suo memoir, in termini simili: “It was Dick Chapman who suggested I take a creative writing course the semester after Robert was born because he thought it would be ‘an easy A’ for me.” TTL, p. 63.
79 Nel frattempo, appena dopo il fallimento delle prime nozze, l’autrice conosce e sposa, nel 1970, John Silko, del quale prenderà e manterrà il cognome e per esigenze economiche, l’attività di scrittura viene alternata all’insegnamento, per esempio presso il Navajo Community College di Tsaile, in Arizona.
Nel 1972 nasce il secondo figlio, Cazimir. La neo-nata famiglia si trasferisce per due anni a Ketchikan, in Alaska21, dove Silko comincia la stesura di Ceremony22 e raccoglie i lavori scritti dal 1968 in avanti, incluse alcune poesie che confluiscono in Laguna Woman: Poems23.
Finalmente, nel 1977, viene pubblicato appunto Ceremony, il romanzo che consacra Silko in termini di pubblico e critica. Dopo il successo, c’è il ritorno nel Southwest e l’agenda è fittissima d’impegni: convegni, attività promozionali, lezioni alle Università del New Mexico e dell’Arizona. Nel 1978, Silko acquista un ranch poco distante dalla città di Tucson, appunto in Arizona, dove vive tuttora.
L’interesse per le arti visive la spinge alla partecipazione al film-documentario Running on the Edge of the Rainbow, prodotto da Larry Evers per l’Università dell’Arizona. Silko interpreta il ruolo di “storyteller di Laguna” che tanto le si addice24. In questo periodo, entusiasta del progetto appena menzionato, fonda la Laguna Film Project e ambisce alla creazione di una trilogia audiovisiva, da
21Il paesaggio dell’Alaska rivive nel racconto “Storyteller”, che dà il titolo all’omonimo volume
del 1981.
22
Il romanzo viene completato in gran parte grazie alla borsa di studio della Rosewater
Foundation.
23Laguna Woman: Poems, Greenfield Center: New York, Greenfield Review Press, 1974.
24Nelson, Robert M., “Leslie Marmon Silko: Storyteller”, in Porter Joy – Roemer Kenneth M., The Cambridge Companion to Native American Literature, Cambridge, Cambridge University Press,
80 intitolare Stolen Rain. Nel 1980 dirige e produce Arrowboy and the Witches, versione per lo schermo di un’antica storia Laguna. 25
Conclusa anche l’esperienza del secondo matrimonio, nel 1981 la casa editrice Seaver Books pubblica Storyteller, una miscellanea di prosa e poesia, che raccoglie numerose testimonianze autobiografiche, incluso un repertorio fotografico molto significativo, ad opera quasi esclusiva del padre, Lee Marmon26.
Silko scrive: […]
Photographs have always had special significance with the people of my family and the people at Laguna. A photograph is serious business and many people still do not trust just anyone to take their picture. […]
The photographs are here because they are part of many of the stories and because many of the stories can be traced in the photographs (ST, p. 1).
Sempre nel 1981, le viene concessa per cinque anni la MacArthur Foundation Prize Fellowship27, borsa di studio ammontante a ben 176 mila dollari. In questo modo può completare il secondo romanzo28, il monumentale Almanac of the Dead29, dato alle stampe nel 1991, dopo una gestazione lenta e faticosa30. Il titolo
25Cfr. ST., pp. 132-43. La storia è intitolata “Estoy-eh-muut and the Kunideeyahs”. 26
Come nel caso di Momaday, sono state scelte cinque foto da includere nella tesi. Si veda l’appendice, pp. 139-143.
27Si potrebbero menzionare un’infinità di premi e sovvenzioni ottenute da Silko nel corso della
carriera, ma si preferisce citare solo le più importanti.
28
È importante segnalare che in questi anni viene pubblicata anche la corrispondenza epistolare tra Silko e l’amico James Wright, curata dalla moglie del poeta dopo la morte di quest’ultimo, sopraggiunta nel 1980. Cfr. Delicacy and Strength of Lace: Letters between Leslie Marmon Silko
and James Wright (con James Wright), Minneapolis (MN), Graywolf Press, 1985. 29
Almanac of the Dead, New York, Simon & Shuster, 1991. D’ora in avanti si userà la sigla AOTD
per riferirvisi e le citazioni, con le pagine indicate fra parentesi, faranno fede alla seguente edizione: Silko, L. M., Almanac of the Dead, New York, Penguin Books, 1992. Ho utilizzato
81 rimanda ad alcuni manoscritti precolombiani che annunciavano l’arrivo di Cortez, ma profetizzavano anche la futura scomparsa dal continente americano di tutto ciò che è europeo, e la conseguente riappropriazione dello stesso da parte dei nativi31. Quest’opera è stata accolta da notevoli perplessità e le recensioni sono state generalmente negative, data l’estrema durezza di Silko nei confronti dei bianchi32
. Linda Niemann è tra i pochi lettori controcorrente e considera Almanac of the Dead il più grande romanzo americano di fine secolo (e fine millennio). 33
Nel 1993 l’autrice ritorna in parte al genere autobiografico e pubblica in edizione limitata Sacred Water: Narratives and Pictures34. Ogni copia è handmade e Silko ha unito le immagini condensate in prosa e poesia a quelle dell’arte fotografica.
l’aggettivo “monumentale” non a caso: il romanzo consta di 763 pagine, coinvolge 72 personaggi, 12 luoghi e si svolge in un arco temporale di 500 anni.
