Con un biglietto del 26 ottobre 1803 Vittorio Emanuele adottava una linea di neutralità riservando, nei porti sardi, uguale trattamento ai bastimenti francesi ed inglesi117, ma rimaneva vietato lo sbarco di
truppe di entrambi gli Stati. La dichiarazione di neutralità era, tuttavia, poco credibile per l’atteggiamanto subalterno del governo sabaudo nei confronti degli inglesi che sostenevano la Corte anche con un sussidio annuo di 12.000 sterline. Vi era inoltre la sovvenzione che il Sovrano riceveva dalla Russia che, stando alla donazione ottenuta da Carlo Ema- nuele IV nel 1799, doveva essere di circa 300.000 rubli118. È ovvio che
tali soccorsi, quello dell’Inghilterra in particolare, erano indispensabili per la monarchia sabauda; l’atteggiamento subalterno nei confronti di Giorgio III e le responsabilità, cariche di connivenza, del governo sabaudo verso gli attacchi dei corsari inglesi contro i navigli francesi che si avventuravano sulle coste sarde, avrebbero spinto Napoleone a dichiarare il Regno di Sardegna potenza nemica a partire dal 1 gen- naio 1808. Da quella data la neutralità sulla quale Vittorio Emanuele aveva costruito il precario equilibrio internazionale dell’isola cessava di esistere e uno dei riflessi della più diretta presenza inglese in Sardegna è testimoniato dal Foglio periodico di Sardegna, uscito tra il 28 gen- naio 1812 ed il 28 luglio 1813 per iniziativa di Adolfo Palmedo, un pub- blicista polacco di origine italiana al servizio del governo britannico119.
Esso costituisce una delle poche fonti utili per ricostruire il movimento portuale della capitale del Regno di Sardegna, e di fornire dati abba- stanza certi sulla netta preponderanza di bastimenti britannici a
117Dispacci della Regia Segreteria di Stato presso sua Maestà dal 4 gennaio
1804 all’11 dicembre 1805; cfr. ASC, Segreteria di Stato, s. I, vol. 73, ff. 285 e 514.
118F. D’AUSTRIAESTE, Descrizione della Sardegna (1812), a cura di G. Bar-
danzellu, Roma, 1934, p. 21; D. Perrero, I Reali di Savoia nell’esiglio (1799-
1806). Narrazione storica su documenti inediti, Torino, 1898, p. 52; F. Borlandi, Relazioni politico-economiche fra Inghilterra e Sardegna durante la Rivolu- zione e l’Impero, in «Rivista storica italiana», IV, fasc. II, 1933, p. 179.
119Sul Foglio Periodico di Sardegna cfr. G. Della Maria, Stampa periodica
in Sardegna, cit.; F. Francioni, Giornali, giornalismo e questione sarda nell’Ot- tocento: linee generali d’analisi e d’interpretazione, introduzione a I giornali sardi dell’Ottocento. Quotidiani, periodici e riviste della Biblioteca Universita- ria di Sassari, Catalogo (1795-1899), a cura di R. Cecaro, G. Fenu, F. Francioni,
Cagliari negli anni tra il 1812 ed il 1813. Ma il Foglio, vero e proprio giornale politico di propaganda antinapolonica, è ancora più interes- sante perché rappresenta uno dei primi esempi di censura praticata direttamante dal Sovrano. Questi accolse con qualche riserva un gior- nale finanziato direttamente da uno Stato estero, ma la condizione di subalternità in cui si trovava dovette spingerlo ad accoglierlo, riser- vandosi comunque il diritto di intervenire personalmente nell’opera di revisione. Le sue postille, riportate sugli originali manoscritti del Foglio, mettono in evidenza l’intento di amplificare ulteriormente il carattere antinapoleonico120. Il giornale, al quale per un breve periodo collaborò
anche Giuseppe Manno, riportava gli stralci dei bollettini di guerra sulla campagna napoleonica in Russia. Il re, vicino ad un articolo del 16 set- tembre 1812 che sottolineava il ripiegare delle truppe napoleoniche, pone una chiosa su quanto fossero bugiardi i francesi121. Sembra, tut-
tavia, plausibile che l’attenzione dedicata da Vittorio Emanuele I al
Foglio riguardasse, anche o soprattutto, un altro fronte, quello della
