4. LA TRASFORMAZIONE DELLA BOLOGNINA 81
4.7 I L CAMBIAMENTO SOCIALE DEL QUARTIERE 153
4.7.1 Chi sono i gentrifiers della Bolognina? 153
La Bolognina è sempre stata una porzione di territorio che ha accolto nuove popolazioni. Fin dai suoi albori varie ondate migratorie si sono riversate al suo interno, modificandone di volta in volta le caratteristiche sociali e spaziali (Collettivo Piano B, 2007). Tale osservazione vale anche per l’intensa immigrazione straniera degli ultimi due decenni, che assieme alla deindustrializzazione ha progressivamente segnato il passaggio dal quartiere a connotazione operaia al quartiere multietnico. In questa parte del lavoro ci concentreremo sul movimento di popolazione italiana in entrata apparso più di recente, che si lega a forme di gentrification emergenti. Cercheremo quindi di comprendere chi sono i soggetti che stanno stimolando questa nuova trasformazione, esplorandone i profili, le scelte residenziali e i rapporti che intrattengono con il quartiere.
4.7.1 Chi sono i gentrifiers della Bolognina?
I nuovi abitanti della Bolognina intervistati nel corso della ricerca sono stati definiti come gentrifiers in considerazione della correlazione che si riscontra tra la loro presenza e il processo di imborghesimento che coinvolge – seppur in modo disomogeneo – diverse aree del quartiere. I loro connotati si discostano significativamente da quelli dei residenti storici, così come da quelli degli immigrati stranieri che continuano a insediarsi nella zona.
Un primo aspetto in comune a tutti i gentrifiers con i quali si è entrato in contatto è dato dalla nazionalità: si tratta di persone provenienti da diversi contesti geografici, ma pur sempre situati nei limiti del suolo italiano. Una metà è originaria di Bologna e del suo hinterland mentre l’altra metà è nata e cresciuta in Regioni equamente distribuite tra nord, centro, sud e isole.
Un secondo elemento in grado di accomunare i nuovi residenti intervistati è costituito dai titoli di formazione in loro possesso. La quasi totalità di questo gruppo ha completato con successo la carriera universitaria e, in alcuni casi, ha perfezionato le sue competenze con corsi di specializzazione avanzata.
L’età degli intervistati è un altro motivo di interesse, poiché in buona parte hanno tra i 30 e i 40 anni. Soltanto uno di loro ha meno di 30 anni e due più di 40. Tale riscontro, pur basandosi su dati qualitativi, risulta comunque indicativo della fascia anagrafica dei gentrifiers. Si tratta quindi di persone tendenzialmente giovani, che si insediano nella Bolognina in un momento di tipico passaggio dall’età giovanile a quella adulta (Modell et al., 1976), caratterizzato da specifiche esigenze abitative.
Andando a osservare nel dettaglio i motivi che hanno portato questi nuovi residenti nel quartiere notiamo una decisa connessione tra la convenienza economica e logistica. Tutti i gentrifiers intervistati lavorano e/o studiano all’interno dell’area metropolitana e una buona parte di essi tra la Bolognina e il centro storico. Vivere in questa parte di città è economicamente vantaggioso e
rappresenta soprattutto un’utile strategia per dimezzare i tempi di spostamento quotidiani. La variabile temporale, intesa nell’ottica di un’ottimizzazione della routine giornaliera, appare un fattore di primaria importanza.
“Quindi il mio compagno va a lavorare in bicicletta e per me si tratta di fare dieci minuti di macchina. Logisticamente è un gran vantaggio e guadagniamo un sacco di tempo.” (14BG_f_34anni)
La scelta insediativa sembra quindi particolarmente informata da fattori sia pratici sia economici (Schlichtman & Patch, 2014; Schlichtman et al., 2017). I soggetti intervistati, d’altronde, si sono generalmente spostati da altre zone della città dove abitavano in precedenza, ritenendole poco compatibili con la propria routine giornaliera e le proprie disponibilità finanziarie. In molti si sono mossi dal centro storico, reputandolo un contesto insediativo deputato alla residenza temporanea degli studenti universitari e non più adatto alle mutate necessità dell’età adulta. Altri gentrifiers, invece, si sono spostati da quartieri tendenzialmente benestanti, lontani dal posto di lavoro e con costi abitativi piuttosto elevati (e.g., zona Murri, zona Saragozza).