30“Owing to this work in progress, she announced, ‘no more travel for lectures, readings or conferences, and no more interviews over the telephone, in person or by mail.” Coltelli, L., op. cit., 1990, p. 136.
31Per un approfondimento si veda: Donnelly, Daria, “Almanac of the Dead di Leslie Marmon
Silko: un intrattenimento rivoluzionario”, Acoma, 2, 5, Estate/Autunno 1995, pp. 58-66.
32Tra le recensioni si vedano: Malcolm Jones, “Newsweek”, 118 (18 November 1991), p. 84; John
Skow, “Time”, 138 (9 December 1991), p. 86; Elizabeth Tallent, “New York Times Book Review” (22 December 1991), p. 6.
33Cfr. Linda Niemann, “The Women’s Review of Books”, 9 (March 1992), pp. 1-4. 34
Sacred Water: Narratives and Pictures, Tucson, Flood Plain Press, 1993. Come si evince dal
titolo, il focus è sull’importanza dell’acqua, bene sacro per le popolazioni pueblo, ma per l’umanità in generale. Nella prefazione della seconda edizione, Silko giustifica la natura mista dell’opera: “I am interested in photographic images which obscure rather than reveal; I am intrigued with photographs which don’t tell you what you are supposed to notice, which don’t illustrate the text, which don’t serve the text, but which form a part of the field of vision for the reading of the text and thereby become part of the reader’s experience of the text. The influence of the accompanying photographic images on the text is almost subliminal. The text of SACRED WATER was composed so that the words do not overpower the odd minimalism of the pictures, but instead, depend upon the pictures for a subtle resonance.” Cfr. Silko, L. M., op. cit., 1994 (I ed. 1993), p. 80.
82 Nel 1994 le viene riconosciuto il Wordcraft Circle of Native Writers and Storytellers Lifetime Achievement Award, premio ricevuto tra gli altri anche da Momaday (1992) e Joy Harjo (1995).
L’impegno letterario per la salvaguardia dello spirito dei luoghi e delle tradizioni native continua e confluisce stavolta in Yellow Woman and a Beauty of the Spirit35, una raccolta di saggi del 1996.
L’anno successivo si ripete un’esperienza simile a quella avvenuta per Sacred Water, del quale sono ripresi motivi e struttura, e Silko pubblica Rain36, corredato delle fotografie di suo padre, Lee Marmon.
Nel 1999 esce il terzo romanzo di Silko, Gardens in the Dunes37, che narra le vicende della piccola Indigo, la quale, separata dagli affetti familiari (la madre, la nonna e la sorella), per essere “imprigionata” in una boarding school, riesce a fuggire e a trovare protezione in Hattie. Questa donna la condurrà in Europa con sé e il marito, un sedicente botanico privo di scrupoli e coinvolto in traffici illeciti. Il viaggio si rivela essere un’esperienza importantissima per Indigo, che, seppur dotata di una curiosità vivace per i nuovi mondi che le vengono svelati, resta legata al proprio popolo e ai suoi affetti38. Il ricongiungimento tanto agognato
35Yellow Woman and a Beauty of the Spirit: Essays on Native American Life Today, New York,
Simon & Shuster, 1996.
36
Rain, New York, Library Fellows of the Whitney Museum of American Art and Grenfell Press,
1996.
37Gardens in the Dunes, New York, Simon & Shuster, 1999.
38“Indigo, like her Laguna analog Kochinninako [sic] / Yellow Woman, is spirited away from her
homeland by an alien force […]. After surviving this encounter through a complicated process of both resistance and assimilation, Indigo returns carrying new life for the people – in the form of her story […].” Cfr. Nelson, R. M., op. cit., 2005, p. 255.
83 avverrà grazie ad Hattie, a sua volta aiutata da Indigo nella propria affermazione e “fioritura” spirituale. 39
Come si evincerà anche dalla bibliografia finale dedicata esclusivamente a Silko, occorre attendere il 2010 per il lancio di un’altra opera, nella fattispecie il memoir The Turquoise Ledge, mentre nel 2011 è stata pubblicata la novella “Ocean Story”, solo nella versione kindle.
Nell’ultimo decennio l’autrice si è dedicata sempre meno a letture, convegni, lezioni universitarie40. Impegnata ormai da tempo nella composizione del quarto romanzo, Blue Sevens41, Silko è “in ritiro” presso la sua abitazione vicino alle Tucson Mountains.