guerriglia antifrancese nella penisola iberica e gli eventi che avevano portato le Cortes di Cadice a proclamare la costituzione. Ciò che mag- giormente lo angosciava era il rischio che anche nell’isola potesse svi- lupparsi un movimento d’opinione mirante ad ottenere una Carta costi- tuzionale. La sua era preoccupazione esasperata a causa delle pres- sioni inglesi, e paradossalmente anche russe122, miranti all’adozione
da parte dei Savoia di un sistema costituzionale.Gli studi condotti da Federico Francioni, prevalentemente su documentazione rinvenuta presso il Foreign Office di Londra, mettono in evidenza l’intensa attività
120Un esempio, forse banale, ma utile per capire l’impegno di emenda-
zione che egli dedicò ad un settore come quello della pubblicistica, pur margi- nale in quel periodo nell’isola, è la censura riguardante un concorso per l’E- logio di Montaigne: «Conoscendosi da noi l’argomento si può soprimere (sic) questo articolo in cui se ne contiene l’elogio forse non conforme ai nostri prin- cipi»; cfr. BUC, Portafogli. Autografo 58.
121«[…] quanto siano mendaci li fogli francesi, che sostengono non
essere i loro movimenti una ritirata, ma una marcia verso Pietroburgo men- tre si vede essere stati essi compitamente sconfitti, e la loro ritirata pare una scapata»; cfr. Ibidem.
122Nel 1805 diplomatici zaristi consigliarono a Vittorio Emanuele di adot-
tare una costituzione, per dare maggior vigore alla causa antibonapartista. Questa vertenza, svoltasi segretamente, e che coinvolse anche il De Maistre, rientrava nell’ambito del nuovo assetto che la Russia intendeva dare ad un’Europa postna- poleonica e che coinvolgeva anche la diplomazia britannica; cfr. F. Francioni, Gli
diplomatica promossa dal ministro Hill, finanziatore tra l’altro del Pal- medo e della sua gazzetta, volta a trasformare in senso costituzionale il Regno di Sardegna123. I propositi degli inglesi si sarebbero, tuttavia,
scontrati con l’atteggiamanto intransigente da parte del monarca sia verso lo stanziamento di truppe straniere nell’isola e di un’alleanza militare con l’Inghilterra sia nei confronti della diffusione o della cir- colazione di principi capaci di riproporre ai sardi idee di monarchia costituzionale o mista. Un’ulteriore prova di questa intransigenza è data dal console di Spagna a Cagliari, Ludovico Baylle il quale, il 24 aprile 1812, appena consegnato il testo della Costituzione di Cadice, ricevette un netto rifiuto alla pubblicazione della Carta dal Segretario di Stato sardo Gioachino Alessandro Rossi, secondo il quale espressioni come «nuestra santa insurreción» o «regimen arbitrario del antiguo gobierno» apparivano di chiara ispirazione giacobina, motivo suffi- ciente a far sì che quella Carta rimanesse sepolta tra i cumuli di carte della Segreteria di Stato124. L’episodio non solo consente di cogliere un
ulteriore esempio di censura praticata dal governo sabaudo ma anche di individuare con chiarezza la radice stessa dell’atteggiamento cen- sorio sabaudo per tutta l’età napoleonica e negli anni successivi al Con- gresso di Vienna. L’intransigenza con cui Vittorio Emanuele sosteneva il suo anticostituzionalismo non venne intaccata neanche dalla proposta britannica di riservare ai Savoia la possibilità di ottenere, alla fine del conflitto, l’Italia del nord125. La politica estera del Re durante gli anni di
soggiorno nell’isola, già impregnata di principi restaurativi, mancava di qualsiasi respiro nazionale, come aveva osservato il De Maistre che, al contrario, fin da allora preconizzava un ruolo guida della monarchia sabauda sulla penisola italiana126. La volontà restauratrice dei Savoia
123Pubblic Record Office [d’ora in avanti PRO], London, Foreign Office,
serie 67, General Correspondance, Sardinia, voll. 42-43.