“Finché studi all’università il centro storico alla fine è una buona location. La tua vita gira attorno alle lezioni e allo svago serale e in centro hai tutto quello che ti serve. Quando poi cominci a lavorare e devi fare i conti alla fine del mese capisci che devi trovare un compromesso con quello che ti puoi permettere e con quello che desideri, perché a un certo punto le tue necessità cambiano.” (11BG_f_32anni)
Le ragioni dello spostamento presentano anche altri elementi che si vengono a legare allo stato civile, alla presenza di figli nel nucleo famigliare e alle reti sociali degli intervistati. Per celibi e nubili – che combaciano con gli intervistati più giovani – gli aspetti economici e logistici sono centrali, ma una loro parte collega la scelta residenziale anche alla presenza nel quartiere di altri conoscenti, simili per caratteristiche socio-demografiche e socio-economiche, che hanno seguito le medesime traiettorie residenziali. In sostanza, il fatto che altri newcomers con cui sono in contatto abbiano seguito le medesime traiettorie residenziali.
“Qua sono venuti a vivere diversi amici e colleghi di lavoro e alla fine ho pensato che anche questa potesse essere una buona motivazione per scegliere la Bolognina.” (9BG_f_30anni)
Alcuni gentrifiers senza figli sembrano inoltre assegnare un particolare peso alla presenza nel quartiere di reti associative e collettivi politici nei quali sono attivamente impegnati.
“La Bolognina è sempre stata per me un riferimento in primis politico e prima ancora ero impegnato in altre attività nel quartiere. In più nel quartiere sono venuti ad abitare molti amici e per me era molto comodo.” (12BG_m_28anni)
Per questa porzione di gentrifiers, dunque, le caratteristiche della comunità locale appaiono piuttosto importanti e si connettono sia alla presenza di altri newcomers sia all’insistenza nel contesto locale di un tessuto associazionistico vibrante (Schlichtman et al., 2017).
Chi invece ha figli tende a riservare una certa importanza ai circuiti dello schooling (Ball et al., 1995), ovvero alla presenza nel quartiere di scuole che forniscono una buona istruzione, capace di consolidare e ampliare la posizione di classe dei membri più giovani della famiglia (Semi, 2015).
“Io avevo già due figlie che frequentavano una scuola (privata) della Bolognina e abitavo dall’altra parte della città. […] Quindi c’è anche un motivo legato a loro e alla loro istruzione, perché questa scuola è molto buona.” (8BG_f_48anni)
Un elemento in comune a quasi tutti i gentrifiers intervistati è l’apprezzamento verso la connotazione sociale del quartiere. Nonostante abbiamo già evidenziato come la valutazione positiva della multietnicità sia principalmente da rilegarsi nella sfera dei consumi (cfr. 4.4.2), i nuovi residenti della Bolognina connettono solitamente questo elemento ai motivi del trasferimento, ancorandolo al desiderio di vivere in un luogo “autentico” e ricco di diversità, all’interno di un variegato mix tra residenti storici e nuove popolazioni in entrata.
“Mi piace anche perché c’è gente tanto diversa, trovi il poveretto, il vecchietto e l’immigrato, ma anche giovani…ci sono tanti giovani qua. Hai come l’impressione di stare in quella parte di Bologna dove ci sono ancora i bolognesi, ma anche tanta altra gente.” (7BG_f_31anni)
Altro fattore di apprezzamento verso il quartiere è rivestito dalla concentrazione di servizi, che permette di rispondere alle esigenze quotidiane senza doversi necessariamente allontanare dalla Bolognina. Le amenities costituiscono quindi un fattore di attrazione condiviso (Schlichtman et al., 2017), che trascende lo stato civile e il momento di formazione famigliare in cui si collocano i singoli intervistati.
