• Non ci sono risultati.

L’area di studio

4.5 Cenni sul turismo natura e le attività di animazione giornaliera

Per chiarire ulteriormente lo scenario conoscitivo di base, è qui utile accennare alla definizione di turista così come formulata dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (WTO, 1991) con riferimento al turista “consumatore” di aree verdi e di aree protette, la cui “motivazione principale alla vacanza è costituita dall’osservazione e dall’apprezzamento della natura e delle culture tradizionali e il cui comportamento risulta generalmente caratterizzato da un continuum dinamico di elementi ambientali e culturali non sempre facili da distinguere”. Oltre alla motivazione, la definizione di turista richiama anche le componenti spazio e tempo. La dimensione spaziale implica che il turista, per essere tale, deve affrontare uno spostamento che lo conduca alla destinazione in cui intende svolgere l’esperienza di fruizione turistica. La variabile temporale definisce ulteriormente il turista, limitando la durata dello spostamento dalle 24 ore (pernottamento) all’anno (oltre il quale si assume la connotazione di residente). Questa precisazione consente di distinguere il turista dalla categoria degli escursionisti, ossia coloro che non pernottano nella località, o vi sostano per meno di 24 ore, categoria in cui, per l’appunto, rientrano i partecipanti alle attività di GiorniVerdi e Parco anch’io. Questa distinzione è fondamentale per valutare l’impatto effettivo del turismo sui territori e sulle comunità residenti nelle destinazioni. In particolare, la difficoltà di censire la presenza di escursionisti nelle destinazioni turistiche è alla base di alcune incertezze nella messa a punto di strumenti adeguati di gestione del territorio in termini di sostenibilità. Va inoltre sottolineato che la quantificazione puntuale del numero dei visitatori di un’area protetta risulta estremamente difficile per diversi motivi, in particolare:

a) per la mancanza di un sistema di bigliettazione (se non per specifiche attrattive dell’area, quali musei, ecc.);

b) per la numerosità dei punti di accesso alle aree;

In mancanza di dati ufficiali, la valutazione dei flussi di visitatori è spesso affidata a stime basate su indagini dirette (questionari, interviste, analisi osservante), che scontano un margine di errore (statistico e sistematico) piuttosto significativo, al punto da renderne incerti i risultati.

Svariati studi offrono un quadro complessivo sul fenomeno: tra questi possiamo citare 1) una ricerca del CTS (Primo rapporto sul turismo nel Sistema delle Aree Naturali protette del Lazio, 2010) che illustra la consistenza e i meccanismi di funzionamento del turismo nei Parchi e Riserve regionali; 2) i Rapporti Ecotour sul turismo natura ( Rapporto Nazionale sul Turismo Natura, Comitato Tecnico Scientifico di Ecotur, 2006, 2009, 2011, 2012).

Il rapporto Ecotour 2012 punta, ad esempio, l’attenzione su un settore che nel 2010, ha visto le presenze giungere a 99.035.394, con una crescita dello 0,46 per cento rispetto all’anno

65

precedente e con una permanenza media che si stabilizza da 3,88 giorni a 3,84. Numeri che consentono al fatturato di giungere a 10,67 miliardi di euro, in crescita dello 0,24 per cento e in ulteriore crescita a 10,7 miliardi nel 2011: una crescita che si contraddistingue per un segno positivo in un contesto internazionale di arretramento e perdita di posizioni. I segmenti più rappresentativi del turismo natura si sono dimostrati i parchi e le riserve con una quota di mercato superiore al 35 per cento, seguiti dalla montagna (23 per cento), dal turismo rurale (18 per cento), e ancora dal turismo lacuale, dai Borghi più belli d’Italia, dalle riserve marine e dall’agriturismo. Il Rapporto analizza anche le motivazioni di vacanza natura, segnalando che nel 2011 è cresciuta la voglia di vivere a contatto con la natura (40 per cento contro il 38 del 2010) e l’esigenza di praticare sport e attività all’aria aperta (24 per cento, +6 per cento), il che si ripercuote sulle attività dei turisti durante la loro vacanza natura: preferiscono nel 23 per cento dei casi l’escursionismo, nel 21 per cento il trekking, nel 12 per cento il bird watching e la mountain bike, seguiti dalla bici su strada (11 per cento) e dunque da equitazione, sci di fondo, animal watching. Per gli stranieri le attività sportive, l’escursionismo, il trekking sono le preferite (36,7 per cento) seguite dalle visite ai centri storici (20,5 per cento) e dalle visite guidate nella natura (19,2 per cento). Il 2010 è stato anche l’anno dell’aumento dei giovani che scelgono il turismo natura: un quarto ormai di chi sceglie il turismo verdeblu ha tra i 16 e i 30 anni, nel 50% dei casi una laurea, e una capacità di spesa media (37%). Il 52% degli italiani che scelgono la vacanza natura chiede il prodotto “parchi naturali”.