124Archivio Historico Nacional [d’ora in avanti AHN], Madrid, Sección de
Estrado, Consulado de Caller, Corrispondencia del Consul, legajo 6164 (2)-6165, lettere del Baylle, 28 aprile e 31 maggio 1812.
125G. GALLAVRESIe V. SALLIER DE LATOUR, Le maréchal Sallier de la Tour, in
«Biblioteca di Storia italiana recente», VIII, Torino, 1917, pp. 1613-1615; cfr. anche A. Capograssi, Gli inglesi in Italia durante le campagne napoleoniche.
Lord W. Bentinck, Bari, 1949, pp. 208-209.
126D. CARUTTI, Storia della Corte di Savoia durante la rivoluzione francese e
l’Impero, II, Torino, 1892, pp. 135 e ss. Per controbilanciare una futura egemonia
austriaca in Italia De Maistre auspicava la creazione di un regno settentrionale composto da Piemonte, Lombardia e Liguria sotto la guida dei Savoia.
risulta chiara anche dalle vicende che seguirono la cosiddetta «con- giura di Palabanda» e dal relativo processo. I risentimenti del ceto medio-alto isolano, che continuava ad aspirare a «posti alti e lucrosi» assegnati invece «a’ piemontesi od a loro adulatori, mentre a’ sardi restavano i piccoli impieghi con tenui stipendi»127, si innestavano
nel più diffuso clima di miseria che l’isola attraversava in concomi- tanza della grave carestia del 1812, e avrebbero dato luogo al com- plotto guidato dai fratelli Salvatore e Giovanni Cadeddu.
Esiste oggi una ricca bibliografia sulla vicenda e non è perti- nente qui approfondirne la tematica. È sufficiente ricordare que- st’ulteriore esempio di attività censoria da parte dei Savoia. I nume- rosi studiosi che hanno trattato l’argomento hanno sempre sottoli- neato la mancanza di una serie di documenti relativi all’episodio, in modo particolare degli atti processuali che portarono alla condanna dei congiurati. In particolare la documentazione presente nella Dona-
zione Ponzeveroni mostra l’assenza dei fascicoli processuali. Fino ad
oggi permaneva il dubbio se essa fosse andata casualmente perduta o se fosse stata opportunamente insabbiata, ma studi recenti dimo- strano che il Sovrano richiese al Reggente Calvi che gli inviasse, in massima segretezza, la documentazione relativa al processo, il che confermerebbe la volontà di occultare alcuni aspetti della vicenda, avvalorando l’ipotesi sulla malafede della monarchia128.
127BCS, Donazione Ponzeveroni, Manoscritti, documenti, condanne per i
moti politici di Sardegna dal 1793 al 1820, Relazione sugli affari Cadeddu e Sotgia e C, vol. 3, f. 44v. Si tratta di un fondo contenente materiale inedito sulle
vicende di quegli anni ed in particolare sulla congiura di Palabanda.
128La richiesta, coperta dalla massima segretezza, è datata 29 gennaio
1816: «è noto a V.S. Ill.ma che si è ne’ scorsi anni costrutto un processo crimi- nale per la verificazione degli autori e complici della consaputa rivoluzione, in seguito a quale procedimento, tre individui vennero condannati al patibolo, e fra essi l’avv. Cadeddu, se non isbaglio. Il Notaio criminale che ha costrutto gli atti, è certo Not. Cara, ed era allora Avv. Fiscal Regio il senatore Garau. Ora S.M. mi ha comandato di incaricare confidenzialmente V.S. Ill.ma di ritirare il processo e di trasmetterlo al mio indirizzo. Ma non debbo lasciarle ignorare una circo- stanza di cui è indispensabile ch’ella ne sia intesa. S.M. aveva già appoggiata al Conte Casazza l’istessa commissione e sento dal medesimo che aveva già scritto costì per l’esecuzione di tale Sovrano comando, ma che non ha finora ricevuto verun riscontro. Tale incarico deve eseguirsi in modo secretissimo, onde non si traspiri da veruno, onde io mi rapporto alla di lei ben nota sagacità, riserva e prudenza, e starò su di lei ciò attendendo li di lei riscontri per informare S.M.