“Mi piace perché è servitissima. Insomma il quartiere è servitissimo, ho tutto qua: l’estetista, il dottore e il dentista. Poi ci sono i parchi, i negozi e i locali, […] a volte mi chiedo cosa ci andrei a fare in centro se non per vedermi con qualche amica la sera. Qua alla fine c’è tutto quello che mi serve.” (7BG_f_31anni)
Muovendo l’attenzione dalle ragioni dello spostamento alla tipologia di scelta abitativa notiamo che celibi e nubili tendono verso la condivisione dell’appartamento con altri coinquilini mentre quanti hanno figli o risultano impegnati in una coppia di fatto prediligono uno spazio residenziale autonomo. Questa evidenza, apparentemente scontata, assume un certo interesse se confrontata con le caratteristiche delle abitazioni e i loro titoli di godimento. Si riscontra, infatti, un’inclinazione di celibi e nubili verso l’affitto di immobili in condivisione, generalmente già ristrutturati o in buono stato di conservazione. Quanti propendono per l’acquisto sono invece sposati o conviventi e si dirigono verso abitazioni nuove o da ristrutturare, adottando in entrambi i casi un certo investimento di risorse economiche. Lo stato civile incide quindi sulla scelta abitativa, ma in tale orientamento influiscono anche altri fattori – soprattutto per i più giovani – come l’aiuto economico derivante dalla famiglia di origine118 e la disponibilità di reddito data dalla propria posizione occupazionale.
“Nel 2010 c’è stata l’opportunità di comprare la casa e l’ho comprata direttamente senza mutuo grazie anche all’aiuto economico dei miei genitori.” (14BG_f_34anni)
“Lo abbiamo acquistato facendo un mutuo. […] I miei genitori hanno fatto un investimento per permettere a me e ai miei fratelli di vivere qua, ma chiaramente ora le rate che mancano le stiamo pagando noi.” (10BG_m_30anni)
Notiamo inoltre che quanti detengono un immobile in proprietà si contraddistinguono per una posizione lavorativa piuttosto privilegiata. Si tratta infatti di lavoratori dipendenti con funzioni dirigenziali o di proprietari di attività industriali e commerciali. Questo influisce sul livello reddituale e sulla propensione all’acquisto. Quanti invece ricoprono incarichi meno rilevanti e/o risultano maggiormente interessati dal precariato optano solitamente per l’affitto. Si tratta di soggetti caratterizzati da una certa insicurezza lavorativa, relazionata a contratti a tempo determinato senza certezza di rinnovo e a lavori di natura autonoma. Tali aspetti determinano una situazione di incertezza reddituale e influiscono sulla scelta residenziale di questa porzione di gentrifiers, indirizzandoli verso la locazione. La sicurezza economica, d’altronde, permette anche di
118 In Italia e nei paesi euro-mediterranei l’indipendenza abitativa dei giovani avviene solitamente in un’età relativamente avanzata, coniugandosi spesso con la formazione della propria famiglia e il supporto finanziario della famiglia di origine (Mencarini & Tanturri, 2006).
programmare il proprio futuro e di localizzarsi in pianta stabile. La mancanza di sicurezza, invece, influisce sulla difficoltà di fare progetti a lungo termine e, conseguentemente, di mettere radici in un determinato luogo. Le diverse condizioni socio-economiche degli intervistati sembrano dunque incidere sulla decisione – ma anche la facoltà – di vivere o meno in affitto.
Di notevole interesse è osservare che quasi tutti gli affittuari condividono un appartamento con altri coinquilini che sono allo stesso modo dei gentrifiers: giovani recentemente arrivati nel quartiere, caratterizzati da posizioni lavorative, spesso precarie, nel settore dei servizi.
“Abito con una coinquilina che insegna in una scuola in centro e con un amico che lavora all’università.” (9BG_f_30anni)
“A casa siamo tutti lavoratori: c’è una ragazza che studia e fa la commessa in centro per pagarsi gli studi e un altro ragazzo che lavora un po’ in giro per la città.” (7BG_f_31anni)
Possiamo quindi ipotizzare una selettività nella scelta dei coinquilini che si basa sulla ricerca di persone con simili connotati socio-demografici e socio-economici. In questo modo potremmo estendere al campo della condivisione abitativa i risultati di altre ricerche, secondo le quali i gentrifiers tendono a sviluppare contatti con soggetti in possesso di simili disposizioni di capitale (Butler & Robson, 2001; 2003).