A commento di questi dati occorre fare alcune precisazioni. La prima è che il turismo naturalistico, per la particolare qualità dell’offerta, interessa soprattutto le Aree Protette, ma non è esclusivo di queste. La seconda è che le presenze turistiche non si distribuiscono nelle Aree Protette in maniera uniforme, ad esempio in proporzione alla loro superficie, ma in relazione alla loro notorietà, attrattività (sia naturalistica che culturale) e alla loro tipologia. Esistono quindi Aree Protette del tutto escluse dai flussi turistici. Infine, si deve tenere presente che i dati ufficiali sulle presenze turistiche nelle Aree Protette tendenzialmente sono più bassi della realtà sia per i motivi sopra descritti, sia per la presenza del sommerso, sia perché, molto spesso, anche le quantificazioni degli enti parco (talvolta considerate eccessivamente ottimistiche), quando vengono sottoposte a verifica risultano spesso sottostimate.

La ricerca di un equilibrio tra la conservazione della natura e lo sviluppo del turismo nelle aree protette sta ormai diventando in tutto il mondo un problema cogente, come indicato da diversi autori (Foley et al, 2005; Turner et al, 2007) e sottolineato da una serie di eventi (Dichiarazione di Québec per l’ Ecoturismo, 2002) e documenti internazionali (Europarc Federation, 2008).

66

Per alcuni autori le attività ricreative possono dare un forte impulso allo sviluppo economico locale e alla valorizzazione delle risorse naturali e culturali delle aree interessate (Gado et al. 1994, Miele, 1999) senza per questo arrecare danni alla biodiversità (Walpole et al, 2001;. Lindsey et al, 2005). Per altri autori invece, il fenomeno turistico può rappresentare una minaccia per l’ecosistema tutelato (Virus et al., 2004, Song e Li, 2008). Per fare un esempio, le visite annuali al Sistema dei Parchi Statunitensi e alla Regione Alpina Europea si stanno avvicinando rispettivamente ai 300 e 120 milioni (Lawson et al, 2003;. Alpine Space, 2007). L’incremento delle visite in un ambiente naturale può dunque andare in conflitto con le altre funzioni, prime fra tutti quella di protezione e naturalistica.

Come abbiamo affermato, l’impatto della visita sull’ambiente non è così facilmente prevedibile, essa varia a seconda del tipo di turismo, a seconda dell’ambiente, delle specie presenti e da moltissime variabili specifiche del sito interessato come la stagione, le condizioni climatiche, ecc. Dalla letteratura in materia è stato possibile identificare alcuni potenziali effetti del disturbo:

• danno alle caratteristiche ambientali;

• perdita e degrado dell’habitat (Steidl e Anthony, 2000; Kelly et al., 2002; Manor e Saltz, 2003; Amo et al., 2006; Rossi et al., 2006; Griffin et al., 2007; Cole, 1987);

• cambiamento nel comportamento delle specie animali (Blumstein et al., 2005); • riduzione della biodiversità (Fernandez-Juricic, 2004);

• erosione al suolo e compattazione (Andres–Abellan et al., 2005); • inquinamento (deposito di rifiuti) (Beamish, 1977);

• rumore dovuto al traffico (Forman, 2003)

• rimozione della vegetazione per fare spazio alle infrastrutturazioni (camping, rifugi, strade ecc)

• diminuzione della capacità riproduttiva delle specie animali e vegetali; • affollamento.

È per questi motivi che nella gestione delle aree protette, gli aspetti riguardanti la pianificazione della fruizione turistica legati a quelli della conservazione ambientale sono così importanti. Per risolvere questo problema, in letteratura è proposto lo strumento concettuale della capacità di carico, che è stato adottato con successo per la gestione della fauna selvatica riferendosi al numero di animali di ogni specie che possono essere mantenuti in ogni singolo habitat (Dasmann, 1964). Dagli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso si è cominciato a studiare anche la capacità di carico turistica da applicare nella gestione delle aree protette: fin da subito i ricercatori hanno costatato che il concetto era molto più complesso se applicato a questo contesto, rispetto a quello faunistico. Manning (2001) definisce la capacità di carico come

67

“l’Individuazione del limite massimo di visitatori che un’area può sopportare, affinché i suoi obiettivi di tutela non vengano meno a causa di un disturbo turistico troppo elevato”.

La complessità di tale concetto è legata ai due diversi ambiti in cui si scompone:

− capacità di carico ecologica, definita come la capacità di un ecosistema di sopportare senza modificazioni o cambiamenti accettabili un determinato livello ed una determinata tipologia di fruizione turistica;

− capacità di carico sociale, cioè il livello di sovraffollamento massimo, per tipologia di fruizione turistica, tollerato dal visitatore (Wagar, 1964).

La difficoltà maggiore sta nel determinare quanti impatti (come l’affollamento) risultano superiori a quelli accettabili, quindi nel comprendere quanti cambiamenti si possano accettare prima di applicare gli opportuni interventi gestionali (Manning, 1996).

4.6 Le Giornate di animazione naturalistica del Sistema delle Aree Naturali