Le differenze che abbiamo evidenziato fino a questo momento pongono ulteriormente in luce come i gentrifiers della Bolognina non rappresentino un gruppo sociale omogeneo, bensì risultino piuttosto diversificati dal punto di vista delle scelte abitative, delle carriere lavorative e dello status famigliare. Potremmo infatti suddividere questo insieme di soggetti in varie componenti. Una classificazione utile al nostro scopo è quella fornita da Blasius et al. (2016), secondo la quale è possibile ripartire i gentrifiers in tre categorie sulla base dell’età, della composizione familiare e del reddito percepito: pioneers, early gentrifiers e established gentrifiers. Pur non avendo in mano dati sui redditi percepiti dagli intervistati possiamo comunque ipotizzare dei livelli reddituali associati alla posizione lavorativa. Pertanto, potremmo indicare che cinque dei nostri otto gentrifiers sono pionieri e vivono tutti in affitto, un proprietario immobiliare è un early gentrifier (proprietario di attività commerciale, single, con casa condivisa assieme ad altri coinquilini) e le altre due proprietarie di immobili sono established gentrifiers (dirigente ufficio coniugata con figli e proprietaria attività industriale convivente senza figli). Questa classificazione, congiuntamente a quanto esposto nelle sezioni precedenti, ci permette di avanzare ipotesi sullo stato di avanzamento del processo, che sembrerebbe trovarsi in una fase intermedia, nella quale popolazioni piuttosto
differenti riescono ad accedere al mercato abitativo del quartiere dando vita a un discreto mix sociale.
4.7.2 Disposizioni di capitale e appartenenza territoriale
Un tema che da molto tempo occupa una posizione centrale negli studi sulla gentrification concerne le appartenenze sociali dei gentrifiers (Lees et al., 2008; Semi, 2015). Diversi autori hanno esaminato la formazione identitaria di questi attori della trasformazione, prendendone in considerazione le reti sociali (Butler, 2003; 2007), il rapporto con il quartiere (Simon, 2005; Brown- Saracino, 2009; 2010) e con processi di scala globale (Rofe, 2003; Davidson, 2007), le scelte di consumo (Ward, 1991; Bridge & Dowling, 2001) e le disposizioni di capitale in relazione al posizionamento di classe (Butler & Robson, 2001).
Oltre tre decenni di studi sui concetti di gentrification e classe sociale hanno ben posto in evidenza come nell’epoca postfordista i processi di ristrutturazione ed espansione della classe media abbiano significativamente modificato i meccanismi di costruzione delle appartenenze sociali (Butler & Watt, 2007; Watt, 2008). Nella loro formazione, infatti, le condizioni socio-economiche e le posizioni dei singoli nel mercato del lavoro si coniugano ad altri elementi, legati ai gusti e ai consumi individuali (Butler & Savage, 1995), alle disposizioni culturali (Bridge, 2001, 2006; Ley, 2003) e allo specifico rapporto che si instaura con il luogo in cui si risiede (Herzfeld, 2009; Soytemel, 2015). Vivere in un certo quartiere, relazionarsi con esso in un determinato modo o scegliere specifiche tipologie di prodotti e luoghi di consumo possono quindi divenire dei fattori di distinzione sociale, capaci di caratterizzare e di fornire una peculiare identità agli individui.
Indagando i profili dei gentrifiers della Bolognina è possibile riscontrare una spiccata dotazione di capitale culturale che tuttavia fa da contraltare a una disponibilità di risorse economiche non sempre altrettanto elevata, specialmente all’interno di quelli che abbiamo definito pionieri. Mentre gli established gentrifiers possono contare su posizioni lavorative di un certo livello, la maggior parte dei nuovi abitanti con i quali si è entrato in contatto risulta impiegata in lavori mediamente retribuiti e con scarse garanzie. Tali differenze risultano centrali nelle scelte abitative e trovano una stringente relazione con il titolo di godimento dell’abitazione. Nella conduzione della ricerca sono tuttavia emersi vari modi con i quali questi soggetti si rapportano al quartiere in cui vivono, utilizzando la sua identità simbolica, i suoi spazi e la sua caratterizzazione sociale come strumenti per definire la propria appartenenza.
Prendendo in considerazione i tipi culturali di gentrifiers (Schlichtman et al., 2017) emerge sin da subito come tutti i nuovi abitanti intervistati siano dei consumatori che tendono a costruire una parte significativa della propria appartenenza sociale attraverso le scelte e i luoghi di consumo. La maggioranza di questo gruppo è significativamente orientata verso un consumo cosmopolita e al